PATENTE E LIBRETTO, SIGNORINA.

By GoldSkyAtNight

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«Scott... posso assaggiare?» «Io sono più dolce.» «Mi avevi promesso fragole fresche.» «Siamo fuori stagione... More

1. Blinding Lights
2. Stiamo scherzando?
3. Mutanda Party
4. Pecorelle
5. In filo veritas
6. Paghi uno, prendi due
7. Labbra amare
8. Voce del verbo essere malinconici
9. Fashion blogger
10. Medusina
11. Maledetto vino (½)
12. Maledetto vino
13. YOLO
14. Ogni riccio un capriccio
15. Questione di lingua
16. Fragole fresche
17. Sabbia nel reggiseno
18. Vuoi assaggiarlo?
19. Questo ora è mio
20. Damiano Carrara direbbe sciangommoso
21. Oggi sei a digiuno, Amanda
22. Sadness is a blessing
23. Ops, i did it again
24. Hotter than hell
25. Sweet Candy
26. Tutta colpa del cameraman
27. Paranoia
28. La prima volta di ogni cosa
29. We hold the key of the night
30. Poisoned youth
31. Terza stella a destra
32. Courage
33. To be or not to be
34. Nuvole bianche
35. In grassetto e corsivo
36. Sdentato il drago
37. Eclipse
38. Buongiorno una banana!
39. Mordo come un lupo
40. Sì, Signor Agente
41. Locked Out of Heaven
42. Salse piccanti per lingue taglienti
43. ABCDEF U
44. Keep slowing your heart down
45. Come un proiettile che lascia il segno
46. You are so bad, my strawberry boy
47. Un buon kanelbulle non ha mai tolto di mezzo nessuno
48. Answer the phone. Amanda, you're no good alone
49. Answer the phone. Scott, you're no good alone
50. Crema solare persino sul cuore
51. This is the very, very last time I'm ever going to
52. Centimetri che contiamo con righelli di chi in matematica aveva quattro
53. Facing tempests of dust, I'll fight until the end
54. Amor, ch'a nullo amato amar perdona
56. Darling, all of the city lights never shine as bright as your eyes
57. Half love, half regret (½)
58. Half love, half regret
59. Vieni, posa la testa sul mio petto, ed io t'acquieterò con baci e baci
60. Ti volterai senza vedermi, ma io sarò lì

55. Juliet to your Romeo

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By GoldSkyAtNight

Sono immersa nel bel mezzo del tornado di vestiti scoppiato in camera mia, quando il campanello di casa suona facendomi sobbalzare sul posto. Sto per urlare a mamma di aprire lei la porta, ma ricordo di essere rimasta sola in casa, quindi mi alzo dal pavimento e mi precipito giù per le scale, rischiando anche di saltare dei gradini.

Sto aspettando un pacco con sacchetti per vestiti da mettere "sotto vuoto" ordinato oramai settimane fa.
Nelle mie valigie non ci sta più nulla e sto cercando ogni posizione possibile in cui mettere le cose e risparmiare spazio.

Ci sono riuscita? Ovviamente no.

Mi ricordo troppo tardi di avere addosso soltanto una delle vecchie magliette di mio fratello, fortunatamente lunga fino alle cosce, ma pur sempre bianca e rovinata.
E come ogni volta, non indosso alcun paio di pantaloncini. Il reggiseno me lo sono concesso soltanto perché sono prossima al ciclo e mi sento far male ogni centimetro di pelle che rimane sospeso.

Apro la porta di uno spiraglio, cercando di sbirciare oltre ad essa. La forte luce calda del pomeriggio mi si incastra nello spazio vuoto tra le sopracciglia, poco sotto al centro della fronte. Socchiudo un occhio, arricciando il naso verso l'alto come se servisse per farmi vedere meglio.

«Ciao» la voce candida e pacata di Scott mi fa sentire subito meglio.

Proprio come fosse una connessione mentale che avviene senza controllo, appena lo sento parlare, anche la sua figura prende forma nella mia mente e gli occhi riescono a metterlo chiaramente a fuoco. Lo sbircio con ancora la porta socchiusa e le mani aggrappate allo stipite leggermente scheggiato e smussato da tutto le volte in cui è stato sbattuto.

Il mio ragazzo si trova in piedi sul portico, con una sacchetto in una mano e l'altra immersa nei capelli folti e umidi.
Si passa le dita tra le ciocche con fare distratto ma tenace, cercando di farle rimanere nel posto in cui lui vuole, con poco successo.
Un sorriso genuino e accogliente gli alleggerisce i contorni smussati del viso, incastonato in una miriade di effetti chiaro scuro generati da ombre di alberi e spiragli di luce di finestre spalancate che riflettono l'acqua fresca degli irrigatori spruzzanti.

Oggi ha la barba lunga. Gli dona. Il colorito marroncino si distende a macchie omogenee e precise lungo le guance, così come il mento e il segno ovale che cinge il labbro superiore.
Il forte profumo di bagnoschiuma e colonia mi suggerisce che deve aver da poco finito il turno ed deve essersi precipitato a casa mia dopo una doccia veloce.

Mi ricordo solo adesso di non avergli risposto all'ultimo messaggio. Ero impegnatissima con la situazione valigie, per cui tra l'altro ho pure avuto un pianto isterico. Arrivare alla consapevolezza di non riuscire a portarsi dietro un'intera casa a dodici giorni dalla partenza, non è stato un buon inizio di giornata.
Mi correggo, è stato orribile e snervante.

