Are You Ok || Formula 1

Od Brokentyre

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Elsa è cresciuta guardando Schumacher sfrecciare con la sua Ferrari sullo schermo della televisione... quando... Více

1. Place de La Concorde
2. Avvincere, Convincere
3. Lights Out And Away We Go
4. Not a Grid Girl
5. Halo... It's Me (VET)
6. A New Beginning
7. I'm Here (GAS)
8. Hurts (LEC)
9. Hurts pt II (LEC)
10. Champions' Wall (RUS, ALB)
11. Baby Drivers (Mick, Callum, Robert, Marcus)
12. Ops una Carlando (NOR, SAI)
13. Mindgames pt I (HAM)
14. Night Thoughts (Nico Rosberg)
15. Mindgames pt II (ROS, HAM)
16. Shield (Mick)
17. Monza 2019 (LEC) pt. I
18. Monza 2019 (LEC) Pt. II
19. Sleepless (Marcus, Callum)
20. Shame (Ferrari)
21. Princess pt I
22. Princess pt II
23. Baku (RIC)
24. Quelli che Restano pt I
25. Quelli Che Restano pt II
26. Summer Break
27. Una vacanza
28. Can you swim?
29. Monza 2021, Saturday Pt I
31. A race to win (RIC)
32. Party and then (RIC)
33. Sleeping in your hand (RIC)
34. Glitters don't turn to gold
35. Può solo migliorare (Nyck)
36. Un altro giro di giostra
37. Challenge pt I (Ferrari)
38. Challenge pt II (Ferrari)
39. Being important pt I
40. Being important pt II
43. Mi fido di te - pt I (Charlos)
44. Mi fido di te - pt II
45. To the moon and back (RIC)
46. Never enough (Mick)
47. Lost and found
48. Flying thoughts
49. Austin GP pt I
50. Austin GP pt II
51. Austin GP pt III
52. By your side (Carlando, ops I did it again)
53. The Last Dance (Danke Seb)
54. Let's start again
55. Lion Heart (Max)
56. See you again (DR)
57. Love is a mess
58. Silverstone
59. Stress and love pt I (Leclerc-s)
60. Stress and love pt II (Daniel)
61. Stress and love pt III (Daniel)
62. To wear red (Charlos)
63. Night lights
64. Responsibility
65. Nightmare pt I
66. Nightmare pt II
67. Don't give me those eyes (Hotel room in Vegas)
68. Dancing with teary eyes
69. Kings and Queens pt I
70. Kings and Queens pt II
71. Quando nevica (LEC) pt I
72. Quando nevica (LEC) pt II
73. Medical drama
74. Jeddah (Carlos) pt I
75. Jeddah (Carlos) pt II
76. Confidenza
77. Panico
78. Plans and failures
79. Resta, se tu m'ami
80. Resta se tu m'ami pt II

30. Monza 2021, Saturday Pt II

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Od Brokentyre

Emisfero destro, emisfero sinistro, lobo temporale, frontale, occipitale, parietale: il cervello è una macchina perfetta in grado di racchiudere tutte le funzioni di un organismo. Pensare, camminare, scrivere, immaginare, sognare, ricordare, guidare, saltare, cantare, sorridere. Siamo in grado di fare tutto questo grazie a 1,4 kg di materia celebrale, che contiene 100 miliardi di neuroni.

Il problema della nostra testa è che la diamo sempre per scontata, come se, solo perché il collo la tiene attaccata nostre alle spalle, fosse qualcosa di cui non dobbiamo mai preoccuparci. Come se potessimo resistere a tutto, solo perché le ferite che non sanguinano non si vedono. Come se fossimo fatti di pietra, solo perché sembriamo resistere a qualche colpo.
E soprattutto nessuno presta attenzione all'altro. Nessuno si preoccupa che anche l'altro possa stare male, possa senrsi ferito, angosciato, perso, in mezzo a fiumi di parole che entrano come spade nella sua testa.
Nessun giornalista si preoccupa di che effetto possa fare a un ragazzino di ventitré anni sentirsi chiamare in continuazione "il predestinato".
Nessun utente di twitter si preoccupa di cosa si provi a leggere "sopravvalutato" accanto al proprio nome.
Nessuna ragazza che è appostata davanti a un albergo di Monza si fa problemi ad urlare il nome del pilota che sta aspettando da ore sotto il sole come se fosse una divinità, per poi chiedergli foto e autografi e lanciarsi addosso a lui per abbracciarlo, come se non fosse uno sconosciuto.

