Come le Maschere di Pirandell...

By shin_eline

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Dove Christian non si rende conto di quanto Mattia gli somigli. More

La prima volta 1/2.
La prima volta 2/2.
Chiasso.
Aspetterò.
Sei mio 1/2.
Sei mio 2/2.
Non andare.
Staccare la spina.
Stupido ego maschile.
Sfortuna, o no?
Paranoie.
Come le Maschere di Pirandello.
Come il sole e le foglie.
In ogni modo.
Amici.
Simili.
Chiamata. 1/2
Chiamata. 2/2
Come il fumo di una sigaretta.
Un po' meno nero.
Rose rosse.
Colazione.
Tornare a casa.
Quando le bugie crollano.
Videochiamata.
Amore.
Ti importa ancora?
Il meglio di me. 2/2
Un cuore in due.
This Side of Paradise.
La persona adatta.
Uno sporco profumo.
La cosa giusta.
make you mine.
Tra apatia, rabbia e amore.
Un palmo dal cielo.
Mettere in moto.
A pranzo da amici.
Lezioni di ballo.
Prepararsi insieme.
Presentazioni.
Non ci sarebbe stato Universo alcuno.
Mattina.
Non abbiamo età. 1/2
Non abbiamo età. 2/2
Ogni posto ti conosce.
L'aria di famiglia.
Povera mente.
Ogni secondo di più.
Promettimelo.
Nonni. 1/3
Nonni. 2/3
Nonni. 3/3
La banalità del male.
Il bello dell'amico.
Non so se stringerti o lasciarti andare.
Pasta e gelosia.
In a dream, I saw my mother...
Complici.
Complici. 2

Il meglio di me. 1/2

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By shin_eline

Scarabocchiò la sagoma di una rosa sul foglio, mentre cercava di renderla il più stilizzata possibile nella speranza che per quanto non fosse realistica, diventasse almeno riconoscibile cone un fiore.

Teneva lo sguardo basso e la testa alta, con la guancia poggiata sul palmo della mano sinistra, mentre la bic nera bloccata fra le dita continuava a seguire linee un po' sbavade e confuse.

Non era mai stato un campione del disegno, ma da piccolo gli piaceva così tanto che era finito per studiare online delle tecniche per perfezionare i propri bozzetti.

La sua era molta tecnica e poco talento vero e proprio, quindi forse anche per quello non lo elencava mai nelle sue passioni, ma piuttosto fra i suoi desideri.

Fece uscire l'ennesimo sospiro dalle labbra, mentre malediceva il fatto di aver scelto un foglio a righe piuttosto che uno a quadretti.

Ma mentre era perso nella propria bolla di solitudine, qualcuno ruppe quella quiete.

«Ehi Matti, che fai?»

Domandó una voce allegra prima di spettinargli i capelli, e il nominato alzò lo sguardo, più perché altrimenti lo avrebbe riempito di domande che perché realmente ne avesse voglia.

«Niente, disegnavo un po'.»

Rispose distratto.

«No, questo l'ho visto, intendevo-.»
Parló, prima di prendere una sedia dal banco di fronte a quello di Mattia e girarla per potersi sedere di fronte a lui.
«-perchè sei qua tutto solo?»

Il riccio alzò le spalle.
«Niente, pensavo un po'.»

E immediatamente un sorriso si fece spazio sul volto dolce della ragazza davanti a sè: fu in quel momento, in quell'espressione divertita e sbruffona che aveva assunto tutto d'un tratto, che Mattia pensò che la sua amica, con quel faccino candido contornato da mossi capelli castano ramato, fosse davvero bella.

«Tu ultimamente stai un po' troppo con la testa fra le nuvole.»

Esordì, senza accusarlo direttamente, e il ragazzo si ritrovó a sbuffare una risata e ad abbassare la testa, scuotendola appena.

«La vuoi finire?»

«Io non ho detto niente, sei tu che hai pensato che io parlassi di lui.»

«Perchè, non volevi parlare di lui?»
Domandò a quel punto l'altro, alzando un sopracciglio.

«Ovvio che volevo intendere lui.»
Si mise a ridere, prima di prendere a giocare con la cerniera del portapastelli di Mattia.
«Allora, come vanno le cose con il tuo cuore azzurro?»

«Bene.»
Rispose immediatamente il riccio, prima di abbassare lo sguardo sul suo disegno.
«...Benissimo, cioè, proprio bene, bene bene bene.»

