I Temibili 10

By GiulSma

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•Terzo volume della serie Le cronache dei Prescelti Celestiali• «We are here...» Negli Stati Uniti si sta ve... More

Prologo
1|Proprio come Eleven
2|Kitsune
4|Di nuovo coi guardiani
5|Il MMantello
6|Chi è L. Degare?
7|Terapia di coppia
8|Team Anti-Killer X
9|Un gelato a marzo
10|L'avventuriera
11|Un pomeriggio col principino viziato
12|Killer X
13|Sebastian
14|Resisti
15|Una pessima babysitter
16|Fuggire dai problemi
17|Biscotto?
18|Necessario per vincere
19|Marta, sei un genio!
20|Petali blu
21|Pagina bianca
22|Segreti
23|Sta succedendo
24|Chiamata alle armi
25|Odi et amo - M&A
25|Odi et amo - R&D
25|Odi et amo - B&J
25|Odi et amo - E & A/S
25|Odi et amo - D & T
25|Odi et amo - G & T
25|Odi et amo - Loro...
26|Salvare i salvatori
27|Requiem
28|Sei il nostro piccolo Sole
29|Harron
30|Pace?
31|Regina dei mostri
32|In viaggio per Zurigo
33|Il succo è la mia debolezza
34|C'è un asino dietro di te! Ah no, è Nicholas
35|Basta bugie
36|Il tempo scorre
37|Impossibile tocco di due dita
38|Chiromante
39|Non si torna più indietro
40|Non dimenticare le calze
41|Che la missione abbia inizio
42|Φιλία
43|È finita
44|Duo mortale
45|Esprimi un desiderio...
Epilogo
⚜️ Curiosità ⚜️
Ringraziamenti

3|Strizzacervelli

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By GiulSma

«Ma che novità, altri omicidi stanotte. Sono al Castello Van Slyke, a Wanaque, Oakland, Haskell, Pompton Lake e di fronte al Collagen Matrix Headquartier, tutti nel New Jersey» disse Kit sfoggiando un sorriso sarcastico. «L'FBI non ha ancora risolto il caso»

Mi sedetti sul suo banco, chinando il capo per osservare la schermata del suo telefono aperta su un articolo di giornale. «Sono passate poco più di ventiquattr'ore dal primo omicidio, dai loro un po' di tempo»

«Va bene, ma intanto il killer è rimasto impunito e proprio ora se ne starà andando a spasso per non so dove, progettando altri omicidi»

Feci spallucce. «Abbi fede nelle autorità, lo acciufferanno prima o poi»

Morsicai un pezzo del mio plum-cake alle gocce di cioccolato e rimasi a fissare il telefono di Kit mentre lei cercava altre informazioni su altri siti.

«Pochi articoli e pochi video sul caso, non ci siamo. E io come dovrei fare a risolverlo?»

«Semplice, non lo fai! Cosa non capisci di "lascia fare alle autorità"?»

La ragazza sbatté il pugno sul banco, facendomi traballare. «Ma sono degli incompetenti! Non si impegnano più di tanto e non capiscono la gravità della cosa! Finché qualcuno non uccide centinaia di vittime per loro non è nulla! Undici vittime, ha ucciso undici persone e ancora non lo considerano un killer di rilievo!»

Sospirai. «Fai conto che là esistono persone che con le sparatorie nelle scuole ne fanno ben più di undici»

«Sì ma nessuno crocifigge le proprie vittime! Non siamo più nell'antichità e non credo che Killer X sia una sorta di discendente di Nerone!» Kit abbassò di nuovo lo sguardo sul telefono. «Comunque l'opzione della setta rimane. Tutti quelli che sono stati uccisi erano cristiani»

«Sarà solo una casualità»

Kitsune mi fulminò com lo sguardo. «Potrebbe, come non potrebbe. Su undici persone poteva pescare almeno un ateo, un musulmano o un buddhista e invece non l'ha fatto. Non credo sia una casualità»

Alzai gli occhi al cielo. Si era intestardita così tanto che ormai era impossibile farla ragionare.

Il mio telefono vibrò nella giacca.
Lo presi lentamente e osservai la mail.
Era stata veloce, mi aspettavo che rispondesse dopo più di tre giorni come facevano molti dei miei professori anche se erano questioni urgenti.

