La Fantasma ~E l'articolo NON...

By Yuwy_ghost

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🏆STORIA VINCITRICE DEL PREMIO WATTYS 2023 MIGLIORI PERSONAGGI🏆 Vi siete mai imbattuti in una situazione imb... More

✨Riconoscimenti✨
Intervista dedicata
Informazioni utili (o forse no)
~Parte prima~
Prologo
Uno
Due
Tre
Quattro
Cinque
Sei
Sette
Otto
Nove
Dieci
Undici
Tredici
Quattordici
Quindici
Sedici
Diciassette
Diciotto
Diciannove
~Parte seconda~
Venti
Ventuno
Ventidue
Ventitré
Ventiquattro
Venticinque
Ventisei
Ventisette
Ventotto
Ventinove
Trenta
Epilogo

Dodici

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By Yuwy_ghost

Buio. Solo questo vedo. Spesso, quando ero piccola, ero solita a chiudere gli occhi quando avevo paura. Già, ero l'esatto contrario degli altri bambini: amavo il buio.

Quando gli altri si facevano comprare dai genitori le lucette per la notte, io invece volevo solo che la mia stanza rimanesse al più buio possibile. Credevo che, nell'oscurità, fossi al sicuro, riparata da tutti quei mostri cattivi che volevano rapirmi e mangiarmi.

Se ci penso ancora oggi, trovo che non fosse un ragionamento poi così tanto sbagliato, insomma, se sono chiusa in una stanza con un assassino che mi dà accanitamente la caccia, ho più possibilità di sopravvivere se é tutto buio anziché illuminato, no?

Lentamente riprendo possesso del mio corpo. Riesco lentamente a muovere le dita dei piedi, poi quelle delle mani, le gambe, le ginocchia, le braccia e i gomiti. Infine, dopo ciò che mi sembrano essere minuti, apro lentamente gli occhi, mentre una luce a led bianca, contornata da un soffitto e delle pareti del medesimo colore, mi spacca gli occhi, ormai abituati al buio più oscuro.

Mi guardo intorno e pian piano metto a fuoco ogni singolo oggetto di quella stanza così bianca e triste. Sono sdraiata su un lettino, accanto a me c'è uno strano palo di ferro al quale è appesa una sacca di plastica contenente del liquido trasparente. Sono confusa, non ricordo niente di ciò che è successo, l'unica cosa che ho capito è che sono in ospedale, questo è poco ma sicuro.

«Zilla...?».

Sgrano gli occhi, d'un tratto una consapevolezza si fa strada in me: quella voce... Quella voce la conosco fin troppo bene.

Cerco di muovere il collo, rimasto rigido e bloccato per chissà quanto tempo, e sposto la testa verso la voce che mi ha appena parlato.

«C-Charlie...?» domando con voce flebile, per assicurarmi che non stia vivendo una semplice allucinazione.

«Sì Zilla... Sono io».

Charlie si sposta dalla poltrona su cui era seduto e si siede sul bordo del Piccolo lettino. Ha l'aria molto preoccupata e stanca, una sottile linea divide in due la sua fronte aggrottata.
Con gentilezza mi prende una mano e me la stringe, sospirando. Sento quel contatto come piacevole e rilassante, il suo palmo è caldo e accogliente, mi fa stare subito meglio.

D'un tratto una strana sensazione giunge al mio cervello e ricordo di botto tutto quello che è successo: la festa, la rissa, le urla e soprattutto, la paura.

«S-stai bene? Ti ha picchiato quello stronzo?»

Cerco di mettermi seduta, per controllare se sia ferito, ma Charlie mi spinge delicatamente sul materasso, con un mezzo sorriso ammaccato dipinto sulle labbra serrate.

«Sono io che ti dovrei chiedere come stai... Sai dopo quello che è successo...».

Punto i miei occhi nei suoi, coraggiosamente, ma stavolta è lui che distoglie lo sguardo, fissandolo su un punto davanti a sé.

«Charlie ti prego, dimmi come stai... Dimmi qualcosa. Mi stai...» faccio una pausa, esitante, ma alla fine mi decido a continuare «...mi stai uccidendo con il tuo silenzio».

Sospira, abbattuto, la stretta della sua mano si allenta di poco, continua a non guardarmi.

«Mi dispiace» dice dopo un po' «mi dispiace così tanto... Avrei dovuto restare con te, proteggerti, ma anziché farlo mi sono buttato a fare il paladino della giustizia, di nuovo... Dio, scusami, quando ti ho visto crollare a terra mi sono sentito morire. Ho avuto una paura tremenda... Ho creduto seriamente di averti perso».

Tento di alzarmi di nuovo e ci riesco, stavolta Charlie non mi spinge più a terra, si limita solamente a sospirare di disapprovazione, come una vecchia prozia in cerca di gestire i suoi nipoti.