L'altra si addolcì vedendo il sorriso che era spuntato sul viso dell'altro, probabilmente senza che se ne rendesse conto.
«Ma alla fine che avete fatto sabato? Non vi siete visti?»

Il ragazzo dagli occhi azzurri la guardò, confuso da quell'affermazione, per poi connettere.

Le aveva raccontato, la mattina del sabato prima, che era finito in punizione e aveva passato tutte le cinque ore che avevano trascorso insieme a lamentarsi del fatto che lui e Christian non sarebbero potuti stare insieme.

Quindi non sapeva niente.

Perciò alzò le spalle ed abbassò lo sguardo, perché dire una bugia mentre si guardava negli occhi una persona era troppo difficile per lui, perciò cercò di sorvolare fino al raccontabile.

«No, sabato no, però ci siamo visti domenica.»

«Domenica?»
Ripetè.
«Tu non dovevi studiare?»

«Ma non era programmato che ci dovessimo vedere.»
Spiegò, prendendo a fare qualche tratto più intenso per rimarcare le ombre di quella rosa sul foglio.
«Cioè, i miei genitori se ne sono andati, ero a casa da solo, così...»

Lasciò intendere il continuo, mentre un sorriso decisamente meno lieve si formó quando ricordò gli avvenimenti del giorno prima.

O almeno, di quelli prima di quella discussione.

La ragazza di fronte a lui si fermò dallo smanettare con il suo portapastelli, prima di aprire la cerniera e cercare un evidenziatore.

«Uh, e quindi...?»

Mattia si imbarazzó appena a quel punto, perché era evidente che due persone innamorate, da sole in una casa, non avessero di certo passato tutto il tempo a ripetersi solo quanto si volessero e basta, perciò annuì semplicemente.

«Io devo assolutamente conoscere questo Christian. Ho la necessità di farlo, ti prego.»
Lo supplicò d'improvviso.

Mattia alzò entrambe le sopracciglia, guardandola stranita.
«...Perché dovresti avere la necessità?»

«Perchè per colpa sua il mio banco é pieno di "C+M", penso che abbia il diritto di conoscere chi ti ha fatto perdere la testa in questo modo.»

«Il tuo banco non é pien-.»

L'altra spostò un quaderno dal banco, rivelando almeno tre di quelle scritte.

Mattia si ammutolì.

La rossa sorrise, prima di riprendere a colorare a caso una parte del foglio che già il biondo stava disegnando poco prima.

«Perchè non mi fai vedere una foto di questo Christian?»

«Perchè nel suo instagram ha foto orribili, Rory, già te lo dissi.»
Finì di scarabocchiare, poggiandosi con la schiena sulla sedia.

Era un'ora di sostituzione, quella, e probabilmente Aurora si era avvicinata a lui perché di solito Mattia non stava mai fermo sulla propria sedia.

«Ma perché non lo inviti qualche volta ad uscire con noi? Magari lo conosciamo e non rimane un'entità sconosciuta.»
Si lamentò la sua compagna di banco.

«Perchè non voglio metterlo a disagio.»

«Ma che ti frega, tu non li conosci i suoi amici?»

«Poco però, e non perché lui abbia organizzato qualcosa ma per caso.»
Mormorò, ricordandosi della maniera strana con cui aveva parlato per la prima volta con Alex e Luigi.

Era stata una fortuna il fatto che il suo interlocutore di quadri completi non ne volesse, tanto che non gli aveva fatto nessuna domanda su quel "li ho conosciuti per caso", ma piuttosto continuò il discorso.

«Che c'entra, comunque li hai conosciuti.»

Il biondo fece una smorfia con il naso, tipica di quando qualcosa iniziava ad infastidirlo, più che altro perché c'era qualcosa che non poteva dire e che rendeva il discorso incomprensibile all'interlocutore.

Tipo: non avrebbe potuto dire ad Aurora che loro due finivano a letto insieme e facevano le cose migliori insieme, per poi dirle "no ma guarda che io mi vergogno di chiedergli di uscire con me."

Era una situazione complicata e lui si trovava in una posizione delicata, e purtroppo il suo carattere timido e terribilmente selettivo gli imponeva di dire mezze veritá a chiunque, e di conservare la veritá solo ad una persona.

Una persona che però si trovava nella classe di fronte alla sua, in quel momento.

Sospirò, guardando l'orologio appeso al muro della lavagna, sperando che arrivasse il prima possibile l'orario dell'uscita.

«Se proprio ci tieni a vederlo, oggi mi deve venire a prendere lui.»

Se ne uscì Mattia, e Aurora alzò lo sguardo.