"Ciao Giulia, scusa il poco preavviso ma sono libera oggi dopo l'intervallo se vuoi vederci. Avvisami se hai intenzione di venire" recitava la mail.

Risposi velocemente che sarei venuta, almeno mi toglievo subito una delle quattro sedute.

«Anche tu guardi notizie su Killer X?» mi chiese sbirciando cosa stessi facendo col mio telefono.

Cambiai subito schermata aprendo qualsiasi cosa che non fossero le mail e finii per aprire la calcolatrice.

«Nessuno apre la calcolatrice per divertimento. Che stavi facendo? Cosa mi nascondi?» Era entrata nella sua fase paranoica. Il prossimo step era iniziare a dubitare di tutti, persino se stessa, per scoprire l'identità dell'assassino.

Decisi di dirle la verità. «Stavo scrivendo alla psicologa. Oggi abbiamo il primo incontro»

«Oh» Arrossì dalla vergogna per avermi obbligata a dirle una cosa personale. Ci teneva a non impicciarsi troppo negli affari degli altri perché altrimenti rischiava di far innervosire le persone e di perdere la loro stima. «Quindi vai la prossima ora?»

«Sì, sarai capace di resistere senza la mia presenza in classe?» ridacchiai.

«No! Assolutamente no! Sarò persa senza di te!» scherzò facendo delle mosse melodrammatiche.

L'intervallo si concluse con il nostro scherzare.
Uscii dalla classe avvisando il prof della mia assenza giustificata e scesi le scale fino ad arrivare al seminterrato.

Quel piano mi metteva sempre un po' di paura. Era spesso buio, le luci o si fulminavano subito o sfarfallavano o emanavano una luce così fioca da risultare inutile.
Era lo stesso luogo lugubre dove c'era il bar, per la precisione, motivo in più per cui non avevo mai osato scendere per prendere alcun genere di panino o brioche durante gli intervalli.

Era un piano completamente disabitato. Così vuoto che i miei passi riecheggiavano per le pareti spoglie e basse.
Voltai l'angolo e mi ritrovai improvvisamente un ragazzo davanti.

Terrorizzata lanciai un gridolino e mi partì uno schiaffo che andò a colpirlo dritto in faccia.

«Scusami tantissimo! Non volevo!» dissi preoccupata. Poi mi accorsi che era Sebastian, quello che mi aveva investita. «Non importa, ritiro le scuse»

Sebastian si ricompose e mi guardò confuso.
Adesso aveva il segno rosso della mia mano sulla guancia sinistra ed ero stranamente fiera di quello.

«Va bene, me lo merito» ammise massaggiandosi la ferita. «Anche se ripeto che non è stata colpa mia se il mio autista ti ha investita»

«Che ci fai qui?» chiesi rudemente.

«Che tu ci creda o no, anche i geni come me hanno bisogno di parlare con qualcuno di tanto in tanto» rispose con un sorriso strafottente.

«Be' non sei tanto speciale. Sei uno di prima con un anno in meno ma, notizia flash, ce ne sono tanti altri»

Sebastian scoppiò in una risata leggermente forzata. «Credi che io sia di prima? Ma fammi il piacere! Il mio livello è di quarta superiore, tutti gli altri mi risultano troppo semplici»

Sentii il livello della mia rabbia alzarsi e toccare il limite. Se avesse detto un'altra parola le guance rosse sarebbero diventate due.

«Intravedo della gelosia nei tuoi occhi. Mi spiace, non tutti nascono dotati come il sottoscritt-»

Gli mollai un altro schiaffo.
Fu una mossa da vecchia me, immagino che sia vero che il lupo perde il pelo ma non il vizio.
Avevo agito senza pensare e avevo colpito un ragazzo che aveva un anno in meno di me.
In mia difesa posso dire che era di vitale importanza scombinargli un po' quei neuroni contorti da riccone smorfioso.

«Nessuno aveva mai osato alzare le mani così su di me. Hai una vaga idea di cosa hai fatto? Tu non sai chi sono io e non sai cosa potrei farti. Non rendermi tuo nemico»

Mi avvicinai a lui con le braccia incrociate e lo sguardo severo in stile Athariel. «È una minaccia?»