Gli occhi verdissimi di Scott mi guardano con pazienza ma trepidazione. Lo sto fissando da una buona manciata di minuti senza dire niente e senza farlo entrare. E lui mi aspetta.

Mi prendo ancora qualche secondo per perdermi nella chiarezza profonda delle sue iridi brillanti, smarrendomi nella lunghezza ingiusta delle sue ciglia e nella maniera perfettamente armoniosa in cui le palpebre si stirano quando sorride e le sopracciglia si alzano di alcuni saltelli.

Poi faccio due passi indietro e spalanco completamente la porta, rivelandogli finalmente la mia figura disastrosa. Lui mi rivolge una fugace ed attenta occhiata, senza badare al disordine che porto addosso, dopodiché muove le gambe lunghe e oltrepassa la soglia.

Mi sovrasta con la sua altezza rassicurante e io mi sento immersa in una bolla di acqua senza ossigeno.
Piega leggermente il busto, alcune strisce di capelli gli ricadono sulla fronte, lui le lascia perdere.

Mi guarda dritto negli occhi, «Ciao» ripete e si sporge in avanti.

Mi coglie impreparata, quindi gli porgo ingenuamente la guancia, arrossendo di colpo.
Lui però non sembra farci caso e coglie l'occasione per stamparmi un tenero bacio a stampo su di essa.
La pelle prende a formicolarmi così tanto, che mi convinco di avere l'orticaria. Tuttavia, trattengo l'impulso di grattarmi e stringo le dita tra di loro talmente forte, da percepire le ossa scricchiolare.

Ho sentito le sue labbra. Erano morbide.
La barba mi ha punta, però è stato piacevole.
La gentilezza del suo tocco mi ha scaldato perfino il petto, alleviando il peso di una inconsistenza disarmante che ho sentito opprimermi fin dal primo istante in cui stamattina ho aperto gli occhi.

Scott porta con sé un profumo forte e marcato, eppure a me non sembra mai abbastanza. Vorrei che potesse durare in eterno, che io potessi sentirlo costantemente con la stessa intensità, perché certe volte solo così riesco a calmare i nervi e mettere una pausa alla massa nera di pensieri che mi mangiucchia il cervello dall'interno.

La mia gote è ancora di un vivido rubro mentre alzo leggermente il mento, facendo pressione agli occhi per far sì che lo guardino da sotto le sopracciglia folte. I suoi sono già lì, pronti come sempre ad aspettarmi e accogliermi.

Scioglie le labbra tese, prendendo un fiato prosperoso. Rimane piegato, perché le mie intenzioni non sono ancora chiare nemmeno a me stessa.

Ci penso su così tante volte in un lasso di tempo talmente minimo, da farmi venir male alle tempie. Quindi mi lecco le labbra secche con la lingua, indugiando ad ogni taglietto doloroso che incontro per la bocca.

Lo fisso. Lui fissa me.

Lo vedo fremere. Vorrebbe muoversi e schiodare entrambi da questa strana compostezza che sarebbe così facile da spezzare. Glielo leggo negli occhi vitrei che mi vorrebbe stringere talmente forte tra le braccia, da rischiare di farmi male e frantumare in mille pezzi la stanchezza che mi colora di bianco il viso. Ma più di tutto e di tutti, è trattenuto dalla necessità di dirmi una parola in più, di quelle che solo lui è in grado di trasformare in intere frasi e rendere talmente vivide da farmi sentire subito meglio.

Stringe forte la mascella e so che fa male. Il nervo spesso che guizza sotto la carne mi convince di quanto ciò che voglio realmente non sia solo un bacio sulla guancia.
Non da Scott.

Il suo dolore fisico e mentale nell'interminabile attesa che mi concede in ginocchio e con le mani aperte sul mio petto, urla ad altissima voce il rispetto e la comprensione che mai da nessun'altra persona ho provato, se non da Scott.

Perché mi ami così tanto? Perché me lo mostri così spudoratamente? Perché mi permetti di vedere un sentimento che non può essere visto ad occhio nudo?

Alzo un braccio, accorgendomi che mi tremano appena le dita. Prima che anche lui se ne accorga, le aggancio piano al suo collo, sentendo una forte scarica elettrica scorrermi dalla testa fino alla punta dei piedi.

È da tanto che non ci tocchiamo in questo modo, che non siamo così vicini.

Sospiro di sollievo nel sentire la morbidezza della sua pelle, il vigore e la scioltezza dei muscoli sempre più scolpiti. Appoggio anche l'altra mano su di lui, aggrappandomi con forza alla spalla puntigliosa.

Scott rimane impalato, poi il suo corpo si irrigidisce per darmi ancora più sostegno. Lascia fare tutto a me, senza muovere un solo dito, probabilmente per timore di un mio rifiuto. Ha paura che mi allontani. Non lo vuole.

Non ti mollo.
Non questa volta. Non adesso e non oggi.

Deglutisco quella che sembra essere una polpetta di sabbia stantia. Bagno di nuovo le labbra, facendo accendere di una peculiare luce lo sguardo del riccio, che si schiarisce la gola con un colpo di tosse basso e viscerale.

Gli piego il viso di lato, lui non oppone alcuna resistenza. Anzi, accompagna i miei movimenti per rendere ad entrambi il nostro avvicinamento più facile e veloce.

Mi porto di fronte al suo petto ampio e scombussolato, alzandomi sulle punte per colmare quella ulteriore distanza che ci divide.
Anche Scott si abbassa, afferrandomi finalmente per un fianco con le dita affusolate.

Mi sento la febbre. Sono calda come un sole.
Il sangue è gelido come brina. Il cuore rapido come un tuono e la mente mischiata come un uragano.

Ogni singola sensazione è ampliata, il rimbombare del cuore che batte nel petto ne è la conferma.

Non so che cosa sia, ma nel salotto si sente un tonfo leggero e il rumore di plastica stropicciata. Lascio perdere tutto quello che è attorno a noi e spingo il viso in avanti, indirizzandomi alla sua bocca morbida e rosa.

«Ciao» mi sento dire con tono spezzato ma dannatamente languido.

Sono abbagliata dalla sua bellezza, dalla sua presenza. Ho bisogno di sentire il suo calore. Ho bisogno di sentire lui, di percepire noi. Insieme.

Voglio sentirmi meglio. Scott è in grado di farlo. Desidero tanto che lui lo sappia, che si senta importante anche solo un quarto di quanto in realtà lo sia per me.

Voglio migliorare questa difficile giornata ad entrambi, anche se tutto questo può sembrare irrazionale o egoista. Chi Scott è per me non è cambiato. Lui è l'altra parte di me. Ne ho bisogno.

Non riesco più a pensare lucidamente. Non riesco a pensare e basta. Va bene così.

Mi precipito sulle sue labbra. Per poco non ci scontriamo con il naso.
Sono troppo impaziente e ci pensa lui a calmarmi. Si allontana con il collo soltanto per posizionarsi meglio e permettermi di baciarlo sul serio, questa volta.

Nonostante la stretta vicinanza, tutti e due teniamo gli occhi aperti mentre il nostro tocco di labbra si trasforma in più di un semplice saluto. Li chiudiamo soltanto quando Scott mi mordicchia il labbro inferiore per chiedermi l'accesso con la lingua, che io concedo subito.

Il suo sapore mi fa muovere gli occhi sotto le palpebre. Aumento la stretta al collo, infilando le dita tra i suoi capelli morbidi.

Mi bacia così forte da farmi mancare il fiato e ridurmi le labbra a due lembi di pelle gonfi e pulsanti. Gli permetto di far scorrere una mano sopra alla mia maglietta, fino a raggiungere il sedere, che accarezza dolcemente con due dita.

Vuole imprimersi addosso a me. Vuole farmi sentire con chi sono. Vuole ricordarmi per ancora e ancora che mai nessun altro uomo sarà in grado di regalarmi sensazioni così vere e appassionate.

Scott resterà per sempre la mia prima vera volta. In tutto.

Quando ci stacchiamo, ho le braccia ricoperte di brividi. Mi afferra il viso con entrambe le mani, chiudendolo in una conca calda.

Annaspa. Non sa cosa dire, ma vorrebbe dire un milione di cose.

Il mio bacio lo ha sorpreso. A me sorprende la felicità che gli cola a picco sul viso.
I suoi occhi così accesi sono incantevoli. Perfino il naso all'insù lo è, e anche il sorriso genuino trabocca di bellezza.

Resta in silenzio e gliene sono grata. Dire qualcosa non sarebbe abbastanza, non avrebbe senso. Quindi, lui passa a tormentarmi con quella bocca succosa il pezzo di pelle troppo delicata del collo, vicino all'orecchio e all'attaccatura dei capelli.

Assottiglio gli occhi, sentendo tutta la tensione dei nervi accavallati venir meno per dare spazio al piacere. Scott mi sta baciando e basta, eppure mi sembra che stia marchiando con ferri roventi qualsiasi parte del corpo che sia in grado di raggiungere.

Anche questa volta, si allontana controvoglia, senza però mettere distanza tra di noi. Si assicura di tenermi ben stretta, prima di guardarmi le ossa pronunciate delle clavicole e il cerchio vacuo al centro dell'intersezione di queste, sotto la gola.

La sua occhiata si sfuma, cambiando colore. Diventa più grigia, più cupa. Le mani sul mio corpo si stringono, i polsi si tendono e le braccia si avvicinano.

«Sei dimagrita».

Mi sento tirare un pugno nello stomaco nonostante non sia una reazione consona, «Non ho molta fame ultimamente».

So di non essere nella mia forma migliore. L'ho notato anche io. Non sono mai stata particolarmente brava a gestire lo stress e ultimamente mi sento come se vi stessi annegando dentro.
Ho molti altri pensieri per la testa e il cibo non rientra tra questi. Soprattutto quando mi rinchiudo in camera mia per tutto il giorno ed esco solo per cena o per vedere Scott.
Sono impegnata. Ho tante cose da fare.

Aggrotta le sopracciglia, «Come mai? Non è da te».

Mi stringo nelle spalle, distogliendo lo sguardo, «Sono presa dai pensieri e l'agitazione si fa sentire».

Non gli sto dicendo bugie. Sto bene. Non ha motivo di preoccuparsi.

«Le tue occhiaie sono viola e...» continua, facendomi scuotere il capo con veemenza.

