Painful melody

By Sofiacuofano

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ATTENZIONE: SONO PRESENTI SCENE DI SESSO ESPLICITO E DI VIOLENZA!!! Lei è nata nell'agio della famiglia più p... More

PROLOGO
CAPITOLO 1
CAPITOLO 2
CAPITOLO 3
CAPITOLO 4
CAPITOLO 5
CAPITOLO 6
CAPITOLO 7
CAPITOLO 8
CAPITOLO 9
CAPITOLO 10
CAPITOLO 12
CAPITOLO 13
CAPITOLO 14
CAPITOLO 15
CAPITOLO 16
CAPITOLO 17
CAPITOLO 18
CAPITOLO 19
CAPITOLO 20
CAPITOLO 21
CAPITOLO 22
CAPITOLO 23
CAPITOLO 24
CAPITOLO 25
CAPITOLO 26
CAPITOLO 27
CAPITOLO 28
CAPITOLO 29
CAPITOLO 30
CAPITOLO 31
CAPITOLO 32
CAPITOLO 33
CAPITOLO 34
CAPITOLO 35
CAPITOLO 36
CAPITOLO 37
CAPITOLO 38
CAPITOLO 39
CAPITOLO 40
CAPITOLO 41
CAPITOLO 42
CAPITOLO 43
CAPITOLO 44
CAPITOLO 45
CAPITOLO 46
CAPITOLI 47
CAPITOLO 48

CAPITOLO 11

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By Sofiacuofano

KEIRA

Dodici anni prima...

I'm sorry lady life

but i can't live,

I'm not ready

for a world of cruelty.

I was allowed to see

but i don't need it

if i don't know how to observe

I was allowed to breathe

but it does not matter

if i can't laugh

My father told me: "You must become a man my son"

but he was unable to explain why

Was it a choice or an obligation?

My mother told me: "Be good my little one"

And then it was the world that was bad

Was it advice or punishment?

I'm sorry lady life

but i can't live,

I'm not ready

for a world of cruelty.

Sentivo quelle parole sulla pelle sotto forma di tanti brividi che si legavano alle ossa, condotti dalla melodia di note intrecciate tra i tasti di un piano e lo strimpellare di quella sua chitarra ammaccata, la sua voce graffiante raggiungeva acuti baritonali che si insinuavano nell'anima e faceva così male riuscire a percepire la sofferenza presente in quelle parole. Sentii il cuore tremare quando mi resi conto che sembrava così reale quella canzone, in qualche strano modo mi ci rivedevo in quelle parole soprattutto perchè in un mondo come il mio, che tutti credevano perfetto, alla fine ci si ritrovava sempre da soli. Nessuno riusciva mai a comprendere la tua sofferenza, alla fine ero una bimba viziata piena di soldi, cosa poteva andare storto nella mia vita? Nessuno capiva a pieno le mie emozioni, così mi trovavo da sola ad avvolgere le mie ferite attendendo la cicatrice successiva. Non avevo mai sentito mio padre dirmi che dovevo crescere, o mia madre dirmi di fare la brava. A loro non interessava come mi comportavo durante i miei giorni, volevano solo che fossi perfetta davanti alle telecamere, del resto io non contavo niente per loro. Ero solo una marionetta. Perchè non meritavo il loro affetto? Cosa avevo fatto?

Percepii una lacrima rigarmi lo zigomo che impregnava la mia pelle di debolezze, ma non riuscii a fermarla, forse veramente non ero abbastanza forte come mi ripeteva sempre mia madre. Con gli occhi appannati dal pianto osservai quel ragazzo dai capelli biondi e la mente sgombra dai problemi, che sembrava capirmi senza neppure conoscermi affondo, mentre cantava quella canzone che mi si attorcigliò alla gola in un nodo che arrivò a soffocarmi. <<Ci sono io piccoletta.>> Le braccia di mio fratello mi avvolsero da dietro imprigionandomi nel suo calore, con la schiena premuta contro il suo petto e le mani posate sulle sue, intrecciate sul mio ventre. Riusciva a percepire il mio malessere e in fondo forse ci riusciva perchè anche lui, dietro a quel suo lato sempre allegro, sentiva il vuoto di un'infanzia passata senza affetto. Un'intera esistenza senza una minima carezza. <<E' bravo.>> Tentai di cambiare discorso cancellando dal mio viso quella lacrima e provando a forzare un sorriso per far sì che nessun altro notasse il mio dolore, non volevo rovinare quella giornata a tutti, erano così allegri. Il petto di mio fratello ebbe un tremolio e fu lì che capii che stava ridendo, non avevo mai fatto un apprezzamento nei confronti di quel cazzone, ma quella volta non potevo mentire dicendo il contrario.

