La Fantasma ~E l'articolo NON...

Od Yuwy_ghost

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🏆STORIA VINCITRICE DEL PREMIO WATTYS 2023 MIGLIORI PERSONAGGI🏆 Vi siete mai imbattuti in una situazione imb... Viac

✨Riconoscimenti✨
Intervista dedicata
Informazioni utili (o forse no)
~Parte prima~
Prologo
Uno
Due
Tre
Quattro
Cinque
Sei
Otto
Nove
Dieci
Undici
Dodici
Tredici
Quattordici
Quindici
Sedici
Diciassette
Diciotto
Diciannove
~Parte seconda~
Venti
Ventuno
Ventidue
Ventitré
Ventiquattro
Venticinque
Ventisei
Ventisette
Ventotto
Ventinove
Trenta
Epilogo

Sette

698 62 223
Od Yuwy_ghost

So di star per fare una cazzata, bella grossa anche. La mia scopofobia urla di fermarmi, ma la mia mente non le dà ascolto e le mie gambe continuano a percorrere il corridoio principale della scuola, affollato di persone che si muovono in ogni direzione. Finalmente raggiungo il bancone della segreteria e mi aggrappo a esso, conficcando leggermente le mie unghiette nel legno di quest'ultimo, neanche fossi un sopravvissuto a uno tsunami. Attendo qualche istante e subito una donna sulla quarantina, bionda, unghie laccate di rosso, rossetto lievemente sbavato e chili di blush sulle guance, mi si para davanti.

«Posso aiutarti cara?» mi dice.

Mi schiarisco la voce, mentre fisso il bancone:

«Vorrei gli elenchi delle classi, per favore».

La segretaria sparisce dentro a una stanza, mentre io attendo imbarazzata. Poco dopo ritorna con un raccoglitore rosso, me lo lascia sul bancone e io inizio a sfogliarlo, pagina dopo pagina, classe dopo classe, scorrendo con il dito tutti i nomi degli studenti.

Verso la sedicesima pagina, precisamente la terza C, mi fermo. Charlie Gray. Ecco che classe fa. Chiudo il raccoglitore, ringrazio la segretaria e attraverso nuovamente il corridoio principale, fino ad addentrarmi in uno secondario: quello delle terze. Arrivo davanti alla terza C, ma la classe è vuota, non c'è nessuno.

Sono tentata a fare dietrofront, non ricordo neanche qual era il mio obiettivo. Anzi... Me lo ricordo bene in realtà, il problema è che non sono più sicura di farlo.

Sospiro, ma non faccio nemmeno in tempo a voltarmi per tornarmene da dove sono venuta che la sento: la sua voce.

«Zilla? Che ci fai qui?».

Charlie è pochi passi dietro di me, mi guarda con aria interessata e curiosa, sulle sue labbra sottili è dipinto il suo perenne sorriso allegro.

«Ehm...» fisso la merendina e le monetine strette nelle mie mani «Tieni!».

Glieli sgancio con la delicatezza di un wrestler professionista, fissando i miei piedi. Sono certa di essere diventata rossa come un peperone, ma spero vivamente di sbagliarmi.

Charlie prende il pacchetto completo, abbastanza sorpreso.

«Uh... Grazie... A che devo il dono?»

«E' per l'altro ieri, sai il tè...».

Il suo sorriso si fa ancora più luminoso.

«E' stato un piacere aiutarti, ma davvero non ce n'è bisogn...» non riesce a finire la frase, perché la campanella di fine intervallo suona.

«Tieni pure tutto, ci si vede»

«Zilla aspetta! Hai...»

Non ascolto quello che sta dicendo, mi fiondo verso l'uscita del corridoio, camminando spedita fino alla mia classe. Mi lascio cadere sulla mia sedia e tiro un sospiro di sollievo.

Sento di essere un casino di emozioni: da una parte sono felice di essere riuscita a superare le mie paure e ringraziare Charlie, ma dall'altra mi sento completamente un disastro su gambe: ho cercato Charlie Gray, ho attirato la sua attenzione e gli ho persino regalato qualcosa! Questo va oltre al masochismo!