«Non mi perderai mai» faccio un mezzo sorriso «sarò gracilina, ma nemmeno un cannone può abbattere questo esemplare di umana femmina, testarda e asociale».

Riesco a farlo ridere, leggermente. La risata che emette non è nulla a confronto delle altre, calde e piene di allegria, questa è più soffusa e contenuta, segno che forse non sia realmente divertito, ma sta sorridendo e ciò mi basta per capire che sia leggermente più sereno di prima.

Rimaniamo in silenzio, per un po'. Nel frattempo un'infermiera viene a controllare il mio stato e mi leva la flebo, ormai completamente finita. Mi porge qualche domanda su come sto e alla fine se ne va, annunciando che sono libera di andare appena mi sentirò pronta a farlo. Io però non lo voglio fare, so che se lo facessi dovrei dividermi da Charlie e non voglio questo, voglio solo restare ancora un po' con lui, prima di pensare alle conseguenze che questo casino gigantesco farà abbattere su di me.

«Ho attirato tanti sguardi?» chiedo a un certo punto, spezzando il silenzio che ci avvolge.

«Sí, quello di tutti i presenti... Sei cascata sul pavimento come una pera cotta, davanti alla folla, e io ho peggiorato le cose urlando a squarciagola il tuo nome e agitando le braccia al vento...»

«Grandioso...»

«Già...»

«Qualcuno ha riso...?».

Non ho idea del perché stia sparando tutte queste domande, ma credo che il motivo sia legato alla paura di aver messo su uno spiacevole spettacolino di cui non si farà altro che parlare nei giorni successivi.

«No, erano tutti sconvolti, li hai fatti cagare in mano»

«Guardiamo il lato positivo: ci siamo vendicati di come ci hanno trattato».

Charlie ride ancora, stavolta con una risata decisamente più simile alle sue solite. Fa per aprire bocca, finalmente allegro, probabilmente per ribattere alla mia battuta scadente, ma viene interrotto dalla violenta comparsa di una terza presenza, una terza presenza che conosco benissimo: Eddie.

Il cuore prende a battermi veloce come una furia, specialmente nel vedere che non è arrabbiato, ma a dir poco furioso. Non sembra neanche più lui: è trasandato, i capelli mossi gli si sono afflosciati sulla fronte, i suoi occhi sono pieni di ira e il suo respiro è incontrollato. Da Senpai di Yandere Simulator si è trasformato nella controfigura del Purple Guy in Five Night at Freddy's.

«Cosa cazzo hai combinato?!» grida furioso, mentre mi scruta inviperito.

Tremo, gli avevo promesso di stare attenta, di non fare stronzate, ma ora sono qui, in un ospedale che avrà sicuramente chiamato lui e i miei genitori. Lo farò senz'altro finire nei guai.

«Edward... Mi dispiace, non volevo... E' successo un casino e...» ho le lacrime agli occhi, non riesco a parlare, o forse non so cosa dire. Sono spaventata e mi sento in colpa per tutto. Poche volte chiamo mio fratello per nome, le uniche sono quelle in cui lui è particolarmente incazzato con me, proprio come sta succedendo adesso.

Non riesco a trattenere una lacrima. Prima che possa rendermene conto si getta fuori dal mio occhio, scivolando lenta sulla mia guancia.

Lo sguardo di Eddie torna normale per un istante, probabilmente si è reso conto dalla lacrima che sono terrorizzata. Non dice niente, si limita a fissarmi per pochi secondi, poi volta di scatto la testa verso Charlie.

Ho un brutto presentimento, mi si serra la gola a solo pensarci. Sposto gli occhi da Eddie a Charlie per un paio di volte, in cerca di analizzare ciò che succederà. Gli occhi di mio fratello sono tornati carichi di furia, mentre quelli di Charlie sono pieni di confusione.

«Tu!» sbotta Eddie, puntando un dito contro di lui «Tu sei lo stronzo che sta mandando in merda il cervello di mia sorella!». Mentre parla stringe i pugni e inarca la schiena come un gatto. «La pagherai».

Prima che io possa battere ciglio e urlare, Eddie si scaraventa su Charlie e gli molla un pugno fortissimo sul naso. Il ragazzo si piega all'indietro e cade a terra coprendosi il volto. Lancio un urlo, inizio a piangere disperata, mentre mormoro parole che sono incomprensibili persino a me stessa.

Il naso di Charlie stilla sangue a non finire e il volto di mio fratello si è fatto ombroso e lontano.

Cerco di buttarmi in avanti per soccorrere Charlie, ma Eddie mi afferra per un braccio e inizia a strattonarmi verso l'uscita della stanza.

«No! Basta!» cerco di gridare, mentre tento di oppormi alla forza di Eddie che mi trascina via.