 << "E' bravo" equivale a "Mi piace"?>> Scoppiai a ridere poggiando la nuca contro il suo petto che fremeva dalle risate che nemmeno lui riuscì a trattenere, non attendeva altro che io dessi una possibilità a quel biondino, peccato che per quanto fosse indubbiamente attraente, non mi andava di iniziare un qualcosa che comunque sarebbe dovuto finire. Se solo potessi vivere come faceva lui probabilmente avrei anche ceduto. <<Henry!>> Lo ammonii stanca dalle loro continue pressioni facendolo sbuffare. 

<<Scusa, è che nonno non attende altro se non che gli corra a dire che state insieme, ma magari dopo il viaggio ci sarà qualche possibilità.>> La mia risata gradualmente sfumò assorbita dalla perplessità che mi confuse i pensieri, la mia mente però non si focalizzò sulla parte in cui ammise che anche nonno era coinvolto in quella loro missione Cupido, ma mi paralizzai alla parola viaggio. Dovevo essermi persa qualcosa o non c'era altra spiegazione. 

<<Viaggio?>> Mi voltai verso di lui liberandomi dalla sua presa. Sbiancò, il suo viso assunse una carnagione pallida, quasi cadaverica e fu in quel momento che capii che non era che mi ero persa io qualcosa, era lui che non me la stava dicendo. O meglio, loro, visto che a quel punto ero ben cosciente che le scelte le prendevano sempre in tre ormai. Si passò una mano tra i capelli in modo nervoso, iniziando a balbettare qualche parola confusa, stavano tramando qualcosa e mi sa che il mio adorato fratelli aveva detto qualche parola di troppo. <<C'entra Mihai vero?>> Pressò le labbra tra di loro con lo sguardo basso e l'espressione colpevole, ma il suo silenzio non faceva altro che confermare i miei dubbi, ma alla fine era scontato, quel biondino c'entra sempre in queste cose. Mi voltai verso la console di registrazione dove erano appostati il suo produttore discografico e suo fratello, Stef era un attimo andata in bagno e per sua fortuna era così, almeno non avrebbe assistito ad un massacro di massa.

Con passo deciso mi avviai verso la porta della cabina di registrazione dove era segregato quel biondino intento a cantare, ad ogni passo mi sembrò di lasciare per terra le fiamme, quasi quasi persino il marmo del pavimento era a rischio di incendiarsi. Abbassai la maniglia della cabina ed entrai richiudendomi la porta alle spalle e distraendo il povero Usignolo dal suo armonioso canto del cazzo. Il suo viso era forse anche più confuso del mio quando sentii la parola "viaggio", si sfilò le cuffie e le appese al microfono per poi liberarsi della chitarra che appoggiò con estrema cautela a terra contro il muro. Gliel'avrei volentieri spaccata in testa in quel momento. <<Ti ha dato di volta il cervello per caso?!>> Strillai, forse un po' troppo forte visto che strinse per un secondo gli occhi, disturbato dalle mie grida, come se non fosse rimasto chiuso l' dentro a cantare con la musica a palla nelle orecchie per più di un'ora. <<Reginetta, la stanza è insonorizzata da dentro per fuori, non da dentro per dentro, se strilli così mi rompi i timpani.>> Tentò di scherzare facendo un passo verso di me ma lo spintonai piantandogli una mano nel petto per farlo tornare a sedere, su quel suo sgabello in legno, dove ci rimase con le braccia conserte e il viso contratto in un'espressione divertita, sembrava quasi che si stesse trattenendo dal ridere. A dividerci dagli altri c'era solo un vetro ma non mi importava che vedessero, non mi vergognavo di certo, ero abituata ad avere gli occhi puntati addosso di diverse persone. 

<<Posso sapere cosa ho fatto ora?>> Sghignazzò affondando i denti nel labbro inferiore per non ridere, dannazione quelle labbra, dovevo smettere di impuntare i miei pensieri unicamente su quei suoi spicchi rosei. Iniziava a darmi sui nervi il suo fascino. <<E io invece posso sapere cos'è questa storia del viaggio?>> Il sorrisetto da stronzo sulle sue labbra sembrò scomparire in un secondo quando capii di essere stato sgamato, voltò il viso verso i tre uomini dietro alla vetrata per fulminare mio fratello, ma afferrandogli il viso con una mano riportai il suo sguardo su di me. 

<<Devi parlare con me ora.>> Sibilai tesa dalla rabbia, non mi importava cosa avrebbe detto più tardi a mio fratello, si sapeva dal principio che non fosse poi così bravo a mantenere i segreti, ma ringraziai quella sua lingua lunga in quel momento. Un urletto stridulo mi graffiò la gola però quando mi afferrò per i fianchi attirandomi a sè, mi intrappolò tra le sue braccia senza lasciarmi alcuna possibilità di scelta. <<Ho detto parlare, che stai facendo?>> Gli posizionai le mani sul petto cercando di liberarmi ma la sua presa non era poi così debole, anzi, era ferrea e tenace. Quei bicipiti non erano gonfi di aria in effetti. 