Lo interrompo senza essere brusca, «Ho passato tutta la notte a sistemare quello che porterò a New York. Dopodomani devo spedire le prime valigie. Sto benissimo, sono soltanto stanca».

Annuisce poco convinto, ma non vuole insistere: «Non sforzarti così tanto. Perché non mi hai chiamato? Sarei venuto ad aiutarti. Non devi fare tutto da sola».

«Devi lavorare ed è giusto che tu ti riposa durante la notte. Non mi sentirei tranquilla a lasciarti andare via con la stanchezza addosso.
Ti prometto che stanotte dormirò come un sasso, d'accordo?».

Cerco di rassicurarlo stringendolo in un abbraccio. Lui non ci casca nemmeno per sbaglio, ma ricambia la stretta, appoggiando la guancia sulla mia testa.

Ho bisogno di una pausa dalle nostre litigate, dai momenti no e dalle preoccupazioni.
Voglio soltanto stare con lui e sentirmi bene come una volta. Voglio perfino dimenticare New York.

«Ti prego» supplica con un tono più secco dell'autunno, «Non farmi preoccupare».

Mi ritrovo a sorridere a quelle parole, pur sapendo che nella disperazione non vi è nulla di bello.

Il timore ha sempre più argomenti della sicurezza e viene difficile ascoltare chi ha poco da dire. Impegnarsi per capire argomenti contorti e parlare senza sosta richiede più energia ma non è comparabile al bagaglio di sensazioni che ci lascia dentro. E quelle sensazioni sono sicure, perché le si è sentite, al contrario del silenzio, che è così tutto e così niente, da portarsi dietro confusione e fraintendimenti.

Parlare è semplice. Rimanere in silenzio quando si avrebbe un libro intero da dire fa male. Alcune cose belle non succedono se le si dice ad alta voce, eppure si sente sempre questa incommensurabile necessità di condividere la propria vita con qualcuno, di essere ascoltati e nella migliore delle ipotesi venir anche capiti.

Tuttavia, molte cose brutte accadono proprio quando si decide di dar voce ad una nuvola astratta che semplicemente galleggiava nella nostra mente. Solitamente, quando succede a me, mi pento così tanto di aver aperto bocca, da mettermi quasi a piangere. Ed è brutto.

Mi lascia addosso una strana sensazione di vuoto e disagio che difficilmente va via e che finisce per nascondersi dentro di me, dove già altre sensazioni simili si annidano e aspettano il momento giusto per attaccarmi tutte e quante insieme. Odio sentirmi in quel modo.

Per cui, se non ti dico certe cose, Scott, è per proteggerti. È perché ti voglio troppo bene per riempirti delle mie paure, perché so che già tu nei hai abbastanza e non posso vederti preoccupare anche per me.
Non posso permetterti di sentirti come mi sento io. Non posso esserne io la causa, mi dispiace.

«Sto bene» sussurro con un groppo in gola grande quanto una montagna, «Te lo prometto».

«Me lo prometti...» ripete assorto, più a se stesso che a me.

Vorrei dirglielo ancora, di nuovo e di nuovo finché non ne sarà completamente sicuro, ma lo conosco bene e so che deve essere lui stesso a convincersene, a vedermi addosso la tranquillità.

«Cosa mi hai portato?» cambio argomento, sbirciando da sopra il suo braccio il sacchetto lasciato ai nostri piedi.

«Del gelato. Ho preso tutti i gusti disponibili. Sono tre vaschette e voglio vederti assaggiare ogni singolo quadratino».

Mi punta lo sguardo addosso e io per poco non gli scoppio a ridere in faccia, «È impossibile perfino per te e poi lo sai che quelli alla frutta proprio non mi piacciono».

«Posso chiudere un occhio su quelli, ma per gli altri non hai scampo» mi afferra per mano, «Inoltre, stasera ti porto fuori a cena e non ammetto discussioni. Hai bisogno di staccare la spina, Amanda».

Trattengo uno sbuffo, perché pensare di dover lasciare camera mia in quello stato e a lavoro neanche lontanamente finito mi fa sentire ancora più ansiosa. Ho poco tempo libero.

«Andremo ovunque tu voglia andare, anche a costo di guidare due ore per un hamburger. Poi verrai a dormire da me e domattina ti aiuterò con le valigie» si china per prendere il gelato, che oramai si sarà sciolto, «Non sei sola, chiaro?».

Mi trascina in cucina, nonostante i miei piedi siano estremamente pesanti. Prende due ciotole pulite, dopodiché le riempie con una quantità enorme di gelato. Riconosco immediatamente la mia. Non scherzava, prima.

«Scott» lo richiamo senza nemmeno pensarci, «Ti amo».

Avvampo come una stupida non appena mi rendo conto di averglielo detto ad alta voce.
Non me ne vergogno, ma mi è uscito così spontaneo da farmi rimproverare per non aver aspettato il momento giusto.

Rimane con il cucchiaio a mezz'aria e un'espressione sul volto che è illeggibile, perché colma di asserzioni.
Un po' mi rattrista pensare che l'ho stupito, dicendoglielo. Non ricordo nemmeno l'ultima volta che gliel'ho confessato. Forse è per questo che mi guarda con l'ennesimo sorriso, uno di quelli da guancia a guancia che sembra non finire mai.

«Ti amo anche io, Amanda» dichiara ad alta voce, facendomi segno con la testa di venirgli vicino.

Mi porge la scodella fresca, «Adesso mangia, per favore» lascia una bacio sulla mia fronte, «Poi mi dirai il tuo gusto preferito».

«Se lo faccio, me lo comprerai tutti i giorni» ridacchio.

«È esattamente la mia intenzione» schiocca la lingua sul palato, «Fino a quando non ti stuferai e allora passeremo ad un altro gusto».

«Stai usando la stessa tecnica di mia mamma, quando da bambina mi obbligava a mangiare le verdure» ammetto, scuotendo il capo con divertimento.

«Sta funzionando?».

«Sì» ammetto.

Nel suo sguardo leggo soddisfazione, «Ottimo, così non ti stufi mai».

«Però mi vizi, anche più di quanto abbiano fatto i miei genitori».

Alza un angolo della bocca, «Sei la mia ragazza, mi piace prendermi cura di te e farti felice.
Sei una delle donne più importanti nella mia vita e voglio che tu lo sappia chiaramente».

Non gli rispondo, ma gli dico tutto quanto attraverso l'abbraccio stretto in cui lo cingo e sono sicura che ha sentito ogni mia singola parola.

Lo fa sempre, perché mi capisce più di chiunque altro.


~•~


«Sei bellissima» Scott mi sposta di nuovo la stessa ciocca dietro l'orecchio, giocando con il lobo.

La scompiglia subito dopo, portandola fuori posto per avere un pretesto valido a toccarmi il viso. Fa scorrere il dito ruvido lungo la mascella, giocando con l'osso tondo all'incrocio con la mandibola, dopodiché costeggia il contorno del mio naso, per concludere con una carezza sulla fronte.

Solo ora mi volto nella sua direzione, smettendo di guardare il mare perso. Nonostante io sia appoggiata alle sue gambe, riesco a scorgere perfettamente il candore delle sue iridi, così come il luccichio delle labbra e i denti nascosti malamente sotto ad esse.

Alzo le braccia, cercando un appiglio al suo corpo. «Vieni qui» lo supplico, «Più vicino».

Oggi non riesco a staccarmi da lui. Devo stargli necessariamente addosso. Mi sentirò male se non stiamo insieme, se lui non mi è accanto.

È curioso del mio comportamento così improvviso, ma non mi nega nulla. In verità accetta a pieno cuore questo lungo momento di pace, tornando a comportarsi come aveva sempre fatto, con totale spontaneità.

Ci baciamo ed è bello. È bello sentire le farfalle nello stomaco e l'adrenalina scorrermi nelle vene. È ancora più bello avere le gambe gelatinose e non riuscire a trattenere il sorriso sulle labbra. È bello questo sapore famigliare che appartiene solo a lui.

Mi piace il modo in cui mi tiene stretta e le sue mani non sono mai invadenti, perché io sembro non averne mai abbastanza e ne ingabbio una con le dita per non farla scappare.

«Così va bene?» bofonchia con le labbra umide.

«Mhm».

«Vuoi venire in braccio? Ti tengo io».

Sbuffo, «Ho la pancia troppo piena. Mi hai fatto mangiare oltre il limite».

Mi massaggia proprio quel punto, alleviando in un lampo il gonfiore.
«Dovevo in qualche modo farti recuperare i pasti saltati».

Sorrido, «Ci sei più che riuscito».

«Non hai freddo?» domanda, toccandomi un braccio per capire se sia caldo o no.

Solo ora mi accorgo del leggero venticello che fluttua nell'aria, muovendo sinuosamente le foglie spesse delle palme attorno a noi, «No, sto bene».

È una sera tranquilla. La spiaggia è praticamente deserta, così come il lungomare. Soltanto un paio di altre coppie come noi passeggiano sulla riva e sono sedute sulle panchine.

Mi sento incredibilmente calma, serena. È come se la mia mente si fosse svuotata per prendersi realmente una pausa. Non penso a niente, non mi preoccupo di nulla. Riesco soltanto a percepire il tocco di Scott, che mi culla così dolcemente, da farmi quasi addormentare.

«Posso dirti una cosa?» spezza il silenzio.

Mi agito immediatamente e lo nascondo davvero male, perché l'occhiata di preoccupazione che gli rivolgo è trasparente come acqua, «Certo».

«Ecco...» si schiarisce la gola e prende tempo, «Maia vorrebbe che la accompagnassi insieme a mia madre ad una visita. Sai... per vedere se il bambino sta bene e tutto il resto. Ha chiesto a me di riferirtelo, per non essere invadente o farti sentire in obbligo».

Rimango attonita per una manciata di secondi, con il fiato un po' strappato e gli occhi più spalancati. Mi metto a sedere lentamente, mantenendo sempre lo sguardo basso.

Sono confusa, ma... felice. Insomma, non mi sarei mai aspettata una proposta del genere. Di certo non rivolta a me.
Riesco a malapena a realizzare che lei e Duncan diventeranno effettivamente genitori, figuriamoci a prendermi delle responsabilità a cui non sono mai stata preparata.

«Perché proprio io?».

«Diventerai zia anche tu» sussurra, «Maia ci tiene tanto ad averti al suo fianco».

Mi sento lo stomaco fare le capriole e la gola bruciare per l'agitazione, eppure non riesco a trattenere nemmeno con tutte le forze di questo mondo il sorriso genuino che mi appare sulle labbra.

Io... avrò un nipote. Duncan sarà papà. Maia sarà mamma. Anche Scott diventerà zio. 
Wow. È ancora così strano pensarci. Mi sembra tutto così surreale ed incredibile.

Siamo ancora tutti così giovani per questo tipo di cambiamento. Spero con tutto il cuore che saremo all'altezza del ruolo che ci verrà dato.
Voglio essere presente per il bambino e voglio che entrambe le nostre famiglie ci siano sempre le une per le altre.

Un bambino, o forse una bambina. Mi piacerebbe fosse femmina. Non so, credo che per Maia sarebbe più facile. Per tutte noi significherebbe qualcosa di speciale, una sorta di legame che si restringe soltanto a noi donne.

Sono emozionata. Sono felice per loro, per tutti noi. Sono felice che Maia mi abbia tenuto conto, che mi voglia al suo fianco. Ci tengo tanto a lei, è una bellissima persona.

«Ci sono. Voglio esserci» mi aggrappo al braccio di Scott, guardandolo con gli occhi leggermente lucidi.

Annuisce, posando la mano sopra la mia, «Ne sono felice. Ha bisogno di sostegno, per lei in prima persona non deve essere facile. Ci saranno tanti cambiamenti da qui a pochi mesi e penso sia importante rimanere tutti uniti, come una sola famiglia».

So che non si riferisce solo a Maia. Le sue parole vanno ben oltre e colpiscono il segno.
Decido di non darci peso, perché questo discorso lo abbiamo affrontato tante volte e se potesse dipende da me, cambierei molte cose.
Non posso fare promesse, ma posso impegnarmi per fare tutti felici e non deludere nessuno.

«Sì, hai ragione» assento. Cambio discorso: «Non la vedo da un po'. Il pancione è già cresciuto?».

Scrolla le spalle, «Pochissimo. Si vede appena, soltanto quando rimane in costume e non sembra nemmeno pancia da mamma. È ancora presto».

«Che emozione» ammetto, appoggiando la testa sulla sua spalla, «Duncan non mi ha ancora detto nulla, ma sai se hanno già qualche nome in mente?».

Dissente, «Nemmeno Maia ed io ne abbiamo parlato. Mia sorella è un'eterna indecisa, ci metteranno tutti e nove i mesi a scegliere quello giusto. Dovremo aspettare almeno fino a quando si saprà il sesso».

«Io sento che sarà femmina» immagino, decisamente convinta.

«Per me è maschio».

Ridacchio, «Potremmo fare una scommessa, ma sarebbe una cosa orribile» mi sento subito in colpa.

«Facciamo così» si mette più comodo, quindi lo guardo negli occhi, «Se è femmina sarai tu la prima a tenerla in braccio. Se è maschio tocca a me».

Assottiglio lo sguardo, rimuginando sulla proposta, dopodiché annuisco, allungando la mano per farla stringere dalla sua. «Andata. Niente ripensamenti, però. Io dico femmina e tu dici maschio. Questa è l'ultima possibilità per cambiare idea».

Sfodera un sorriso così beffardo che lo vorrei prendere a morsi, per cui mi afferro il labbro inferiore tra i denti, stringendolo forte.

«Io sono più che convinto della mia scelta» preme un dito sulla mia fronte, «Tu invece?».

«Sicurissima» borbotto, guardandolo come se avessi già la vittoria in mano.

«Sarò io a viziarlo di più» infila il dito nella piaga.

«No, caro. Lei sarà la cocca di zia, mi dispiace» non mollo la presa.

«Mi stai dichiarando guerra? Guarda che non mollo nemmeno se si tratta di te».

«Ci mancherebbe che perdi solo per far vincere me!» lo prendo in giro, «Io non ho intenzione di tirarmi indietro o essere più gentile».

«Bene» si lecca i denti con astuzia, «Niente sconti in questa battaglia, dunque».

Restiamo a contemplarci per un tempo che sembra indefinito, dopodiché lui stringe le dita dietro al mio collo, spingendomi in avanti con un solo gesto. Il suo fiato bollente mi scioglie la bocca, facendomi schiudere le labbra.

Mi guarda come se volesse divorarmi, come se la rabbia e la passione si fossero mischiate e dovesse a tutti i costi scaricarle addosso a me.
Tutto quello che si è tenuto dentro, divampa similmente ad un fuoco vivo nelle sue pupille, bruciando ogni traccia di verde.

Poggia la fronte sulla mia, gli occhi sono chiusi. «Non mettermi il broncio».

«Toglimelo».

Riapre con uno scatto gli occhi, piegando la testa di lato come a potermi vedere meglio.
Io mi lascio guardare.

«Posso?».

Un ricciolino dorato si libera dal mucchio, rimbalzando come una molla sulla tempia destra. Gli solletica l'occhio, lui lo chiude leggermente, soffiandolo via con un solo fiato.

«Devi».

Gli do un permesso che non dovrebbe esistere. Fa scorrere il palmo fino ad arrivare alla guancia e con il pollice gioca con il mio labbro inferiore, delineando le grinze e graffiando le pellicine.

«Baciami bene» lo supplico, appena prima che le nostre bocche si scontrino.

Lo fa. Lo fa benissimo.

Scopre la mia bocca da cima a fondo, buttandomi il cuore a capofitto. Mi bacia come se fosse la prima o forse l'ultima volta, come se non ne potesse proprio di starmi lontano e avesse un bisogno carnale di mischiare i nostri sapori.