Ma lui non mi ascolta e continua a strattonarmi, lontano da Charlie. Sono ancora debole, la testa mi gira e non riesco più a combattere contro Eddie, ormai sono sulla soglia della stanza, Charlie dista a metri da me, il naso gocciolante di sangue e lo sguardo pieno di dolore. Rassegnata lascio che Eddie mi porti via da lui, via da tutto. La sua mano chiusa e stretta al mio polso non molla presa, non mi dà tregua, sa che scapperò se solo proverà ad abbassare la guardia. Osservo le nocche bianche e contornate da piccole gocce di sangue e un senso di disgusto mi pervade. Ho sempre ammirato mio fratello, ma ora, invece, lo sto detestando, sto sperando vivamente di non diventare come lui.

«Ah una cosa». La voce di Eddie mi riporta minimamente alla realtà. Si è fermato sulla soglia, con lo sguardo rivolto verso Charlie. «Stai lontano da mia sorella».

Non riesco a vedere l'espressione di Charlie, nella mia mente c'è solo il caos. Alcune infermiere, attirate dalle mie urla, stanno accorrendo in massa, preoccupate. Eddie ricomincia a camminare, strattonandomi, ma questa volta non oppongo resistenza, distrutta dal dolore interiore che mi sta divorando.

***

Sono in camera, la faccia affondata nel mio cuscino impregnato di lacrime amare. Ho dormito a malapena un'ora. Sono le quattro e mezza, il sole non è ancora sorto e la mia stanza odora ancora di notte.

Sono andata a dormire verso le due, subito dopo aver subito un'ora di urla e grida rabbiose da parte dei miei. Non ho ascoltato molto di ciò che hanno detto in verità, ricordo solo di essere stata seduta sul divano, accanto a Eddie, e di aver fissato il vuoto per tutto il tempo, con il cuore che batteva a mille e gli occhi lucidi.

Non ho più rivolto la parola a Eddie, so solo che è in grossi guai per la mancata responsabilità che aveva su di me e per aver picchiato Charlie. Ebbene sì: i nostri genitori sapevano già tutto. Infatti, oltre alla telefonata da parte dell'ospedale per avvisare del mio stato di salute, i miei ne avevano ricevuta anche un'altra nella quale un'infermiera che aveva curato Charlie, aveva spiegato tutto quello che era successo, definendo il comportamento di Eddie violento e vergognoso, due aggettivi con la "v" pesanti, ma a cui io concordo appieno.

Mi rigiro su un fianco e poi sull'altro, fino a quando mi rassegno e accendo la luce della lampada sul comodino. La camera si colora di arancione, mentre le ombre dei mobili e degli oggetti si allungano sulle pareti prima immerse nell'oscurità. Frugo sotto il mio letto e prendo il mio diario, ho bisogno di liberarmi da questo peso enorme:

29 Novembre

Cosa c'è di più bello della ribellione? Quella traccia indelebile che ti fa sentire grande e potente, pronto a sconfiggere il mondo. Tu ti lanci nel vuoto e provi a liberarti da quelle catene che ti tengono prigioniero. Catene composte da regole e obblighi, da diritti e da doveri. Non esiste umano al mondo che non ha sperimentato il dovere di imporsi dei limiti, delle regole. Non esiste umano che non ha mai provato vergogna quando ha sbagliato qualcosa. Non esiste umano che non ha mai pianto per aver perso una battaglia nella quale era presente un valore, un ideale. Eppure, seppur la ribellione sia considerata immatura, quando usciamo dagli schemi non ci sentiamo poi così male... Tutt'altro: stiamo proprio bene... Mi chiedo allora del perché la gente continui a temere di farlo. E' un po' come dire di aver paura di mangiare una caramella quando si sa che è buonissima. Sarà un ragionamento contorto, ma a me piace così, d'altronde è una lamentela, non il discorso di una conferenza.

Mentre la matita scrive, liberando i miei pensieri, i miei occhi si riempiono nuovamente di lacrime. La parola ribellione la associo a Charlie, non ci posso fare nulla. Ora me lo sto immaginando nel suo letto con il naso dolorante e forse rotto. Sarà solo, solo e arrabbiato. Non vorrà più vedermi, mi odierà per sempre, considerandomi la peggiore persona sulla faccia del pianeta. Sono riuscita a perdere l'unico vero amico che avevo, l'unico che davvero mi capiva. É vero, in una di queste considerazioni sarei solita a dire "al di fuori di Eddie", ma questa volta non lo farò: dopo ciò che è successo, non sono più di tanto sicura che lui mi capisca davvero.

Chiudo il diario e lo rimetto al suo posto, poi spengo la luce e scivolo di nuovo sotto le coperte. Non mi sono mai sentita così tanto sola come adesso. Complimenti, Zilla, hai perso tutto.

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