La Fantasma ~E l'articolo NON...

By Yuwy_ghost

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🏆STORIA VINCITRICE DEL PREMIO WATTYS 2023 MIGLIORI PERSONAGGI🏆 Vi siete mai imbattuti in una situazione imb... More

✨Riconoscimenti✨
Intervista dedicata
Informazioni utili (o forse no)
~Parte prima~
Prologo
Uno
Due
Tre
Quattro
Cinque
Sei
Sette
Otto
Nove
Undici
Dodici
Tredici
Quattordici
Quindici
Sedici
Diciassette
Diciotto
Diciannove
~Parte seconda~
Venti
Ventuno
Ventidue
Ventitré
Ventiquattro
Venticinque
Ventisei
Ventisette
Ventotto
Ventinove
Trenta
Epilogo

Dieci

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By Yuwy_ghost

Ho passato tutto il weekend a riflettere sull'universo.

Ho ripensato specialmente alla serata di sabato, alle ragazze, a Penny, al cameriere che non riuscivo a guardare, e specialmente: Charlie. Era completamente diverso, quel giorno. Era serio, composto, quasi preoccupato per la mia condizione. Mi considera sua amica, la sua vera amica, cosa che non ho mai sperimentato nella mia vita.

Certo, è vero che frequentavo altre persone prima del mio casino interiore, Penny in particolare, ma non ricordo di aver mai sentito un legame così stretto con lei, così come lo sento con quel ragazzo mezzo fulminato. Nessuno delle mie precedenti "amicizie" mi ha mai incastonato nel cuore una tale traccia indelebile di... Affetto?

«Sei ancora in pigiama? Muoviti o farai tardi».

Eddie è sulla soglia, appoggiato con la spalla allo stipite della porta, mi sta scrutando con sguardo piuttosto preoccupato.

Solo in quel momento mi accorgo di essere seduta sul bordo del letto da più di venti minuti, intenta a riflettere nuovamente sull'universo che mi contiene.

Sospiro e mi cambio velocemente, mettendo addosso la solita combinazione felpa+leggins. Poi scendo e non faccio colazione, scaturendo immediatamente occhiatacce da parte di mia madre.

«La colazione» indica con l'indice il pacchetto dei biscotti lasciato per me in mezzo alla tavola.

«Non ho fame»

«Devi farla la colazione, non fa bene saltarla»

«Ho detto che stavolta non ho fame, scusa».

Carico la cartella sulle spalle ed esco prima ancora che lei possa dirmi qualcosa. Avverto quasi un senso di rabbia farsi strada in me, rabbia immotivata, che non so da cosa diavolo derivi.

Il cervello di una persona può essere davvero strano, delle volte. Spesso combattiamo sentimenti che non riusciamo nemmeno a definire a parole, ma con tale destrezza che possiamo sembrare dei campioni.

Non faccio in tempo a varcare il cancelletto di casa, che subito mi ritrovo Eddie accanto.

«Credevo te ne fossi già andato» dico, arrestandomi per un momento.

«E invece sono qui, sorpresa?»

«Hai perso l'autobus?».

Scuote la testa, rapidamente, per poi prendere a camminare, invitandomi a seguirlo.

Lo faccio senza replicare. Ho già capito il perché Eddie sia lì: è preoccupato, preoccupato per me. Da quanto sono tornata a casa, sabato scorso, mi sono comportata in modo strano, isolandomi dal resto della famiglia, specialmente da lui. Non gli ho mai raccontato di quello che è successo fra me e Charlie perché la consideravo come una cosa stramba e senza senso. Anzi, ci sono stati dei momenti in cui ho creduto che mi fossi sognata tutto: la serata, il kebab, l'incontro con Charlie... Ma tutte quelle volte in cui il mio cervello mi ha obbligato ad aprire Instagram e il profilo di quel ragazzo,i miei dubbi sono scomparsi, rendendomi consapevole delle esperienze che ho davvero vissuto.