<<Continui a toccarmi, quindi posso farlo anch'io.>> Il mio voltò si ritrovò fin troppo vicino al suo. <<Secondo quale logica?>> Quelle gemme blu non riuscivano a rimanere ferme un secondo, continuava ad alternare lo sguardo tra i miei occhi e la mia bocca, un gioco che non avrebbe portato a nulla di buono. <<Secondo quella dei pari diritti.>> 

Roteai lo sguardo sbuffando, in effetti non potevo di certo contraddirlo. Il suo sorriso vincitore si ampliò ancor di più quando vinse qualche secondo di mio accondiscendente silenzio, ma non per questo mi arresi. <<Se ti azzardi a baciarmi ti arriva uno schiaffo però.>>Sentii le sue mani accarezzarmi il fondo della schiena insinuandosi leggermente sotto al lembo della camicia, ancora indossavo l'uniforme della scuola, ma quando percepii quei brividi che le sue carezze mie causarono ringraziai di non essermi cambiata. 

<<Sono un uomo di parola reginetta, accadrà solo quando lo vorrai anche tu.>> Contrasse la mascella squadrata in una morsa di autocontrollo. Si stava trattenendo e vederlo così in difficoltà mi soddisfò alquanto, lo avrei portato ad impazzire, in fondo ero brava a farlo. Ma stavamo divagando, non ero lì per quello. 

<<Stai cercando di distrarmi Kovacs.>> Squittii incollerita tentando di nuovo di liberarmi della sua presa, ma le sue mani contro la mia pelle calda si strinsero con ancor più forza. Non avevo alcuna possibilità. <<Cos'è questa storia del viaggio?>> 

Incrociai le braccia al petto e solo così riuscii ad instaurare almeno qualche centimetro di distanza tra di noi, anche se alla fine eravamo comunque appiccicati. Mi infastidiva che mi avessero tenuto nascosto qualcosa in cui io però, in qualche modo che non conoscevo, c'entravo lo stesso. <<Tra un paio di giorni devo andare in tour e ho pensato che, per farti staccare un po' dalla realtà, potresti venire con noi.>> Per quanto fossi irritata e innervosita il pensiero che avesse pensato a me al posto del tour in sè solo per i concerti mi sorprese, doveva pensare al tour solo come un incontro con i suoi fan anche più distanti, ai molteplici concerti che lo attendevano, non alla possibilità di un viaggio che distraesse me. E poi non potevo, non avevo la possibilità di lasciare Los Angeles, mia madre e non lo avrebbe permesso e poi sarei rimasta indietro con le lezioni a scuola, non potevo permettermelo.

 <<Non posso venire.>> Non nascosi però a me stessa che mi dispiacque, al suo ultimo concerto mi ero sentita viva, era stato bellissimo poter cantare a squarciagola le sue canzoni e poi mentire nel dire di non conoscerne neppure una. Lui mi punzecchiava e io lo sfidavo, era così di continuo, ma non c'era alcuna possibilità. 

<<Saranno solo due tappe per ora Keira, andremo a San Francisco e New York, staremo via per poco, cosa ti cambia?>> Quasi gli occhi mi uscirono dalle orbite dallo stupore, sperai che stesse scherzando, non mi era concesso di uscire da Los Angeles se non con la mia famiglia, figuriamoci con dei ragazzi che i miei neppure conoscevano. Stava sognando ad occhi aperti quel capellone biondo. <<Ma sei completamente pazzo, non mi è concesso fare una cosa del genere, New York, ti rendi conto di dove si trova?>> Sbuffò spazientito di fronte alla mia replica ma avevo come l'impressione che non ci stesse arrivando, stava parlando dell'impossibile, se per lui era tutto così semplice che ci andasse da solo ma di certo io non lo avrei seguito. Mia madre non mi avrebbe mai concesso una cosa del genere, poteva andare con lui Henry, non io. 

<<Ho un concerto Sabato e uno Lunedì, partiremo Venerdì sera e saremo a casa Lunedì sera, che c'è di male? Ho anche già fatto portare le tue valige sul mio Jet.>> Mi sembrò quasi di smettere di respirare per un istante che si rivelò eterno nella mia testa, no, non poteva essere vero, doveva trattarsi di uno scherzo. Non aveva idea in che casini mi avrebbe ficcata se avessi accettato e per giunta, ancor prima di chiedermelo, aveva già fatto portare le mie valige sul suo aereo del cazzo? No, doveva essere tutto uno scherzo. 

<<Che cosa hai fatto?!>> Con una spinta più forte riuscii finalmente a liberarmi dalla sua presa, le sue manacce scivolarono via dal mio corpo ed io tornai a ragionare più lucidamente. Quel suo piano contorto mi avrebbe cacciata in seri guai ed io non ci volevo minimamente entrare. Non se ne parlava nemmeno, non avrei posto a mia madre un affronto del genere, mi sarei rovinata da sola se solo l'avesse scoperto, e sarebbe accaduto. 