«Cosa? E ti accompagna a casa?»

«No. Mi fa salire in macchina, stiamo due minuti, poi mi fa scendere di nuovo e me ne torno a piedi, che domande.»
Disse, sarcastico.

«Idiota.»
Lo rimproverò, e manesca com'era, allungó una mano nella sua direzione ma Mattia la schivò abbastanza facilmente.
«Intendevo, i tuoi non dicono niente?»

«Dirò che mi ha accompagnato il padre di un mio amico.»

La ragazza dagli occhi verdi annuì, prima di aprire e chiudere il tappo dell'evidenziatore mentre rifletteva su cosa fare.
«Il problema é che tu esci dal primo ingresso, vero? Il pullman viene al secondo, a me.»
Sbuffò. «E non aspetta nemmeno cinque minuti che subito corre via.»

«Manda un messaggio a qualcuno del pullman e digli di avvertire l'autista di aspettare.»
Suggerì Mattia, improvvisamente voglioso di far vedere a tutti chi fosse il famoso Christian dal cuore azzurro che aveva segnato sul proprio cellulare.

Lui adorava Aurora, ma sapeva anche che non sapeva tenere qualcosa per sè: non era cattiveria la sua, e l'aveva capito quando in seconda le aveva rivelato d'esser gay e nemmeno una settimana dopo tutta la classe lo era venuto a sapere.

Lo aveva capito nei suoi gesti dolci, nei suoi sorrisi, nelle attenzioni pure e ingenue che gli riservava: perciò non si era mai sentito di provare rancore nei suoi confronti, solo, aveva capito di non potersi mai confessare del tutto.

E lui voleva da morire che Aurora vedesse Christian e voleva da morire che il giorno dopo dicesse davanti a tutta la classe che lui avesse un ottimo gusto.

Non erano fidanzati, e forse se il moro lo fosse venuto a sapere si sarebbe infastidito, eppure lui non poteva farci niente se si sentiva così orgoglioso di far sapere a quanta più gente possibile che il legame che lui aveva con quel ragazzo era diverso da quello di chiunque altro.

Si morse il labbro per poi distogliere lo sguardo a quel pensiero, mentre sentiva Aurora borbottare che avesse ragione e inviasse un messaggio da sopra al suo telefono.

Tornó alla realtá solamente qualche minuto dopo, quando Aurora gli rivolse un'ultima domanda.

«Ma tu ci sarai venerdì?»

Mattia la fissò per un po', perché solo ora gli era venuto in mente il perché nella sua testa, qualche giorno prima, si era ritrovato a pensare che quella settimana sarebbe stata così impegnativa.

Sospiró mentre metteva l'astuccio, insieme ai quaderni e ai libri, nello zaino.

«È ovvio che devo esserci, ma che palle, questa settimana sto pieno.»
Sbuffò.

Aurora si alzò, iniziando a prepararsi anche lei lo zaino.

«Perchè, che hai?»

«Ballo ho saltato delle lezioni che devo recuperare, con lo studio sono rimasto indietro quindi devo rimettermi al passo, mercoledì ho la festa a sorpresa di mio zio e venerdì il diciottesimo.»
Elencò, prima di sentire la campanella suonare.

Si mise le bretelle dello zaino sulla spalla, aspettando che Aurora facesse lo stesso.

«Dai tesoro, se ti serve una mano poi me lo dici.»

Il più piccolo annuì sorridendole, mentre si metteva in quella fila disordinata insieme agli altri per uscire dalla classe.

Vide la rossa iniziare a camminare verso l'uscita della scuola, ma Mattia la richiamó.

Lei si avvicinò a lui.

«Aspetti Francesco?»

«Sì.»
Rispose, fermandosi davanti all'aula di fronte alla loro.

Si avvicinò al suo fianco, attendendo insieme a lui mentre guardava la folla di studenti uscire da quell'aula.

E poi, finalmente, Francesco.

«Fra'!»
Lo chiamò per attirare la sua attenzione, dato che stava parlando con un suo amico, e quando quello si voltò e lo vide, salutò l'altro per avvicinarsi a lui.

«Ehi.»
Salutò contento, prima di accogliere in un abbraccio il suo migliore amico.
«Ciao Auro.»
Salutò anche lei. «Mi stupisce di come tu non sia già corsa via.»
La prese in giro.

«Ma quanto sei poco simpatico?»
Rispose alzando gli occhi al cielo.

Mattia, che si trovava al centro del trio appena formato, battè le mani.
«Farete cane e gatto fra qualche minuto, Christian mi stará già aspettando.»