Charles in quel posto, due anni prima, ha vissuto il finesettimana più bello della sua vita. Ha fatto un miracolo, è diventato il Predestinato, ha acceso speranze e sogni grandi quando il mare di persone che era sotto il podio per lui quel giorno.
Dal giorno dopo nulla è stato più lo stesso.
La quantità di interviste da fare, di richieste di tutti i tipi da tutte le persone del mondo, di fan che lo inseguono ovunque per una foto, di paparazzi che lo spiano anche in barca al largo: tutto questo aumentato a dismisura. E, poco più di un anno prima, non era nessuno.
Il suo mondo è diventato così smisurato all'improvviso. Non si lamenta, anzi è molto grato di tutto quello che ha e sa di essere molto fortunato. Ma da un po' di tempo gli sembra di non essere più libero come prima.
Come se i nuovi pensieri di questo nuovo modo di vivere lo schiacciassero, lo tenessero come imprigionato nella sua mente.
Non sei libero se non puoi liberare la tua mente dalle preoccupazioni.

Appena si trova davanti alla sua macchina, con tutti i meccanici attorno a lui che aspettano solo di potergli allacciare le cinture per cominciare le prove libere, comincia a sentire il respiro più corto del solito. Una sensazione strana e non piacevole, come di una fitta allo stomaco.
Poi sale in macchina, per un po' si concentra sul programma che deve fare e gli sembra di sentirsi meglio.

Esce dal box, resta in fila con le altre macchine in pitlane, semaforo verde e parte. Comincia con la simulazione di passo gara con le gomme medie, un giro dopo l'altro cerca di fare quello che può per far andare meglio la sua Ferrari che continua ad avere tanti problemi.
Nonostante tutto il suo impegno, i tempi che vede scritti sul monitor ogni volta che torna ai box non sono per niente buoni. Poi esce di nuovo in pista e ogni tanto allunga lo sguardo sulle gradinate, con tutti quei tifosi con le bandiere della Ferrari. Tutti lì per lui. Continua a ripetersi che deve pensare solo a guidare, ma è come se la sua mente non riuscisse a stare ferma.
Poi arriva la comunicazione radio "Box box, red flags"
"What happened?"
"Carlos crashed turn 2"
Pochi secondi dopo passa davanti all'incidente, vede Carlos che sta scendendo con le sue gambe, ma la macchina ha molti danni.
Mentre rientra lentamente ai box prova un'emozione strana, che non si ricorda di aver mai provato prima. Si sente solo.
Perché per la prima volta la sua mente formula il pensiero che il pilota che è appena andato a muro non è un avversario in meno di cui preoccuparsi. Quello è il suo compagno di squadra. L'unica altra persona che stava combattendo dalla sua parte. L'unica persona con cui condivideva il peso delle aspettative e dei problemi. E l'ha visto commettere un errore perché non ha retto la tensione.
Com'è successo a lui, succederà anche a me.

La bandiera rossa dura pochissimo grazie alla velocità dei commissari che hanno subito portato via la macchina di Carlos dalla pista.
Charles ha passato dieci minuti fermo, seduto nella sua macchina, in silenzio, a guardare il vuoto davanti a sé. Nessuno è andato a parlargli, pensavano fosse solo molto concentrato.
Lo informano che la bandiera rossa è finita e lui riparte.
Ma si sente molto peggio di prima. Sempre peggio, ad ogni giro.

Sente la testa che comincia a girare, lo stomaco che si chiude, come un peso al centro del petto.
"ok devo stare calmo mi passerà" - pensa. Ma non riesce a smettere di pensarci.
Nausea. Vertigini.
"che cosa mi succede? Sto per schiantarmi? Avrò la forza di uscire dalla macchina? Mi farò male?"

