La Fantasma ~E l'articolo NON...

By Yuwy_ghost

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🏆STORIA VINCITRICE DEL PREMIO WATTYS 2023 MIGLIORI PERSONAGGI🏆 Vi siete mai imbattuti in una situazione imb... More

✨Riconoscimenti✨
Intervista dedicata
Informazioni utili (o forse no)
~Parte prima~
Prologo
Uno
Due
Quattro
Cinque
Sei
Sette
Otto
Nove
Dieci
Undici
Dodici
Tredici
Quattordici
Quindici
Sedici
Diciassette
Diciotto
Diciannove
~Parte seconda~
Venti
Ventuno
Ventidue
Ventitré
Ventiquattro
Venticinque
Ventisei
Ventisette
Ventotto
Ventinove
Trenta
Epilogo

Tre

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By Yuwy_ghost

Fa freddissimo, quando suona la sveglia mi viene quasi da piangere: non voglio abbandonare il tepore delle coperte. Rimango ferma qualche istante, poi sospiro, convincendomi a uscire dalla mia calda e accogliente tana. L'aria gelida mi investe e una debole e spettrale luce bianca filtra dalle persiane chiuse. Sembra il set di un film ispirato agli alieni.

Mi dirigo verso la finestra, la apro e spalanco le persiane, mentre la luce inonda la stanza, spaccandomi gli occhi carichi del buio in cui erano immersi prima.

Ora ho capito perché fa freddo: sta nevicando, e anche bello forte. Il paesaggio è ricoperto da quel dolce e candido strato bianco brillante. Non è la prima nevicata che fa quest'anno, precedentemente ce n'era stata un'altra, ma non è nulla a confronto di questa. Chiudo le finestre e mi strofino con la mano la punta del naso completamente congelata per scaldarla, poi apro il mio armadio-casino e preparo l'outfit per oggi: leggins felpati neri, maglietta a maniche lunghe e felpa nera ultra calda e gigante. Quando la indosso, un senso di piacere mi avvolge: è così morbida! Mi arriva fino alle ginocchia e scalda il mio corpo per benino, di sicuro oggi non sentirò freddo.

Scendo al piano di sotto e faccio colazione. Poco dopo arriva anche Eddie. Con aria assonnata si siede a tavola e versa i Corn Flakes nella ciotola piena di latte.

«Hai visto? Sta nevicando» dico, tanto per iniziare una minima discussione con lui.

Annuisce, mentre si porta il cucchiaio alla bocca e divora i cereali con voracità.

Eddie non ama molto parlare al mattino presto, specialmente perché si deve ricordare come si chiama, quanti anni ha e qual è il suo scopo nella vita. Anche io di solito sono così, ma oggi mi sento stranamente pimpante.

Mamma irrompe nella cucina, con la vestaglia rosa scolorita addosso e i capelli scompigliati, prende posto a tavola e inizia a spalmare la marmellata sulle fette biscottate.

«Zilla, oggi prenderai l'autobus» dice di colpo, ancora prima di darci il buongiorno.

Per la sorpresa il pezzo di biscotto che ho appena addentato mi va di traverso e comincio a tossire ripetutamente.

Eddie mi lancia un'occhiata e batte un paio di volte il palmo della mano destra contro le mie scapole, nella speranza di salvarmi dal soffocamento. Fortunatamente il biscotto si scastra dalla mia gola e scende peggio di un mattone nel mio esofago. Ci impiego alcuni minuti per ritrovare la capacità di comunicare e alla fine sbotto:

«Non voglio andare in autobus! Preferisco andare a piedi!»

«A piedi? Sta nevicando, fuori si muore dal freddo e le strade sono completamente congelate, stavolta non andrai a piedi, prenderai l'autobus e andrai con Edward, sono stata abbastanza chiara?».

Vorrei ribattere, ma so che non ho chance di riuscita. Mi limito ad annuire e a finire gli ultimi due biscotti. Mentre mastico a testa bassa, Eddie mi posa una mano sulla testa e si china per sussurarmi all'orecchio:

«Ci sediamo dove c'è poca gente, te lo prometto».

Cerco di rasserenarmi a quel pensiero, ma non ci riesco, so già che ogni angolo di quel maledetto mezzo di trasporto sarà pieno di gente.

Eddie è l'unico che sa della mia scopofobia, o almeno, l'unico che lo sa e che la prende con serietà. I miei genitori ne sono da sempre stati al corrente, fin da quando ho scoperto di soffrire di questa fobia, ma l'hanno sempre considerata una stupidaggine, uno sciocco capriccio di una ragazza adolescente. Ho provato un milione di volte a cercare di spiegare ai miei cosa fosse questo sentimento, ovvero una vera e propria paura, un disgusto psicologico, ma come riscontro ho ricevuto un'unica risposta: «Sono tutte balle che leggi su internet, appena cresci ti passa». E ciò, quello che è appena successo con mia madre, è la prova definitiva che non le fotte niente della mia paura. Fortuna che c'è Eddie, il mio unico appiglio in un mondo fatto di indifferenza.

Con lentezza mi alzo dal tavolo e afferro la giacca appesa all'attaccapanni accanto alla porta e la morbida sciarpa dei Tassorosso di Harry Potter. Poco dopo Eddie mi raggiunge e si copre per benino anche lui. Ha la mia stessa sciarpa, ma dei Corvonero, gli dona davvero molto.