«Ho raccontato a Charlie della mia fobia... E lui mi ha detto... Mi ha detto che sono l'unica vera amica che possiede».

Silenzio, Eddie non parla e io mi sento come una pentola a pressione sul punto di esplodere, buttata nella bocca di un vulcano attivo.

«Capisco... Quindi te e Charlie siete molto legati?»

«Sì... Cioè no...» sospiro «...non lo so».

Eddie annuisce, fin troppo tranquillo. Mi chiedo se stia solamente plagiando la sua rabbia e la voglia di strozzare Charlie, oppure sia davvero sereno.

«Credo sia normale essere confusi» dice alla fine, le mani in tasca e la camminata lenta «ma l'unico modo per capire meglio tutto quanto è parlargli».

Ha ragione... Ha ragione come sempre. In questo weekend infernale ho avuto più volte la tentazione di scrivergli per avere bisogno di risposte, ma la paura mi ha bloccato e non l'ho mai fatto.

Con la punta del polpastrello sfioro il telefono adagiato nella tasca della felpa, mentre continuo a camminare pensosa. Alla fine, dopo tante indecisioni, lo prendo tremante e apro Instagram. Ormai l'azione mi viene quasi spontanea, trovo subito il suo profilo e lo apro rivelando la sezione dei messaggi. Ci sono ancora quelli vecchi che ci eravamo scritti in precedenza, li osservo e li rileggo velocemente, prima di scrivere:

ZillaAllen_33: In biblioteca, primo intervallo.

Il cuore mi batte forte non appena lo invio. Faccio per mettere via il telefono e riprendere a parlare con Eddie, ma una vibrazione seguita da un ping me lo fa riacciuffare con velocità.

Charlie_Gray05: Ok. È successo qualcosa?

Ci penso un attimo, poi mi arrendo e metto via il telefono. Non so che rispondergli: nemmeno io so il perché del mio desiderio di vederlo. Credo però sia un bisogno... Sì ho bisogno di vederlo.

***

Appena suona l'intervallo non aspetto un secondo e mi butto nel corridoio nel quale pian piano si stanno riversando tutti gli alunni. So che sto attirando molti sguardi, li sento scivolare sulla mia schiena come gocce di rugiada su una ragnatela. Rabbrividisco, ma non demordo, raggiungendo in fretta la porta della biblioteca.

Dentro è buio, non riesco a distinguere nulla che non stia a un palmo dal mio naso. A tentoni cerco l'interruttore e appena lo trovo lo premo. Una luce sfarfallante inonda la stanza, illuminandola e rendendo il tutto perfettamente distinguibile.

Inizia l'attesa pesantissima e insopportabile. Sento il mio cuore pesante come un mattone, il respiro troncato in due e le gambe molli, mentre prendo a gironzolare per la stanza nervosamente. Con la punta delle dita, sfioro le copertine colorate dei numerosi libri riposti sugli scaffali. Leggo alcuni titoli, velocemente: "La solitudine dei numeri primi", "La coscienza di Zeno", "I promessi sposi", "l'Iliade", "Il Dottor Jekyll e Mr Hyde", "Jane Eyre", "Il ritratto di Dorian Gray"...

Mi soffermo su quest'ultimo. Gray. Mi sta perseguitando ovunque.

«Non l'ho mai letto».

Spalanco la bocca e con un piccolo urletto mi volto di scatto, gli occhi fissi su Charlie, distante pochissimi centimetri da me.

«Sei impazzito?! Mi hai fatto prendere un infarto!».

Charlie fa spallucce e ride divertito.

«Mi hai detto tu di venire qui e di certo questo non era il comitato d'accoglienza che mi aspettavo».

Alzo gli occhi al cielo: sa essere davvero irritante. Tuttavia lo preferisco così: gli unici pochi minuti in cui è rimasto serio e composto sono riusciti a sbaragliarmi l'esistenza per giorni, non vorrei immaginare cosa potrebbe accadere se diventasse così per sempre, perdendo quella scintilla da pazzo allegro quale è.

