PATENTE E LIBRETTO, SIGNORINA.

Oleh GoldSkyAtNight

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«Scott... posso assaggiare?» «Io sono più dolce.» «Mi avevi promesso fragole fresche.» «Siamo fuori stagione... Lebih Banyak

1. Blinding Lights
2. Stiamo scherzando?
3. Mutanda Party
4. Pecorelle
5. In filo veritas
6. Paghi uno, prendi due
7. Labbra amare
8. Voce del verbo essere malinconici
9. Fashion blogger
10. Medusina
11. Maledetto vino (½)
12. Maledetto vino
13. YOLO
14. Ogni riccio un capriccio
15. Questione di lingua
16. Fragole fresche
17. Sabbia nel reggiseno
18. Vuoi assaggiarlo?
19. Questo ora è mio
20. Damiano Carrara direbbe sciangommoso
21. Oggi sei a digiuno, Amanda
22. Sadness is a blessing
23. Ops, i did it again
24. Hotter than hell
25. Sweet Candy
26. Tutta colpa del cameraman
27. Paranoia
28. La prima volta di ogni cosa
29. We hold the key of the night
30. Poisoned youth
31. Terza stella a destra
32. Courage
33. To be or not to be
34. Nuvole bianche
35. In grassetto e corsivo
36. Sdentato il drago
37. Eclipse
38. Buongiorno una banana!
39. Mordo come un lupo
40. Sì, Signor Agente
41. Locked Out of Heaven
42. Salse piccanti per lingue taglienti
43. ABCDEF U
44. Keep slowing your heart down
45. Come un proiettile che lascia il segno
46. You are so bad, my strawberry boy
47. Un buon kanelbulle non ha mai tolto di mezzo nessuno
48. Answer the phone. Amanda, you're no good alone
49. Answer the phone. Scott, you're no good alone
51. This is the very, very last time I'm ever going to
52. Centimetri che contiamo con righelli di chi in matematica aveva quattro
53. Facing tempests of dust, I'll fight until the end
54. Amor, ch'a nullo amato amar perdona
55. Juliet to your Romeo
56. Darling, all of the city lights never shine as bright as your eyes
57. Half love, half regret (½)
58. Half love, half regret
59. Vieni, posa la testa sul mio petto, ed io t'acquieterò con baci e baci
60. Ti volterai senza vedermi, ma io sarò lì

50. Crema solare persino sul cuore

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Oleh GoldSkyAtNight

La luce cauta ma spigolosa del mattino preme sui miei occhi per un tempo che sembra sufficientemente lungo.
Li schiudo appena, sentendoli bruciare.
Mi prendo un'altra manciata di minuti prima di aprirli definitivamente, per trovarmi davanti il muro con all'angolo una pianta finta.

Sbadiglio, scostandomi distrattamente i capelli dal viso. Allungo il braccio, tastando l'altra parte del letto, sopra e sotto le coperte.
Due o tre volte, poi di nuovo.

È vuota.

Mi volto di scatto, provocandomi un giramento di testa. Scott non c'è.
Il cuore prende a battere spaventosamente forte, colorandomi le guance di rosso e le pupille di nero.

Mi metto bruscamente seduta. Strizzo le meningi per cercare di far funzionare il cervello ancora assonnato.
Passano alcuni minuti prima di ricordare, quindi riprendo a calmarmi.

Sono scene sfocate, confuse. Non so esattamente come mi facciano sentire o cosa dovrei pensare.

In casa non si sente alcun rumore. Me ne accorgo subito, accertandomene con calma prima di alzarmi dal letto ed andare in bagno.

Dov'è andato? Da quant'è che è sveglio?
Non ha lasciato nemmeno un messaggio o fatto uno squillo. Mi sembra strano non averlo sentito alzarsi.

La casa è così silenziosa da farmi quasi paura.
Mi preparo la colazione, restando seduta ad un tavolo troppo grande per una sola persona.
Mangio in silenzio, sentendo lo stomaco chiudersi ad ogni boccone.

L'orologio sembra essere fermo. Forse si sono rotte le pile.
Lo guardo per tutto il tempo, alternando lo sguardo al telefono, che non squilla nemmeno per sbaglio. Trattengo l'impulso di mandargli un messaggio. Non voglio essere opprimente.

