La Fantasma ~E l'articolo NON...

By Yuwy_ghost

24.4K 1.7K 4.3K

🏆STORIA VINCITRICE DEL PREMIO WATTYS 2023 MIGLIORI PERSONAGGI🏆 Vi siete mai imbattuti in una situazione imb... More

✨Riconoscimenti✨
Intervista dedicata
Informazioni utili (o forse no)
~Parte prima~
Prologo
Uno
Due
Tre
Quattro
Cinque
Sei
Sette
Otto
Nove
Dieci
Undici
Dodici
Tredici
Quattordici
Quindici
Sedici
Diciassette
Diciotto
Diciannove
~Parte seconda~
Venti
Ventuno
Ventidue
Ventitré
Ventiquattro
Venticinque
Ventisei
Ventisette
Ventotto
Ventinove
Epilogo

Trenta

358 27 27
By Yuwy_ghost

Non ricordo di aver avuto così tanto mal di pancia in tutta la mia esistenza. La colpa è dell'ansia, ne sono sicura, le quindici alette di pollo che mi sono mangiata a pranzo non c'entrano niente, quelle mi hanno solo dato energia per affrontare questo giorno terribilmente disastroso.

Ebbene sì, oggi é il suddetto giorno del ballo. É vero: l'ho atteso trepidante anch'io, continuando ad aprire e chiudere l'anta del mio armadio-casino per poter osservare l'abito elegante riposto con cura in esso, ma ora che é il gran giorno... Dio santissimo! Sto morendo di paura!

Mi siedo in un angolo del materasso con il mio diario stretto sul petto e le gambe che non smettono di tremare. Sono le 19:00 e alle 19:30 Charlie passerà a prendermi per essere a scuola alle 20:00 in punto.

La festa si terrà nella palestra, l'unico luogo abbastanza grande per farci stare tanta gente, e in particolar modo anche casse per la musica e l'impianto del DJ. Non ho idea di come sarà la festa, né tantomeno quali attività si svolgeranno. Non so niente di niente, mi sento un'ignorante.

Mi alzo dal letto e mi dirigo verso lo specchio, dove mi guardo per l'ennesima volta e mi sistemo meglio il vestito e l'acconciatura. Mentre lo faccio, mi torna in mente la frase detta da Penny quel giorno al negozio di vestiti: «Sembri un'altra persona». Nonostante l'abbia già fatto, non posso che concordare nuovamente con lei, soprattutto ora che, oltre al vestito, sono anche truccata e acconciata in un modo completamente diverso da quello di "Zilla la scopofobica".

Sospiro, continuando a fissare quel riflesso che tanto mi pare diverso dal mio originale. Ho i capelli raccolti in uno chignon basso, tenuto ben fermo da alcune forcine brillanti che sbrilluccicano fra i miei capelli, dandomi quasi l'impressione di essere diventata una strobosfera. Ma nonostante queste ultime, alcune ciocche ribelli sono comunque riuscite a sfuggire da quel groviglio di capelli, andandosi a depositare ai lati del mio viso. Devo stare attenta a non farmele beccare da mia madre... Se solo le vedesse, prenderebbe sicuramente quattro chili di lacca o gel per incollarmi mezza testa. Le ho già miracolosamente permesso di truccarmi con tanto di eyeliner, mascara e rossetto, nonostante abbia rischiato di farmi cavare un occhio da lei per più volte, intenta a dipingere la mia faccia con quei razza di aggeggi infernali chiamatosi applicatori. Una cosa però sono riuscita a imparare durante quelle interminabili ore di tortura, composte di frasi del tipo «Apri gli occhi», «Chiudi gli occhi», «Fai così con le labbra» e «Bene adesso guarda in su, guarda in giù e dai un bacio a chi vuoi tu»: il trucco non fa per me.

Torno a sedermi sul letto. Mi sento un po' come una di quelle principesse sconsolate, in cerca di un lato positivo da trovare per poter dire di avere una vita felice e non di merda.

Riacciuffo il mio diario e lo apro sulla prima pagina bianca disponibile.

