Are You Ok || Formula 1

By Brokentyre

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Elsa è cresciuta guardando Schumacher sfrecciare con la sua Ferrari sullo schermo della televisione... quando... More

1. Place de La Concorde
2. Avvincere, Convincere
3. Lights Out And Away We Go
4. Not a Grid Girl
5. Halo... It's Me (VET)
6. A New Beginning
7. I'm Here (GAS)
8. Hurts (LEC)
9. Hurts pt II (LEC)
10. Champions' Wall (RUS, ALB)
11. Baby Drivers (Mick, Callum, Robert, Marcus)
12. Ops una Carlando (NOR, SAI)
13. Mindgames pt I (HAM)
14. Night Thoughts (Nico Rosberg)
15. Mindgames pt II (ROS, HAM)
16. Shield (Mick)
17. Monza 2019 (LEC) pt. I
18. Monza 2019 (LEC) Pt. II
19. Sleepless (Marcus, Callum)
20. Shame (Ferrari)
21. Princess pt I
22. Princess pt II
23. Baku (RIC)
24. Quelli che Restano pt I
25. Quelli Che Restano pt II
26. Summer Break
27. Una vacanza
28. Can you swim?
29. Monza 2021, Saturday Pt I
30. Monza 2021, Saturday Pt II
31. A race to win (RIC)
32. Party and then (RIC)
33. Sleeping in your hand (RIC)
34. Glitters don't turn to gold
35. Può solo migliorare (Nyck)
36. Un altro giro di giostra
37. Challenge pt I (Ferrari)
38. Challenge pt II (Ferrari)
39. Being important pt I
40. Being important pt II
43. Mi fido di te - pt I (Charlos)
44. Mi fido di te - pt II
45. To the moon and back (RIC)
46. Never enough (Mick)
48. Flying thoughts
49. Austin GP pt I
50. Austin GP pt II
51. Austin GP pt III
52. By your side (Carlando, ops I did it again)
53. The Last Dance (Danke Seb)
54. Let's start again
55. Lion Heart (Max)
56. See you again (DR)
57. Love is a mess
58. Silverstone
59. Stress and love pt I (Leclerc-s)
60. Stress and love pt II (Daniel)
61. Stress and love pt III (Daniel)
62. To wear red (Charlos)
63. Night lights
64. Responsibility
65. Nightmare pt I
66. Nightmare pt II
67. Don't give me those eyes (Hotel room in Vegas)
68. Dancing with teary eyes
69. Kings and Queens pt I
70. Kings and Queens pt II
71. Quando nevica (LEC) pt I
72. Quando nevica (LEC) pt II
73. Medical drama
74. Jeddah (Carlos) pt I
75. Jeddah (Carlos) pt II
76. Confidenza
77. Panico
78. Plans and failures
79. Resta, se tu m'ami
80. Resta se tu m'ami pt II

47. Lost and found

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By Brokentyre

Ormai da qualche tempo, in tutti i circuiti, il paddock di Formula Uno è affollatissimo, si fatica perfino a spostarsi da una parte all'altra, i lavoratori del circus passano più tempo a farsi largo tra la gente a gomitate che a eseguire i loro compiti... Elsa si chiede se sia cresciuto più velocemente il numero dei tifosi della Formula Uno o il numero dei paddock-pass venduti. Arrivata in Giappone, però, di certo non si aspettava di trovare tutta quella folla già nel parcheggio: la gente è così tanta che non si riesce a vedere dove si sta andando. Elsa scende dal furgoncino nero che ha accompagnato lei, Mark, Ian e tutto lo staff medico al circuito, e un attimo dopo aver chiuso le portiere già non vede più i suoi colleghi, come inghiottiti dalla folla.
"Ma che succede? Da dove viene tutta questa gente?" - riesce ad urlare Elsa all'autista prima che riparta.
"L'organizzazione del circuito ha cercato di fare il possibile per sgombrare gli spazi interni al circuito, concedendo alla gente di entrare a turni solo per poche ore, ma il risultato è che la gente si è riversata nel parcheggio!"

Non fa una piega... pensa Elsa, che ormai ha capito che non c'è modo per discutere con l'organizzazione, ogni volta ne pensano una nuova e inventano un nuovo problema.

Elsa infila il suo zainetto al contrario, con gli spallacci sulla schiena e la cerniera davanti, per controllarlo e per muoversi più velocemente. I tifosi sono tanti ma non sembrano così aggressivi come gli italiani davanti all'albergo dei piloti che avrebbero mangiato vivo il loro vicino pur di avvicinarsi un metro di più a Leclerc. Sono quasi simpatici con tutti quegli assurdi cappellini che sono vere e proprie opere d'arte.
È quasi arrivata al gate, quando, in mezzo a tutta quella gente e quel casino, come avesse un radar riesce a distinguere la voce di un bambino che piange, lo cerca e lo vede, seduto per terra, mentre rischia di essere schiacciato dalle altre persone e nessuno lo nota, stanno tutti pensando agli autografi, ai selfie, ai piloti...

Elsa si avvicina e di istinto si toglie lo zaino per prenderlo in braccio. Comincia a cercare i suoi genitori ma delle persone che sono lì vicino nessuno lo riconosce. Dev'essersi perso, e chissà quanto si è allontanato dai genitori. Elsa d'istinto gli parla all'orecchio e lo culla dolcemente per cercare di farlo smettere di piangere.

Ha circa 5 anni, un viso piccolo e dolce, dai suoi occhietti a mandorla scorrono lacrimoni esausti, chissà da quanto tempo stava piangendo. Ovviamente parla solo giapponese, ed Elsa non sa come aiutarlo a trovare i sui genitori. Gli guarda le braccia, per vedere se c'è un numero di telefono scritto da qualche parte. Nel frattempo lo stringe al petto, metre lo porta verso il gate, cercando di uscire dalla confusione.

Anche se in quella situazione è un problema e non un divertimento, tenere in braccio un bambino è una sensazione dolcissima.

Forse non tutte le donne sono fatte per diventare madri. Elsa è convinta del fatto che ogni donna debba scegliere liberamente come vivere la sua vita, e avere un figlio o una famiglia non è una condizione indispensabile per essere una donna realizzata.

Elsa però, l'istinto materno, ricorda di avercelo sempre avuto. Dalla prima bambola, alla prima volta che ha preso in braccio sua sorella, dai pazienti di pediatria ai ragazzini che giocano a fare i piloti, lei ha sempre avuto l'istinto di proteggerli e di volergli bene incondizionatamente.

Il bambino continua a non capire nulla di quello che le dice e a non risponderle nemmeno a gesti, è molto spaventato, ma appena passano i cancelli e la confusione della folla si dirada, smette di piangere.

Elsa non sa bene dove andare... vorrebbe trovare qualcuno della sicurezza a cui affidarlo, ma sono tutti sconosciuti e non sa se fidarsi...
Nel frattempo continua a camminare verso il centro medico, dove la aspettano per iniziare le visite di controllo ai piloti.

Appena arriva trova Michaela, un'addetta della FIA che si occupa di raccogliere le autorizzazioni mediche e altra burocrazia, che la aspetta sulla porta.

"Dottoressa Bardi, ci sono qui i piloti Alpha Tauri che la aspettano da 10 minuti, hanno un appuntamento di marketing a breve, hanno fretta, lei è in ritardo. E questo bambino da dove salta fuori?"

"Ehm, scusi il ritardo, in parcheggio c'era un gran casino... Questo bambino, ehm... si è perso"

Michaela le tiene aperta la porta ed Elsa entra al centro medico con il bambino ancora stretto in braccio a lei come un koala.

Yuki e Pierre sono seduti nelle due sedie nel corridoio davanti alla porta dell'ambulatorio.

"Ehilaa, guarda chi c'è.." dice Elsa al bambino all'orecchio indicando i due piloti "ecco qui, conosci Pierre e Yuki?" lui non la può capire, ma gira la testa a guardarli, per un attimo resta inebetito, poi i suoi occhietti si illuminano, perché ha riconosciuto Yuki, il suo pilota preferito.

I due piloti la stanno guardando perplessi, decisamente non si aspettavano di vederla arrivare con un bambino, che, a giudicare dalla fisionomia, non è nemmeno un suo parente.

Elsa si sporge verso Yuki, avvicinando il bambino, che sporge le braccia come a dire di voler andare in braccio a lui. Il giovane pilota giapponese rimane immobile, come se quel coso dalle gambe corte e le guance morbide fosse un cucciolo di alieno.

