Come le Maschere di Pirandell...

By shin_eline

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Dove Christian non si rende conto di quanto Mattia gli somigli. More

La prima volta 1/2.
La prima volta 2/2.
Chiasso.
Aspetterò.
Sei mio 2/2.
Non andare.
Staccare la spina.
Stupido ego maschile.
Sfortuna, o no?
Paranoie.
Come le Maschere di Pirandello.
Come il sole e le foglie.
In ogni modo.
Amici.
Simili.
Chiamata. 1/2
Chiamata. 2/2
Come il fumo di una sigaretta.
Un po' meno nero.
Rose rosse.
Colazione.
Tornare a casa.
Quando le bugie crollano.
Videochiamata.
Amore.
Ti importa ancora?
Il meglio di me. 1/2
Il meglio di me. 2/2
Un cuore in due.
This Side of Paradise.
La persona adatta.
Uno sporco profumo.
La cosa giusta.
make you mine.
Tra apatia, rabbia e amore.
Un palmo dal cielo.
Mettere in moto.
A pranzo da amici.
Lezioni di ballo.
Prepararsi insieme.
Presentazioni.
Non ci sarebbe stato Universo alcuno.
Mattina.
Non abbiamo età. 1/2
Non abbiamo età. 2/2
Ogni posto ti conosce.
L'aria di famiglia.
Povera mente.
Ogni secondo di più.
Promettimelo.
Nonni. 1/3
Nonni. 2/3
Nonni. 3/3
La banalità del male.
Il bello dell'amico.
Non so se stringerti o lasciarti andare.
Pasta e gelosia.
In a dream, I saw my mother...
Complici.
Complici. 2

Sei mio 1/2.

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By shin_eline

Christian strinse appena i pugni, sentendo al centro del petto quel senso di rabbia crescere.

Non era disagio, né tristezza, né voglia di essere in un qualsiasi altro luogo, ma pura rabbia.

Quella che ti spinge a guardare l'oggetto delle tue frustrazioni senza riuscire a staccare lo sguardo, nonostante probabilmente sarebbe la scelta migliore.

Era lì, impalato, a fissarli senza dire una parola: il biondo che si muoveva divertito, come se la musica gli avesse poggiato le mani sui fianchi e glieli avesse fatti muovere a tempo; quasi come quella scorresse nelle sue vene al posto del sangue, quasi come se fosse nato per farsi trasportare da quelle note. Era lento e sensuale, e in altri contesti il moro si sarebbe soffermato a guardare con il cuore pieno quella scena eterea, ma non riusciva a fare nient'altro che notare il difetto in quel momento: il fatto che Zenzola stava ballando con un altro.

In un angolo della sala, perché sapeva che a Mattia non fregasse un cavolo di farsi notare da altri, l'importante era farsi notare da lui: e si era posizionato proprio davanti a Stefanelli, mentre sorrideva a quel ragazzo che lo guardava come se volesse mangiarselo.

La camicia del biondo sbottonata lasciava ben intravedere il petto, le clavicole, il collo e tutti i luoghi dove fino a qualche tempo prima c'era il suo segno sopra: ma ora non ne rimaneva più niente, e quella la faceva pelle da poter essere marchiata da altri.

Ma qui non si trattava di vestiti, perchè quando era entrato quella stupida casa e lo aveva visto ballare da solo, Christian aveva preso a fissarlo a bocca aperta.

E quello stronzo di Mattia, quando si era accorto della sua presenza, si era fatto vicino a lui solamente per sussurrargli un "mi raccomando, non far entrare le mosche", a discapito di un povero Stefanelli che gli stava già per mettere le mani sui fianchi.

Non capiva ancora perché aveva accettato, perché non poteva farsi i fatti suoi a casa sua.

Era stato invitato, poche ore dopo aver accompagnato il figlio dei signori Zenzola a casa di quel tipo, ad una festa. Lui aveva accettato, perché una festa non si perde mai e lui era da sempre considerato dai suoi amici il re delle feste.

Il problema era che mentre percorreva la strada con i suoi amici in macchina, si era accorto che la strada di prima e quella che si stava apprestando a fare, erano uguali.

Identiche.

Della serie che non c'era nessuna coincidenza, la casa era quella e la festa organizzata al suo interno l'aveva organizzata Mattia -insieme al proprietario di casa, Francesco.-

Si era ritrovato in quella sala immensa, dove ormai non si capiva niente e le luci erano soffuse; la gente urlava e ballava, rideva e beveva, e dubitava che tutte quelle persone superassero la maggiore età.