Sto lavando i piatti, quando la porta di casa si apre all'improvviso, prendendomi alla sprovvista.

È proprio Scott ad entrare. Indossa soltanto il costume da bagno e le scarpe da ginnastica.
La pelle è tremendamente sudata e i capelli scompigliati sul viso grondante. Ha il respiro affannato, cammina lentamente.

Anche lui sembra sorpreso di rivedermi.
Forse pensava che mi sarei rinchiusa in camera per tutto il resto della vacanza. Avrei di certo potuto farlo, ma non è da me.

Distolgo lo sguardo, indecisa, quando si avvicina di alcuni passi. Il profumo di sudore e bagnoschiuma mi fa arricciare il naso. Percepisco, in aggiunta, un sentore amaro di salsedine.

«Ciao» sussurra con affanno, «Sono andato a correre. Volevo dirtelo, ma stavi dormendo profondamente. Mi è dispiaciuto svegliarti, scusami».

Mi rilasso immediatamente, dandomi perfino della stupida per essermi preoccupata tanto.
Lui non è una persona che sparisce e non si fa più sentire. Mi era sembrato strano, ma pur sempre non impossibile.

Annuisco, «Non c'è problema».

Mi lascia i miei spazi, senza provare ad avvicinarsi bruscamente o portarmi vicina.
Ora come ora, lo respingerei. Quello che è successo ieri me lo porto ancora sulla pelle.
Vorrei non doverci più pensare o riuscire a far finta di nulla, ma non ci riesco, specialmente quando siamo così vicini, e pretendere che tra di noi sia tutto a posto sarebbe sleale, nonché infantile.

Devo essere io a schiodarmi per prima. Se lui insistesse, mi allontanerei ancora di più.
Quindi restiamo una di fronte all'altro, a fissarci con un po' di imbarazzo immaturo.

«Vado a farmi una doccia» avvisa, sparendo nel corridoio ancora prima che possa rispondere.

Vale tutto quello che ho pensato prima, eppure il mio cuore è più tranquillo al saperlo a casa con me, ma ingiustamente triste nel sentirlo così distante.

So che non vorrebbe esserlo, lo sta facendo per me. Allora perché non mi va bene?
Sono così contraddetta da me stessa.

Nei lunghi minuti in cui resto ad aspettarlo con le mani in mano, mi fingo impegnata, sistemando stoviglie che nemmeno ho usato.

Non credo di sapere realmente come dovrei comportarmi.
Il mio cuore vuole una cosa e la testa un'altra.
Non voglio rovinare la vacanza, bruciare il nostro tempo insieme, ma ciò che è successo ieri per me non è stato sciocco o superficiale e vorrei che lo capisse davvero.

Per come sono fatta io, per il mio carattere o perfino orgoglio, non riesco a fingere un sorriso e comportarmi come ho sempre fatto.

Se sono ferita, si vede. A notarlo sono soprattutto le persone che mi stanno vicine, perché il mio comportamento cambia, perfino il modo di pormi in qualsiasi situazione.

Ho bisogno del mio tempo. Solo così questo sentimento potrà andarsene via. Se lo forzassi, rischierei di romperlo.

Eppure, è difficile, perché la voglia di stare insieme a lui non è per nulla sparita.
Mi basta anche soltanto essere nella stessa stanza. Non dobbiamo per forza parlare o fare qualcosa in particolare.

Possiamo soltanto stare insieme.
Sento che è abbastanza per farmi stare meglio.

Quando fa ritorno dal bagno, indossa dei vestiti puliti. I capelli sono umidi, appiccicati ai lati della testa, alcuni coprono le sopracciglia folte.
Regge un asciugamano verde nella mano, lo usa per spazzolare le ultime ciocche, tamponarle.

Lo osservo in silenzio, incrociando le braccia dietro la schiena, mentre i piedi nudi giocano con il pavimento freddo.
Si ferma davanti al mio corpo, ad alcuni metri di distanza. Resta a guardarmi a lungo, dopodiché distoglie lo sguardo.
Tuttavia, è il modo in cui lo fa a colpirmi dritta allo sterno: diretto e intenso, con una punta di timidezza.

Ci penso per un tempo che sembra infinito, poi decido di provarci, anche se non so come andrà a finire.