"È solo un bambino, Yuki, prendilo in braccio!" Dice Pierre ridendo, subito prima di mettersi a fare facce buffe per far sorridere il bambino.

Elsa glielo molla, e il bambino abbraccia stretto Yuki: probabilmente è il suo idolo che era abituato a vedere solo in televisione.

Elsa si concede un secondo per ammirare la dolcezza di Yuki che prende in braccio un bambino per la prima volta nella sua vita, e di Pierre che gli spiega come si fa. Poi, come svegliatasi con una scossa dal mondo dei sogni, si ricorda di avere dei compiti e dei doveri da svolgere.

"Yuki, l'ho trovato nel parcheggio, da solo, ha perso i suoi genitori e parla solo giapponese. Per favore, potresti accompagnarlo dalla sicurezza e fagli da interprete, intanto che io visito Pierre? Poi appena torni visito anche te, ok?"

Saluta velocemente il bambino con la mano e apre la porta dell'ambulatorio, non rimane nemmeno per il tempo di scoprire il suo nome.

In 10 minuti il check-up di Pierre è finito, e davanti alla porta dell'ambulatorio c'è già di nuovo Yuki, senza bambino, che aspetta il suo turno.

Elsa fa uscire Pierre ed entrare Yuki.

"Avete trovato i suoi genitori?"
"L'ho consegnato alla sicurezza, stanno cercando"
"Ma ti ha detto il suo nome? E quello dei suoi genitori?"
"Si... si chiama Yuki, come me"

Elsa sorride solo un attimo, poi si toglie lo stetoscopio dal collo e inizia la visita.

Quando riapre la porta dell'ambulatorio per far uscire Yuki, seduto sulla sedia in corridoio ad aspettare il suo turno c'è Daniel.

Mentre Daniel si alza per entrare, Elsa vede in fondo al corridoio Michaela.

"Sa se hanno trovato i genitori del bambino?" Chiede a Michaela

"No, non ne ho idea, è uscito con Yuki, io ho altro da fare qui"

Elsa, un po' seccata da quella risposta così fredda, entra in ambulatorio e chiude la porta.

"Quale bambino?" le chiede subito Daniel. Elsa lo guarda, già seduto sul lettino, e sospira, perché sa che visitare Daniel è dieci volte più difficile che visitare qualsiasi altro paziente: Daniel non sta mai zitto, la tartassa di domande, personali e non, continua a fare battute e non la smette di ridere, sembra non prendere mai nulla sul serio... ma poi ogni tanto la guarda negli occhi e sembra ricordarle, con la serietà di un giudice della corte suprema, che il sentimento che provano l'uno per l'altra esiste, e forse lo possono nascondere agli altri, ma non a loro stessi.

"Ho trovato un bambino, in parcheggio, si era perso e piangeva... non riuscivo a trovare i suoi genitori allora l'ho portato perché qualcuno che conosce il giapponese lo aiutasse... ma non so che fine abbia fatto."

"Oh..." risponde Daniel, con uno sguardo un po' triste e preoccupato... perché in quanto a empatia, Daniel e Elsa si assomigliano molto.

"Ok dai, togliti la maglia e stenditi" dice Elsa, come chi cambia discorso all'improvviso, tornando al punto, per cercare di non distrarsi.

Daniel obbedisce, e mentre Elsa si toglie lo stetoscopio dal collo comincia a parlarle e raccontarle un sacco di cose. Elsa infila gli auricolari dello stetoscopio alle orecchie si avvicina a lui. Compie sempre la stessa sequenza di azioni, sempre gli stessi gesti da ormai quasi dieci anni, senza stancarsi mai, perché ogni volta la persona che ha davanti è diversa, ha una storia diversa da raccontare... ogni volta che visita, Elsa cerca sempre di scambiare due parole con il paziente, per conoscerlo, per rassicurarlo e anche per stemperare l'imbarazzo... poi qualche volta le capitano pazienti con cui ha un legame diverso, e la situazione è sempre un po' diversa... ma quando fa il suo lavoro Elsa rimane sempre molto professionale, anche davanti a Daniel senza maglietta che le chiede: "Do my abs still look good enough?"

"I don't care about your abs, I just care about your heart. Shut up, let me listen." Gli risponde a tono guardandolo negli occhi, alzando un po' le sopracciglia.
Si, ogni volta che lo guarda negli occhi vorrebbe dargli un bacio. Un altro,  dopo il primo e ultimo bacio che si sono scambiati quella sera davanti alle luci del porto di Monaco.