La sua testa è completamente andata, non c'è nemmeno una cellula del suo corpo che stia pensando a guidare, i suoi piedi e le sue mani continuano a muoversi in automatico, come se sapessero a memoria come completare un giro a Monza.
Ora anche il respiro, gli sembra di non respirare. E di non riuscire a mettere a fuoco la strada.
"Prenderò il muro. Sarà questa curva o sarà la prossima?"
Quando non c'è più la tua testa alla guida della tua macchina è come essere su un aereo che è stato dirottato.
Nell'ultimo sprazzo di lucidità gli viene in mente il pulsante della radio. Lo schiaccia.
"Guys I need to stop. Can't explain here."
"Copy box"

Elsa stava rientrando nella sala urgenze del centro medico per tornare da Carlos, che dovrà restare in osservazione ancora per 30 minuti. Guarda velocemente il cellulare e in quel momento compare una chiamata in arrivo.
"Pronto?"
"Pronto, sono Andrea. Charles non si sente bene, potresti venire?"
Elsa sa che non dovrebbe muoversi dal centro medico, con un pilota ancora in osservazione che è affidato a lei e le prove libere ancora in corso... ma senza nemmeno pensarci risponde: "Arrivo"

Charles è sceso dalla macchina ed è seduto al suo posto nell'angolo del box, Andrea è inginocchiato davanti a lui per parlargli guardandolo negli occhi, e tutto intorno c'è una nuvola di ingegneri e meccanici. Tutti cercano di avvicinarsi e gli fanno domande. Lui risponde a monosillabi, con gli occhi semi chiusi.
Vorrebbe scappare ma le sue gambe, tutto il suo corpo, è come bloccato.
In quel momento arriva Elsa.

Le basta un solo sguardo per capire che cos'ha.
Nessuno sa perché ci riesca, è una specie di talento naturale, una delle qualità che l'hanno aiutata a specializzarsi in diagnostica in una delle università più prestigiose d'America, e anche il motivo per cui ha finito per iscriversi a medicina dopo aver salvato la vita a una sua compagna di liceo, ma questa è una lunga storia.

"Charles, vieni, andiamo di là" gli dice così, tranqullissima, senza convenevoli, senza chiedergli che cos'ha, cosa gli succede o dove sente dolore. Dal suo sguardo ha già capito che la risposta a tutte queste domande sarebbe "non lo so".
Per chi è naturalmente portato all'empatia tutti i manuali di psicologia sembrano stupidi.
PsicoBanalisi - pensava Elsa - cosa ci vuole a capire che per aiutare qualcuno che ha un attacco d'ansia poche parole scandite bene invece di mille domande assillanti?

Charles pensava di stare troppo male per potersi muovere, ma vede Elsa che lo chiama e gli tende la mano. La afferra e riesce ad alzarsi.

Elsa e Charles escono dal retro del box Ferrari mentre lui respira affannosamente, lei vorrebbe accompagnarlo nella sua driver room per calmarlo ma vengono fermati da un giudice della FIA.
"Dottoressa, dove va? Il centro medico è dalla parte opposta. Nessun pilota può avere trattamenti di favore e visite private. "
Elsa vorrebbe replicare e sta per mettersi a discutere ma il ragazzino che le camminava accanto è sempre più pallido - se sviene qui poi mi tocca chiedere al giudice di aiutarmi a spostarlo - pensa.
Quindi, senza dire nemmeno una parola, appoggia una mano sulla spalla di Charles e lo guida nella direzione opposta, verso il centro medico.

Mentre entrano dalla porta, Elsa, come in un déjà vu, si ricorda che uno dei due letti è già occupato da Carlos, si era quasi dimenticata di lui.
Ha solo un paio di passi di tempo per pensare, ma non le vengono in mente altre soluzioni.
"Carlos' checks are all ok?" chiede agli infermieri mentre apre la porta tra il corridoio e la sala emergenza.
"All good" le rispondono
"Ok, thanks, you can all go and have a break." non tutti capiscono e qualcuno è ancora lì a finire quello che stava facendo.
"I said go and have a break, thanks"
In qualche modo, quando serve anche con un po' di quella acidità imparata dalla preside del liceo, Elsa riesce sempre a convincere tutti.

Carols ha visto entrare nella stanza una macchia rossa che più si avvicina e più assomiglia al suo compagno di squadra. All'inizio sorride, perché, in mezzo a quelle mura bianche con le luci a neon e l'odore di disinfettante, vedere qualcuno che porta addosso i colori della tua squadra è come vedere un pezzo di casa.
Poi pensa che se si trova lì può essere solo per due motivi: o si è preoccupato per lui ed è venuto a vedere di persona come stava, o è andato a sbattere anche lui.
Ma dall'espressione seria di Elsa sembra più la seconda.