E tra quelle, vi era il suo biondino.

Il suo biondino che tra l'altro, quando lo aveva visto, non era sembrato affatto sorpreso, a differenza di tutte le sue aspettative.

E aveva preso a comportarsi con lui come faceva sempre; lo stuzzicava se ne aveva voglia, lo guardava quando gli pareva, gli camminava vicino solamente per ricevere attenzioni, e faceva lo stronzo come sempre: l'unica cosa che cambiava, era che evidentemente l'alcol gli dava molto più agio di parlare di ciò di cui non doveva parlare, anche quando letteralmente vicino a loro c'erano altre persone.

Christian inizialmente si era divertito di quel particolare; vedere le facce sconvolte di quelli che ballavano vicino a loro quando il biondo gli diceva che gli mancava saltargli sopra era divertente, ma non quando sta per provocarti un'erezione.

Perciò gli aveva solo detto che forse era meglio non parlarne, che fra meno di un'ora doveva riaccompagnarlo a casa e che doveva anche farsi passare quella sbornia, ma l'altro non l'aveva presa per niente bene.

Si era offeso come se lo avesse messo in discussione o come se gli avesse detto che le sue attenzioni gli facevano schifo, e gli aveva detto testuali parole: "se non mi vuoi tu, vado da altri che sanno apprezzarmi."

Sembrava tanto una battutina e Christian si era chiesto anche chi avrebbe mai "apprezzato" qualcuno in quelle condizioni; nel senso, chi avrebbe mai dato corda a qualcuno che si vedeva lontano un miglio fosse ubriaco.

Non aveva tenuto conto di due cose, però:
-numero uno; a quella festa erano tutti ubriachi marci. Ma letteralmente, non se ne salvava uno: quelli che sedevano sui divani era perché stavano dormendo o che erano stati fatti sedere da qualche amico leggermente più lucido, quindi puntare sulla bontá degli altri non era la strada da intraprendere.
-numero due; il tipo ubriaco non era uno qualsiasi, ma era Mattia Zenzola.

Dubitava che qualcuno si sarebbe perso l'occasione di toccare quel corpo, o di approfittarsene; insomma, lui non era riuscito a resistergli nemmeno da sobrio, come poteva qualcun altro brillo o ubriaco farlo?

E poi Mattia era bello, tremendamente bello, con quella camicia color perla ancor di più; e poi sapeva muoversi, sapeva guardarti, sapeva farti impazzire, sapeva che frasi dire per farti crollare, per non parlare di quelle che riusciva a cacciare quando era ubriaco.

Per questo, appena lo aveva visto andarsene di nuovo in pista era andato da lui cercando di prenderlo e farlo sedere da qualche parte; ma quello se n'era uscito con "se mi tocchi di nuovo ti tiro un calcio nei coglioni."

Christian aveva riso e aveva detto "no, non lo faresti" e rendiamo tutti grazie alla mamma di Christian che lo aveva dotato di grandi riflessi, tanto da fargli bloccare la gamba di Mattia in tempo.

Quella serata si rivelò stressante da ogni punto di vista; Mattia sembrava un bambino di mente ma con la bocca delle peggiori pornostar, e lui non capiva se era meglio tutelarlo o lasciarlo fare e nel caso intervenire solamente se qualcuno se ne fosse davvero approfittato.

Per sbollire la tensione si era fatto qualche drink, eppure non era servito a nulla.

I drink avevano solo ampliato le emozioni, e il fastidio che prima Christian aveva represso per lasciar fare a Mattia quello che voleva, ora era diventato irritazione.

Ed era irritante, terribilmente irritante vederlo ballare in quel modo con qualcun altro: era come se il drink del bicchiere rosso che aveva fra le mani nel scendere lungo la sua gola divenisse acqua, perché lui non sentiva la leggerezza dell'alcol.

Non sentiva la solita euforia che lo faceva essere l'anima della festa, e più volte, i suoi due amici, quelli che lo avevano convinto ad uscire, glielo avevano rinfacciato -prima di perdersi nella folla-.

Gli occhi non si staccavano da quella scena, e la mano non smetteva di stringere quel bicchiere ormai vuoto.

Mattia fece di nuovo contatto visivo con lui, mentre poggiava una mano sulla nuca dell'altro e lo attirava verso di sè, precisamente verso il proprio collo.