Mi gira la testa, sento le vertigini. Quello che io gli do, lui lo restituisce doppiamente. Mi concede tutto se stesso.
Respira pesantemente, quasi grugnisce e lo fa così apertamente da farmi fischiare le orecchie.
Mi pare di essere un tutt'uno con il suo corpo, di poter capire e sentire ogni singolo movimento, ogni respiro e battito che compie.
Siamo in totale armonia.

I nostri denti si scontrano, tiro indietro il collo, lui cerca ancora la mia bocca.

«Non ne avrò mai abbastanza» confessa sottovoce, «Non ne avrò mai abbastanza di te».

Gli lascio un bacio umido sul collo, facendomi il solletico con i suoi capelli.

«Mi ami, Amanda?» chiede senza filtri, consapevole di sé e di quella domanda.

«Sì». Un altro bacio che poso dietro all'orecchio.

«Quanto mi ami?» le sue mani sono sulla mia schiena, sfiorano il gancio del reggiseno da sopra la maglia.

Sussulto, «Tanto».

«Tanto quanto?».

«Scott...» lo ammonisco senza forze, distratta dalle sue attenzioni.

«Mi manchi» le corde vocali gli si stringono, «Sempre». Respira sulla mia testa, che io tengo incastrata nell'incavo del suo collo per mancanza di coraggio. «Non c'è giorno che non pensi a te. Non sono mai stato così innamorato».

«Scott» piagnucolo, sentendomi sempre più debole.

«Vorrei poter combattere ogni tua singola paura» svela con avventatezza, «Vorrei proteggerti come nemmeno Duncan riuscirebbe ed essere davvero la persona più importante che hai. Un fidanzato, un amico, un complice, una sicurezza, una fiducia, un sostegno ed un futuro. Vorrei poter essere tutto questo per te».

Lo sento sorridere, «È così stupido affidare la propria felicità ad un'altra persona, eppure mi rendo sempre più conto di quanto io sia sinceramente sereno soltanto quando sono con te, non importa per quanto o per cosa. Tu sei il mio punto di forza».

Mi fanno male le braccia talmente lo tengo stretto. Non voglio che mi guardi in viso. Sono troppo vulnerabile in questo momento. Ho le lacrime che si aggrappano alle pupille pur di non cadere. Sento di dovermi proteggere dal suo sguardo.

«Non ti chiedo molto, solo che tu sia onesta con me, che ci parliamo e ci diciamo tutto quello che non va, quello che vorremmo l'una dall'altro e quello che sentiamo. Ti prego».

Non è facile, Scott. Ti sto pregando io adesso: smetti di parlare e restiamo in silenzio fino a quando non sarà il momento di tornare a casa.

«Io voglio che tu ci sia per tutti quanti. Per Maia, per Duncan, per i tuoi genitori e per i miei. Voglio che quando tornerai a Santa Monica non sentirai un peso sul petto e non avrai timore di vedermi perché ti farà male. Voglio che ci sia qualcuno che ti ama alla follia ad aspettarti e che tu lo sappia» mi afferra la testa con le mani che scivolano sui miei capelli, però non mi fa alzare il viso.

«Voglio rivederti con lo stesso fervore di adesso, non con rammarico» mi chiede una promessa.

«Non dire niente» aggiunge al mio orecchio, «Non serve. Sono io a dover parlare, quindi ascoltami e basta. Tienimi vicino».

La mia pelle profuma della sua. I nostri corpi sono così morbidi da sembrare cotone.
Si gonfiano di lacrime salate che cadono silenziose sulle mie guance, bagnando anche la sua maglietta.
Ho le palpebre pesanti. Sono due mattoni di cemento che mi impediscono di vedere chiaramente l'incurvatura massiccia della sua schiena solida. Mi ci aggrappo comunque, graffiandola con le unghie.

«Ho voluto credere che sarei stato in grado di cancellarti dalla mia vita come se non fossi mai esistita» confessa, frantumandomi il cuore in mille pezzi, «Ho voluto pensare che tu per me non avessi alcuna importanza, che ti potessi dimenticare o perfino sostituire con qualsiasi altra persona, come si fa con una biro scarica» le sue parole all'orecchio mi fanno tremare da cima a fondo, «Mi sono perfino illuso di avere il coraggio di lasciarti e chiudere per sempre la nostra relazione...».

Ma...? Dimmi che c'è un ma. Dimmi che questo non è tutto. Ti prego. Non ti fermare. Continua a parlare.

«Ci sarei anche riuscito, se solo non avessi finito per innamorarmi di te. Se solo tu non mi avessi rivolto quello sguardo in più, quelle carezze tanto gentili, quell'energia unica che ti appartiene e certe parole che sono impossibili da dimenticare, sono sicuro che ti avrei dimenticata facilmente».

«E invece non ci sono riuscito» bisbiglia, «Non ci riesco». Mi accarezza la tempia con due dita, graffiandola con le pellicine.
«Farei un torto a me stesso se dimenticassi l'autentica felicità che ho provato in ogni singolo istante con te. Se rimuovessi i mesi di noi, cancellerei una grande parte di me e farebbe male. Non avevo messo in conto di poter trovare qualcuno di talmente importante così presto, qualcuno con cui ho veramente voglia di andare avanti e costruire qualcosa».