<<Speravo che ragionassi, diamine Kei sei costantemente reclusa in quella casa, per una volta vai contro a quelle regole.>> Lo avevo già fatto, lo stavo facendo anche in quel momento visto che sarei dovuta già essere a casa da ore. E quando me ne ricordai sentii il sangue raggelare. Mihai continuava a farmi sbagliare, in sua presenza commettevo errori su errori, mi avrebbe cacciata in una marea di casini se avessimo continuato così. 

<<Non ti azzardare a dirmi cosa fare Mihai, tu non hai idea di cosa voglia dire essere me, quindi rimanine fuori!>> Nessuno dei due stava più giocando, in quel momento ero seriamente al limite. Continuava a farsi gli affari miei tentando di capirmi, di introdursi nella mia vita quando io facevo tutti il possibile per estraniarlo da essa, ma non gli avrei permesso di impormi cosa fare. Aprii la porta e uscii da lì dentro in fretta, ma prima che potessi richiudergliela in faccia, sbattè con un impeto la lastra di legno contro il muro uscendo a gran passi, lunghi e decisi. 

<<Non ti sto dicendo cosa fare, non travisare le mie parole Keira.>> Tuonò, la sua voce era un turbinio di nervoso e collera ma di certo non sarebbe riuscito ad intimorirmi, avevo visto anche di peggio di un uomo incazzato, se lui alzava la voce io lo facevo due volte di più. Non esisteva nessuno capace di mettermi i piedi in testa. 

<<E tu ragiona invece Mihai.>> Mi voltai puntandogli un dito contro. 

<<Pianificare tutto senza dirmi niente, portare le mie valige sul tuo aereo ancora prima di dirmelo.>> Elencai furiosa. <<Mi hai imposto di fare ciò che volevi tu senza neppure accorgertene.>> Strinsi i pugni lungo i fianchi fino ad affondarvici le unghie, era un vizio che non riuscivo a togliermi, dalla rabbia finivo per farmi male a tal punto da lasciarmi i solchi nei palmi delle unghie, fino a far uscire il sangue. <<Differenzia le mie azioni da quelle dei tuoi, io l'ho fatto per farti una sorpresa, per il tuo bene.>> Spiegò credendo che stessi sottintendendo che si fosse appena comportato come loro, ma io non ci avevo neanche pensato, mi ci portò lui stesso ad arrivarci.

 <<Le regole che ti impongono loro invece sono solo occasioni per approfittarsi della tua ingenuità.>> E poi ecco che ci fu lei, il cui nome impegnava il palato in una maniera disgustosa: la sincerità. Mi vedeva come una ragazzina ingenua da proteggere, una povera fanciulla indifesa da portar via verso il lieto fine. L'avevo capito, almeno su quello ci arrivai da sola di mia sana pianta, ma ero più che propensa a togliergli questo fardello inutile, questo compito da eroe dei miei stivali, non mi serviva qualcuno che mi salvasse.

 Una ghigno spezzò il silenzio, la mia risata lentamente prese vita sotto la sua espressione contratta dalla collera che poco a poco sbiadì, gli occorse solo capire e ripetere le sue stesse parole in quella sua testa vuota. A me però era bastato sentirle una volta. 

<<Cioè, scusa, non intendevo questo, io->> Tentò ma lo interruppi prima di sentire altri improperi trapelare da quella bocca sudicia di pregiudizi irriverenti. 

<<No, tranquillo ho capito.>> Gli sorrisi ma di sorridente vi era solo la falsità dello stesso. <<Ingenua, infantile, debole, sono abituata a sentirmelo dire, non ti preoccupare.>> E come era apparso, dalle mie labbra quella smorfia allegra svanì di nuovo senza alcuna difficoltà, si cancellò, si disperse chissà dove ed io non persi tempo neppure a cercarla. Davanti ad un essere tanto spregevole non mi serviva neppure fingere di non star per esplodere. Lo superai per raggiungere il divanetto su cui avevo poggiato lo zaino e me lo infilai in spalla. 

<<Kei, sai che non lo penso davvero.>> La sua voce era un ronzio fastidioso che però feci finta di non sentire, non avevo altro tempo da perdere, aveva già rovinato tutto come al suo solito. <<Ragazzi vi ringrazio per oggi ma sono stanca, torno a casa.>> Poggiai un bacio sulla guancia della mia migliore amica che mi guardava dispiaciuta, mimò con il labbiale le parole "dopo ti chiamo okay?" Ed io semplicemente annuii. Avevo come l'impressione che anche lei concordasse con quella loro idea paranormale, ma mi serviva qualcuno con cui sfogarmi. Salutai anche Alexei con un bacio sulla guancia e lui mi sorrise, non vi era assolutamente malizia in quel gesto, solamente un piccolo gesto di affetto che sembrò però infastidire qualcuno. 