Mi picchietto una mano sulla fronte, dicendomele di tutti i colori, ma non posso ignorare un senso di felicità che mi cresce dall'interno. Sento quasi il bisogno di ridere come una psicopatica, come quelle che spesso ci sono nei film horror.

La professoressa di Italiano irrompe nella classe e per un momento dimentico i miei pensieri. Ma neanche il tempo di iniziare la lezione e io sono su già su un altro pianeta. Non mi importa della Grammatica, nella mia testa ci sono solo quegli attimi. Nella mia testa c'è solo Charlie Gray e il suo maledetto sorriso.

***

Chiudo il libro di scienze e mi sgranchisco la schiena. É da due ore che faccio i compiti e finalmente ho finito.

Scendo in cucina, prendo un bicchiere d'acqua e un pacchetto di patatine, poi salgo nuovamente al piano di sopra e mi sbatto sul letto. Inspiro molta aria e poi la butto fuori, per rilassarmi. É un metodo che molti usano per alleviare lo stress e allontanare i cattivi pensieri, e devo ammettere che funziona alla grande: dopo un paio di volte che lo faccio, mi sento libera e tranquilla.

Ping. Inizio a sudare freddo. Accendo il telefono, ma non ho il coraggio di guardare che notifica mi sia arrivata. Ti prego, fa che non sia il gruppo di classe, fa che non sia il gruppo di classe, fa che non... "Istagram: Charlie_Gray05 ti ha inviato una richiesta d'amicizia".

Ok... forse il gruppo di classe era decisamente meglio... E ora che faccio?! Accetto o non accetto?!

In poco tempo tutto il relax ottenuto precedentemente va a farsi benedire, lasciando spazio a una terribile ansia. Sblocco il telefono e apro Instagram, osservando con più attenzione la notifica. La contemplo a lungo, incantata, poi, con il dito tremante clicco "accetta".

Sposto lo sguardo sul muro accanto al letto: Dio quanto vorrei prenderlo a testate...

Avrei voglia di urlare, scalciare, e correre come una pazza per tutta la casa, ma mi costerebbe troppa fatica. Così rimango ferma immobile, mentre un vuoto oscuro imbriglia il mio stomaco in una coltre di disperazione mista a paura.

Ping. Oddio, adesso sto avendo seriamente paura, mi sento un po' come la protagonista del film "The scream", dove questa poveretta si ritrova a rispondere a una telefonata di un serial killer. Mi alzo, inizio a vagare da un capo all'altro della stanza, riflettendo come una forsennata, poi finalmente ritrovo il coraggio e mi avvento sul telefono. "Istagram: un nuovo messaggio da Charlie_Gray05". Ora pure i messaggi?! E se fosse una minaccia di morte? Una dichiarazione di guerra? Uno spam di qualche strano sito web che vende articoli per la casa? Scuoto la testa rapidamente, apro nuovamente Instagram.

Charlie_Gray05: Ciao Zilla, grazie per aver accettato la richiesta. Volevo dirti che oggi, quando ci siamo visti, ti è caduto un braccialetto a terra. Ho cercato di dirtelo, ma tu sei corsa via... Ahahah, in realtà è stato molto divertente, devo ammetterlo. Comunque ora è qui sano e salvo con me, se sei libera posso consegnartelo anche oggi, dimmi pure tu.

Fisso il mio polso scandalizzata: è vero, manca il mio amato braccialetto, neanche mi ero accorta che fosse sparito dal mio polso! Che figura di merda!

Il mio desiderio di picchiare la testa contro al muro cresce sempre di più, ma devo ignorarlo. Meno male però che ce l'ha lui... A quel braccialetto ci sono molto affezionata: me l'ha regalato Eddie per il mio quindicesimo compleanno, se lo smarrissi, impazzirei.

ZillaAllen_33: Grazie! Non mi ero nemmeno accorta di averlo perso... Comunque oggi sono libera, se mi dici dove vuoi che ci incontriamo mi faccio trovare lì.

Charlie_Gray05: Va bene casa mia, ti do il mio indirizzo: Via delle querce 68. La mia casa è una villetta arancione, la riconoscerai senz'altro.

A casa sua? Proprio così? Non so che dire, ma l'idea di riappropriarmi del mio braccialetto leva ogni dubbio dalla mia mente.

ZillaAllen_33: Va bene, parto adesso.