«Ti é venuto a prendere lui?»
Domandò Francesco, curioso.

Il biondo annuì.
«E Aurora lo vuole vedere, per questo ora esce dall'uscita principale insieme a noi.»

Il castano lo guardò male, prima di annuire in modo frenetico e teatrale.

Zenzola corrugò la fronte.
«...Che significa questo?»

«A me ci sono volute settimane prima che avessi l'approvazione di poterlo vedere male da lontano, a lei basta chiederlo?»

«Ma perché il livello di confidenza fra me e lui era diverso.»

«Matti, io sto parlando di giovedì.»
Ricordò di quando il moro l'era venuto a prendere fuori casa sua, e lui, pur di attribuire un volto al ragazzo che stava facendo perdere la testa a Mattia da giorni, lo aveva guardato dal portone.

«Eh, tu non sai cos'è successo sabato e domenica.»
Mormorò, cercando di farsi sentire il meno possibile da Aurora, ma non ci riuscì, dato che sentì una risata da parte sua.

Francesco lo guardó, offeso quasi del fatto di non esser stato il primo a sapere, ma Mattia gli fece gesto di non parlare.

Era ovvio che a Francesco avrebbe detto tutta la storia.

Continuarono a camminare per il corridoio della scuola, fin quando non scesero le scalinate e si ritrovarono nel cortile.

«Che poi io non ho nemmeno preso il telefono, non so nemmeno dove ha parcheggiato.»
Se ne uscì d'improvviso Mattia mentre gli altri due stavano parlando di completamente altro, ma non era una novitá, quindi ormai non ci facevano nemmeno più caso.

Prese il telefono in mano, andando su whatsapp e cliccando sul contatto di Christian, vedendo dei messaggi non letti.

Christian💙:
Matti
[13:28.]
Io sono arrivato, sono vicino al cancello praticamente.
[13:28.]
Vedi di muovere il culo, che altrimenti siamo bloccati nel traffico.
[13:28.]

Il biondo fece un sorrisino, perché se non avesse conosciuto Christian avrebbe detto che quel "muovi il culo" era di una persona arrabbiata, mentre sapeva che il moro fosse tutto tranne che quello.

O almeno, lo sperava.

Mattia:
Sono appena uscito.
[13:34.]
Mo vengo.
[13:34]

Rispose, prima di riporre il telefono in tasca e tornare alla realtà, dai suoi due amici.

«Chri è già qui.»

«Non si fa per niente attendere.»

«No, é sempre puntuale.»
Rispose vantandosi Mattia davanti a Francesco, che di stuzzicarlo in quel modo probabilmente non si sarebbe mai stancato.

«Mh. E tu che dicevi che quando sarei stato io maggiorenne ti saresti fatto portare in giro da me.»
Alzò le sopracciglia, facendo il finto geloso, mentre Aurora li guardava senza mai capire quale fosse il vero confine fra il loro "stiamo scherzando" e il "ci stiamo palesemente provando l'un l'altro."

«Questo é perché tu non sei ancora maggiorenne, prendi la patente, prendi la macchina, e vedi che sto sempre da te.»
Rispose il biondo, uscendo insieme a loro dal cancello.

«Mh, vorrei proprio vedere.»
Rispose fintamente irritato, prima di guardarsi attorno cercando di riconoscere la macchina.

«Matti per caso ti ricordi la macc-.»
Aurora cercò di parlare, ma venne interrotta.

«Ê già corso.»
Rispose il castano.

«Come ha fatto a vederlo subito?»
Domandò scioccata, prima di riprendere la sua ricerca e vide Mattia camminare, a pochi passi davanti a loro, verso un ragazzo.

Mattia lo aveva visto subito, nemmeno lui sapeva come fosse possibile.

Christian era sceso dall'auto, probabilmente stava aspettando da un bel po' e a Mattia dispiaceva di averci messo così tanto tempo.

Con il viso illuminato dalla maglia nera a mezze maniche che indossava, era intento a leggere dei messaggi sul telefono con la mano destra, mentre con la sinistra si era portato alle labbra una sigaretta.

Mattia sentì il cuore battere più forte, perché anche se c'erano altre cento persone oltre loro, oltre lui, credeva davvero che chiunque si sarebbe dovuto fermare per guardare come il sole lo prediligesse; come accarezzasse ogni ciocca di quei capelli mori di cui lui conosceva la morbidezza, di come illuminasse la sua pelle, il suo tatuaggio, i suoi vestiti.