L'attenzione di Charlie si sposta sui libri, inizia a osservarli, a sfilarli dallo scaffale e rimetterli a posto.

«Ti piace leggere?» dico, con una voce che quasi non mi appartiene.

Ormai ho capito che con Charlie non ho il controllo del mio corpo, non riesco a percepire ogni movimento che faccio e ogni parola che dico come mia, ma proveniente da un'emozione libera dalle mie fobie e dalle mie rigide convinzioni. Secondo me non ce n'è nemmeno bisogno di controllarmi con Charlie, con lui posso essere tutto quello che voglio, so che non mi giudicherà.

«Abbastanza» dice «non sono di certo un topo di biblioteca, ma qualche libro lo leggo volentieri. Mi piacciono molto i generi horror e thriller, oltre che ai fumetti dei supereroi». Sfoggia un sorrisetto «Sono un po' nerd sui supereroi, so qualsiasi cosa... Chiamami bambino, ma le cose stanno così»

«Secondo me non è così, è bello avere una passione...».

Si volta per guardarmi, lasciando giù il libro che aveva in mano. C'è qualcosa però che non mi torna... Ci penso un attimo, poi la risposta mi colpisce come un fulmine a ciel sereno: non mi sta guardando negli occhi, sta fissando il mio mento.

Sono infastidita, più che altro a disagio. Per la prima volta spero che qualcuno mi guardi negli occhi. Ma non lo fa, gli occhi di Charlie sono sempre fissi sul mio mento. Cerco di smettere di pensarci, di non dire nulla, ma alla fine sbotto, proprio non riesco a resistere.

«Potresti smetterla di guardarmi il mento?».

Sembra sorpreso, molto sorpreso, finalmente il suo sguardo si sposta sui miei occhi e mi costringo ad abbassare il mio.

«Credevo che... Ti facesse piacere» si stringe nelle spalle «a ogni modo scusa. Sai, da quando mi hai parlato del tuo piccolo segreto, sono andato a informarmi al riguardo. Molti siti dicevano appunto di non guardare negli occhi la persona che soffre per non metterla a disagio e io... Insomma, ho pensato di farlo per farti stare meglio, dal momento che ho pensato ti desse fastidio».

Incrocio le braccia al petto. «Evidentemente non è così, o almeno, non lo è con te... Con gli altri potrei anche desiderarlo, ma con te no».

Gli occhi di Charlie si illuminano, mentre continuano a scrutare i miei, tenuti fissi sul pavimento.

«Allora diró a quelli dei siti che scrivono un mucchio di cazzate».

Mi scappa una piccola risata, che man mano si trasforma in una più sonora.

«Tra me e te non so chi è più strambo» dico, e lo penso veramente.

Sogghigna. «Non siamo strani, siamo unici».

Vengo inghiottita da quelle parole, così belle e cariche di significato. Ha ragione: nel mondo non ci sarà un'altra Zilla con la scopofobia e non ci sarà un Charlie con il carattere che solo Charlie Gray ha.

Ping. Guardo il telefono, ma non c'è nessuna notifica, è stato quello di Charlie. Lo tira fuori dalla tasca dei jeans e appena lo accende la sua espressione si trasforma in una di pura tristezza.

«Tutto ok?» chiedo. Sono preoccupata, non mi piace vederlo abbattuto.

Stacca gli occhi dal cellulare e cerca di resettare la sua espressione.

«No tranquilla... Non é nulla».

Sono delusa, credevo che ci potessimo raccontare qualsiasi cosa, ora che eravamo entrati in confidenza, ma a quanto pare non è così.

«Capisco». Sforzo di non far sembrare la voce offesa, come invece vorrebbe essere. «Ma se vorrai dirmelo, puoi farlo».