Charlie_Gray05: Benissimo, allora ti aspetto.

Mi infilo velocemente le scarpe ed esco. A casa non c'è nessuno, i miei genitori sono al lavoro ed Eddie è fuori con un paio di amici, perciò non devo chiedere il permesso di uscita a nessuno. Chiudo la porta di casa e ficco le chiavi nella tasca della felpa, insieme al telefono e alle cuffie per la musica. Già: le felpe giganti danno la fantastica possibilità di infilarci dentro tutti gli oggetti che vuoi, senza portarti appresso borse o zaini ingombranti. Mi sento quasi un canguro, oppure un Koala.

Cammino a testa bassa, rapidamente, ma presto capisco di non sapere minimamente dove andare. Quella via non l'ho mai vista, eppure conosco questa piccola cittadina come le mie tasche. Possibile che, nonostante io sia nata qui, non sappia ancora tutti i segreti che questo posto nasconde?

Accendo il navigatore, il caro e vecchio Google Maps, e seguo attentamente le indicazioni che mi dà. Sto notando che il cielo si sta comprendo di nuvole... Spero davvero non venga a piovere, altrimenti sarei fregata: non mi sono portata dietro un ombrello.

Mi fermo, e controllo le previsioni del tempo: non danno pioggia, perciò affido tutte le mie speranze a loro. Insomma i meteorologi ci sanno fare, no? E' il loro lavoro! E' come dire che di professione faccio la pasticcera, ma non so cucinare i dolci, solo cibo salato. Quindi, perché diamine hai scelto quel lavoro se non lo sai fare? Su meteorologi! Credo in voi.

Dopo aver attraversato cinque volte la strada, svoltato quattro angoli e rischiato di prendermi una cacca di piccione in testa, finalmente scorgo il cartello con il nome della via. Mi addentro in essa, guardandomi attorno curiosa. E' vero, questo lato della città non l'ho mai visto, credo che il motivo sia legato al fatto che sia abbastanza nuovo, le case infatti, piccole villette a schiera dipinte di ogni colore immaginabile, sembrano essere state costruite da poco, giusto qualche anno. E' tutto molto grazioso qui: i cortili delle case sono ben curati, i marciapiedi puliti e non troppo stretti, ci sono fiori ovunque; sui balconi, nelle aiuole e nei giardinetti. Mi pare quasi di essere finita in uno di quei film alla "Lilli e Il Vagabondo", non so se mi spiego.

Finalmente vedo una casa arancione, vicino a un'altra color lavanda. E' l'unica casa arancione di tutto il quartiere, perciò credo di non avere molta possibilità di sbagliare e fare figuracce. Arrivo davanti al cancello e guardo il numero: sessantotto. Non ci sono dubbi, è la casa giusta. Mi avvicino al citofono e leggo i due nomi scritti al di sopra della targhetta accanto al bottone: "Victor Gray e Amanda Morris". Suppongo siano i genitori di Charlie, ammesso che non sia stato rapito da loro quando era un bambino.

Prendo un grosso respiro e schiaccio il bottone. Dopo neanche dieci secondi una voce inconfondibile mi risponde:

«Chi è?».

Mi schiarisco la voce.

«Sono Zilla Allen...»

«Ah... Parola d'ordine?».

Rimango sbigottita per un'attimo. Sta facendo chiaramente il buffone, ma io non ho voglia di scherzare, voglio solo il mio braccialetto, è chiedere tanto? Evidentemente sì.

Sospiro, decido di stare al gioco solamenteper non fare la figura della stronza incapace di divertirsi.

«Ahem... Braccialetto?».

Silenzio. Silenzio che dura circa cinque secondi, ma che a me pare un'eternità.

«Hai indovinato, grande!».

Il cancello si apre con un rumore secco e finalmente sono libera di entrare. Il cortile è ben curato, così come quelli di tutte le altre case. Possiede molte piante dalle foglie particolari e persino un grosso albero carico di arance.

La porta si apre e sulla soglia compare Charlie, vestito con una tuta grigia, che sorride come al suo solito. Abbasso lo sguardo mentre mi avvicino a lui, poi lo alzo e lo punto sul mento, come faccio sempre.