Christian sentiva il sangue bollire mentre vedeva che quello non facesse nulla per staccarsi; che seguisse i suoi movimenti come qualche settimana, lui stesso aveva fatto.

Mattia era una tentazione troppo grande, un buon profumo a cui non riesci a resistere, il pettegolezzo che senti di sfuggita e di cui sei tanto curioso da finire per chiedere, il cibo tanto invitante da farti venire meno alla dieta.

Quel ragazzino era qualcosa fuori dal comune, che camminava fra le persone come se fra queste potesse mai mischiarsi, ma la veritá era che come era lui non era nessuno; nessuno aveva quei movimenti, quella sicurezza, quel modo di guardare, quel modo di porsi, quel modo di sorridere, quel modo di saper comandare anche quando non era nelle condizioni di poterlo fare.

Non sapeva cosa ci fosse che attraesse così tanto, ma sapeva che era nell'aria; era come un profumo che riempie la stanza e che spingono tutti i presenti ad odorare silenziosamente quella dolce fragranza, che tutti percepiscono ma nessuno lo dice.

Christian si avvicinò di nuovo al tavolo, prendendo un secondo bicchiere dello stesso drink distrattamente, mentre i suoi occhi non si staccavano dal biondo.

Non sapeva cosa comunicava il suo sguardo, ma nell'aria c'era odore di sfida.

Mattia provoca Christian fin quando non crolla, e quella era una giostra che il moro conosceva a memoria, una trama già vista, un gioco già giocato e a cui aveva già perso.

Ma Stefanelli non aveva intenzione di cedere senza provarci; la poca razionalitá che gli era rimasta gli diceva di non fare nessuna sparata perché le voci girano e aveva paura arrivassero anche al padre del più piccolo (o anche, che magari, il più basso da sobrio non avrebbe voluto far sapere che loro due si conoscevano, anche se non sapeva perché non avrebbe dovuto), ma ora che la sua mente era andata a farsi fottere fra l'alcol e Mattia, l'unico motivo per cui stava fermo era solamente per dimostrare a quel ragazzino che poteva controllarsi senza problemi.

E quella che inizialmente doveva essere una semplice festa per divertirsi un po' prima che si facesse l'orario per andare a prendere Mattia, diventò una vera e propria competizione a chi riusciva a spingersi più in avanti.

E se da una parte Christian quella volta era più avvantaggiato perché sapeva bene a cosa stava andando in contro, dall'altra parte si univa il fattore dell'alcol, che gli aveva alleggerito la testa.

Eppure quella stupida sfida aveva ampliato l'orgoglio di entrambi; entrambi agivano per ricevere, entrambi facevano nella speranza di ottenere.

Incatenarono i loro sguardi, e ancora una volta a Stefanelli sembrò di perdersi in mezzo a quelle sfumature di azzurro.

Il più piccolo toccava il petto dell'altro come qualche settimana prima aveva fatto con il suo; ci passava le dita sopra come aveva fatto con lui, la differenza era il contesto e l'intensità, perché ricordava bene i graffi che quel ragazzino gli aveva lasciato: li aveva fissati per minuti interi ogni volta che ne aveva l'occasione.

E quelle mani scesero fino ad arrivare al suo addome, dove si fermò per farle scivolare sui suoi fianchi e poi dietro la sua schiena, facendole di nuovo salire; percorreva il suo corpo, affinchè il suo tocco lo facesse rabbrividire, e Christian lo sapeva bene, perché era stato proprio lui a dirglielo, un'oretta fa.

Glielo aveva detto casualmente; si stavano stuzzicando prima che Mattia decidesse di andarsene, e si stavano provocando a vicenda dicendo che avrebbero potuto facilmente andarsene da qualcun altro.

E Christian, dato che la lingua al suo posto proprio non se la riusciva a tenere, e dato che adorava vedere quanto l'altro fosse permaloso, aveva iniziato a sfoggiare tutta la sicurezza che aveva in sè.

Si era avvicinato al suo orecchio e aveva preso di mira una ragazza della pista a caso; gli aveva detto tutto quello che avrebbe fatto per conquistarla.

Non sapeva perché l'avesse fatto, eppure al momento sembrava divertente.

E forse la verità era che Christian voleva tentarlo fino all'ultimo; dire tutte le cose che avrebbe fatto con una persona con cui voleva provarci: dal tocco di tutto il suo corpo al complimento sul modo di ballare, dalla stretta dei fianchi all'intenso modo di guardarsi negli occhi, per poi, quando l'altro se la fosse davvero presa, avvicinarsi a lui e farle a lui tutte quelle cose.