Sebastian si avvicinò abbastanza da farmi rendere conto che eravamo alti uguali. «Esattamente. Ora su, fai la brava bambina e non osare più trattarmi come uno qualunque»

«Riccone smorfioso»

«Nanetta fastidiosa»

«Senti chi parla, siamo alti uguali!»

«Ma io mi alzerò di più!»

La sua faccia era tutta rossa dalla rabbia.
Era ancora un bambino, uno che non aveva ancora imparato a crescere mentalmente e a saper accettare che non sempre si era i migliori in tutto.

Sebastian avvicinò l'indice al mio mento con fare minaccioso. «Ti sei appena fatta un nemico, sappilo»

Assottigliai gli occhi in tono di sfida. «Non mi fai paura»

«Dovresti averne, invece» Poi lo vidi cercare qualcosa nella tasca e tirare fuori un fazzoletto. «E per la cronaca, stai sanguinando. È già la seconda volta che ti vedo mentre sanguini, fatti visitare da un maledetto medico!»

Mi lanciò il fazzoletto e se ne andò sbattendo forte i piedi come un bambino viziato che non aveva ottenuto il giocattolo che tanto desiderava.

Scossi la testa contrariata ed entrai nella stanza dove c'era la psicologa. Era una vecchia infermeria che aveva molte più cose in comune col bagno che con un'aula normale, lo si poteva vedere dalle piastrelle lucide e rosse che rivestivano i muri e il pavimento.

«Prego, accomodati qui» mi indicò una sedia davanti a me.

Quel giorno indossava un tailleur grigio, ma l'acconciatura dei capelli era sempre la stessa.

Presi posto e rimasi ad aspettare. Non ero mai andata da uno psicologo, non sapevo come funzionava.
Parlava lei? Parlavo io? Chi incominciava? E soprattutto come si incominciava?

«Prima di tutto ho bisogno delle tue credenziali» mi avvisò tirando fuori un professionalissimo taccuino con gli anelli a spirale e la copertina in una liscia pelle blu. «Nome e cognome?»

«Giulia Rossi»

«Classe?»

«1ªF»

«Hai mai avuto trascorsi penali o cose simili? Mai fatto ricoveri lunghi in ospedale?»

«No, mai» Feci le corna all'ingiù di nascosto contro il malocchio. Voleva attirarmi qualche tipo di sciagura per caso?

«Perfetto. Possiamo iniziare. Dimmi, perché sei qui?»

Sentii una forte ansia accumularsi nello stomaco e nella gola e chiusi immediatamente la bocca irrigidendo tutto il corpo.
Non riuscivo a parlare, era troppo difficile farlo con un'estranea. Ma cosa mi era saltato in testa quando avevo scritto quella maledetta mail?
La psicologa non aveva una bacchetta magica, non poteva farmi sentire meglio tutto ad un tratto!

La psicologa sorrise gentilmente. «Visto che è la tua prima volta vediamo di sciogliere un po' il ghiaccio. Tu hai buoni rapporti con i tuoi familiari e i tuoi compagni?»

Annuii. «Sì, i miei genitori sono molto simpatici e premurosi. Adoro passare del tempo con loro quando sono libera dai miei impegni scolastici. Mentre i miei compagni li conosco poco, eccetto per una»

La signora sorrise soddisfatta, mi stavo aprendo un pochino. «Però sei qui. C'è qualcosa che ti turba con la scuola? Voti?»

«Faccio dei sogni bizzarri ultimamente, forse sono legati allo stress, non lo so»

La psicologa sembrò annotare qualcosa sul suo taccuino. «Raccontami di questi sogni»

Chiusi gli occhi cercando di ripescarne le immagini. «È più o meno sempre lo stesso. C'è una macchina con quattro persone, io la guardo da lontano. Poi arriva un enorme camion e la colpisce. I due davanti rimangono dentro la macchina, i due dietro escono, ma tutti e quattro muoiono. E il sogno si conclude con l'immagine di una pozzanghera dove si riflettono le luci delle ambulanze e si vedono i vetri rotti della macchina»

La psicologa annuì distrattamente. «E questo sogno ti ha cambiata in qualche modo?»