Ma tra loro due non è più successo nulla, solo lunghe chiacchierate e qualche bella serata, di quelle che si passano con i migliori amici. Elsa si chiede spesso, più o meno ogni volta che se lo trova davanti, a che cosa porterà quello che c'è tra loro, fin dove possono arrivare, ma soprattutto fin dove vogliono arrivare, e per quando ancora continueranno a far finta che non sia mai successo niente.

Ma Elsa, quando nel suo lavoro le capitano dei pazienti con cui ha un legame più forte del normale, è sempre molto professionale e non si lascia distrarre da questi pensieri.

Appoggia la valvola dello stetoscopio sul suo petto e ascolta il battito, sposta lo stetoscopio quattro volte, per sentire il rumore delle valvole cardiache e tiene d'occhio la lancetta dei secondi del suo orologio da polso, mentre conta il numero di battiti in un minuto.

Per i libri di semiotica e di anatomia, è come se tutti i cuori di tutte le persone del mondo suonassero lo stesso ritmo, la stessa melodia, lo stesso rumore. E quando capita un colpo fuori tempo, una nota sbagliata, da quell'errore si può classificare il problema.

Il cuore di Daniel non ha nessun problema, nessun battito fuori tempo, e perciò, secondo i libri di anatomia, è identico a quello di Charles o a quello di Pierre e Yuki che aveva ascoltato dieci minuti prima, eppure a lei quei battiti non sembrano tutti uguali.

Elsa ogni tanto si sente stupida a pensarlo, e si ripete tra sé che se lo raccontasse a un collega verrebbe presa per matta, ma ogni tanto le sembra veramente di poter distinguere ad occhi chiusi il battito del cuore delle persone a cui vuole bene... quello di Daniel, per esempio... ma anche quello di Charles... e se ci ripensa sente ancora i battiti di quello di Aaron... e quelli del piccolo cuore di Jack.

"Elsa?"

Elsa sussulta, come sorpresa dai suoi pensieri. Sospira, come innervosita da sé stessa. Da più di un minuto gli stava ascoltando il battito con lo stetoscopio ma la sua mente era completamente da un'altra parte, immersa nei suoi pensieri, e non stava ascoltando nulla.

"Ho perso il conto, scusa, devo rifare"

Velocemente si riconcentra, conta 30 battiti in trenta secondi, moltiplica per due e inserisce "60 bmp" nelle note della sua cartella clinica.

Mentre riappoggia l'i-pad al tavolino le viene in mente che anche quando giocava con Jack ne aveva uno bianco, uguale a quello... Jack adorava il giochino del draghetto che mangia le caramelle appese al filo... lei non voleva che passasse molto tempo con i videogiochi, ma qualche volta cedeva e lui era felicissimo... rideva così tanto ogni volta che riusciva a far arrivare la caramella al drago...

"A cosa stai pensando?"

"Come dici?" - si era bloccata di nuovo, mentre fissava l'i-pad appoggiato al tavolino.

"Ecco, appunto... mi sembri un po' distratta, che succede?"

"Ehm... niente, niente, scusa... devono essere gli ormoni... o magari il caffé di stamattina che non ha fatto tanto effetto. Comunque se tu non hai nulla da segnalare, puoi rivestirti e andare, è evidente che stai bene e puoi correre senza problemi"

"Si, si, lo so che sto bene... è di te che non sono convinto"

"Non ho nulla che non va"

"Elsa... ti ho vista, stavi pensando a qualcosa... è ancora per quel bambino?"

Elsa sospira e lo guarda negli occhi, si è rimesso la maglietta, è di fronte a lei, seduto sul lettino. Lei è seduta accanto a lui su uno sgabello. Appoggia i gomiti al lettino e si prende la faccia tra le mani, cercando il coraggio di tirare fuori quello che ha dentro.
Quanti discorsi giusti finiscono sempre per essere fatti nel momento e nel luogo sbagliato. Alza lo sguardo, lui è immobile e la sta guardando.