<<Stiamo scherzando? Keira, vuoi fermarti un secondo santo cielo?!>> Quando si frappose tra me e suo fratello mi voltai questa volta verso il mio senza degnarlo di uno sguardo, non mi interessava ciò che gli passava per la testa, si era già fatto fin troppo tardi ed io non avrei dovuto lasciare che mi convincesse a star lì con loro. 

<<Tu puoi rimanere qui, prendo un taxi, ci vediamo domani.>> Henry annuii con un bagliore triste negli occhi, lo conoscevo e sapevo che cuore buono avesse, si sentiva in colpa perchè credeva di aver creato lui tutto quel casino ma si sbagliava. L'unico artefice era solo uno e non si trattava di certo di lui. Mi avviai così verso la porta fino a quando il mio unico problema non mi afferrò il polso. Mi voltò con un impeto improvviso che ci riportò faccia a faccia, petto contro petto. Il suo viso contratto dalla rabbia mi inceneriva ed io fronteggiavo quell'oceano in tempesta con la stessa caparbietà, nulla e nessuno mi metteva i piedi in testa. 

<<Verrai con me su quell'aereo Keira Martin, a costo di caricarti in spalla, ora mi sono stancato di essere buono.>> Ringhiò ad un soffio dal mio volto, sentii ogni parola arrivarmi dritta in faccia, era come se vedessi la sua pazienza sfumare in una nube di fumo, lo avevo tirato allo sfinimento ma ancora non era niente in confronto a ciò che gli avrei fatto passare se si fosse intestardito ancora, se avesse continuato a cercare di controllarmi.

<<Mi piace questa tua convinzione sai?>> Sorrisi infida. Poggiai una mano sulla sua guancia e accarezzai quella sua guancia ispida sentendo come si contraesse dalla rabbia, eppure percepii che si godè ogni secondo di quel tocco fino a quando non ritrassi la mano. 

<<Ma illudersi è da stolti Riccioli d'oro.>>

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Oggi...

I problemi, gli impegni, le mansioni. Nulla di ciò che riguardava la mia vita si faceva vivo quando nella mia mente incombeva il piacere più torbido, la lussuria più sudicia. Quando mi cibavo di goduria c'eravamo solo io e il mio inferno di fiamme aizzate dalla libidine, mi bastava chiudere gli occhi ed ero in un fiume di estasi incendiata dal piacere che mi scaldava con dolcezza o con una furia incontrollata. Ero sempre e solo io a deciderlo. Del mio mondo ne ero sovrana.

Il vino di un rosso amaranto rigirava lento come una onda delicata mentre mi rigiravo il calice, le mie dita curate si aggrappavano con eleganta allo stelo dell'altro bicchiere quando sentivo le scariche di piacere percorrermi il basso ventre fino ad intorpidirmi le gambe, coperte da delle semplici calze di un nero trasparente che arrivavano a metà coscia dove la giarrettiera in pizzo la teneva alta, aperte e semi piegate. Sedevo sulla mia poltrona nera in pelle con indosso una semplice lingerie in pizzo rossa e nera a cui erano già scomparse le mutandine, e le mie adorate Louboutin ai piedi il cui tacco affondava nei braccioli del mio trono. Nella mano destra stringevo il mio calice da cui sorseggiavo il Domaine de la Romanée-Conti, uno tra i vini più costosi al mondo, mentre un uomo di bell'aspetto se ne stava inginocchiato a terra. Chino di fronte a me, con quelle mani grandi dalle vene sporgenti che affondavano nelle mie cosce con tenacia, il viso dai tratti allettanti nascosto tra le mie cosce e quei capelli lunghi di un biondo grano che ricadevano incontrollati lambendo con la punta quelle spalle larghe e possenti. Indosso portava solo un paio di jeans neri che sembravano star per scoppiare a causa della modesta erezione che pressava sotto la patta, ma quando godevo dovevo farlo solo io, non permettevo che in mia presenza qualcun'altro provasse piacere. La sua lingua giocava con la mia intimità con sicurezza, ingordigia. Mi leccava, succhiava ogni lembo grondante della mia pelle gocciolante e mordeva mischiando il dolore al piacere. Come piaceva a me. Ma quando desideravo il piacere, necessitavo che a godere fosse ogni parte di me, persino la vista. Sul letto a baldacchino della mia camera da letto, tra le lenzuola sfatte in seta di un porpora scuro come il sangue, facevano sesso un uomo e una donna. Lui, possente e torreggiante con ogni muscolo ben delineato in ogni punto di quel corpo statuario, la chioma fluente di un biondo più chiaro, quasi del colore del sole, i pettorali costellati da maori e quel profilo disegnato alla perfezione. Lei, dai capelli di un castano nocciola, il corpo sinuoso e le curve tondeggianti nei punti giusti, il seno prosperoso, il culo tondo, le gambe magre e una pelle olivastra che si adombrava nell'oscurità della mia stanza illuminata da qualche candela. La prendeva da dietro mentre lei si lasciava riempire piegata a carponi, quelle mani grandi la tenevano ferma e ben salda dai fianchi intanto che si spingeva dentro di lei con furia. Ne sentivo la forza sulla pelle, quel vigore maschile e virile; i brividi mi attraversavano plagiando il mio corpo sotto la forza del piacere che mi attraversava come le note di una bella canzone. La sua virilità scomparire tra quelle cosce morbide e fu come sentirlo tra le gambe mentre l'uomo affascinante piegato a me mi divorava senza pietà. Ma non mi bastava.