Una sera avevamo fatto un test su internet su quale casa di Harry Potter appartenessimo e il giorno dopo ci eravamo fiondati in un negozio che vendeva articoli del film per comprare le sciarpe delle nostre casate. Siamo troppo fighi, sembriamo pronti per partire e andare a Hogwarts da un momento all'altro.

Usciamo a braccetto e ci stringiamo per cercare di non volare a terra scivolando sul ghiaccio, cosa inutile perché passati neanche dieci secondi, Eddie per poco non si spiaccica a terra come un budino, facendo rischiare grosso anche a me. Per fortuna siamo ancora tutti e due interi, con le mutande piene, ma comunque interi.

La fermata dell'autobus si staglia davanti a noi, affollata principalmente da studenti del nostro istituto. Sento un brivido percorrermi la schiena, ma non è per il freddo. Mi schiaccio contro Eddie e lui coglie subito il segnale; una volta fermi davanti alla stazione mi cinge le spalle con un braccio e mi stringe a lui per calmarmi. Mi sento quasi un pinguino, quelli che nei documentari naturalistici camminano sempre appiccicati alla propria mamma. Che teneri che sono.

Si sente un lieve rombo lontano e lo vedo: l'autobus. I fanali trapassano i numerosi fiocchi di neve che cadono dal cielo come zucchero a velo sopra una torta. In un attimo accosta davanti alla fermata e spalanca le porte. Eddie avanza per primo e mi prende la mano, trascinandomi all'interno del mezzo. Dentro fa abbastanza caldo, sento le mie mani e la punta del mio naso ringraziare il cielo per quel bel tepore che le scalda. Aleggia un odore strano, non saprei definirlo, sembra quasi un miscuglio tra "vaniglia chimica" e "corpo in putrefazione". Rimane comunque abbastanza fastidioso e nascondo il naso nella sciarpa per cercare di scampargli, anche se i miei tentativi sono abbastanza inutili.

Eddie mi trascina verso l'angolo meno affollato (meno si fa per dire) e mi lascia lo spazio vicino al finestrino. Mi siedo impacciata e rimango in silenzio per tutto il tragitto. Con lo sguardo percorro la città che si muove veloce accanto a me. Guardo le case, gli alberi, i cartelli, il cielo coperto da nuvole e la fitta neve che scende leggera.

Mi piace la neve, fa sembrare il mondo fatato e magico, ma in questo momento la odio un tantino: per colpa sua sono finita qua sopra, insieme a una trentina di persone e all'odore di vaniglia misto cadavere che pian piano si sta facendo sempre più insopportabile.

Il viaggio sembra durare un'eternità nonostante, secondo i miei rapidi calcoli da sei tirato di matematica in pagella, il tragitto a piedi da casa mia (che è più o meno vicina alla fermata dell'autobus) alla scuola dura dieci minuti circa.

Scendo dall'autobus come un'amazzone ubriaca e respiro l'aria fresca e specialmente PULITA. Sfiga vuole che, mentre inspiro l'ottima arietta, due fiocchi di neve mi si infilano in una narice, congelando, oltre alle mie povere mucose, anche il cervello rincoglionito che mi ritrovo.

Mi tengo la testa dolorante come uno che ha mangiato un gelato intero tutto in una volta e sbandando un po' mi avvio verso l'entrata di scuola. Ho perso di vista anche Eddie, grandioso.

La mia sfiga però colpisce ancora, talmente tanto rapidamente che non ho neanche fatto in tempo a fare quattro metri dal luogo in cui mi sono ciucciata con il naso i fiocchi di neve ed entrare a scuola.

La Fortuna viene spesso rappresentata come una donna di incantevole bellezza, bendata da una fascia nera che le impedisce di vedere. Insomma, è cieca, cieca e stupida oserei dire. Io invece mi sono fatta la perfetta idea della sorella: Sfortuna, o semplicemente Sfiga, una ragazza stronzissima che ci vede da Dio, venti decimi per occhio.

Quindi immaginatevi questa scena: Fortuna cerca di raggiungere la persona da inondare di puro culo, sgambettando faticosamente con il bastone per ciechi stretto in mano, ma quand'ecco che arriva la sorellona stronzona, che con tale grazia sfancula la sorella cieca e si getta verso il malcapitato, riempiendolo della sua schifosa maledizione del cappero.

Ecco, ora immaginatevi che quel malcapitato sia proprio io. Infatti, a neanche dieci passi dall'entrata, sento una palla di cannone fredda colpirmi l'orecchio destro. Un dolore mostruoso si espande dal lobo fino al mio timpano. Solo pochi secondi dopo realizzo che la "palla di cannone fredda" fosse in realtà una palla di neve, che ora giace mezza sfracellata sul suolo cosparso di sale antighiaccio.

«Cazzo scusami!» una voce mi raggiunge e volto la testa, scorgendo la figura di un ragazzo moro e dagli occhi azzurri. «Volevo prendere il cretino del mio amico, non te, perdonami. Ti ho fatto tanto male?» continua il tizio mentre si avvicina a me.

Per una frazione di secondo incontro il suo sguardo e subito sento una sensazione terribile allo stomaco. Non rispondo, mi volto, e prima che lui possa avvicinarsi di più e dire qualcosa, scappo dentro scuola e svanisco nel mio corridoio.

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