«Hai fatto colazione?» domando, aprendo il frigorifero pieno.

Dargli le spalle rende la conversazione più facile. I suoi occhi sono troppo profondi per essere guardati con un cuore come il mio.

«Ecco, in verità...» parla incerto, «No».

Annuisco flebile, continuando a guardare il frigorifero pieno, «Cosa vuoi che ti prepari?».

Si schiarisce la gola con un colpo di tosse, «Qualunque cosa va bene» sussurra, «Grazie».

Annuisco, estraendo il vasetto di marmellata e il burro d'arachidi. Non li abbiamo ancora aperti.

Lui mi aspetta in silenzio, seduto dove poco prima ero io, mentre gli preparo un sandwich e del latte freddo.

Questa quiete è strana. Astratta, quasi estranea. Al suo interno si cela un caos di parole che potrebbe spazzare via libri interi, anche quelli mai scritti o nascosti.
Tuttavia, le nostre bocche sono cucite ma gli sguardi... quelli valgono più di mille pagine.

«Grazie» ripete, quando gli poggio la colazione sotto il naso.

«Figurati» soffio, sedendomi di fronte a lui, sullo sgabello poco più a sinistra.

Mi sembra di trovarmi nei panni della mogliettina perfetta. Non mi piace. Vorrei poter sentirmi di nuovo "libera".

Prendo a guardarlo di soppiatto. La pelle delle guance è leggermente arrossata, così come la punta del naso. Deve essersi scordato di mettersi la crema solare.
Glielo dico tutte le volte.

Uno strato velato di barba gli copre il mento, anche parte della mandibola asciutta.
Le ossa frastagliate che si diramano fino ad incontrarsi nell'incavo sotto alle orecchie si increspano ad ogni masticazione che compie, facendole sembrare rapide e rabbiose.
Però, l'espressione sembra rilassata, assorta in chissà quale pensiero.

Mangia con gusto, leccandosi le labbra ogni volta che la marmellata si accumula agli angoli della bocca carnosa, rischiando di sporcargli la guancia. Gli occhi sono bassi, nascosti dietro le ciglia folte.

Averlo così vicino mette a nudo le piccole e quasi trasparenti lentiggini che gli cospargono il viso di un colore aranciato, probabilmente dovute al sole intenso preso in questi giorni.

Non ci avevo mai fatto caso.

Deglutisco rapidamente, schiudendo le labbra, ma proprio quando pronuncio le prime lettere di una qualsiasi parola, anche lui parla, quindi ci ritroviamo a non aver capito nulla e a guardarci con un sorriso imbarazzato.

Non esita, «Vai prima tu» dichiara solenne.

Porto una ciocca dietro l'orecchio, abbassando lo sguardo.
«Ecco... mi stavo chiedendo a che ora fossi uscito di casa».

Intavolare una normale conversazione mi sembra un buon modo per sciogliere il ghiaccio.

«Per le sette. Stava salendo l'alba».

«È piuttosto presto...» mi lascio sfuggire stupidamente.

«Non sono per nulla stanco» si affretta a dire, «Cosa hai voglia di fare oggi? Potremmo andare in quel parco di cui mi hai parlato, oppure fare un giro in città. O magari andare in spiaggia e basta».

Boccheggio, sentendomi confusa e stranamente sopraffatta, inconsciamente.
Ci sta provando. Si sta sforzando, lo percepisco. Ieri notte me lo ha promesso: avrebbe fatto di tutto per rendermi felice e non rovinare la vacanza.

Io mi sento da meno. Lo capisco benissimo di essere quella difficile, che probabilmente sta spazzando via tutto quanto.
Però è difficile, davvero.
Non riesco a capire se assecondarlo, facendo finta che non sia successo nulla, oppure rimanerne fuori.

Che cosa dovrei dire? Che cosa dovrei fare?

Continua a guardarmi in cerca di una risposta che spera essere tanto entusiasta quanto la proposta, ma non è così.
Mi dispiace. Vorrei fosse diverso.

«Mhm» annuisco banalmente, «Mi sembra una buona idea».