 <<Tesoro guardami.>> I suoi occhi blu si rivolsero a me e sentii un nodo alla gola che ingoiai dimenticando quel pensiero che mi balenò in testa, desideravo che fossero in due a toccarmi e ciò che volevo era un ordine. Gli feci cenno con l'indice di lasciare l'altra lì e venire da me e, senza farselo ripetere due volte, la scostò per venire da me in un secondo. 

Mi eccitava guardare due persone scopare per me, ma ogni volta impedivo loro di raggiungere il sommo piacere, solo io potevo. I suoi occhi mi ammiravano famelici ad ogni passo, i miei invece osservavano ogni tratto della sua stazza possente, tutti quei muscoli mi fecero venire l'acquolina. Mi accarezzò la guancia per incastrare le dita tra i miei capelli mentre il suo viso si faceva sempre più vicino, le sue labbra carnose si allacciarono alle mie, la sua lingua sfacciata si legò alla mia in un intrecciò svergognato e senza pudore gemei quando mi morse il labbro. 

<<Toccami.>> Ordinai ansante con le labbra pulsanti e lui mi soddisfò. Si inginocchiò accanto all'altro e mi obbedì senza fiatare, il primo non si fermò continuando a stimolarmi con velocità il clitoride mentre il secondo affondo due dita dentro di me togliendomi il fiato. Un duo a dir poco infernale.

<<Voglio le dita di entrambi.>> E subito mi accontentarono. Il primo smise di leccarmi e sollevò il viso increspato da un sorriso malizioso dalle labbra gonfie e lucide, incastrando quelle gemme celesti nelle mie si passo le dita tra quegli spicchi rossi per poi infilarli insieme a quelle dell'altro nella mia fessura grondante di piacere. Presero a muoverle alla stessa velocità senza inibizioni ed io persi la testa. Il piacere mi intorpidì le gambe aperte tanto che il tacco delle mie Louboutin affondò con più pressione nei braccioli. Ma ancora non mi bastava. 

<<Amore ti voglio qui, che fai tutta sola.>> La Venere sul mio letto si alzò sorridente per raggiungermi con passo lento ancheggiando quelle forme perfette, la mia vista a stento rimaneva limpida, il buio spesso sopraggiungeva quando chiudevo le palpebre in balia del piacere incontrollato che mi attraversava il corpo con potenza. La bella donna mi guardò in attesa di un compito, tutti facevano ciò che dicevo e questo mi piaceva ancor più del sesso probabilmente. Forse. No che stronzata.

Mi slacciai il reggiseno il pizzo lasciando libero il seno prosperoso quando poi versai lentamente il vino sul petto, il liquido rosso amaranto mi accarezzò la pelle bollente arrivando a lambire i capezzoli turgidi fino a raggiungere il mio ventre stretto e piatto che si contraeva dal piacere man mano che i movimenti dei due colossi aumentava. 

<<Leccami tesoro.>> Detto fatto. Tra quelle labbra a sirena si frappose una sua lingua che prese a leccare ogni goccia di quel vino dalla mia pelle, ogni goccia rossa risaltava come l'inchiostro su un foglio bianco sulla mia pelle candida. Posai sul comodino si affianco il bicchiere e incastrai la mani tra quei suoi capelli morbidi accompagnando ogni suo movimento. Prese a succhiarmi un capezzolo e senza che lo chiedessi neppure il secondo uomo fece lo stesso con l'altro senza mai smettere di penetrarmi con le dita. Il fiato si fece sempre più faticoso, sentivo il piacere incombere e sovrastare con la propria forza su ogni parte di me. Lasciai cadere il capo all'indietro estasiata. <<Più velocemente ragazzi miei.>> Reclamai in un gemito venendo nuovamente accontentata, sentii la mia intimità pulsare e le gambe fremere dal piacere che si faceva sempre più intenso fino a farmi vedere le stelle. Le loro dita mi compiacevano, le loro bocche mi veneravano e gli occhi del primo uomo mi ammiravano con estasi, non smetteva un secondo di contemplare il mio corpo teso dalla lascivia e mi piacque. Lo adorai da morire. 