Era bello ed era fonte di luce luminosa, e quando si avvicinava la sigaretta al viso per aspirare e le guance si incavavano leggermente, ancor di più.

E si chiese per un attimo se fosse tanto bello quanto lui.

Se fosse tanto bello da potersi anche solo permettere una persona del genere.

Un po' intimorito da quel pensiero si voltò alle sue spalle, aspettando i propri amici prima di avvicinarsi a quel ragazzo, come se avesse bisogno di una scorta o di un motivo per non restare da solo con lui, come se di momenti di intimità con Stefanelli non li avesse già avuti.

«Madò, ma é lui?»
Domandò troppo rumorosa Aurora, indicando senza pudore Christian.

Quello, che di certo stupido non era, alzò lo sguardo e li vide, a nemmeno un metro di distanza, che si avvicinavano.

E Mattia si era sentito svenire quando appena entrato nel raggio visivo del moro, quello si fosse concentrato solamente sui suoi occhi.

Il riccio annuì all'amica, sentendosi forte dopo quello sguardo, dopo l'intensità di quegli occhi, perché forse non era bello come lui, ma era l'unico che guardava in quel modo.

Così mentre gli altri due si fermarono, lui si avvicinò, sorridendogli solare e puramente felice, e si fermò al suo fianco.

«Ragazzi lui é Christian, e Christian loro sono Francesco ed Aurora, la mia compagna di banco.»
Li presentò, e forse avrebbe dovuto dare un perché del fatto che loro si trovassero lì all'improvviso, forse così aveva fatto credere che dovesse dar loro un passaggio, e le paranoie presero un po' troppo posto nella sua testa.

Ma poi Christian si mise composto, allontanandosi dalla portiera dell'auto su cui si era appoggiato per alzarsi nella sua altezza con cui superava gli altri tre, si infilò il telefono in tasca, allontanò la sigaretta da loro per non infastidirli, e porse una mano.

«Piacere, Christian.»

Aurora lo guardò per qualche istante, prima di afferrare quella mano titubante e sorridere.

«Aurora.»

Lui le rivolse un sorriso appena accennato, prima di porgere la mano anche a Francesco.

«Finalmente ci vediamo per bene.»

Scherzò Christian.

Mattia sentì il cuore perdere un battito, perché lui sapeva che dietro quel "finalmente" c'era una gelosia ingiustificata per il suo migliore amico.

Il castano, piacevolmente sorpreso, sorrise e ricambiò la stretta.

«Infatti, se avessimo aspettato Mattia...»

Il riccio corrugò la fronte.
«Ma che vuoi tu?»
Lo guardò male, poi si voltò verso il moro.

Non l'avesse mai fatto.

Christian lo fissava con un sorrisino divertito, lo sguardo rilassato e spensierato, ma con degli occhi che lo trasmettevano tutto il desiderio che provava nei suoi confronti.

Voleva salutare anche lui, era evidente.

Ma davanti tutta la scuola?

Per lui non era un problema, non era proprio per niente un problema, ma capiva se a Christian la cosa potesse dare fastidio.

Perciò abbassò lo sguardo in quei secondi in cui si erano guardati, senza saper bene come reagire, ma a quanto pare il moro di lasciarlo in pace non ne aveva voglia.

«Vieni, dammi lo zaino.»

Attirò la sua attenzione, e senza aspettare davvero che l'altro concepisse, gli afferrò con l'indice e il medio il manico della cartella, la tirò verso di sè e gliela sfilò.

Si voltò verso gli altri due.

«Volete un passaggio, ragazzi?»

Domandò educato, forse per sapere se dovesse mettere lo zaino nei posti posteriori oppure nel bagagliaio.

«No, no, anzi, dovrei anche correre che il pullman mi sta aspettando.»
Disse Aurora, controllando poi il telefono.

«Se non é un disturbo, mi farebbe molto piacere.»

Mattia sgranò gli occhi, voltandosi verso Francesco, che manteneva, con la sua solita faccia tosta, un sorriso giocoso.

Ma Christian annuì senza smuoversi troppo, prima di domandare.
«Ti dá fastidio se metto lo zaino dietro?»

«No, no, tranquillo.»

E così, mentre Aurora se ne andava salutando tutti quanti con un educato "ciao", Christian apriva la portiera e faceva quanto detto precendemente, e Mattia fulminò con lo sguardo il suo migliore amico chiedendogli cosa gli passasse per la testa.