"Io... provo qualcosa per te. E pensavo di non sapere come affrontare questa situazione per colpa del nostro lavoro.
E probabilmente è anche per questo, ma credo che ci sia dell'altro. Credo che il mio problema sia che non posso pensare di cominciare qualcosa con te se sento di non aver chiuso del tutto i conti con quello che ho avuto in passato. Il punto è che proprio mentre pensavo di aver trovato qui la mia strada e la mia vita, mi è crollata addosso la nostalgia di chi che ho lasciato indietro, e ora non so cosa fare."

"Parli di Aaron, vero?"
Daniel si ricorda bene il suo nome, che aveva sentito sussurrare dalle labbra di Elsa quel giorno a Monaco mentre piangeva seduta sul gradino del marciapiede col telefono all'orecchio.

Elsa risponde con un altro sospiro, come se non riuscisse più a dire nemmeno una parola.

"Senti, credo sia meglio parlarne fuori da qui. Ci sentiamo dopo?" le dice Daniel.

"Si... grazie." risponde Elsa. Daniel la abbraccia, si rimette le scarpe e mentre esce Elsa gli consegna l'autorizzazione firmata.

Lando si alza dalla sedia davanti alla porta, ed Elsa esce per accoglierlo. Lo fa entrare per primo, si gira un'ultima volta a guardare Daniel che sta andando via. Poi chiude la porta e lascia il mondo fuori. Si rifugia nel suo lavoro, dove sa sempre cosa fare e sa di fare sempre la cosa giusta.

- - - - - - - - - - - - - - - -

È stata una lunga giornata di lavoro, quasi tutto lavoro inutile... visite di controllo a piloti perfettamente sani... riunioni con la direzione gara sulla sicurezza, sapendo già che tanto poi domenica nessuno terrà conto della sua opinione... per ultimo visita Alex, unico sorvegliato speciale perché ancora reduce dall'intervento di appendicite, anche se ormai ha passato più tempo con lui nell'ultimo mese che con chiunque altro pilota in un anno intero.

"Ecco fatto, Alex, ormai sei tornato più in forma di prima. Hai fatto un ottimo recupero, questa era l'ultima visita di controllo più approfondita, dal prossimo GP puoi tornare a fare solo i controlli antidoping e le visite di controllo a campione, come tutti gli altri" gli dice mentre lui si riveste. Alex la ringrazia, e lei lo accompagna fuori, dopo aver preso il suo zaino pronta a tornare in albergo.

Escono dal centro medico, e, con un pizzico di sorpresa per tutti e due, Daniel è proprio lì, ad aspettarla.
Alex capisce, saluta in fretta e se ne va. Daniel accompagna Elsa verso la sua McLaren 765LT blu elettrico, parcheggiata nel suo stallo privato.
Si guardano un attimo intorno, per essere sicuri che nessuno li stia guardando.
Poi lui la fa salire, e prima di mettere in modo prende il cellulare dalla tasca e le fa vedere una foto: ci sono lui e il piccolo Yuki, il bambino smarrito a cui il personale del circuito è riuscito a ritrovare i genitori e ha anche regalato un giro nel paddock per incontrare gli altri piloti. Elsa sorride, Daniel mette in moto.

Guida per neanche due chilometri, praticamente seguendo la strada che corre attorno al circuito. Poi parcheggia di nuovo, sotto la ruota panoramica.

È sera, a Suzuka, quasi l'ora del tramonto.
Daniel affida le chiavi a un parcheggiatore e la prende per mano, Elsa non sa come ci stiano riuscendo ma riescono a passare senza essere fermati da nessun fan scatenato che urla per avere un selfie. Ha paura che qualcuno li veda insieme, sarebbe un grosso problema per la sua carriera, ma per una volta sceglie di fregarsene, di non pensarci.

Daniel parla con l'impiegato della biglietteria della ruota panoramica, prende due biglietti e fa salire Elsa su una cabina privata, quella di lusso con solo due posti.

"Possiamo stare qui tutti i giri che vuoi. Voglio ascoltare tutto quello che hai voglia di raccontarmi."

Si siedono uno accanto all'altra, rivolti verso il vetro della cabina guardano il sole che tramonta sulla città.

