Aspetterò.

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Sto pubblicando questo capitolo nella probabilmente più brutta giornata scolastica che passerò: quindi probabilmente solo alle due prenderò il telefono per risollevare il mio umore (sperando che non ce ne sia bisogno.)

Buona lettura❤

Se qualcuno avesse chiesto al Christian di qualche tempo fa quale fosse il suo momento preferito della giornata, lui avrebbe risposto con una certa nota di sicurezza che era la notte, ma in quel periodo stava iniziando a dubitarne; ora nel podio si stava aggiungendo un nuovo momento: il pomeriggio.

I caldi pomeriggi di primavera, dove all'ombra geli e al sole i raggi ti riscaldano la poca pelle che lasci esposta; quelli dove il cielo é terso e pronto a darti il buonumore. E con più precisione amava quei pomeriggi dove il suo paesino non era abituato ad essere illuminato per un orario che superava le cinque, e amava quando il cielo accoglieva poche nuvole dal colore rosato, mentre il sole era prossimo al tramonto e a quel pomeriggio si aggiungeva l'aggettivo "tardo."

E ogni volta che si ritrovava a guardare il cielo in quello stato, che fosse fuori casa a fare la spesa, che fosse in macchina per andare a lavoro o per tornarci, che fosse sull'autobus per andare in centro, che fosse con i suoi amici o che camminasse semplicemente per strada, pensava a Mattia.

E quella volta non era diverso; si era ritrovato a guidare verso l'abitazione Zenzola, perché avrebbe dovuto accompagnare il più piccolo in un posto, probabilmente da un amico, su richiesta dei genitori.

Come sempre Christian aveva accettato, anche se aveva una strana ansia al pensiero che sarebbero rimasti soli in una macchina, dopo aver passato l'intero pomeriggio di appena tre giorni prima sul letto del più basso a farsi le coccole a vicenda.

...

Sì, coccole.

Si erano letteralmente accarezzati tutto il tempo in un silenzio tombale; Christian non aveva avuto voglia di parlare, anche perché parlare di se stesso non gli veniva per niente bene e poi non si sentiva nemmeno pronto, e dall'altra parte Mattia non era sembrato per nulla intenzionato a costringerlo.

Quindi erano finiti per farsi le carezze sulla schiena, fra i capelli e sulle guance.

Un pomeriggio tranquillo, a detta di molti.

Beh, tranquillo un cazzo.
Il cuore di Christian non era stato buono e calmo per un solo misero secondo; le sue mani non avevano mai avuto così tanta voglia di sfiorare la pelle di qualcuno per così tanto tempo con così poca malizia e il suo respiro aveva iniziato a fargli seri scherzi. Forse avevano passato due ore in quella posizione se non di più; eppure il moro non aveva sentito nemmeno una briciola di sonno, né di stanchezza e né di altro; era concentrato sull'altro e basta.

E dopo quel pomeriggio il loro rapporto era un pelino migliorato; se si incrociavano in mezzo ai corridoi, Mattia gli faceva un piccolo sorriso seguito da un occhiolino, e Christian come il bravo sottone che aveva capito da poco essere, lo fissava con la bocca aperta e quando lo superava, si girava pure a guardarlo.

Per poco non si era fatto beccare dal padre del biondo, per colpa di questo.

E in quel momento si ritrovava seduto al tavolo della cucina della casa in cui lavorava; i genitori del diciassettenne lo avevano invitato ad entrare a sedersi, dato che il figlio ancora doveva essere pronto e Christian aveva accettato.

Anche perché non era la prima volta che accadeva, e non poteva tirarsi indietro così d'improvviso.

E mentre la signora preparava il caffè, il marito era seduto di fronte a lui.

In quel momento stava scherzando con la moglie prendendola in giro su quanto suo figlio le somigliasse, dato che ci metteva sempre più di un'ora per prepararsi, e fu in quel momento che Christian realizzò.

Come le Maschere di Pirandello. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora