L'Ultima Strega

By Trachemys

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Avere sedici anni non è mai facile, questo Chiara lo sa bene. Tra interrogazioni, primi amori, genitori appre... More

Premessa
1.1 Chiara Accolti Marchesi
1.2 Chiara Accolti Marchesi
2.2 Piccoli Incidenti
3.1 La Festa
3.2 La Festa
4.1 Progressi
4.2 Progressi
5.1 Amore e Altri Misteri
5.2 Amore e Altri Misteri
6.1 Vacanze di Natale
6.2 Vacanze di Natale
7.1 Streghe
7.2 Streghe
8. Scomparsi
9.1 Cambio di Carte
Premessa Parte II
9.2 Cambio di Carte
10.1 Vita da Strega
10.2 Vita da Strega
11.1 Passato
11.2 Passato
12.1 Salvataggio
12.2 Salvataggio
13.1 Ricucire lo Strappo
13.2 Ricucire lo Strappo
Epilogo

2.1 Piccoli Incidenti

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By Trachemys

«Pazzesco! Davvero pazzesco!» sbottò suo padre, Raffaele, dopo averla caricata in macchina per riportarla a casa. Le lezioni sarebbero saltate per quel giorno e il giorno seguente, e l’uomo era stato richiamato dal lavoro per poterla venire a prendere. «Una fuga di gas! Ti rendi conto? Saresti potuta morire!»

Chiara abbandonò la testa al sedile e sollevò gli occhi al cielo. «Quella della fuga di gas è una scemenza. Si sarà trattato di uno stupido scherzo.»

«Ancora peggio!» tuonò lui. «Quando ti ho iscritta non pensavo che fosse una scuola di criminali! Dovrei denunciare la preside per non aver fatto nulla!»

«E quando mai» borbottò. Raffaele era un avvocato dalla denuncia facile, a volte persino troppo. «Ti prego, papà, non cominciare…»

«Non cominciare? Non cominciare? E se fossi morta?»

«Non è morto nessuno pa’... si è solo rovinato qualche libro…»

«Già, a proposito, chi lo ricompra quel libro ora, eh? Io?» chiese, stringeva il volante tanto forte che le nocche erano diventate bianche. «Non credo proprio! Eh no, dovrebbe comprarlo la scuola!»

«Fai come ti pare» sbuffò, aveva capito che ormai non c’era niente da fare. Suo padre era partito per la tangente e non avrebbe smesso di lamentarsi sino a casa.

«Ma tu come ti senti? Ti vedo un po’ pallida.»

«Secondo te come mi sento? Mi è esploso il libro di storia in faccia.»

«Vuoi che ti porti al Pronto Soccorso? Chiamo la mamma?»

«È in ospedale, non risponde quando è in turno.»

«Lo fa, se è un’emergenza.»

«Sto benissimo, sono solo bagnata e un po’ irritata. Nulla di allarmante.»

Irritata da te, avrebbe voluto aggiungere, ma non si sentì abbastanza coraggiosa da farlo.

«Vuoi che resti a casa con te? Non devo per forza tornare in ufficio.»

«Sto bene, pa’. Mollami a casa e torna al lavoro, io mi darò un’asciugata e mi metterò a dormire.»

«Dovresti approfittarne per studiare un po’, in questi giorni. Non hai detto che la settimana prossima iniziano le interrogazioni?»

Pensò che in effetti informarlo della cosa era stato un grave errore strategico, e che col cavolo che l’avrebbe fatto di nuovo, ma non lo disse, optando per un più diplomatico: «Ma sì, ma sì, studierò un pochino.»

E, se pure era una bugia, nessuno sarebbe venuto a saperlo.

Suo padre la scaricò davanti al portone d’ingresso senza neanche parcheggiare e lo sentì sgommare verso l’ufficio.

Sgrullò lo zainetto zuppo di acqua e cercò le chiavi a tentoni. Controllò il telefono che aveva in tasca, aveva lo schermo bagnato ma sembrava funzionare.

Ci sarebbe mancato solo di averlo rotto.

Era quasi l’una, ma per almeno un’ora nessuno sarebbe venuto a disturbarla, in genere prima delle due, due e mezza, a casa non tornava nessuno. 

Si tolse le scarpe per non bagnare tutto, altrimenti sua madre l’avrebbe spedita nell’iperuranio per direttissima, e si avviò verso il bagno con la testa che frullava di pensieri.

Questa è roba da Gran Consiglio.

Vedo ancora il vostro futuro, non ci sono le vostre vite in ballo.

Non mi sono mai sbagliato prima.

Rivide la tempesta in cui si era trovata proprio nel bel mezzo della lezione, il lampo seguito dal tuono. Rivide i libri che prendevano fuoco e la classe nel panico.

Rivide Edoardo fare quel gesto e le fiamme che si spegnevano nello stesso momento.

È il diavolo!

Non fare la stupida. Dio non esiste, quindi non esiste nemmeno il diavolo.

Si tratta senza dubbio di magia.

«Ma perché io?» chiese, rivolta allo specchio, esasperata.

Si guardò con apprensione. In effetti doveva ammettere di non avere un aspetto dei migliori.

I capelli erano ancora umidi e si erano gonfiati come se qualcuno le avesse dato la scossa, il maglioncino celeste era ancora zuppo e sapeva già che togliersi di dosso i jeans bagnati sarebbe stata una tortura.

Si guardò negli occhi con uno sguardo carico di sconforto, per prendersi qualche attimo solo per sé.

Quando si fu calmata un attimo, sfilò i vestiti zuppi con difficoltà, si diede una bella strigliata con gli asciugamani, si asciugò i capelli col phon e, finalmente, si infilò nel suo amato pigiama in pile, regalo di Rebecca per il suo compleanno.

Che situazione.

Era arrivato il momento di cercare di capirci qualcosa.

Andò in camera sua e si buttò sul letto, afferrò il telefono e prese un profondo respiro.

«Mi sento una cogliona» mormorò tra sé e sé.

Digitò Gran Consiglio magico su Google, sentendosi arrossire.

Sapeva che nessuno avrebbe mai letto la sua cronologia del cellulare, ma non poteva fare a meno di sentirsi una stupida.

Le prime due pagine erano tutte sul Ministero della Magia di Harry Potter e il Consiglio Magico di Fairy Tail, poi iniziavano quelle sul Gran Consiglio fascista.

«Certo» sbuffò, «sono davvero una stupida.»

Pensò di scrivere a Edoardo per chiedergli spiegazioni, ma il ragazzo avrebbe negato tutto e l’avrebbe chiamata pazza, e lei non aveva prove di averli sentiti parlare di leggere il futuro e tutte quelle stupidaggini.

Poi le venne l’idea.

Caccia alle streghe Italia

Diede un’occhiata alle prime immagini, un senso di oppressione al petto che le fece sentire una strana claustrofobia.

Le condanne per stregoneria si fondavano sull’interpretazione del versetto del Vangelo secondo Giovanni (15,6) nel quale si dice che: Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi viene raccolto per essere gettato via e bruciato. 

Sentì un botto e sobbalzò. La porta di camera sua era stata appena sbattuta con un gran fracasso, come se il vento l’avesse chiusa con forza, ma tutte le finestre erano sigillate e in casa non c’era corrente.

Uscì dalla pagina Wikipedia e scelse un articolo sull’argomento che sembrava promettente.

Bastarono le prime righe e la vide. 

Aveva il cuore in frantumi nel petto. Le faceva tanto male da smettere di respirare. Si accorse di non riuscire a vedere bene cosa stava sotto, e capì di avere gli occhi pieni di lacrime.

Era affacciata al davanzale della finestra e lei stava lì, le braccia piegate in una posizione innaturale, i capelli che le coprivano il volto, le ricordò l’immagine di un brutto ragno calcificato che una volta aveva trovato intrappolato dentro al doppio vetro di una finestra da bambina, morto di fame da chissà quanto tempo.

«Che ti hanno fatto? Che ti hanno fatto?» l’urlo ruvido scosse qualcosa che aveva dentro. «La mia bambina! Che ti hanno fatto?»

Un rumore improvviso di vetro infranto la fece tornare alla realtà. Non capì subito cos’era successo, la serranda era sollevata e la stanza era illuminata dal sole, poi osservando meglio la camera la vide.

La lampadina che era stata accesa sino a quel momento, doveva essere esplosa in mille cocci sparati ovunque nella stanza, e dal soffitto pendevano dei fili elettrici mozzati.

«Oh, porca troia» sibilò, lanciando il telefono sul materasso e saltando in piedi. «Oh, porca- ahia!» 

Imprecò perché aveva calpestato un pezzo di vetro e proprio in quel momento i libri che aveva sulla scrivania schizzarono per terra.

Restò ferma immobile su un piede solo, nel tentativo di calmarsi.

«Cazzo, cazzo, cazzo, cazzo.»

Chiuse gli occhi e prese un profondo respiro.

Dagli eventi accaduti poteva dedurre due cose.

La prima, che ogni volta che leggeva qualcosa sulla caccia alle streghe si agitava di brutto.

La seconda, che ogni volta che si agitava di brutto qualcosa prendeva fuoco o saltava in aria.

«Merda.»

Stando attenta a non pestare altri cocci, zoppicò sino alle sue pantofole e le infilò. Doveva pulire tutto prima che tornassero i suoi genitori e suo fratello. 

Andò in bagno, si sciacquò la ferita, prese la scopa e la paletta e fece sparire tutti i frammenti della lampadina, poi risistemò i libri sulla scrivania. 

Il telefono vibrò e per un lungo istante fu certa che si trattasse di Edoardo, che la chiamava per dirle che l’aveva scoperta.

Quando guardò lo schermo e lesse Beby si lasciò andare a un sospiro sollevato, anche se per un solo istante in bocca ritrovò un sapore amaro di delusione.

Lo ignorò ostinata e sbloccò la chat.

Rebecca aveva di nuovo tentato di convincerla a fare la maratona quella sera a casa sua, finire Code Geass e passare a qualche altro anime sulla lista, che ancora non avevano deciso.

Tentò di trovare una scusa ancora per qualche messaggio, ma poi si fece convincere ad accettare l’offerta dell’amica. Alla fine forse quella della maratona non era una cattiva idea. Di certo non si sarebbe agitata guardando Code Geass, e sperò che l’amica facesse cadere quella storia della magia nel dimenticatoio abbastanza presto.

Del resto, non c’era modo di dimostrare che quello che era successo era opera sua, non si sarebbe dovuta preoccupare troppo.

Cercò di immergersi solo in attività rilassanti. Ascoltò musica, guardò qualche video idiota su YouTube, e aspettò suo fratello e i suoi genitori nel tentativo di restare più zen possibile.

Persino quando arrivò suo fratello, Nicola, riuscì a tenere la calma, anche se la sommerse di domande sulla sua scuola e sul fatto che fosse stata posseduta dal demonio.

Quando arrivò sua madre dal turno le fece una visita completa, la mandò a letto e fu necessario pregarla per permetterle di andare a trovare Rebecca quella sera.

Passò il primo pomeriggio come aveva passato il resto della mattinata, e cioè a non fare nulla per paura di scatenare chissà quale cataclisma apocalittico. 

Aveva appena deciso di andare a cambiarsi quando ricaricando Instagram vide che il profilo di Lorenzo (@vaffan.Colo, nome che lui riteneva esilarante) aveva caricato delle storie.

Il suo dito la portò a controllare, prima che il suo cervello potesse fare nulla per fermarlo. 

Le storie erano due; la prima era una foto a un piatto così pieno di spaghetti da strabordare, con dietro Gennaro che si copriva la faccia con una mano e con l’altra faceva il dito medio, e l’hashtag #terrone; la seconda, un breve video di Edoardo che faceva palleggi al ginocchio, con un commento che diceva Si crede il nuovo Neymar, che Chiara non aveva idea di chi fosse.

Nonostante questo, fermò il video e restò a fissare la storia per qualche secondo. 

Il ragazzo sembrava a suo agio, e sfoggiava una naturalezza col pallone che la tenne incantata a guardalo.

Tornò indietro e la fece ripartire.

C’era un bel sole nella foto, sembrava un giardino, e la luce lo faceva risplendere di una serenità che la portò a sorridere.

Tornò indietro e la visualizzò ancora. Poi ancora.

Quando si rese conto di quello che stava facendo, bloccò lo schermo e si premette il cuscino sul volto con uno squittio imbarazzato.

Era proprio una deficiente. Era una stupida. Era davvero un’enorme, gigantesca–

Sentì un altro botto e si alzò a sedere. La sedia alla scrivania era stata scaraventata dall’altra parte della stanza.

«Oh, merda.»

«Che succede, amore?» domandò la voce di sua madre.

«Merda, merda, merda» corse a raccoglierla per nascondere il misfatto. «Niente, sono inciampata!» gridò, rivolta alla porta.

La madre si affacciò nella stanza un attimo dopo che lei ebbe sistemato la sedia con successo.

«Sei proprio sicura di voler andare da Rebecca? Ti vedo un po’ instabile.»

Arricciò le labbra. «Oh, grazie mille.»

«Sul serio, amore–»

«Sto bene, ma’. Sul serio

«Come vuoi. Non fare tardi però, o prenderai freddo.»

«Sì, sì, va bene» borbottò, mentre la donna richiudeva la porta, lasciandola sola.

Le urla di suo fratello, intanto, la deliziarono dal salotto.