3 Giugno

Non mi sono mai sentita così diversa in vita mia. Non dico solo dall'aspetto esteriore, ma anche dallo stato interiore. E' tutto così strano... Mi sembra così assurdo. Una volta ero una ragazza che indossava felpe e leggins tutti i giorni per dimostrare alle persone il suo finto essere "normale", ora, invece, sono una ragazza che sta per andare una festa vestita come una diva.

Questo non fa che farmi pensare solo a quanto io sia cambiata, con il mondo, con gli altri. Non ho idea se in meglio o in peggio, ma credo di saper stilare una piccola lista di lati positivi a riguardo.

Forse mi sono da sempre sbagliata... Forse io non sono una ragazza destinata a rimanere sola e con centinaia di gatti in casa. Forse avrò anch'io un mio futuro... Forse riuscirò ad aprirmi in modo migliore con gli altri... Non ho idea di cosa mi aspettarà in futuro, è troppo vasto per capirlo, ma una cosa la posso dire con certezza: c'è un modo per uscire dalla società, per liberarsi dalle catene che ci imbrigliano, e non è il nascondersi per non essere acciuffati, ma l'essere acciuffati per non nascondersi. Perché una volta che le persone capiscono chi sei, nelle tue fragilità e nei tuoi punti di forza, nulla, e dico nulla, può abbattere ciò che sei veramente, cambiando le tue personalità e le tue emozioni solo per il gusto di "stare alla regola".

Siamo unici e tali dobbiamo rimanere, altrimenti il mondo sarebbe fin troppo noioso.

Sento un vociare provenire dal piano inferiore e drizzo le orecchie per cercare di captare cosa stia succedendo. Riesco a udire le voci di Eddie e Lewis che ridono, scherzano e si fanno i complimenti su come si sono vestiti. Anche quei due verranno alla festa, così come hanno fatto gli anni scorsi. Ma quest'anno, in questo pazzo anno di cambiamenti, hanno deciso di non andarci più come amici, ma come fidanzati, smettendo addirittura di fingere quella copertura che hanno tenuto durante tutto l'anno scolastico.

Qualcuno bussa alla porta e con rapidità faccio sparire il mio diario sotto al letto, fingendomi assorta da un'applicazione aperta totalmente a caso sul mio telefono.

Mia madre si affaccia e mi scruta con sguardo indecifrabile, mentre anch'io la guardo piuttosto preoccupata.

«C'è Charlie» mormora dopo qualche secondo «scendi che facciamo le foto».

No! Le foto no!

Mi sforzo notevolmente per annuire e nascondere la mia faccia agonizzante dai suoi occhi.

Attendo che se ne vada prima di alzarmi e sistemarmi di nuovo l'abito, lisciandolo per bene con le mani. Poi è il turno di indossare le scarpe, nere e con una piccola zeppa, anche queste prese in prestito da mia madre dopo sue numerose insistenze. Devo ammettere, però, che questa volta aveva avuto ragione ad insistere. Insomma... Diciamo che mi era balenata in testa l'idea di mettere le mie Vans mezze sfondate, ma anche se fossero state in ottimo stato, non ci avrebbero azzeccato nulla con quel vestito da principessina. Sarei stata il perfetto incrocio tra una Dinsey princess e una camionista.

Dopo essermi assicurata di aver allacciato bene quei trabeccoli, prendo una borsetta e scendo al piano di sotto.

Sono talmente tanto concentrata a scendere le scale senza volare di faccia e uccidermi, che non mi accorgo minimamente di chi mi sta osservando. Quando arrivo finalmente alla fine della rampa e alzo lo sguardo dai miei piedi, mi ritrovo Charlie a un palmo dal naso.

E' semplicemente bellissimo, non l'ho mia visto così elegante, nemmeno tanto tempo fa in quell'uscita con Penny e le sue amiche. Indossa un completo nero elegante e una camicetta bianca di lino. I capelli sono ingellati e ordinatissimi, come mai lo sono stati prima d'ora. La sua espressione è di pura sorpresa, come se avesse visto una qualche dea paradisiaca, ma non è una dea quella che sta osservando, sono semplicemente io, la stessa rincoglionita che ieri, all'intervallo, si è rovesciata mezza bottiglietta d'acqua addosso.