Ma il biondo si era arrabbiato per davvero, e ora sfruttava tutti quegli stupidi consigli che gli aveva dato, e quell'idiota del ragazzo con cui stava ballando rispondeva, eccome se rispondeva.

Gli sorrideva come un ebete, gli stringeva i fianchi e talvolta faceva finire le mani un po' troppo in basso per i suoi gusti; ma doveva trattenersi, perché in fondo non era nessuno per tirarlo fuori da quella situazione.

I loro occhi si incrociarono di nuovo, prima che il diciassetenne si voltasse verso lo sconosciuto, e gli sussurró qualcosa all'orecchio che portò l'altro a sgranare gli occhi.

Christian si sentì stringere lo stomaco; che gli aveva detto? Che gli avesse sussurrato una frase simile a quella di prima?

E prima che potesse elaborare altre domande, il ragazzo dai riccioli e dalla camicia color perla, si voltò, attaccando la sua schiena al petto del ragazzo dalla felpa nera.

Con un sorriso fra le labbra prese a muoversi su di lui, e a quel punto il moro mandó tutto a puttane.

Troppo.

Era troppo.

Tutto ha un limite.

Lui ha un limite.

Il cervello gli si spense, e il corpo prese a muoversi da solo. Lasciò il bicchiere lanciandolo da qualche parte sul tavolo, sentendo poi una ragazza urlargli da dietro qualcosa, ma la ignorò completamente perché non gliene poteva fregar di meno.

A passo svelto si diresse verso i due interessati, che non l'avevano minimamente calcolato, e interruppe quello stupido ballo senza dire una parola, ma afferrando Mattia per il polso.

Il biondo alzò gli occhi verso di lui confuso.

«Ma che fai?»

Christian lo guardò gelido, tale che il più basso si tappò immediatamente la bocca.

Il moro non notó nemmeno quale fosse la reazione dell'altro ragazzo, ma non gli interessava: se gli avesse detto qualcosa probabilmente lo avrebbe o ignorato, o chissá cosa avrebbe fatto in quelle condizioni.

Ma fortunatamente quello non disse niente, e lui, con la poca razionalitá rimasta, si ricordò che davanti a tutti non poteva agire.

Così camminò a passo svelto verso le scale che avrebbero portato al piano superiore, tirandosi dietro Zenzola; fece i gradini sbattendo le suole delle scarpe a terra senza nemmeno accorgersene, tanto che gli ribolliva il sangue.

Non era arrabbiato, non si sentiva puramente arrabbiato, e non sapeva nemmeno lui come si sentiva.

E per una persona che ha sempre catalogato i propri sentimenti riuscendo così a metterli a bada, non sapere cosa provava lo portava a perdere il controllo.

E a dire la veritá ciò che gli faceva perdere il controllo non era affatto quello, e nemmeno l'alcol: forse erano tutte scuse per non ammettere quanto l'idea di qualcuno che toccasse Mattia gli dava fastidio.

Lo irritava come edera, gli faceva arricciare il naso infastidito, lo rendeva incredibilmente nervoso.

Trovò, alla prima porta a destra delle scale, un bagno, e fece entrare il più basso all'interno.

Sbattè la porta di legno scuro alle loro spalle, prima di spingere il ragazzo più basso contro il muro in un movimento secco. Sbattè le mani sulla parete, accanto alla sua testa, e vide l'altro stringere appena gli occhi quando lo fece per poi rivolgerli a lui.

«Che- Che stai facendo?»
Domandò, fissandolo confuso.

Che stava facendo?
Voleva sapere cosa stava facendo Christian?

Alzó un sopracciglio, chinandosi nella sua direzione per sussurrare sulle sue labbra.

«Te la dovrei fare io questa domanda.»
Rispose, e il suo fastidio si sentì addirittura nella sua tonalità di voce. «Ti stavi divertendo a strusciarsi addosso a quello?»

Mattia lo guardò, cercando di farsi più piccolo contro al muro; era strano come non avesse nessuna risposta, e Christian lo attribuì all'alcol.

E forse sarà stata colpa dei drink di troppo, ma aveva voglia di dominare quel ragazzino da quei finti occhi innocenti; desiderava prenderlo, farlo suo, vederlo supplicare il suo nome.

Ma doveva contenersi, dannazione.