E lui, di tutta risposta, sorrise ancora di più prima di fargli un cuore con le dita -che appena Christian tornò a guardarli, sciolse velocemente-.

Il moro fece un ultimo tiro, prima di finire la sigaretta e gettarla dentro ad un tombino, e mise una mano sulla portiera del guidatore.

E mentre Francesco faceva il giro per sedersi dal lato opposto nei sedili posteriori, Mattia rimaneva poggiato dov'era, fissando Christian negli occhi per cercare di trovare qualche traccia di fastidio, o di irritazione, o qualunque cosa potesse far capire il suo stato d'animo.

Ma il moro lo guardò, prima di sussurrare dolce, e non più con il tono impostato di prima, un "che c'é?"

Il biondo alzò le spalle, prima di far scendere lo sguardo sulle sue labbra e poi farlo tornare ai suoi occhi.

Beh, ora si era decisamente capito cosa c'era.

Poi si alzò, fece il giro della macchina ed entrò al suo posto, accanto a quello del guidatore.

Quando tutti furono ai loro posti, Christian girò le chiavi e fece partire la macchina.

«Dove devo andare?»

Domandò freddo ed educato come poco prima, uscendo facilmente dal parcheggio.

Mattia amava quando Christian era al volante.

Lo faceva sembrare così facile.

Francesco si mise ai posti centrali, comportandosi come se quella fosse la macchina di un suo amico, e guardò la strada.
«Gira per il vico della paninoteca, così non troviamo traffico.»

Christian si rimise sulla strada, e dopo aver messo la freccia, fece ciò che l'altro gli aveva detto.

La macchina cadde in qualche secondo di silenzio, ma venne fortunatamente spezzato.

«Com'è andata a scuola?»

Domandò il guidatore, e Francesco stava anche per rispondere, ma quando vide la mano del diciannovenne scendere senza problemi sulla coscia del suo migliore amico, capì che la domanda non era per nulla rivolta a lui.

Mattia si poggiò una mano sul viso, dal lato del finestrino cercando di non essere visto in quelle condizioni pietose dal diciassettenne dietro di loro, e guardò la strada.

«Bene.»
Si schiarì la voce. «Bene, sì.»

«Matematica ti ha chiamato?»

Ricordava addirittura gli avesse detto che aveva l'interrogazione di matematica?

Annuì distrattamente, mentre fissava quella mano sulla sua gamba.

Non era la prima volta che la mano del moro finisse lì.

Ma era la prima volta che quella presa fosse così ferrea senza stringere, e non dolce come suo solito.

Emanava possessività.

Si morse il labbro.

«Sì, è andata bene ma ancora non so il voto.»

«L'importante é che é andata bene.»

Lo rassicurò Christian.

«Anche a me é andata bene.»
Parlò Francesco, perché il "nuovo arrivato"  non poteva permettersi di far sentire lui, l'ormai impiegato statale della vita di Mattia, un terzo incomodo.
Fra lui e Mattia era Christian il terzo incomodo.
«Mi ha chiamato filosofia.»

Mattia trattenne una risata, capendo al volo da stupida ventata di gelosia dell'altro, e si voltò verso di lui.
«E?»

«Niente, mi ha fatto qualche domanda ma deve finire l'interrogazione.»

«Ua, che palle così.»

«Eh infatti.»
Guardò la strada. «Gira a destra.»

Christian fece come detto.

«E a te invece...?»
Domandò Mattia, con un tono completamente diverso da quello usato con Francesco.
Come fosse non sapeva nemmeno lui descriverlo.
«Com'è andata la giornata?»

«Normale, ho accompagnato Alex a prendersi il telefono nuovo.»

«Perchè, quello di prima non funzionava più?»
Domandò, facendo scendere una mano su quella che l'altro aveva sulla sua coscia, prendendo ad accarezzarla.

«Non so come facesse ancora ad accendersi.»
Sbuffò divertito, prima di lasciare la presa sulla sua gamba per rivolgere il palmo della mano destra verso l'alto.

Mattia sorrise, unendo le loro mani ed intrecciando le dita, prima di guardare timidamente il ragazzo dietro di loro.

E lui, tranquillo come se fosse un bambino nella macchina dei suoi genitori, fissava la strada.

Ma Mattia sapeva che appena tornato a casa gli avrebbe intasato il telefono.

«Alex, quello della festa, dovresti conoscerlo.»
Disse Mattia.

Francesco alzò le spalle.
«Non ricordo tutti gli amici che portano gli altri.»
Disse sincero. «Specialmente quelli calmi.»

Mattia lo fissò.