«Sei-stupenda» la sua voce è ridotta a un sussurro lievemente strozzato, mentre i suoi occhi continuano a percorrere incessantemente il perimetro del mio corpo.

Quelle parole bastano per farmi venire un attacco incredibile di felicità mista a imbarazzo. Mi fanno venire quasi voglia di urlare euforica e fare dieci giri della casa per placarmi, ma tra la mia pigrizia e le scarpette con il tacco credo mi verrà un po' difficile.

«Non esagerare» ridacchio nervosamente, mentre mi sistemo una ciocca di capelli dietro all'orecchio «qui il più carino sei tu». Con un piccolo gesto della mano faccio intendere che mi stia riferendo al suo stupendo modo di vestire.

Scuote la testa, prendendomi una mano. «No, fidati, non mi avvicino nemmeno a uno quarto della tua bellezza».

Mi sforzo notevolmente per non arrossire, mentre mi trascina in salotto. Solo in quel momento mi accorgo che, sotto a quei pantaloni neri ed eleganti, ci sono comunque le sue mitiche converse rosse. Sono felice che non l'abbiano abbandonato, anche in un'occasione così raffinata.

I miei sono intenti a fare un vero e proprio servizio fotografico a Eddie e Lewis e, a giudicare dalle loro espressioni composte da sorrisi notevolmente sforzati, non sono granché contenti. Appena mia madre ci vede, ci trascina nel bel mezzo della scena e inizia a scattarci miliardi di foto, prima noi due soltanto, poi anche con Eddie e Lewis.

Alla fine del servizio fotografico malefico ha incollata sul suo volto un'espressione soddisfatta.

«Ne mando un paio anche ad Amanda» dice a Charlie, prima di lasciarci finalmente andare.

Stordita dai flash e barcollante a causa dei tacchi, mi faccio condurre fuori da Charlie, mano nella mano. Lewis ed Eddie ci seguono, mentre si scambiano sguardi smielati durante tutto il tragitto verso la macchina.

Eddie ha da poco preso la patente e sarà lui a portarci fino a scuola. Nostra madre ha passato gli ultimi sei giorni a riempirgli la testa di raccomandazioni su raccomandazioni, inondandolo di responsabilità a dir poco esagerate. Ma ciò che mi preoccupa in questo momento non è Eddie, di lui mi fido ciecamente, bensì Charlie. Non vorrei che il salire su una macchina gli rievochi brutti ricordi, oltre che veri e propri traumi. Non ho idea se mai sia salito di nuovo su una macchina dopo il suo incidente, ma considerando che va e torna da scuola sempre a piedi, mi viene automaticamente da pensare che non l'abbia fatto. Così, una volta sistemati sui sedili posteriori, mi assicuro di stargli incollata e di stringergli la mano.

Sulle prime lui non sembra neanche accorgersi che io lo stia facendo, ma alla fine mi dà un bacio sulla guancia, mormorando:

«Grazie».

***

Se dovessi descrivere il luogo in cui mi trovo ora non saprei da dove iniziare.

Sinceramente faccio fatica a credere che questo posto sia la stessa palestra in cui faccio ginnastica, o meglio, in cui fingo di fare ginnastica.

É stata tutta decorata a tema, ci sono festoni, palloncini, un grosso buffet, una postazione da DJ enorme e addirittura un tappeto rosso all'entrata, che mi ha fatto veramente sentire la diva delle dive quando ci sono passata sopra.

Appena arriviamo la gente non é moltissima, ma man mano che passano i minuti, le persone aumentano così come la mia agitazione. Sento la mia scopofobia premere contro di me. Vuole che io esca, che abbandoni tutto quanto e torni a casa sul mio letto.

Ovviamente non le presto minimamente ascolto e cerco di nasconderla agli occhi di Eddie e Lewis, ma specialmente di Charlie.

In questa serata mi devo divertire, sarà una delle poche volte in cui la mia giovinezza fiorirà appieno, prima che mi ritrovi di colpo adulta, scaraventata in un mondo fin troppo crudele.