Non poteva approfittarsi di Mattia anche se anche lui era un po' brillo; non poteva farlo nel bagno di una persona che nemmeno aveva capito ancora chi era fisicamente, e poi se qualcuno li avesse sentiti avrebbe messo in difficoltà il biondo e non voleva che tutta quella storia fosse un problema per Zenzola.

E stava per allontanarsi, quando il più basso prese parola.

«Perchè, ti ha dato fastidio?»
Chiese, ma con quel tono che nascondeva la malizia nemmeno così tanto bene.
Alzò il viso per avvicinarsi ancora di più, facendo sì che i loro nasi si sfiorassero.
«Volevi che lo facessi con te?»

Christian deglutì a vuoto; persino da ubriaco riusciva a fargli quel maledetto effetto.

Guardó prima lui, poi le sue labbra.

Poco.
Poco tempo, ancora un altro po', e poi sarebbero usciti.

«Sono io che lo volevo, o sei tu che volevi farlo su di me?»
Domandò retorico, inclinando appena il viso di lato. «Mi fissavi talmente tanto che mi chiedo se tu ti ricordi anche solo il colore dei capelli di quel tipo.»

«Se magari mi fai uscire, ti saprei dire anche di più oltre colore dei suoi capelli.»
Sorrise, forse divertito dalla scenetta che erano andati a creare. Poggiò le mani sul petto del più grande, facendole scendere e salire con lentezza.

«Tu provaci.»
Attese che i loro sguardi si incrociassero di nuovo, e lesse in quello dell'altro uno strano stupore.

«Ti darebbe fastidio?»

«Mi ha dato così tanto fastidio che ero a tanto così dallo scoparti davanti a tutti per far vedere quanto tu sia mio.»
Rispose, sentendo il suo stesso corpo reagire a quella fantasia con dei brividi lungo la schiena.

Mattia si morse il labbro e chiuse gli occhi per qualche istante; forse anche lui la stava immaginando quella scena.

Quando li riaprì, parlò di nuovo.
«Sono tuo?»

Christian nemmeno si era accorto di averlo detto.

Aveva dato così tanta prevalenza all'azione che non si era nemmeno accorto cosa voleva dimostrare.

E a quel punto quella domanda lo sconvolse.

E se fosse quello il motivo della sua rabbia? E se per tutta la serata non gli fosse importato niente di quel ragazzo che ballava con Mattia ma gli avesse dato fastidio perché si metteva in dubbio qualcosa che lui riteneva suo?

Considerava davvero Mattia, suo?

E ogni gesto, ogni minimo brivido di fastidio, ogni stretta al bicchiere quando vedeva qualcosa che non gli piaceva, ogni smorfia con il naso acquistò un valore diverso.

Era geloso di Mattia.

Era follemente geloso di lui perché lo considerava roba sua.

Poggiò le mani sulla sua schiena, sulle sue scapole, facendole scendere lentamente fino ad arrivare all'altezza dei fianchi e stringerli fra le mani.

Si avvicinò a lui, poggiando la fronte sulla sua, mentre sentiva il respiro dell'altro divenire irregolare, proprio come le palpitazioni del proprio cuore.

«Sei mio.»

E da quella frase il cervello di entrambi si spense.

Le loro labbra si ricercarono come se stessero in astinenza dalla peggiore delle droghe da settimane; si ricercarono come se quello fosse esattamente tutto ciò che volevano, tutto ciò che desideravano da quella festa, da quella serata, e forse da tutte quelle settimane in cui erano stati vicini ma avevano finto il nulla.

Mattia spinse la nuca del più alto nella sua direzione e quello gli strinse i fianchi per attirarlo a sè e spingerlo di nuovo contro il muro per non lasciargli nessuna via di fuga; il biondo era così piccolo fra le sue braccia, e la cosa lo faceva impazzire: tanto piccolo da poterlo muovere a proprio piacimento, ed ebbe di nuovo quella sensazione di potere che ebbe quando lo prese la prima volta.

Strinse le braccia attorno ai suoi fianchi, prima di sollevarlo appena e infilare una gamba fra le sue. Mattia gemette nel bacio, e Christian si allontanò di poco per guardarlo.

L'altro sembrava già stremato, con le guance rosse, il respiro affannato, le labbra gonfie e gli occhi ancora chiusi.

«Muoviti.»

«Cosa?»
Domandò l'altro.