Non sono riuscita molto bene nel mio intento, il mio tono nasconde una nota di tristezza che Charlie ha notato subito, infatti si è messo a guardarmi con sguardo abbastanza impressionato.

«I miei genitori sarebbero dovuti tornare ieri da Guadalajiara, in Messico. Ma a causa di un imprevisto il loro lavoro si é prolungato e rimarranno là per altre due settimane» dice alla fine, abbassando lo sguardo. «A volte ho come l'impressione che non mi vogliano bene... So che tengono a me, sono loro figlio e quando tornano a casa sono sempre felici di rivedermi. Ma il loro lavoro da imprenditori... Il lasciarmi a casa da solo per lunghi periodi... Mi fa desistere da questa idea e penso erroneamente al contrario. So che è sbagliato, ma non posso farne a meno, sono i miei sentimenti, non riesco a ignorarli».

Annuisco, comprensiva. Mi dispiace per Charlie, non voglio si senta trascurato, prenderò provvedimenti affinché non si senta più così, ma ovviamente non glielo dico, lo penso soltanto: mi vergogno troppo.

La campanella suona, segnalando la fine dell'intervallo. É un peccato, avrei voluto tanto parlare ancora con Charlie. Maledico il mondo per non averci fatto nascere nello stesso anno e di conseguenza per non averci fatto andare nella stessa classe.

«Ti accompagno fino in aula». Faccio di tutto pur di passare ancora degli attimi insieme a lui. Sono una leccaculo? Probabile, molto probabile.

Charlie scuote la testa.

«No, arriverai in ritardo a lezione, non voglio che succeda»

«Adesso ho scienze, l'insegnante ci mette sempre ere ad arrivare. Anche se faccio qualche minuto di ritardo non lo saprà».

Alza un sopracciglio, non troppo convinto, alla fine decide di arrendersi e di lasciarmi fare di testa mia.

«Se lo dici tu...».

Usciamo in corridoio, che lentamente si sta svuotando dagli alunni impertinenti e chiassosi di quella scuola. Arriviamo davanti alla soglia della sua classe e lui si volta per salutarmi, quando, d'un tratto, una voce sfottente proveniente dall'interno della classe lo interrompe, facendolo innervosire.

«Dunque espulso verrai alla mia festa di mercoledì? Oppure Alice nel Paese delle Meraviglie non te lo lascia fare?».

Una serie di risatine divertite e fastidiose scaturisce all'interno dell'aula.

Storco il naso, mentre guardo preoccupata Charlie. Bulli. Una delle cose che detesto di più.

«Tranquillo Erik, ci sarò» sbuffa Charlie, voltandosi verso un ragazzo bassetto e brufoloso, da poco comparso alle sue spalle.

«Sarà meglio per te, frocetto».

Il presunto Erik torna in classe, lasciando in me la voglia di appenderlo per le palle al muro.

«Carini i miei compagni, vero?» borbotta ironicamente, tornando a concentrarsi su di me.

«Non sei obbligato ad andare a una festa se non vuoi» aggrotto la fronte, so di avere ragione.

«Nah, ci vado, magari incontro gente fica che mi piace».

Ne dubito fortemente, é palese che sta cercando di sdrammatizzare la situazione drastica in cui è impantanato.

«Non ti lascerò andare da solo».

La sua espressione ironica e divertita si scioglie come un ghiacciolo al sole.

«Cosa? No! Non verrai con me, sia chiaro. Odi le feste e in più ci sarà solo gente del cazzo»

«Mi hai appena detto che potresti trovare gente "fica"» ribatto, mimando le virgolette con le mani.

Serra la bocca, l'ho fregato, non sa più che dire.

«Oh, mi sono appena ricordata che a quest'ora non ho scienze, ma storia. Vado, altrimenti faccio tardi. Ci vediamo Charlie».

Sgrana gli occhi, scioccato, mentre mi allontano. Nella mia testa ci sono solo fuochi d'artificio che scoppiano e danzano.

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