«No, non ha influito su nulla. Io sono solo una spettatrice, niente di più. Quando mi sveglio sono tranquilla, vivo la mia vita e non ci ragiono più di molto. Pensavo che questi incubi fossero solo dovuti allo stress» risposi giocherellando con i lacci della mia felpa nera.

«Credo anch'io che i tuoi incubi siano dovuti a una forte situazione di stress ma non mi è chiaro perché tu sia solo una spettatrice nel sogno. Di solito i sogni si vivono in prima persona. Hai vissuto qualcosa in questi, di recente? Sei stata protagonista di qualche incubo?»

Scossi la testa. «Nemmeno una volta. Io osservavo e basta»

«Hmm... atteggiamento passivo persino nei sogni» mormorò a bassa voce.

«Bene. C'è altro che vorresti raccontarmi?»

Scossi la testa. «No, è tutto»

La signora scribacchiò ancora qualcosa, poi mi rivolse un sorriso gentile che si tramutò quasi subito in un'espressione seria e preoccupata. «Ti senti mai al sicuro, Giulia?»

Deglutii a fatica, scuotendo la testa. «Mai»

Ero nervosa, costantemente tesa.

Avevo paura per me e per le persone a cui volevo bene come Kitsune e i miei genitori.

Temevo che qualcuno me li portasse via, che la morte lo facesse.

Sentivo il peso del destino gravarmi nel petto, farmi bruciare il marchio e ridurmi uno straccio.

Non passava secondo che non tenessi bene aperte le orecchie nel tentativo di scorgere i rumori dei demoni striscianti o volanti che erano tanto presenti nelle città tanto più queste erano piene di gente malvagia e da quando avevo smesso di allenarmi al Campo mi sentivo esposta.

Non avevo più la sicurezza di un tempo dettata dal possedere una spada e dei poteri.
Ed ero terrorizzata dalla possibilità di morire, e volevo ritardare quel momento il più possibile.

La psicologa scribacchiò un'ultima cosa e chiuse il taccuino. «L'unica attività che posso consigliarti di fare è leggere un libro comico. Hai bisogno di provare l'estraniamento profondo dal mondo che solo la lettura può causare e la leggerezza del ridere. Inoltre hai bisogno di uscire con qualche amico e non di stare in casa con i tuoi genitori. Lascia il nido, lascia quella cupezza in cui ti stai rintanando. Giulia, hai bisogno di staccare dalla parte oscura e malata del mondo»

Mi congedò subito dopo, facendo entrare un ragazzino di seconda che aveva tutte le unghie morsicate per lo stress.

Fui stupita nel tornare in classe e sapere che saremo usciti un'ora prima a causa dell'assenza improvvisa della professoressa di fisica.

Be', era sabato, tornare a casa prima era sia un miracolo che un'incredibile opportunità per portarsi avanti e potersi guardare un bel film il pomeriggio.

Ma quella volta avrei dovuto rinunciare al film, dovevo trovarmi un libro divertente da leggere come mi aveva consigliato la psicologa e per farlo avrei dovuto girare per bene il negozio della Mondadori che stava in Duomo.
Era anche un'ottima scusa per restare un po' di tempo nel paradiso dei libri e godermi la possibilità di leggiucchiarne qualcuno di nascosto per vedere se prenderlo o meno.

Mi misi il cappotto e uscii senza avere la possibilità di salutare Kitsune che era schizzata subito fuori per poter fare uno scherzo ad un mio compagno.
Credo volesse smontargli il sellino della bici perché lui lo aveva fatto a lei qualche giorno prima.

Quindi ero sola, ancora. Non era per niente una novità.
Scesi le scale dell'ingresso e mi trovai di fronte a me, sul marciapiede, una persona che conoscevo fin troppo bene.
Mi guardava con un'espressione preoccupata e nostalgica e le braccia incrociate.
I capelli biondo scuro erano legati in una treccia di media lunghezza appoggiata alla spalla destra, mentre gli occhi color nocciola sembravano volermi divorare da quanto erano arrabbiati.

«Marta?» chiesi incredula.

Mi afferrò per il braccio e creò un portale con una pietra bianca. «Non c'è tempo per spiegare. Vieni, sei stata fin troppo assente. Il Mondo Nascosto ha bisogno di te ora più che mai»

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