«Cavolo, non pensavo saresti riuscita a trovare la mia casa in così poco tempo... Ero già pronto a vendere il braccialetto su eBay e fare un mucchio di soldi».

Non riesco a nascondere un sorriso che mi cresce dall'interno.

«Google Maps fa miracoli».

Charlie si fa un piccola risata, calda, simpatica... Reale.

Ho sempre avuto l'impressione che tutte le persone che ho incontrato e conosciuto durante la mia vita, abbiano qualcosa di falso: c'è chi è perennemente arrabbiato, ma si mostra tranquillo, chi soffre, ma finge di essere popolare, chi sembra uno sfigato, ma dentro di sé ha un potenziale grandissimo, tale da poter diventare una star. C'è chi finge di sapere tutto, quando invece è il primo a essere ignorante, chi si mostra forte, ma in realtà è debole e si arrende subito. C'è chi è gentile con tutti, quando dentro di sé critica aspramente chiunque. Insomma, nessuno è reale al cento percento, c'è sempre un lato che tutti celano dentro di sé, qualcosa che spesso e volentieri si fa fatica a comprendere. Ma Charlie... Charlie mi pare vero, completamente vero, e la cosa mi riempie di curiosità.

«Vuoi entrare o rimanere al freddo per sempre? Non che io non creda nell'ibernazione eh... Sull'Everest c'è gente che è morta congelata da anni e anni e possiede un ottimo stato di conservazione».

Aggrotto la fronte, non ho mai sentito parlare di questo particolare del monte Everest, e devo ammettere che fa abbastanza schifo.

Charlie si scosta dalla porta, lasciando lo spazio libero per farmi passare. Entro in casa e un piacevole calduccio mi investe, scaldandomi le guance rosse per il freddo.

«Fa come se fossi a casa tua».

Mi irrigidisco.

«Oh... Be', in realtà io non avevo intenzione di fermarmi, disturberei soltanto».

Mi pento di averlo detto, perché sento lo sguardo di Charlie scrutarmi abbastanza confuso.

«Tranquilla, non disturbi mica, i miei non ci sono mai. In questo momento sono a Marsa Alam, in Egitto. Sono degli imprenditori, stanno spesso lontano da casa e rimangono qui per poco tempo». Nella sua voce riesco ad avvertire un pizzico di malinconia, ma non ne sono certa. Teoricamente sarebbe più che plausibile, insomma, da quanto ho sentito mi pare di aver afferrato che Charlie rimanga per la maggior parte del tempo da solo, a meno che non abbia fratelli o sorelle.

«Che bello l'Egitto...».

Questa è l'unica cosa che riesco a dire. Avrei tante domande che mi frullano per la testa, ma non voglio esporle. Oltre che a sembrare un'impicciona attirerei solamente il suo interesse su di me e non vorrei che mi ponesse qualche domanda sul mio conto, cosa che la mia scopofobia detesta.

Silenziosamente mi levo le Vans e le appoggio in un angolino, ordinatamente. Solo quando vado a casa di altre persone faccio così (e cioè rarissime volte), a casa mia ho la tendenza a lanciare scarpe ovunque e a piantarle lì dove cadono, che siano quattro centimetri o quattro metri di distanza l'una dall'altra. Ovviamente le sgridate di mia madre non mancano mai, ma come darle torto? Una volta ho addirittura perso una scarpa facendo così. L'ho ritrovata sette mesi dopo, dietro al divano. Come ci sia arrivata fin là rimane ancora un mistero per me, tuttavia persisto ancora a far volare scarpe in giro, neanche fosse il lancio del disco.

Charlie mi fa un cenno con la mano e mi invita a salire al piano di sopra. Non ho molto tempo per guardarmi attorno, ciò che riesco a capire è che mi trovo in una bella casa, curata e arredata da chi possiede buoni gusti.

Arrivati in cima alla rampa di scale, Charlie attraversa metà corridoio, fino a fermarsi davanti a una porta socchiusa, che spalanca e oltrepassa. Lo seguo, a testa bassa, ma una volta entrata in quella che è assolutamente camera sua, la curiosità mi costringe ad alzare la testa e a guardarmi intorno. Sono nella stanza del ragazzo considerato strano e pazzo, quasi non posso crederci.

È una camera grande, spaziosa, i muri sono dipinti di blu e decorati con dei fili di luci a led gialle, che paiono quasi lucciole. Da un lato della stanza c'è un letto a una piazza e mezza, come il mio, dove è posato un portatile e una caterva di cuscini. Sopra al letto ci sono alcuni poster appesi al muro, uno rappresenta Hulk, un altro Capitan America, un altro ancora invece Tanjiro Kamado di "Demon Slayer". Sposto la testa sull'altro capo della stanza, occupato in gran parte da una scrivania e una libreria enorme, piena zeppa di fumetti della Marvel e di qualche manga. Possiede un sacco di soprammobili, appoggiati in modo sparso sugli scaffali del mobile, ma da lontano non riesco a vederli bene. Mi avvicino, per cercare di capire meglio cosa siano. Souvenir, ecco cosa. Credo di non aver mai visto così tante statuine diverse in vita mia: c'è la Torre Eiffel, la piramide di Cheope, la Statua della Libertà, il Colosseo, il Taj Mahal, il Tokyo Sky Tree e molti altri ancora.

«Quando tornano da un viaggio, i miei genitori mi portano sempre un souvenir del luogo, quelli sono solo una piccola parte, alcuni sono sparsi in giro per la casa».

Mi volto verso Charlie, seduto sul suo letto, e lo guardo... Negli occhi. Mantengo il contatto visivo per circa quindici secondi, poi lo distolgo e fisso il suo mento. Un altro record, sono davvero sbalordita dei miei risultati.

«Sono molto belli» riesco a farfugliare.

Cala per un istante il silenzio, usato da me per contemplare ancora un po' gli oggetti.

«C'è un posto dove vorresti andare? Adesso dico. Dove vorresti scappare e sparire per un po'?».

Mi fermo, ci rifletto a lungo. Sono domande insolite, ma sento che mi piacciono e specialmente che non mi mettono a disagio, e ciò è molto raro.

«Al Louvre... Mi piace l'arte».

Charlie annuisce.

«Sai... Penso anche io...».

Si alza, e si posiziona accanto a me, poi si sposta, si avvicina a un comò di legno e apre uno dei cassetti, estraendo una piccola catenella d'oro, decorata con dei fiorellini bianchi dipinti a mano. Lo riconoscerei a chilometri di distanza: il mio braccialetto.

Me lo porge con gentilezza e lo prendo contentissima.

«Grazie per non averlo venduto su eBay».

Charlie sorride, come sempre.

«Figurati».

Con la coda dell'occhio scorgo due cornici portafoto, posate sul comò che poco prima Charlie ha aperto. La prima rappresenta due adulti, un uomo e una donna che abbracciano un Charlie molto più piccolo di adesso. Lei in particolare, gli assomiglia tantissimo: hanno lo stesso sorriso, lo stesso taglio degli occhi e lo stesso colore di capelli. Gli occhi, invece, sono identici a quelli dell'uomo. La seconda rappresenta invece una classe, composta da circa venti alunni, ma non riesco a vedere bene quale sia Charlie tra tutti quei ragazzi.

Non so come sia possibile, ma una botta di coraggio mi porta ad avvicinarmi alle foto, per osservarle meglio. Guardo specialmente quella della classe e mentre lo faccio, mi tornano in mente i racconti di Eddie, sul fatto che fosse stato espulso.

«È la tua classe?».

Ancora. È già la seconda volta che riesco a fargli una domanda, mi è uscita spontanea, non ho avuto il controllo su di lei.

«La mia ex classe» mi corregge.

Annuisco, è l'unica cosa che so fare bene. So già perché l'ha chiamata "ex" classe, e non ho voglia di nasconderlo. Voglio essere sincera, anche se non ne capisco il motivo.

«Io... Ho sentito delle voci sul fatto che tu sia stato espulso. Ma... Mi viene quasi difficile crederlo».

Ora le labbra di Charlie sono serrate, ma in poco tempo su di esse si forma un sorriso sghembo.

«Le voci sono vere... Eccome anche»

«Ma... perché? Tu mi sembri così un bravo ragazzo...».