Cerco di recitare la parte della socievole, salutando le mie compagne di classe appena le scorgo, ma senza guardarle troppo negli occhi. Tutte, dalla prima all'ultima, mi scrutano con sguardo meravigliato, come se non credessero che la tizia che hanno sotto gli occhi sia la stessa musona che se ne sta in classe isolata dal mondo.

Mi tengo costantemente attaccata a Charlie, attenta a non perderlo di vista nemmeno per un secondo. Parliamo per tutta la serata del più e del meno, ridendo e scherzando come dei matti.

Ogni tanto Charlie mi accarezza affettuosamente una guancia, mormorando frasi sdolcinate del tipo: "Sei bellissima". Solitamente mi verrebbe il voltastomaco a sentire frasette del genere, simili a quei film di Natale in cui gli attori recitano davvero male, ma questa volta no, anzi, sento di star per diventare un peperone, anche se i cinque chili di blush che mi ha messo mia madre potrebbero camuffare perfettamente le mie guance rosse.

Tutto è fantastico, la mia vita non è mai stata così tanto perfetta. Sento di stare bene con me stessa e stranamente con gli altri. Tutta questa gente non mi provoca più fastidio, così come il parlottare delle persone e la musica dance alta. Non trovo niente che non va, la mia mente, addirittura, smette di giudicare le persone, come è da sempre stata abituata a fare.

Forse sto cominciando a riprendere un po' in mano la mia vita. Forse riuscirò a tornare come prima. Forse guarirò.

Ma mi rendo conto che il futuro è incerto, anzi, il futuro non esiste proprio. A volte non ci si sofferma molto a pensare, ma passato, presente e futuro sono rispettivamente forme astratte di qualcosa che a volte esiste, a volte è troppo sfuggevole e a volte proprio non ve n'è traccia. E il futuro è proprio quello di cui non si vede nemmeno l'ombra, perché nessuno sta vivendo in quel lasso di tempo, perché nessuno può prevederlo. Almeno che non arrivi Doraemon con la sua macchina del tempo, il futuro non può esistere. Lo si può creare, immaginare, bramare... Ma non prendere, perché non c'è e mai ci sarà.

Quindi, perché soffermarsi tanto su ciò che è inesistente quando si ha già un mondo sotto il naso? Perché dovrei immaginarmi di poter guarire da questa fobia quando sto ottenendo risultati su cui dovrei concentrarmi in questo preciso momento?

«Dunque signori è giunto il momento tanto atteso della serata: l'elezione del re e della reginetta del ballo!».

Un annuncio fatto al microfono da un ragazzo moro e occhi sottili mi sconcentra dai miei pensieri filosofici.

Non sapevo dell'esistenza di questa elezione, ma non essendo mai stata in questa festa non mi stupisco della mia improvvisa ignoranza.

Guardo Charlie con sguardo interrogativo. Se ne sta in piedi accanto a me, stanco e sudato a causa di tutti quei balli sfrenati che ci siamo fatti in pista. Forse sarebbe meglio dire "i balli che si è fatto", perché io non ho ballato più di tanto, sono rimasta a guardare divertita le sue fantastiche mosse di ballo, simili a quelle di "Just Dance 2016" sulla Wii. Ho riso talmente tanto che ancora adesso mi fa male lo stomaco.

Anche lui sposta il suo sguardo su di me, mentre prende un sorso di tè alla pesca dal bicchiere pieno che si è preso al buffet.

«Non guardare me» dice con il fiatone «non ho idea di cosa sia...».

Sbuffo e lo guardo divertita: «Sei davvero inutile».

Butta giù un finto muso, poco prima di trasformarlo in uno finto arrabbiato.

«Come osate oltraggiarmi in questo modo, duchessa?!»

«Non avete fatto il vostro dovere, conte, e in quanto a ciò sono automaticamente autorizzata a denigrarvi».

Scoppiamo a ridere. Certo che ci divertiamo davvero con poco...