Christian lo guardò dallo specchietto retrovisore.

Era una frecciatina?

«Sì, Alex é un tipo decisamente calmo.»

Parlò il guidatore senza problemi, e il biondo strinse la presa che aveva sulla sua mano.

Ormai era inutile giocare e fare gli stupidi.

«Chri, zitto che mi ci sono volute ore per farmi scusare.»
Lo rimproverò, riferendosi a quando erano finiti per farlo nel bagno della casa del suo migliore amico, prima di sentire Francesco mettersi a ridere.

Christian accennò un sorrisino, prima di voltarsi nella sua direzione, e poi tornare di nuovo a guardare la strada.

«Gira a sinistra.»
Disse Francesco.

Il diciannovenne fece come detto.

«Senti Christian...»
Incominciò il migliore amico del biondo, prima di appoggiarsi con le braccia sugli schienali dei sedili anteriori.

Mattia si voltò verso di lui.
«Francesco, non lo mettere in imbarazzo.»

«No, vai, dici.»
Disse tranquillo il moro.

Anzi, forse un pelino aggressivo.

«Tu lo sai cosa ti sto lasciando, vero?»

«Oh mio Dio.»
Mattia si poggiò una mano sulla fronte.

«Sai che per me é una grande fatica saperlo solo con te?»

«E perchè dovrebbe?»
Alzò un sopracciglio il guidatore.

«Perchè è il mio migliore amico, mi sembra ovvio.»

Christian fece uscire una risatina, guardando la strada.
«Solo "migliore amico"?»
Lo guardò dallo specchietto retrovisore. «Lui é il mio, a 360 gradi.»
Disse tranquillo, guardando la strada. «Quindi non c'é motivo di essere gelosi.»

Due bambini.

Due.

Fottutissimi.

Bambini.

Mattia chiuse gli occhi, cercando di non ascoltare quei due mocciosi che se lo stavano contendendo come se fosse un pupazzo.

«Non ne sarei così tanto sicuro, io lo conosco da molto più tempo.»

«Io lo conosco molto più a fondo.»

«Ma la vogliamo finire?»
Se ne uscì Mattia, imbarazzato perché sapeva dove sarebbe andata a finire quella conversazione se avesse lasciato ai due la possibilità di continuare.

Christian e Francesco si misero a ridere sotto i baffi, prima che il più grande riconoscesse la strada della villa dell'ospite e senza indicazioni lo accompagnasse a casa.

Quando arrivarono davanti casa sua, sostò.

Francesco prese lo zaino che in precedenza si era tolto di dosso.
«Mi ha fatto piacere -più o meno- conoscerti, Christian.»

«Mi fa piacere.»
Sorrise cordiale.

Il castano lo guardò, aspettandosi un ricambio, un "anche a me ha fatto piacere" o qualcosa del genere, e invece no.

Si voltò verso Mattia.
«Fa sempre così?»

«Sì, diciamo che per fargli ammettere ad alta voce qualcosa ci vogliono sette camice, ma gli stai simpatico.»
Sorrise, sporgendosi per guardarlo.

Christian non ribattè.

Francesco si mise a ridere, prima di aprire la portiera della macchina.
«Non state troppo vicini, mi raccomando. E Christian, non lo toccare troppo.»

«Dovevi dirmelo prima.»
Tenne la mano sul volante ed alzò un sopracciglio insieme ad un angolo della bocca, senza nemmeno voltarsi per guardarlo.

«Ue, ti prego Francesco, scendi da questa macchina.»

«Mi sta sfidando a rimanere.»

«Ma che ti sta sfidando, scendi e muov-.»

«Se rimani credi che mi trattengo dal fare quello che voglio?»
Domandò voltandosi verso di lui.

«Immagino di sì, dato che fuori scuola nemmeno l'hai salutato.»

Mattia cercò di farsi minuscolo sul sedile.

Sentiva le guance andare in fiamme.

Amava Francesco con tutto il suo cuore, lo amava in una maniera in cui avrebbe amato un fratello, eppure a volte avrebbe preferito che non facesse caso ad ogni minimo particolare.

Perché Mattia ne aveva parlato al suo migliore amico dei dubbi e delle incertezze sul rapporto strano che avevano, e gli aveva parlato anche del fatto che non avesse mai idea di come mettere l'argomento in mezzo senza mettere ansia all'altro.

E così, ci aveva pensato lui.

Christian lo guardò stupito per qualche secondo, prima di rispondere.

«Non posso prendere iniziativa senza sapere se Mattia vuole.»