Non mi dimostra palesemente la sua delusione in queste mie parole. La nasconde bene, sotto le emozioni degli occhi e le trazioni del viso.
Io, però, la sento comunque. Mi mangia lo stomaco anche se sul suo viso cristallino si dipinge un mezzo sorriso e le rughette degli occhi si increspano in un gesto dolce.

Non posso essere così fredda. Sono una pessima persona. Lui è gentile, nonostante tutto quello che ci siamo detti e abbiamo fatto uno contro l'altra.

Per cui mi affretto a parlare, a dire altro: «La spiaggia, se per te va bene. Non ho tanta voglia di camminare».

Mi emoziono. Sento lo sfarfallio nello stomaco nel vedere la sua espressione mutare totalmente. Se prima non ero riuscita a vederla, ora ce l'ho di fronte con chiarezza la sua voglia di passare insieme ogni istante di questa giornata.

E questa voglia si sta inginocchiando al mio cospetto per convincermi a fare lo stesso.
Non lo nascondo.
Esito, lo faccio molte volte, dopodiché accetto, con i miei termini e le mie condizioni.
Poso a terra soltanto un ginocchio, restando ad una altezza che è di un sospiro in più rispetto alla sua.

Questa è la mia conquista, il mio cavallo di battaglia.

«Che costume metterai oggi?» domanda dolcemente, sparecchiando il tavolo.

«Quello bianco» gli lancio una breve occhiata, «Con le balze».

Annuisce, sorridendo di nascosto. Forse più del dovuto. Ci avviamo entrambi verso il corridoio, temporeggiando ad ogni passo.

Mi fermo davanti alla porta socchiusa della camera, «Vado a cambiarmi».

«D'accordo. Ti aspetto sul portico».

Non nascondo di essermi rifugiata in stanza per dei buoni dieci minuti, prima di decidermi a tornare da lui.
Mi è anche passata per la testa la malsana idea di cambiare costume e fargli un torto implicitamente, ma alla fine ho ceduto.

Conosco alla perfezione l'effetto che ci facciamo a vicenda, perché lui resta a guardarmi con le labbra schiuse mentre cammino nella sua direzione con soltanto il bikini addosso e i capelli sciolti impetuosi.

C'è la porta finestra in vetro a dividerci, eppure riesco a percepire l'odore di fumo come se fossi io ad inspirare la sua sigaretta.
La stringe forte tra le dita, nonostante il calore cocente della cenere gli finisca sulla pelle a causa del vento.

È in piedi, il corpo teso e la testa leggermente chinata, per studiarmi da una prospettiva diversa. Gli occhi verdi sono ben schiusi, focalizzati sulla mia carne scoperta, più morbida in alcuni punti e tagliente in altri.

Mi sento scompigliare la testa quando afferro la maniglia, abbassandola verso il basso con un rumore fastidioso.
Improvvisamente, i suoni dell'esterno mi sovrastano, facendomi quasi indietreggiare.
Il silenzio mi aveva accompagnata per quasi un giorno intero, affiancato soltanto dal suono della sua voce.

L'ho sognato. Tutta la notte.

Deglutisce non appena mi avvicino, forse troppo e decisamente bruscamente per il limite che ci siamo imposti.

Sento le vene del polso intrecciarsi dolorosamente quando allungo la mano, in direzione del suo viso.

È un attimo, basta un solo gesto, e gli strappo via la sigaretta, prima appoggiata al bordo delle labbra umide. Alla base, con il pollice, riesco a sentirci sopra la saliva dolce.

Distolgo lo sguardo, allontanandomi piano.
«Dovresti smetterla per oggi» faccio un tiro lungo, «Hai finito un pacchetto intero in una sola notte».

Non è un rimprovero. Solo una considerazione.

Il centro del mio petto brucia pesantemente, così come la gola. Non sono più abituata.

«Hai ragione» ammette, in ritardo rispetto al tempo di base di una risposta, «È un vizio, forse l'unico modo per riuscirci».

Aggrotto le sopracciglia, «A fare cosa?».

«Allontanarmi da te per una ragione».

Stavo camminando, ma mi ritrovo con i piedi pesanti e le gambe bloccate. Devo fermarmi, prendere un respiro e cercare di fermare la testa che gira.

Il fumo passivo non è l'oggetto di questa conversazione. C'è ben altro nascosto.

«Oggi non lo farai più, non toccherai più una sigaretta» proclamo, «D'accordo?».

«Sì».

Mi ritrovo ad annuire anche io, quindi la butto nel posacenere, lasciandola bruciare per metà, sola e ancora giovane.

Afferro il mio telo messo ad asciugare, dopodiché scendo gli scalini in legno, pronta a godermi l'ultimo giorno di spiaggia privata.

Scott è alle mie spalle, attento come un segugio. Avviciniamo di poco i nostri lettini, piazzandoci con soltanto il viso sotto l'ombra.
Mi sdraio a pancia in giù, mentre lui rimane in piedi a mettersi la crema solare.

«Posso?» domanda cauto, quando ha finito.

Annuisco, chiudendo gli occhi per non dover essere obbligata a guardarlo così da vicino.
Abbasso persino gli occhiali da sole, nascondendomi.
Lo sento piegarsi sul mio esile corpo, farmi ombra. Giuro di poter contare alla rovescia i secondi che mi separano dal sentire le sue mani sul mio corpo.

Eppure, anche se dovrei aspettarmelo, quando il palmo calloso tocca la base scoperta della mia schiena, non posso fare altro che sussultare e stringere forte le mani.
La crema è tiepida, ma pare gelata. La spalma con cura, componendo dei cerchi imperfetti e delle forme bizzarre.
Le dita lunghe massaggiano i miei muscoli in una maniera che mi fa quasi mugugnare, seppur sia ingenua.
È bravo a usare le mani. Lo sa.

Mi cosparge di crema anche le scapole, poi le gambe e le spalle. Arriva persino alle caviglie, anche al collo e alla parte interna dei bicipiti.
Non segue un ordine preciso. Si spinge dove vuole lui. Non si ferma per svariati minuti.

Socchiudo un occhio, senza riuscire a trattenere l'impulso di guardarlo.

Il suo bel viso mi compare proprio davanti, incorniciato dalla forte luce che a causa delle lenti color caramello sembra essere più scura.

Forse non si accorge del mio sguardo, forse sì.
È attento e delicato. La punta della lingua spunta appena fuori dalle labbra. Le colora di una tonalità più rossa.

Le sopracciglia folte e curate sono lievemente aggrottate, formano uno spazio vacuo sulla fronte, raggrinzito e infantile.

I riccioli umidi dal sudore e dalla salsedine rimbalzano sotto ciascun colpo di vento che il mare si porta dietro, impigliandosi ad ogni spigolo che trovano: dietro le orecchie, tra le ciglia.

Il naso sottile ma imponente sembra essere il pendio di una montagna, su cui il mio indice vorrebbe scendere in picchiata, fino a posarsi sulla punta arrotondata.

Ho la gola tersa, ma tremendamente secca. Non riuscirei a deglutire nemmeno se ci provassi con tutte le mie forze.

Davvero abbiamo litigato ieri sera? Perché?
Non è per nulla da noi. Che cosa è successo?

Ancora prima che la mia mente riesca a formulare altre domande, lui cinge con la mano il mio braccio, scorrendo liquidamente verso il basso.
Si china in avanti, piantando saldi i piedi nella sabbia rovente.

Sporge il mento e bacia il mio polso, proprio nel punto in cui il rossore è ancora visibile. Non gli importa della crema cosparsa su di esso, nemmeno quando gli sporca le labbra di bianco, rendendole ancora più lucenti e gonfie.

È un singolo bacio, lungo e profondo. Pesante e delicato. Prudente e fuori controllo.

Un bacio, solo uno, è in grado di accendere in me un fuoco che non potrebbe essere paragonato a quello di due pezzi di legno che bruciano. Questa è pura malia. Innaturale.

Poi alza lo sguardo e i nostri occhi si scontrano.
Anche se non può vedermi con chiarezza a causa degli occhiali, la sua profondità non si lascia intimidire e scava nella mia anima con una veemenza furiosa.

Mi sento tremare, anche se sono sicura che i miei muscoli non si stiano muovendo di un millimetro.

Orchestra le labbra, «Ti amo».

La lingua gli rotola sul palato, muovendosi insieme al pomo, «Tanto. Tantissimo».