«L'elezione si svolgerà con le seguenti modalità» il tizio moretto va avanti a parlare e io drizzo le orecchie, curiosa. «In fondo alla sala ci sarà un gruppo di ragazzi incaricato di predere le iscrizioni di chi vuole partecipare alla gara per aggiudicarsi il titolo di re o regina. Alla fine delle iscrizioni voi tutti siete invitati a votare il nome e cognome di un ragazzo e di una ragazza iscritti nella lista, scrivendoli su un bigliettino che poi metterete in questa urna di vetro». Il moretto mostra un piccolo vaso di vetro alla folla accalcata sotto al palcchetto dove si trova. «I due che avranno ricevuto il maggior numero di voti, saranno coloro che conquisteranno il titolo di re e regina del ballo».

Tipica roba da film americani, figo, ma scontanto.

«E ricordate: il re e la regina avranno diritto a romantico valzer. Aspettiamo le vostre iscrizioni e i vostri voti!».

Bene, sono così contenta di aver appena trovato un'attività degna di nota che non farò nemmeno sotto tortura indiana. Sono commossa.

Non ci penso nemmeno a votare dei cretini che vogliono mettersi in mostra davanti a tutta la scuola. Così come non mi iscriverò mai a un concorso per idioti. È vero, non posso negare di essere idiota anche io, ma lo sono a modo mio, di certo non bramo la fama.

Un'orda di persone si accalca dall'altra parte della sala, vicino al bancone delle iscrizioni che prima avevo completamente ignorato. Solo due persone vanno verso il lato opposto, verso di noi: sono Eddie e Lewis.

«Non andate a iscrivervi come re e reginetta?» ghigno, mentre tiro leggere gomitate a Eddie.

«Sì! Eddie! Andiamo! Io voglio fare la reginetta!». Non riesco a capire se Lewis sia ironico oppure no, con lui non c'è da scherzare.

Eddie rotea gli occhi al cielo. «Lewis, basta, ricordati...»

«Ah sì l'operazione "Godzilla"!».

Sono confusa. «Che?».

Eddie tira uno scappellotto affettuoso a Lewis.

«Nulla» dice, scuotendo da testa «è solo una sciocca battuta che ha fatto prima e che continua a ripetere, sta dando i numeri».

È ragionevole: Lewis è capace di andare avanti ore e ore a ridere per sciocche battute. In particolare, se sono freddure fatte da una persona a cui è particolarmente affezionato, bisogna star pur certi che lui si metta a ridere, anche a quelle peggiori.

«Noi andiamo a sbirciare chi si iscrive» borbotta Eddie, cercando disperatamente di fare smettere Lewis di ridere, tappandogli il naso per costringerlo a respirare dalla bocca e pizzicandogli la guancia destra. «Ci vediamo dopo ragazzi».

«A dopo» faccio uno dei miei sorrisi migliori, specialmente divertita dalla risatina di Lewis.

Mentre Eddie se ne va, passa accanto a Charlie, tirandogli un leggerissimo pugnetto sulla spalla. Si sorridono entrambi, come se fossero stati vecchi amici di infanzia.

Sono così contenta che loro due, dopo molto, vadano finalmente d'accordo.

«Sto iniziando ad avere un fottuto caldo» Charlie concentra la sua attenzione nuovamente su di me «usciamo?».

Rido. «Hai ballato come un pazzo fino ad adesso, ci credo che tu abbia caldo»

«Per quanto ancora me lo rinfaccerai prendendomi in giro?»

«Almeno fino a quando avrò ottenuto la mia vendetta a riguardo di tutte quelle volte in cui tu mi hai preso in giro».

Alza gli occhi al cielo e mi prende per mano, conducendomi verso la porta aperta della palestra. Sarebbe stata progettata come uscita di sicurezza, e quindi agevole solo in caso di emergenze, ma spesso e volentieri la usiamo direttamente come uscita normale.

Ci ritroviamo così in un piccolo cortile, contornato da piccoli alberelli in via di crescita. Soffia una piacevole arietta, quella tipica delle serate estive, che non è né troppo fredda, né troppo calda.

Charlie si appoggia al muro, le mani in tasca e lo sguardo perso davanti a sé. Lo imito, mettendomi accanto a lui e cercando di capire dove stia guardando, ma non riusciendoci, mi arrendo e alzo lo sguardo sul cielo, luminoso e pieno di stelle.