Lentamente Elsa si scioglie, e comincia a raccontare di Aaron, di come si erano conosciuti un giorno che lui era stato ferito in una sparatoria ed è arrivato nel pronto soccorso dell'ospedale di Washington, dove lei lavorava. Gli racconta di quando ha visto per la prima volta Jack, quando ancora lei e Aaron erano solo amici ma Jack una sera aveva la febbre e Aaron non sapeva chi chiamare. Gli spiega che la moglie di Aaron era morta un anno prima che si conoscessero, e Jack era rimasto orfano di madre. Gli racconta dei momenti più belli passati insieme, come una famiglia. E dei momenti che le avevano fatto capire che quella che cosa che stavano cercando di costruire non poteva essere la sua famiglia. Gli racconta delle notti passate sola a piangere, delle settimane in cui Aaron viaggiava per tutti gli Stati Uniti per lavoro e lei rimaneva sola con suo figlio, facendo i turni di notte per badare a lui di giorno. Gli racconta di come il loro rapporto lentamente si sia indebolito, e i gesti di affetto che li legavano siano come naufragati nell'oceano della distanza che si era creata fra loro. Di come quei momenti felici siano diventati sempre più brevi e sempre più rari, troppo poco per consolarla nelle notti passate sola a piangere.
Elsa vorrebbe essere capace di spiegargli a parole come ha imparato che l'Amore non è un sentimento come tutti gli altri. Non è qualcosa che inizia o finisce, non dipende dalle situazioni, non svanisce con il tempo. L'amore si trasforma, ma l'amore resta.

"... e loro, ti mancano?" Le chiede infine Daniel, come se avesse capito anche quello che lei non è riuscita a dirgli.

"Si, credo di aver sempre fatto finta che non mi importasse, ma credo che mi manchino molto"

"Sono sicuro che anche tu manchi molto a loro."

"Daniel, io non voglio che tu ti faccia un'idea sbagliata. Io non amo Aaron. Ho capito che non potrei mai essere la donna giusta per lui né lui sarebbe l'uomo giusto per me. Però lui è stata una delle persone più importanti della mia vita, mi manca. E poi Jack... ecco, lo so che è un pensiero molto egoista, e che una madre lui l'ha già avuta, ma io forse per lui sarei potuta diventare la madre di cui aveva bisogno. Lui mi manca più di ogni altra cosa al mondo. Ma ho troppa paura di illuderlo che tornerò nella sua vita e fargli troppo male."

"Che cosa ti ha detto Aaron quando ti ha chiamato quel giorno a Monaco?"

A Elsa sfugge un piccolo sorriso malinconico e un po' ironico a ripensare a quel momento.

"Aaron mi ha chiamato perché Jack mi ha trovata. Mi ha vista in un video della Formula Uno e ha cominciato a cercarmi sui giornali. Sa dove sono e guarda i GP ogni domenica. Per il suo compleanno, ha chiesto di poter andare a un GP di Formula Uno. Aaron dice che il suo pilota preferito è australiano ed è "un supereroe con il sorriso come super potere". Io non so cosa fare."

Daniel sta sorridendo con la bocca lievemente socchiusa dal momento in cui si è riconosciuto nel pilota preferito di Jack. Adora già quel bambino, anche se non lo conosce.

Ci pensa un attimo poi le dice:
"Tra due settimane saremo a Austin. So che tra il Texas e Washington ci sono tre ore di volo, ma se siamo ancora in tempo per il regalo di compleanno, ti mando due pass per il box McLaren da mandare ad Aaron."

Elsa è sbalordita, non sa cosa dire.

"Datevi questa possibilità - continua Daniel - regalatevi la possibilità di far rincontrare le vostre vite. Io non sono un esperto di queste cose, ma da vent'anni tengo insieme la mia vita stando sempre in un altro continente. Io credo che Jack ti vorrebbe avere nella sua vita non come mamma, ma come Elsa. E saprà volerti bene per quello che sei, per il tempo che puoi. Ti vedrà come una di quelle fate madrine delle favole, capirà che lo pensi sempre, e sarà felice di sentirti al telefono ogni tanto, anche se viaggi continuamente e ti potrà abbracciare una volta all'anno.
E Aaron, sono sicuro che è una persona buona. Hai bisogno anche di amici come lui."

Mente la cabina scende, arrivati all'ultimo giro nella ruota panoramica, Elsa e Daniel si abbracciano forti. A Elsa scendo qualche lacrima. Lacrime di paura per questa scelta, lacrime di liberazione, lacrime di gioia.
Daniel si toglie la giacca, la appoggia sulle sue spalle e la stringe forte a sé, mentre la riaccompagna alla macchina.

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