Riempie la voragine che ha appena creato con un sentore che profuma di rose. Mi avvolge dall'interno, solleticandomi le pareti del cuore, che inizia ad agitarsi irrequieto.

Sento tantissimo, ma non potrei spiegarlo a me stessa. Ed è una sensazione così immediata e breve, da sembrarmi non essere mai nata.

Sono sicura di una cosa: è diversa.
Mischiata ad astrazioni che sarebbe inutile cercare sul vocabolario, perché mi sono totalmente sconosciute e distanti.

Quando credo di avere controllo sul mio corpo, questo mi tradisce, comportandosi a modo suo, in una maniera che dalla testa sarebbe inaccettabile, se fosse in grado di giudicare.

Mobilito due dita, rispettivamente l'indice e il medio. Lui mi sta ancora abbracciando il polso, quando io lo curvo per riuscire ad accarezzargli malamente ma con affetto velato la pelle del dorso della mano, scivolosa e calda.

Faccio fatica e il mio gesto si sente appena, ma deve essere abbastanza per lui, che illumina gli occhi di sole e si lascia toccare in silenzio.

L'amore non sparisce nemmeno quando si è arrabbiati o delusi. Il mio sentimento per lui è ancora presente, credo lo resterà per sempre.
Scott non è qualcuno facile da estirpare dal proprio cuore.
Ha radici ben piantate nella mia anima.

La distanza sta soltanto nelle parole e nei tocchi, più meccanici e pensati.
Ci vuole tempo per tornare alla scioltezza.

«Sei la cosa più importante che ho» si avvicina al mio viso, continuando a guardarmi dritto negli occhi, «Lo sai, vero?».

Annuisco, sospirando attraverso le labbra schiuse. Il mio soffio viene risucchiato dal suo.

«Non dimenticarlo, per favore» supplica, forzando un sorriso che fatica a spuntare.

Questa situazione fa male anche a lui, lo vedo chiaramente. Sta cercando di essere quello forte, ma so che non è tranquillo e che, come me, vorrebbe cancellare totalmente ieri sera dalla nostra storia.
Vorrei anche io che non fosse mai accaduta.
Tuttavia, certe rare volte, il passato è il prologo del presente e può facilmente iniziare qualcosa da capo.

Mi sento di dire anche solo una parola, di rassicurarlo: «Non lo farò».

Sembra sollevato, perché le spalle prima tese, si rilassano visibilmente, facendogli cambiare postura.

Sbatto le ciglia e quando le riapro, lui è vicinissimo al mio viso. Il suo mento mi sfiora quasi il naso, il volto immerso nei miei capelli.
Mi prende così alla sprovvista, da farmi indietreggiare timorosamente con il collo, anche se i miei movimenti possibili sono pochi in questa posizione.

Bacia la mia fronte. Preme le labbra piene sulla pelle, graffiandomi con la barba incolta e piuttosto lunga. Ci lascia sopra il marchio tondo e scomposto, accompagnato da un tepore familiare.

Si ritrae con nonchalance, mentre in me è in moto un uragano. Mi sento avvampare e raggelare allo stesso tempo.

«Restiamo a casa stasera, va bene?
Ci possiamo prendere qualcosa da mangiare da asporto» propone, convincente.

Nemmeno io ho particolare voglia di uscire. Per di più, quando mi sento così strana e incontrollabile in sua presenza.

«Sì, restiamo a casa».

Muove il capo con assenso, dopodiché, rimasto a guardarmi per ancora parecchi minuti, si alza, scrocchiando le ginocchia.
Avvicina ancora di più il lettino al mio, senza però essere troppo vicino.

Si sdraia e rimaniamo in silenzio, contemplando il mare.





BUONASERA SCOTTINE 💕
Vi ho lasciate sospese per un bel po' con i precedenti capitoli.
Questo è decisamente più calmo. Diciamo che si respira un'aria diversa tra loro due. Sembra si stiano riappacificando.

In molte siete state "contro" Amanda negli scorsi capitoli, ma spero che adesso abbiate capito meglio il suo punto di vista. 🌟

Presto avremo anche un POV di Scott. Preparatevi perché non sarà una passeggiata.
Ma soprattuto, sarà lungo. 🖤👀

Spero che il capitolo vi sia piaciuto.

A presto.

IG: @thalia.owl_autrice
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