Il moro fece scendere una mano sul suo fondoschiena, spingendo a muovere il bacino avanti e indietro contro la sua coscia. Mattia si lasciò scappare un secondo gemito, e si aggrappò alle spalle del più alto.
«Muoviti.»
Grugnì contro il suo orecchio, prima di tirargli uno schiaffo su una natica.

«Christian...»
Sospirò il suo nome, prima di allacciare le braccia attorno al suo collo e senza più nessuna guida, prendere a muoversi.

Il nominato sentì un vero e proprio zoo nel suo stomaco, mentre lo sentiva ansimare il suo nome; sentiva il calore dell'intimitá del più piccolo contro il tessuto della sua coscia, sentiva l'intensitá del suo piacere nella sua tonalitá di voce, e la voglia di prenderlo seduta stante fu forte ma non abbastanza da non farlo pagare.

Perché Christian aveva una voglia matta di fargli pagare ogni singolo momento della serata, ogni singolo momento della vita quotidiana in cui l'aveva palesemente stuzzicato ma poi aveva fatto finta di niente.

«C-Christian.»
Gemette di nuovo, mentre si allontanava piano dal suo collo per lasciarsi andare indietro con la schiena e poggiarla al muro; tirò la testa all'indietro, mentre i suoi movimenti si facevano più veloci; probabilmente non riusciva nemmeno a reggersi in piedi, ma correva ancora dietro quel piacere.

Il più piccolo cacciò quelli che somigliavano tanto a piccoli lamenti, mentre lasciava in evidenza il suo collo e le sue clavicole tramite quella camicia sbottonata.

Che poi, quando diavolo si era cambiato?

«Toccami, Christian, ti prego toccami.»
Lo supplicò il più basso, sentendo la stanchezza prendere il sopravvento.

Il moro sorrise bastardo, assottigliando appena gli occhi.
«Perchè dovrei? É così eccitante vedere come ti dai piacere da solo.»

Mattia mugolò, fermandosi un'istante forse in preda ad una scossa di piacere, ma Christian non lo fece riposare un secondo in più; se avesse avuto tutto il permesso di fare quello che voleva, sarebbe stato decisamente meno divertente.

Zenzola gemette di nuovo, prima di prendere la mano destra del più alto e poggiarla sul proprio petto, per poi farla salire e arrivare al proprio collo.

Stefanelli sorrise, stupito ogni volta di più delle fantasie di quel moccioso.
«Ti piace essere soffocato?»
Domandò abbassando la voce, senza stringere la presa.

«N-Non lo so, non l'ho- m-mai provato.»
Rispose tremante. «So solo che-.» Fece uscire una piccola risata. «-ti ho immaginato così tante volte a soffocarmi...»
Continuó, mentre quella risata si confondeva ormai con i gemiti.

Christian ebbe i brividi dietro la schiena ad immaginare il biondo, in una stanza da solo, sul proprio letto, a fare quel tipo di pensieri su di lui, e ne voleva sapere di più.

Si leccò le labbra, scoprendole incredibilmente secche, e prese a parlare.

«Quindi mi pensi quando sei da solo?»

«T-Tantissime volte.»
Ansimò, mentre faceva salire a fatica la sua mano sul braccio destro di Christian, risalendolo fino ad arrivare alla sua nuca e avvicinarlo a sè. «Ti prego, baciami.»

Il moro si morse il labbro, stringendo appena le dita attorno al suo collo.
«Meritatelo.»
Sussurrò, prima di continuare. «Che hai immaginato su di me?»

Mattia mugolò, abbassando tutto d'un tratto la testa.
«C-Chri, ti prego...»

«Se non parli, non farò nulla.»

«H-Ho sognato milioni di volte che tu mi prendessi come quel pomeriggio.»
Cacciò, stanco. «Volevo che mi toccassi di nuovo, che mi tirassi di nuovo i capelli da dietro, e- e voglio così tanto sentirti di nuovo Christian.» Gemette di nuovo.

Il moro prese a muovere la gamba in corrispondenza delle sue spinte, sentendo Mattia fremere.

«Volevi che ti fottessi ancora?»
Domandó sorridendo, perché quelle parole lo avevano tranquillizzato e non poco: credeva di essere l'unico dei due a pensare ancora a quel pomeriggio.

«Lo desidero ogni volta che ti vedo.»

E il tono disperato ma sicuro di quella voce che spesso gli era risultata tanto lontana dal poter mai affermare una cosa del genere, rimbombò nella testa del moro.

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