Mamma! Se Chiara domani non va a scuola non voglio andare neanch’io!

«Ragazzini» commentò lei, buttando nella borsa chiavi e portafoglio.

«Dovete studiare, vero?» chiese suo padre, dopo che lei gli ebbe dato un bacio sulla guancia prima di uscire.

Chiara gli offrì un sorriso innocente. «Certo. Vado lì per i compiti di filosofia.»

Filosofia delle dittature, Lelouch of the Rebellion R2. Tutto sommato, si trattava della verità.

«Brava, bambina» commentò Raffaele soddisfatto.

«Ho sedici anni, pa’, non sono una bambina.»

L’uomo rise. «Brava vecchiaccia, allora!»

«A stasera, ti voglio bene!»

«Sfigata» commentò Nicola, dal basso del pavimento dove stava giocando al Nintendo.

«Zitto, nano» rispose lei scavalcandolo e andando finalmente verso l’uscita.

Non appena si fu chiusa la porta alle spalle poté prendere una boccata di aria frizzantina. A casa di Rebecca sarebbe stata tranquilla, sapeva cosa la aspettava.

Piani per far tornare Gennaro da lei, che non avrebbero funzionato, e una maratona che avrebbe fatto finire la serie che stavano guardando.

Avrebbero mangiato toast alla Nutella, bevuto succo alla pesca, e tutto sarebbe finito così.

Faceva freddo, quella settimana avrebbe nevicato, ma a lei non creava troppi problemi. Non aveva mai odiato tanto la neve, la preferiva di gran lunga al caldo afoso della conca in cui era ficcata la sua maledetta cittadina.

Si infilò sotto i portici del centro colma di buone speranze. Ora che l’ansia cominciava a passare, stava iniziando a salire l’adrenalina.

Poteri magici. Aveva poteri magici, porca puttana, poteri magici! 

L’avrebbe contattata qualche vecchio saggio per insegnarle le vie degli elementi? Un’associazione governativa che l’avrebbe usata come arma segreta? Un club di supereroi mascherati? 

L’avrebbe cercata il preside di una scuola di magia esclusiva riempiendola di scuse e assicurando: «Mi perdoni, signorina, la sua lettera è stata persa per uno sfortunato incidente, verrà ammessa con qualche anno di ritardo.»

Okay, forse la sua fantasia iniziava a correre troppo, ma restava comunque convinta che i suoi poteri magici fossero più una figata che una tragedia, sempre che non facesse saltare in aria suo fratello perché le aveva rubato le patatine o non avesse allagato la scuola a giorni alterni.

Restava solo il grande dubbio, dirlo o non dirlo a Rebecca? Affrontare o non affrontare Edoardo?

Per Rebecca, decise che prima o poi avrebbe dovuto dirglielo, magari quando avrebbe imparato a gestire questo strano potere – sempre che non sparisse in fretta com’era arrivato – .

Per Edoardo, la questione era più spinosa. Sia perché coinvolgere Edoardo significava coinvolgere i suoi due amici, e con loro Chiara non voleva avere nulla a che fare, sia perché era certa che il ragazzo avrebbe negato sino alla morte.

Così decise. 

Avrebbe dovuto seguirlo, e registrare in video lui che parlava di magia, o, ancora meglio, che faceva un incantesimo. Solo così avrebbe avuto le armi per affrontarlo e tirargli fuori qualcosa.

Quando arrivò a casa di Rebecca era più carica che mai.

Appena la vide, l’amica le buttò le braccia al collo. «Hai preso un’ottima decisione, non te ne pentirai!»

Sentì le labbra che si portavano all’insù. «M’immagino…»

«Ho già spalmato la Nutella, devo solo mettere i panini nel tostapane!» commentò lei, fiera. «I miei sono usciti, mamma ha detto di non stare in salotto ma in camera, che deve ancora mettere a posto!»

«Sissignora!»

Chiara conosceva la stanza di Rebecca bene come la sua. File di scaffali di libri e manga, una bacheca con foto della sua famiglia, delle sue amiche del campeggio e di Chiara, e stelle fluorescenti appiccicate alle pareti e all’armadio.

Quella stanza per lei era casa. 

Si sedette sul letto e mentre Rebecca faceva i toast in cucina lei iniziò a caricare la puntata dal PC dell’amica, nuovo fiammante.

Per la prima volta da quando avevano iniziato a guardarlo, Chiara fece fatica a seguire la trama. Tutto quello che riusciva a pensare era a come i libri avevano preso fuoco, a come la sua lampadina era esplosa, la sedia volata, a come Edoardo l’aveva afferrata per non farla cadere e a quella stupida, stupida, storia di Lorenzo su Instagram.