<<Sì così, continuate.>> Con gli occhi serrati dalla cupidigia afferrai in malo modo il polso della donna e le portai la mano tra le mie cosce aperte e frementi per intimarle, senza alcuna parola, di accarezzarmi senza smettere di succhiare il mio seno. Prese quindi a masturbarmi il clitoride così velocemente che mi persi, a ritmo con le mani dei due uomini, lasciandomi cibare di un piacere che mi mozzò il fiato, mi contorse ogni muscolo e sottrasse le parole. Non riuscivo più a dire niente se non ordini. <<Ancora cazzo!>> Strepitai vicina al limite affondando entrambe le mani nella pelle della poltrona, inarcai la schiena in preda a una goduria incontrollata che mi sciolse ogni nervo, i gemiti si fecero sempre più celeri, il fiato più corto, mi sentii assuefatta dalla lussuria e non riuscivo a farne a meno nemmeno per un secondo. 

<<Baciami.>> Gemetti con gli occhi puntati all'uomo che non smetteva per un secondo di ammirarmi, non ci fu un secondo di esitazione nelle sue gesta a quel mio ordine, avvicinò il viso al mio ed io lo incastrai tra le mani affondando la lingua nella sua bocca dove venne accolta, la sua si spinse contro la mia con la stessa libidine mentre tra le sue labbra si facevano spazio i miei ansimi sempre più sollecitati. <<Dio sì!>> Gridai svergognata senza alcuna inibizione contro la sua bocca ad un soffio dall'apice, le mie mani affondarono tra quei suoi capelli incontrollabili di un biondo grano, le sue labbra gonfie e schiuse per me aleggiavano ad un millimetro dalle mie ma per un secondo, un misero istante di merda mi persi in quelle perle blu che mi scossero l'anima. 

Quando finalmente arrivai all'orgasmo di fronte a loro. Un ansimo stridulo mi graffiò le labbra mozzandomi il fiato che mi rimase ancorato ai polmoni, inarcai la schiena aggrappando le mani al biondo chino su di me che sorrise nel vedermi compiaciuta. 

Eppure io lo spintonai via da me con collera, ciò che vidi in quelle iridi celesti mi morse le interiora ed io non riuscii ad evitarlo. <<Basta.>> Ansimai anche agli altri due che immediatamente si allontanarono lasciandomi riprendere. <<Rivestitevi, quando esco dalla doccia non vi voglio trovare qui.>> Mi alzai sentendo le gambe molli ma comunque stabili, avevo bisogno di un secondo di aria e la loro presenza iniziava ad irritarmi soprattutto visto che ormai avevo avuto ciò che volevo. Anche se qualcosa aveva rovinato tutto proprio sul più bello. Mi infilai la vestaglia in raso nera legando il cinturino intorno alla vita per raggiungere il comodino e dividere alla buona per tutti e tre una mazzetta da nove mila dollari che gli lasciai sul mobile, necessitavo di rimanere sola e la loro presenza mi stava snervando, così mi chiusi in bagno girando due volte la chiave nella serratura. Ma la verità era che non sopportavo più neppure me stessa in primis.

 Non riuscivo più a tollerare le mie ossessioni e men che meno i miei vizi eppure ne avevo il bisogno, o così o impazzivo nella mia monotona routine settimanale. Mi diressi verso la vasca idromassaggio e accesi l'acqua calda lasciandovi cadere dentro qualche bomba da bagno profumata, il sesso era un'arma a doppio taglio, come una droga alla quale non riesci a fare a meno. Quando la prendi cibandoti del piacere e di ogni sensazione ti senti piena, ma poi quando tutto finisce ti senti sporco, insoddisfatto perennemente e così continui all'infinito fin quando non arrivi al limite e il sipario si chiude. Mi guardai allo specchio e legaii i capelli scompigliati in una crocchia veloce appuntandoli con un mollettone. Sul viso i segni stavano sbiadendo ma ancora diversi punti dolevano, mai però quanto i pensieri. 

Ancora sentivo in bocca l'amaro sapore della vendetta ma non gli diedi agio di possedere la mia mente, non mi sarei abbassata a cotanta futilità, io non mi vendicavo, io facevo soffrire il doppio di quanto avevo sofferto io. E sarebbe arrivato il momento in cui sarebbe accaduto, ma una vera donna sapeva quando procedere e come riconoscere il momento giusto. Quindi ancora mi soffermai sul temporeggiare.

Mi tolsi la vestaglia per appenderla al bordo del lavandino e sflilai di dosso tutto il completo dell'intimo per infilarmi nell'acqua bollente della vasca idromassaggio, i getti creavano una catena di correnti e bolle che mi iniziarono a massaggiare i muscoli tesi ed io mi sentii in paradiso. Il sesso era il mio inferno ed io ne possedevo il trono. Allungai un braccio verso il frigo bar proprio lì accanto, non conoscevo altre persone che ne possedessero uno in ogni stanza della casa, ma io necessitavo di una bottiglia di Bourbon o di qualche vino pregiato in ogni angolo della casa in cui io mi trovassi, persino in bagno, se no che gusto ci sarebbe stato nel farsi un bel bagno caldo? Stappai la bottiglia in cristallo del Bourbon e ne presi un sorso bello lungo e sostanzioso. Così potevo dire di stare veramente bene. Ma la coscienza non sembrava voler concedermi quell'attimo di quiete. La schiuma mi accarezzava il corpo, dalla superficie sopraggiungevano soltanto le ginocchia mentre al di sotto la mano che non impugnava la bottiglia percorreva il mio corpo, la mia pelle morbida e liscia fino a fermarsi sul mio ventre.