Trattengo il respiro, tutti i miei organi galleggiano, il cuore si squaglia.
Non riesco a pensare. Tutto ciò su cui mi concentro è la sua voce candida al mio orecchio. Mi fa tremare la terra sotto i piedi.
Sto per cadere.

«Mi terrorizza sapere di perderti. Ho una paura fottuta e odio sentirmi in questo modo» le sue labbra sono sul mio collo, «Odio sorridere solo perché tu lo fai, odio voler bruciare le ore per vederti il prima possibile, odio pensare a te ad ogni piccola cosa che mi accade, odio aspettare impaziente un tuo messaggio, odio il profumo che lasci sulle mie lenzuola, odio incastrare le dita tra i tuoi capelli, odio voler fare l'amore solo con te e odio sentirmi di merda quando non ci sei. Odio tutto quanto perché non posso farne a meno».

Una pausa. Una lunga e bisognosa fermata che segna i respiri di entrambi.

«Ma ti amo così tanto».

Resta ancora a labbra cucite. Sento che è a corto di salivazione, che la lingua fa fatica a muoversi nella bocca.

Per Scott non è facile. Aprirsi con me in questo modo, sincero e diretto, richiede tanta temerarietà.

«Non so cosa accadrà. Non ho idea di cosa cambierà appena sarai partita su quel volo. Ho soltanto bisogno che tu sappia che ti aspetterò sempre, indipendentemente da quello che succederà tra noi due. Non smetterò di amarti così facilmente. Tra due settimane ti vorrò tanto quanto ti voglio ora. Ricordatelo».

Sposta il mio volto per parlarmi a raso della guancia: «E ricordati anche che non è colpa tua. Non è colpa di nessuno. Se vorrai ricominciare una nuova vita, da capo, fallo. Non ti odierò, non potrei mai. Se pensi che sia quello che vuoi davvero, che ti possa rendere felice e che la vita ti sia più facile, fallo. Scordarmi tutte le volte che vuoi, ma non gettarmi via. Non fingere che io non sia mai stato nessuno per te, che io sia soltanto un'ombra del passato» mormora, ma il suo mi sembra più un grido di disperazione, «Per favore, non farmi questo».

«Ho sempre voluto la tua felicità e anche tu devi volere la tua» ridacchia ma l'amarezza gli corrode la gola, «Insegui i tuoi sogni. Io lo saprò se li avrai realizzati e sarò fiero di te, sempre».

Non riusciamo ancora a guardarci negli occhi, ma non serve. Posso immaginare il suo sguardo, ciò che vi è nascosto dietro. Lo so bene che entrambi i nostri occhi verdi sono lucidi.

«Ora abbracciami forte» chiede, facendosi piccolo come un bambino, «Voglio stare ancora un po' con te, così, tra le tue braccia, al sicuro».

Sono spaesata da tutto quello che mi ha detto, ed annuisco, consapevole del fatto che lui non mi possa vedere. Quindi fletto le braccia ancora di più, facendomi male ai muscoli, alle ossa delle spalle e del collo. Le dita delle mani si stirano, mi pizzicano perfino i polpastrelli.
Sono così tesa da sentirmi il respiro chiudersi nel petto, eppure non mi ritraggo, non ci rinuncio e non infrango il suo desiderio.

Lo stringo.
Anche se devo digrignare i denti per non sentire il dolore, anche se la sua pelle è così calda che potrei bruciarmi, anche se il suo corpo è pesante e mi schiaccia, anche se il vento mi fa lacrimare gli occhi.
Anche se vorrei scappare.

Dimentico ogni cosa, perché adesso ci siamo solo lui ed io e non voglio trovarmi da nessun'altra parte se non qui. Non ho bisogno di altro, perché anche se sono una persona difficile e non è facile leggermi dentro quello che provo, Scott è importante e ci tengo tanto a lui.

Quindi non lo lascio andare nemmeno quando cerca di tirarsi indietro e mi spinge via con le mani, nemmeno quando me lo chiede ad alta voce e sembra preoccupato.

Non mollo.
Continuo a tenerlo vicino a me.






CIAO SCOTTINE💛
Eccomi finalmente con l'aggiornamento.
Siamo ritornate al POV di Amanda e lo so benissimo che non aspettavate un capitolo del genere.

Dalla tempesta siamo arrivate alla calma. Chissà per quanto durerà. 🌼

Finalmente Amanda si è lasciata andare e questo ha concesso anche a Scott di aprire con lei il suo cuore ed essere sincero su tutto quello che le voleva dire.

Personalmente, trovo che la dolcezza e fragilità di lui sia disarmante. Mi fa di una tenerezza incommensurabile. 🌟

Invece, la delicatezza di Amanda è diversa, più schietta e acerba. Lei sta facendo più fatica ad andare avanti, a fidarsi completamente di Scott.
Ed è per questo che ci tengo tanto a lei, perché per un certo senso la capisco.

Questo capitolo non è facile da spiegare e forse non capirete perché si trova proprio qui, a questo punto, ma è importante. 🔒

Su Instagram pubblicherò una specie di "spiegazione" nelle storie.
Magari vi sarà più facile comprendere alcune cose e capire perché sembra tutto così improvviso.

Fatemi sapere se vi è piaciuto, ci tengo al vostro parere. ❤️

A presto. Un bacio.

IG: @thalia.owl_autrice

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