«Va meglio?» chiedo, sfiorandogli una mano.

Sento che il suo sguardo si sposta nuovamente su di me, ma non lo ricambio, continuo a guardare il vasto cielo sopra di noi.

«Decisamente» sorride e posa la testa contro la mia spalla.

Un buonissimo odore di profumo da uomo inonda le mie narici. Sembra quasi levarmi ogni male. Prendo ad accarezzargli il viso, pensosa.

«E pensare che una volta ti ritenevo un pazzo...»

«Un pazzo?» sghignazza

«Charlie, eri sdraiato in mezzo a un corridoio»

«E allora?»

«Non si vede tutti i giorni gente sdraiata in mezzo a dei corridoi»

«Sarebbe figo, però»

«No non lo sarebbe...»

«Perché no?» sento una nota di delusione nel suo tono di voce.

Sospiro e lo stringo, come se fosse l'oggetto più fragile e prezioso che possiedo, ma in un certo senso è anche vero.

«Perché... Non potrei più riconoscerti, nella tua unicità, nel tuo carattere. Insomma se ci fosse tanta gente come te, come farei a ritrovarti?»

«Non credo che al mondo esistano tante persone che portano il mio nome e il mio identico aspetto fisico...».

Scoppio a ridere. «Fa niente, non hai capito dove io voglia arrivare...»

«No, no, fidati che ho capito».

Si alza dalla mia spalla e mi dà un piccolo bacio affettuoso.

«Sentimentalona» ridacchia.

Gli tiro uno scappellotto affettuoso e apro la bocca per ribattere e rinfacciargli tutte quelle volte in cui era lui a fare il sentimentale, ma veniamo distratti da un annuncio:

«Iscrizioni e voti si sono appena conclusi! Mi hanno appena riferito i due nomi del re e della regina del ballo!».

«Sono proprio curioso di vedere chi siano».

Stranamente lo sono anche io. Voglio assolutamente vedere chi saranno i due martiri che scenderanno in pista.

Entriamo e subito ci si presenta davanti agli occhi una calca di persone che circonda il piccolo palchetto, sul quale il ragazzo moro sta aprendo la busta contenente i nomi dei vincitori.

Con lo sguardo cerco Eddie e Lewis, ma non li vedo da nessuna parte. Decido di cercarli dopo, ora voglio assolutamente ascoltare i nomi dei vincitori.

«E i vincitori sono...»

Ho come una strana sensazione... Ma non riesco a capire cosa sia. Forse sarà tutto dovuto alla suspense... Ma è strano, perché non sento di essere così tanto interessata.

Il ragazzo moretto apre la busta ed estrae il foglio.

«...Zilla Allen e Charlie Gray!».

Non ricordo di aver assunto droghe o alcool. Eppure non riesco a spiegarmi del perché le mie orecchie abbiano appena captato il mio nome e cognome insieme a quelli di Charlie. Io non mi sono iscritta, e nemmeno Charlie. E poi, se anche fosse, non sono per niente conosciuta nella scuola, per cui non vedo il motivo del perché gli alunni mi avrebbero dovuto votare.

Sbilancio il mio corpo contro quello di Charlie. Ho le gambe molli e il fiato corto.

«Cosa significa?!» sbotto a un certo punto, guardandolo intensamente negli occhi.

«Non ne ho ide...» non fa in tempo a finire la frase perché due nuove comparse lo fermano.

«Congratulazioni piccioncini!» Lewis tira una gomitata scherzosa a Charlie.

Guardo Eddie, confusa e allibita. Improvvisamente mille consapevolezze sono riuscite a toccare ma mia mente ingenua: prima Lewis non stava dando i numeri, con "operazione Godzilla" intendeva questo, tutto questo!

«Eddie?! Cosa cazzo...?!» non ho idea di cosa io stia provando, se rabbia, stupore o addirittura gioia.

«Calma, Zilly» mi accarezza una guancia «volevamo farti una sorpresa»

«Sorpresa? Qui state decretando la mia morte!».