Charles era arrivato al limite, ha cercato di trattenersi il più possibile, di nascondere davanti a tutti quanto si sente male. Ma ora sta per esplodere. Ha i battiti del cuore a mille, il respiro affannoso, gli viene da vomitare.
Il mondo attorno a lui sembra ovattato, percepisce appena Elsa che lo spinge sul letto e lo invita a sdraiarsi.
In quel momento sente accanto una voce che ha un suono familiare.
"Che hai combinato cabrón ? Stai bene?"
Non riesce a rispondere, ma gira la testa verso di lui, lo guarda e si sente meno solo.

"Charles, adesso ti slaccio la tuta, ok?"
"Sto malissimo" è tutto quello che risponde.
"Adesso risolviamo"

Elsa dolcemente gli slaccia il velcro del colletto della tuta e gli abbassa la zip,  anche se ha ancora la pancia coperta dalla maglia ignifuga bianca si vede benissimo il diaframma che si contrae ritmicamente a piccoli movimenti troppo frequenti.
Con un sorriso rassicurante gli alza la maglia e gli fa una carezza, prima di mettersi nelle orecchie gli auricolari dello stetoscopio per ascolargli il battito. Mentre tiene la mano destra sulla campana dello stetoscopio all'altezza del cuore, con la mano sinistra Elsa stringe la mano di Charles.

"Shhh, Fai un respiro profondo... un altro respiro... dove ti fa male?"

"Qui... come se c'è un peso che mi schiaccia... poi mi viene da vomitare..."
Charles le indica un punto all'altezza dello stomaco, Elsa unisce le mani una sopra l'altra e gli palpa l'addome: non c'è nulla, a parte i muscoli leggermente contratti, è tutto normale. Allora gli sorride dolcemente e si rimette lo stetoscopio al collo. Al suo posto gli appoggia una mano aperta sul petto, come se, con la forza del pensiero, potesse calmargli la tachicardia.

"Hai anche mal di testa?"
"Si, mi gira tutto, mi sembrava di svenire"

"Ok, ho capito. Va tutto bene, ok? Niente di grave. Respira, e guarda me... sono qui. Adesso ti passa vedrai" - gli dice Elsa con una mano che gli accarezza le tempie mentre lui chiude gli occhi. - "Tranquillo Charles... Concentrati sul tuo respiro... fai un respiro profondo, inspira... espira..." Elsa continua a tenergli una mano sul petto e una sulla fronte, per farlo sentire protetto mentre cerca di regolarizzare la respirazione.

"Va tutto bene, arrivo subito, ok?"
Poi si allontana per un attimo, trova un bicchiere d'acqua, prende una fialetta di glucosio e fa cadere qualche goccia nell'acqua.

Soluzione glucosata. Acqua e zucchero, per gli amici.
Placebo, per gli studenti di medicina. Ma anche un buon rimedio per la nausea.

"Bevi piano. Vedrai che tra poco va meglio"

Carlos continua a guardarlo dal letto accanto: "Che cos'ha?" chiede Carlos ad Elsa con un tono di voce molto preoccupato. Anche Charles avrebbe voluto chiedere la stessa cosa, ma è come se non volesse sapere la risposta, o se non sapesse quale risposta preferire.
Elsa non risponde subito, appena Charles ha finito di bere lei riappoggia il bicchiere sul tavolino, e rimane ancora per un po' a guardarlo mentre lui chiude gli occhi, come se volesse essere certa di non aver sbagliato la diagnosi, continua a tastargli il polso per controllare che i battiti rallentino.

"Diciamo che gli è venuta un po' di ansia... Un po' troppa tutta insieme. È stata una crisi di panico, può capitare."

Sta respirando meglio, tutti i parametri stanno migliorando, ma ha gli occhi pieni di lacrime. Un po' perché tutta la tensione che ha tenuto dentro di sé ha bisogno di uscire, un po' perché si sente in imbarazzo, umiliato. Avrebbe quasi preferito che fosse un problema più grave. Ridursi così per una cosa così stupida come l'ansia.

"Ehi, è tutto ok. Sono qui, va tutto bene"

Elsa è seduta sul bordo del letto, si china verso di lui, gli circonda le spalle con le braccia e lo stringe forte. Una cosa semplice come un abbraccio può avere un effetto migliore di un calmante sintetico. E questo lo aveva capito anche la sua amica Letizia, che a tredici anni di sicuro non aveva studiato il sistema nervoso parasimpatico, quando sulla porta dell'esame di terza media l'aveva abbracciata fortissimo ed Elsa si era sentita subito meglio. Dopo una ventina di secondi le endorfine entrano in circolo, i muscoli si rilassano, tutti i livelli rientrano nella norma. Anche i pensieri tornano lucidi, e per questo si sente ancora più in imbarazzo.