Non sono Zilla, non so chi sta parlando veramente in questo momento, ma non sento di essere me stessa. Oppure... Oppure lo sono? Mi sembra quasi che con Charlie io riesca a comunicare come con Eddie, utilizzando al massimo la mia personalità. In effetti è con gli altri che mi chiudo, solo quando parlo con mio fratello sono veramente me stessa. Che sia così anche con Charlie?

Il ragazzo sospira, torna accanto al letto e si siede.

«Nella mia ex scuola c'era un preside che era davvero pessimo: era razzista. Un giorno, durante una conferenza d'istituto, ha detto esplicitamente che i ragazzi arabi e cinesi che venivano lì erano stati accolti con tanto spirito di sacrificio, e che dovevano ringraziare la scuola per essere in quel posto... Allora io mi sono infuriato, davvero tanto. Ricordo di non aver mai provato una rabbia così accecante. Così, dopo un paio di settimane dalla conferenza-scandalo, ho scoperto qual era la macchina del preside, e subito dopo dove abitava». Fa una piccola pausa, per schiarirsi la voce, mentre io ascolto interessata. «Così ho deciso di combinargli uno scherzo per farlo pentire di ciò che ha detto: ho comprato una bomboletta di vernice spray, poi sono andato a casa sua e ho scritto sulla macchina: "È lei che deve ringraziare di essere ancora il preside di questa scuola". Solo che... Ero talmente tanto preso dal sentimento di ribellione e di giustizia, che ho firmato la mia opera con nome e cognome e il giorno seguente sono stato convocato in presidenza. Mi hanno espulso all'istante, per il grave atto compiuto e alla fine i miei sono stati costretti, oltre che a pagare i danni, a trasferirsi qui, in questa cittadina, per mandarmi in una nuova scuola. E... Ehm... Eccomi qui».

Sono scioccata, sembra quasi impossibile.

Charlie tiene lo sguardo basso, il suo sorriso perenne si è spento. Credo sia in imbarazzo.

«A mio parere hai fatto bene... Anche se nel modo sbagliato».

Charlie scoppia in una risata. «Tu dici, eh?».

Sorrido lievemente. «Già». Sospiro. «Ma hai detto la tua, e capito i tuoi errori, che vuoi di più dalla vita?»

«Una bella crostata di albicocche».

Ok, è tornato il pazzo di prima.

Guardo l'orario. Cazzo! Sono quasi le sei, mia madre torna dal lavoro alle sei e mezza, se scopre che sono fuori mi ammazzerà!

«Io... Devo andare, se torno tardi mia madre mi uccide».

Charlie annuisce, si alza e mi fa strada fino alla porta d'ingresso, dove mi infilo le scarpe che ho lasciato lì prima. Apro la porta, ma non faccio un passo di più: sta diluviando. In effetti mi mancava la mia bella sfiga.

«Non hai l'ombrello, vero?».

Annuisco tristemente.

«No problem».

Me ne allunga uno, rosso con dei pois gialli.

«Ma non voglio rubartelo...» dico abbattuta.

Charlie scuote la testa.

«Basta che non lo vendi su eBay» sorride «e poi, pensaci, così saremo costretti a rivederci».

Ragionamento a dir poco corretto e geniale.

Gli faccio un piccolo sorriso e di nuovo: lo guardo negli occhi, stavolta per un paio di secondi, giusto il tempo di prendere l'ombrello.

«Non lo farò, non credo che un ombrello valga molto».

Charlie fa spallucce.

«E chi lo sa?».

🌸Angolino dell'autrice iperattiva e con la bava alla bocca🌸

Ebbene sì: ogni tanto spuntano questi angolini autrice. Non ci sono sempre, anche perché la maggior parte delle volte non so che diavolo scrivere. Ma questa volta c'è e ve lo cuccate così, bello pronto e amorevole, per stressarvi e tenervi compagnia😇✨

Domanda da un milione di eur... Strette di mano: che ne pensate di Charlie? Secondo voi è qualcuno di abbastanza affidabile, oppure sta solo facendo la faccetta da angelo con Zilla, quando dentro nasconde un demone mangia fuoco?

Personalmente mi sono divertita molto a scrivere questo capitolo, spero susciti in voi la stessa emozione quando lo leggerete. Intanto... Grazie per avermi seguito fin qui! Al prossimo angolino! (Se mai ci sarà...)

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