«E che ci vuole, chiediglielo.»

Il moro lo guardò, prima di voltarsi verso il ragazzo dagli occhi azzurri, che però li teneva puntati verso il basso.

«Tu lo vuoi?»

Mattia sentì il cuore perdere un battito.

Lo voleva?

Che cosa?

Che lo baciasse davanti a tutti, che gli stringesse i fianchi in quel modo che lo facevano sentire speciale, che lo guardasse e gli parlasse come facevano quando erano soli?

E c'era pure da chiederlo?

Il riccio alzò le spalle, senza saper bene come formulare la risposta, e si guardò le ginocchia.

«Se tu lo vuoi...»

Mormorò, perché la verità era che se anche fosse stato contrario, se Christian lo voleva, lo avrebbe fatto per lui.

Era importante la sua volontà.

Il moro fece una smorfia con il naso, perché avrebbe preferito che a dirglielo fosse Mattia stesso, e non un tizio conosciuto da appena dieci minuti, ma non disse niente.

Forse non era il momento dei rimproveri.

Guardò Francesco, forse aspettandosi che lui scendesse dalla macchina prima di fare qualcosa, ma quello rimaneva lì, a fissarlo, e quando i loro occhi si incrociarono gli fece segno di baciarlo.

Stefanelli corrugò la fronte.

Mica aveva bisogno di uno che gli dicesse cosa fare, lui aspettava solo di avere un po' di privacy.

Ma fregandosene di terze persone, lasciò la mano di Mattia, poggiando una mano sulla sua coscia destra e l'altra sullo schienale del suo sedile e, sporgendosi in avanti, ridusse le distanze fra i loro visi.

Mattia teneva lo sguardo basso, perché lui voleva tremendamente essere baciato in pubblico da lui, ma ora si accorgeva di quanto fosse imbarazzante tutta quella situazione.

«La mia domanda era un'altra, Mattia.»

Sussurrò sulle sue labbra, creando un'atmosfera diversa, una di quelle che fecero venire le farfalle allo stomaco al più basso, come se quel momento non lo stessero condividendo con qualcun altro.

«Rispondimi.»

Il riccio si strinse nelle spalle, poi prese coraggio e poggiò la testa sul sedile, incrociando i suoi occhi.

«É ovvio che lo voglio, Chri...»

Sussurrò imbarazzato.

«Cosa vuoi?»

Francesco poggiò la schiena sul sedile, iniziando a farsi vento con la mano.
Accidenti che tensione sessuale.

«Voglio che tu faccia vedere a tutti che io sono diverso per te.»

«Quindi volevi che ti baciassi fuori scuola, davanti a tutti i tuoi amici?»

«Non mi far scendere nei particolari e dire cosa vorrei tu mi facessi davanti ai miei amici.»
Sussurrò per farsi sentire solo da lui, prima di poggiare una mano sulla spalla dell'altro e farlo leggermente più distante da sè.
«Fra', io credo che tu ora possa scendere.»

«Io in veritá stavo aspettando un bacio.»

«Magari la prossima volta.»
Si voltò per guardarlo, per ringraziarlo di tutto, ma per dirgli che ora poteva bastare.

Il castano colse al volo il messaggio dell'altro e annuì velocemente.
«Ciao, e grazie mille per il passaggio.»
Mormorò, prima di scendere dalla macchina e chiudersi la portiera alle sue spalle.

Cacciò le chiavi di casa ed aprì il portone.

Mattia si voltò verso il più grande, ritornando nella posizione di prima.

Christian si riavvicinò.
«Serviva lui per dirmi cosa volevi?»

«Servivano parole per dirti cosa volevo?»

Il moro lo guardò per qualche secondo in quegli occhi così azzurri, nelle pupille così dilatate, nello sguardo felino così dannatamente attraente.

«Non posso andare sempre ad intuito.»

«Sicuro?»
Sussurrò, cambiando completamente tono.

Fece salire una mano sul suo braccio, sul sinistro, fino ad arrivare alla sua nuca, che risalì infilando le dita all'interno delle ciocche di capelli.

Christian fece finire lo sguardo sulle sue labbra, mentre il cuore iniziava ad uscirgli fuori dal petto.

Lo guardò, e senza aggiungere altro, unì le loro labbra.

Sentì Mattia mugolare all'interno del bacio, prima di poggiare la mano, quella sinistra, sul suo collo, facendolo allontanare.

Si leccò le labbra, prima di sorridergli.

«Andiamo in un posto più isolato.»

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