"Non c'è nulla di strano eh, guarda che capita a tutti." Ma lui la guarda sconsolato, come per dire "smettila di cercare di farmi sentire meglio, non è vero che capita a tutti, questo schifo capita solo a me"

"Quando stavo finendo la specializzazione in America preparavo l'esame finale più importante della mia vita. Da quella prova dipendeva la mia carriera e il mio futuro. Solo chi prende il punteggio massimo viene richiesto dai migliori ospedali. E io ero la migliore del mio corso, se uno qualsiasi degli altri mi avesse battuto sarebbe stata una sconfitta. A quell'esame c'è anche gente che viene bocciata, che non supera la prova, che deve ripetere l'ultimo anno e che si tiene per tutta la vita sul curriculum la macchia della bocciatura, del fallimento.
Mi sentivo impazzire, non riuscivo più a pensare, a mangiare, a dormire, a fare le cose più normali e invece dovevo studiare, continuare il tirocinio in ospedale dove lavoravo cinquanta ore a settimana, e quando ero a casa dovevo anche badare al figlio del mio compagno."

"E come hai fatto?" chiede Carlos che un po' si inserisce in una conversazione che non era la sua ma è troppo curioso... infondo perché anche lui sa come ci si sente.

"Mi sono incasinata. Ho commesso un errore dopo l'altro, ho anche cominciato a prendere di nascosto farmaci neurostimolanti, come se potesse essere la soluzione e invece ne ho ricavato solo una dipendenza che avrebbe potuto farmi radiare dall'albo. Poi, mentre stavo per buttare via tutto, un mio amico mi ha trovato in una stanza da sola a piangere. Mi ha abbracciata forte, finché la nebbia dell'ansia si è spostata un po' e ho messo a fuoco il casino che stavo combinando. Ho smesso di prendere le pillole che mi tenevano sveglia la notte e ho ricominciato a studiare con i miei ritmi, senza neurostimolanti per la concentrazione, nè calmanti per lo stress. Dovevo resistere, anche se ogni volta che aprivo un libro mi veniva da vomitare. Vivevo con Aaron, ma lui non c'era mai e restavo sola con suo figlio. Jack aveva quasi tre anni e mi dormiva in braccio, abbracciandomi stretta mentre sedevo alla scrivania. Per farlo addormentare gli cantavo elenchi di patologie come fosse una ninnananna, e mi sentivo meno sola. È andata così, una pagina alla volta, concentrandomi un po' meno su dove sarei dovuta arrivare e un po' più sulla strada che avevo fatto, pensando che come ero arrivata fin lì potevo arrivare un po' più avanti."

Charles ha capito, non sa trovare nulla di giusto da dire, quindi dice solo "Grazie."
Carlos è un po' senza parole, quindi non dice proprio nulla.

Elsa stringe Charles per l'ultima volta dandogli un bacio sulla fronte.

"Dai su voi due, avete mezz'ora di riposo mentre aspettate che arrivino altri due medici per darvi il permesso di correre oggi pomeriggio."
"Non ci autorizzi tu?" - Chiede Carlos
"No, non posso... il regolamento prevede che ci sia più di un medico a giudicarle l'idoneità alla guida, e possibilmente non lo stesso che vi ha curato, altrimenti ci potrebbe essere un conflitto di interessi... comunque sarà meglio che li convinca ad autorizzarvi perché alla Ferrari come vostri sostituti restano solo i piloti di Formula 3... beh, in effetti, almeno per uno non servirebbe neanche cambiare il nome scritto sopra ai box" riesce a strappargli un sorriso.
Poi prende il suo iPad e lo fa trasformare in una scacchiera, lo consegna a Carlos che è ancora sdraiato sul letto.
"Eh ma io come faccio?" Chiede Charles.
"Alzati e vai lì con lui no?"
Carlos si sposta su un lato del letto e Charles si stende accanto a lui, fianco a fianco come due amici che guardano una partita insieme sul divano, e cominciano una partita a scacchi.

Carlos, che non si è mai fatto troppi problemi a dimostrare affetto con il contatto fisico, stringe a sé Charles circondandogli la schiena con un braccio. E Charles, per una volta, si lascia avvicinare. E si rilassa, mentre piega la testa di lato per appoggiarsi sulla spalla di Carlos.

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