«Tutto a posto?» chiese Rebecca, cinque puntate dopo. «Ti vedo un po’ distratta.»

«Te l’ho detto, non sto tanto bene.»

«Hai ragione, forse non avrei dovuto insistere» borbottò tra sé e sé, si pulì la Nutella dalla bocca con un tovagliolo in un gesto teatrale. «Parliamo di cose importanti, hai visto la storia di Colo?»

Tentò di nascondere una smorfia vistosa. «Mh. Quale storia?»

L’immagine di Edoardo concentrato che faceva quei palleggi si ripeteva in loop nella sua testa da quando l’aveva vista la prima volta.

Si crede il nuovo Neymar.

«Oh, andiamo» insistette con un sorrisino. «Lo sai quale, non fare quella faccia!»

Non poteva dare nell’occhio. Non poteva rendersi ridicola. Mantenne il controllo sulle sue espressioni facciali nella speranza di non sembrare forzata. «Invece non lo so!»

Si udì un sonoro crack che catturò l’attenzione di entrambe. Sullo schermo del computer di Rebecca era apparsa una crepa profonda che lo attraversava, spaccandolo a metà.

Chiara ammutolì.

La sua amica si alzò dal letto facendo cigolare le molle. «Oh no, cazzo! Era nuovo! Spero di avere ancora lo scontrino, penso sia ancora in garanzia… Dio, se ho perso lo scontrino mia madre mi ammazza!»

«Scusami» mormorò, gli occhi ancora fissi sullo schermo spaccato.

«Scusa di che? Non l'hai mica rotto tu!» sbuffò Rebecca, che aveva iniziato a frugare nei cassetti. «Comunque… Colo ha fatto una storia di Genny che mangia la pasta. Quello pensa solo a mangiare» aggiunse, in tono affettuoso.

Chiara si sentì sollevata e una stupida allo stesso tempo. 

«Come tutti i terroni» rispose, con un ghigno. Non avrebbe mai chiamato Gennaro in quel modo, ma sapeva che a Rebecca dava fastidio e la divertiva l’idea di torturarla un po’.

Come da copione, Rebecca si voltò e le rivolse un'occhiataccia. «Guarda che lo dico a Colo e quello poi mena anche te.»

«Già, deve solo provarci» rispose.

Se Lorenzo si fosse avvicinato a lei con cattive intenzioni, con tutta probabilità lei lo avrebbe fatto esplodere senza volerlo con i suoi nuovi poteri.

Sempre che non avesse poteri anche lui.

Aveva visto Edoardo spegnere il fuoco con un incantesimo, aveva sentito Gennaro prevedere il futuro, non sapeva se anche Lorenzo aveva dei poteri o se gli altri se lo portavano dietro come mascotte.

«E poi, se anche fosse, mangiare è così bello! E non c'è niente di più romantico di mangiare insieme… forse solo cucinare insieme! Cucinare insieme è bellissimo!» sospirò Rebecca.

In realtà Chiara aveva sempre pensato che buona parte del fascino che Gennaro esercitava sulla sua amica fosse determinato dalle sue abilità gastronomiche. Rebecca era una fissata col cibo.

«Non so» commentò Chiara. «Diciamo che cucinare e mangiare non sono le attività più romantiche che mi vengono in mente.»

«Questo perché non hai gusto» borbottò Rebecca, per poi esclamare «Ah - ha!» agitando lo scontrino vittoriosa verso il cielo.

Note autrice
Dunque, piano di Chiara: seguire Edoardo e i suoi due amici e filmarli mentre fanno una magia. Ci riuscirà? Chi lo sa.
Intanto, ha deciso che per il momento terrà la bocca chiusa con Rebecca su quanto accaduto, per non rischiare di fare brutte figure.
La storia di Lorenzo in cui Edoardo stava palleggiando la ha turbata tanto che ha rotto il computer di Rebecca... ci sarà una cotta all’orizzonte?
Poi vorrei sapere se secondo voi anche Lorenzo ha dei poteri o se lo portano davvero dietro come mascotte, e nel caso se ha poteri più simili a quelli di Edoardo, di Gennaro, oppure diversi ancora!
Poi abbiamo conosciuto la famiglia di Chiara, spero vi sia piaciuta, e abbiamo scoperto che quando lei si agita succede qualcosa di brutto. Imparerà a gestire tutto questo? Lo scoprirete!
Ora vi lascio andare, noi ci ribecchiamo mercoledì!

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