Sposto lo sguardo sulla folla, che lentamente si sta spostando ai lati del salone per lasciare libera la posta da ballo. Per lasciare libera la pista a noi.

Oh. Porca. Troia.

Cerco di calmarmi. «Come avete fatto?».

Lewis ghigna divertito, mentre Eddie si affretta a spiegare. «Abbiamo semplicemente corrotto i nostri amici che gestivano le votazioni e vi abbiamo fatto vincere».

Oh. Cazzo.

Mi volto verso Charlie. «Tu eri loro complice, vero?» il mio tono é più accusatorio di quanto io lo voglia rendere.

Arrossisce. «In verità no...».

Mi sento svenire, tutti stanno attendendo che io e Charlie scendiamo in pista.

Una parte di me, quella nuova e spensierata, vorrebbe anche farlo. Cazzo, é pur sempre un'occasione d'oro, un nuovo ricordo di me e Charlie da scrivere, ma c'è pur sempre la mia fottuta scopofobia di mezzo. Ci saranno migliaia di occhi che ci guarderanno, i riflettori saranno puntati unicamente su di noi, e da "quelli che non venivano degnati di uno sguardo", passeremo a "quelli famosi per essere passati alla storia della scuola per essere stati re e regina del ballo".

Tremo, spaccata in due da idee di pensiero completamente differenti. Sono confusa, non so che fare, e specialmente no so quale delle due idee combattere e allontanare.

Charlie mi prende una mano, donandomi subito un leggerissimo, quasi impercettibile, conforto.

«Non ci riesco» mormoro «ho paura».

Mi sembra quasi di essere ritornata al primo giorno di elementari, quando mia mamma mi aveva lasciata sola, per la prima volta, davanti a un cancello che lei non avrebbe potuto sorpassare con me.

«Zilla...» mi prende il volto fra le mani «tu puoi farcela, tu puoi fare tutto. Io lo so, perché l'ho visto. Sei stata in grado di fare tutto quello che credevi fosse impossibile per te, e guarda dove sei arrivata...». Mi sta guardando con quei suoi occhi profondi quanto due pozzi ghiacciati. «E poi... Non sarai sola...».

Ho smesso di tremare, trascinata da una strana corrente che mi sta portando sempre di più al largo, lontano dalla mia fobia.

Mi lascia andare il viso e si allontana da me, porgendomi una mano e dipingendo sul suo volto quel sorriso indelebile che tanto mi ha conquistato il cuore.

«Ti va di fare questo passo con me?».

Non rispondo, lascio che sia il mio corpo a farlo. Prendo la sua mano e corro verso il centro della pista.

Non so ballare, non ho ritmo, ma non mi importa, non mi importa nulla degli altri, non mi importa che ci stiano guardando tutti, e nemmeno dei commenti che sicuramente staranno facendo.

"I will never fall in love again until I found her"

"Non mi sarei mai più innamorato fino a che non l'avessi ritrovata"

"Until i found you" é la canzone che ci accompagna nel nostro "valzer", mentre ridiamo, ci pestiamo i piedi a vicenda per la nostra incapacità a ballare e ci sorridiamo come non abbiamo mai fatto.

Ho capito che questo é il vero inizio di tutto. L'inizio di una vera vita con il mio vero amore. Da questo momento in poi, saprò di essere stata felice, con Charlie e con me stessa, ma senza scopofobia.

Continue Reading

You'll Also Like

29.4K 1.7K 33
Ciò che si conosce non esiste più sulla Terra dopo una guerra atomica che ha fatto precipitare il mondo nel caos. Niente più Stati. Niente più confin...
40.7K 2.4K 104
Vincent Black è un diciannovenne che ha tutto ciò che la vita può offrirgli: intelligenza e furbizia, una bellezza pericolosa, un carattere accattiva...
501 144 28
Raccolta di meme e reels inerenti alla mia storia The Child realizzati da me o dai miei fantastici lettori.
105K 8.4K 26
Avevo sbagliato. Ammetterlo però era dura. Anzi, non volevo proprio. Io, sempre così perfetto ed ineccepibile, come potevo aver commesso un errore? ...