Lì dove un solo pensiero, ogni qualvolta la sfioravo, riusciva a farsi costantemente vivo nella mia testa, l'unico pensiero capace di uccidermi con il peso di un macigno e la forza di una piuma. Sentii gli occhi bruciare mentre la mia stessa mano tracciava sotto l'acqua, nel silenzio di quel bagno inondato dal vapore, cerchi immaginari sul mio ventre. Il solo ricordo mi spezzava l'anima e faceva così male anche solo pensarci che dovetti bere ancora. Uno, due, tre sorsi. Desideravo perdere la testa e dimenticare, quante notti avevo passato sbronza nel vano tentativo di non pensarci più, quante lacrime versate e finite ad impregnare i miei cuscini, quanti pianti avevo soffocato in questi ultimi per non far udire al mondo il mio dolore. La sofferenza per quello che mia madre aveva definito uno scandalo.

Dopo che a sedici anni scoprii di essere incinta.

Lo scoprii per caso, in quel periodo ero distrutta dalla morte di mio fratello, erano passate sì e no due settimane dal suo assassigno ed io a stento mi reggevo in piedi dal vuoto incolmabile che mi portavo dentro, eppure iniziai a star male anche fisicamente oltre che psicologicamente. Avevo smesso di mangiare dopo la morte di Henry e le nausee mattutine che mi inasprivano ogni mattina non aiutavano affatto, vomitavo un liquido giallognolo poichè non ingerivo mai niente e inizialmente non badai poi molto a tali situazioni. Poi però mia madre iniziò ad insospettirsi, le spie di avvertimento iniziavano ad essere molteplici così, all'insaputa di tutti, mi fece visitare e fu a quel punto che scoprii di essere incinta da quasi quattro settimane. Inutile dire che quella notizia mi scioccò. Presi dalla bottiglia altri due sorsi, l'amaro sapore mi invase la gola e ogni sorso lo deglutii senza alcuna esitazione. Piansi notte e giorno dopo che quella scoperta. Versai lacrime per così tanti svariati motivi che la mia testa andò al tempo in subbuglio. Ero incinta, portavo in grembo un bambino, sembrava un dono che mio fratello mi aveva fatto, come se avesse in qualche modo già saputo che doveva andarsene ancora prima che accadesse; piansi perchè stavo per diventare madre.

Piansi perchè il padre di quel bambino era stato anche colui che mi aveva distrutta e ridotta in brandelli, Mihai era il padre del piccolo che portavo in pancia e al tempo stentai a credere che una notizia così bella potesse appartenere per metà anche ad un uomo così meschino e vergognoso. Non glielo dissi mai, soprattutto perchè da lì a poco mia madre mi obbligò ad abortire. Se il mondo avesse scoperto che ero rimasta incinta di un assassino la nostra famiglia sarebbe stata protagonista dell'ennesimo scandalo dopo la morte di mio fratello.

E fu così che persi il mio piccolo regalo.

Il cielo in quell'anno volarono due angeli, due stelle che si erano divise il mio cuore e se lo erano portato con loro il cielo.

Lì dove mi guardavano ogni giorno.

Lì dove i miei occhi si posavano ogni sera con la speranza che una notte qualsiasi, in sogno, io potessi stringere il mio bambino e rivedere mio fratello. 

SPAZIO AUTRICE:

Mi mancavano proprio questi drammi ancor più dolorosi, era un po' che non ne mettevo uno così, all'improvviso, cogliendovi alla sprovvista, anche se quelle che mi seguono anche su tik tok sanno che ve lo avevo già spoilerato da un po'.

Nella prima parte troviamo una Keira e un Mihai in scontro per via di questo famoso tour, lei non vuole andare contro alle regole dei genitori ma lui non sembra propenso ad arrendersi, chi vincerà? Beh contando che Alexei, Henry e Stefany sono alleati con lui credo che la povera Kei non abbia molte possibilità.

Ma poi ecco che nella seconda parte vediamo una Keira armata di contro coglioni che si svaga un po', concludendo con una rivelazione shock. MMhhh come mi mancavano queste tragedie distruttive che ci faranno male più avanti.

Cosa ne pensate?

In ogni caso se la storia vi è piaciuta, se vi va potete lasciare una stellina e scrivermi un bel commento, vi ringrazio per la lettura e al prossimo capitolo.

Ciauuuu <3

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