SCP Guerra

By NazarTheEzio

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L'allarme della multipla breccia nel contenimento è rientrato, ma il pericolo è sempre dietro l'angolo. L'Ins... More

No. 26 - Paure e segreti
No. 27 - Città perdute [1]
No. 28 - Città perdute [2]
No. 29 - Città perdute [3]
No. 30 - Città perdute [4]
No. 31 - Recuperi [1]
No. 32 - Recuperi [2]
No. 33 - Recuperi [3]
No. 34 - Recuperi [4]
No. 35 - Verso l'intesa
No. 36 - Quando le ombre pensano
No. 37 - Azione-reazione
No. 38 - Grande Guerra dell'Anomalo: inizio
No. 39 - Nemico del nemico
No. 40 - Onore e religione
No. 41 - Tempo e sogni
No. 42 - Dominio e fedeltà
No. 43 - Realtà delle occasioni

No. 25 - Un giorno qualunque

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By NazarTheEzio

Fine ottobre 2040, Los Angeles, USA

Un grande fiume di auto viaggia placidamente sulle strade centrali della città californiana, formando una cacofonia di motori e clacson. Una massa di persone si sposta sui marciapiedi, avvolti nelle giacche autunnali, con gli ombrelli sotto al braccio e colpiti da un forte vento. È mezzogiorno, ma è come se fosse la mezzanotte passata a causa delle dense nuvole nere sopra al dedalo di strade. Nell'aria si sente odore di tempesta e dalla costa si odono lontani tuoni che, mano a mano che i minuti passano, si avvicinano sempre più al centro abitativo.

Nella zona centrale della città, ricca di alcuni grattacieli, la gente cammina a passo spedito, distratta da mille preoccupazioni e dalle importanti chiamate di lavoro. Mentre cammina, non si guarda nemmeno intorno, ormai abituata a vedere quotidianamente sempre lo stesso paesaggio e gli stessi dettagli. Almeno fino a quel giorno.

Appena passa ai piedi di uno dei grattacieli, ricoperto completamente da delle lastre di vetro riflettente, sente provenire dal suo interno dei insoliti rumori. Volge appena lo sguardo per poter capire cosa succede, ma quando scopre di non riuscire a vedere nulla a causa di quel vetro, alza le spalle e riprende a camminare, pensando che si tratti dei lavori di ristrutturazione in corso. Ma la realtà è diversa dalla fantasia.

In quello stesso momento un gruppo di guardie armate con fucili corre a passo spedito lungo un corridoio illuminato dell'edificio. Velocemente controlla ogni stanza del piano e, seguendo una leggera scia di sangue sulle pareti, raggiunge le scale di emergenza. Le guardie escono sul pianerottolo, guardano in alto, verso il rumore di altri passi, e vedono sparire dietro alla rampa di scale una camicia bianca strappata e macchiata di sangue. L'uomo a capo degli inseguitori fa il cenno agli altri di seguirlo e si precipitano a salire il più in fretta possibile. Raggiunto il piano successivo, a loro si aggiungono alcune delle altre guardie, mentre il restante rimane a pattugliare il piano assegnatoli.

Superano altri cinque piani quando notano che l'uomo inseguito, visibilmente stanco, rallenta. Uno degli uomini armati spara qualche colpo, ma sbaglia la mira, colpendo la ringhiera e scheggiando il muro in cemento armato. Imprecando per la frustrazione, scatta in avanti pensando di poterlo bloccare a terra. Ma appena fa qualche passo, si ritrova ai piedi una bomba senza la sicura che pochi attimi dopo esplode, accecando tutti i presenti.

-Cazzo! - Esclama il capo delle guardie strofinandosi gli occhi come gli altri. - Quello stronzo è riuscito a sfuggirci ancora!

-L'intero edificio è in allarme rosso. - Si aggiunge una delle guardie. - Ogni piano pullula di trappole e di fucili pronti a sparare. Non riuscirà a scappare.

-Ti stai dimenticando che è della Fondazione SCP. - Riprende il primo con rabbia. - Anche se è solo, riesce comunque a tenerci testa. Meglio non sottovalutarlo.

I soldati annuiscono quasi all'unisono e, dopo un paio di minuti di sparatorie ed altre esplosioni ai piani superiori, continuano a salire una volta recuperata la vista. Continuando a seguire le tracce di sangue e i segni di battaglia, salgono di altri sei piani. Con un calcio spalancano la porta ormai distrutta e annerita e tutte le guardie si riversano nel corridoio ricoperto di cadaveri di altre guardie e di alcuni impiegati.

-Dev'essere qua intorno. - Sussurra l'uomo in testa al gruppo. - Fate attenzione e controllate con cura ogni ufficio. Se si nasconde qui, lo staneremo e lo uccideremo come un cane.

Le guardie procedono con molta cautela lungo il corridoio. Si affacciano negli uffici tenendo il dito sempre pronto sul grilletto e con il puntatore laser acceso. Per terra vedono scrivanie rovesciate, fogli sparsi per terra e altre tracce di sangue. Il gruppo percorre tutto il corridoio, raggiungendo altra porta tagliafuoco. Completamente intatta rispetto a quella precedente e senza alcuna macchia rossa. Il capo del gruppo sta per attivare il proprio auricolare per comunicare l'assenza del fuggitivo, quando una delle guardie richiama la sua attenzione.

L'uomo, seguito dagli altri, raggiunge uno degli uffici interni dell'edificio vicino all'uscita di emergenza ed entra dentro. Davanti al muro, messo di spalle e dietro ad una scrivania, un uomo scalzo, vestito con una camicia bianca, strappata e macchiata di sangue, e un paio di pantaloni neri nella stessa condizione guarda una bacheca ricoperta di scritte e post-it. Appena gli uomini armati lo vedono, lo puntano subito coi loro fucili, in attesa del comando del loro capo. L'uomo, con un largo sorriso, dice compiaciuto:

-Finalmente ti sei deciso a fermarti, bastardo. Ormai avrai già capito che scappare è inutile. La tua misera vita finisce qui.

Poi accende il suo auricolare e continua:

-Signore, lo abbiamo preso. Si è rifugiato in un ufficio senza alcuna via di fuga. Aspetto i suoi ordini.

<-Ben fatto, capitano.> - Risponde una potente voce maschile dall'altra parte dell'apparecchio. - <Potete farlo fuori. Il capo ha deciso così. Quel bastardo della Fondazione ha scoperto troppe cose. La sua morte è più che giustificata.>

-Ricevuto. - Conclude il capitano e riprende la mira. - Ehi, bastardo! Sei stato condannato a morte! Hai qualche ultima parola?

L'uomo di spalle inizia a tremare e a singhiozzare. Cerca di dire qualcosa, ma le parole gli muoiono nella gola. Ha paura, e gli altri lo sanno. Stringe forte i denti per cercare di calmarsi, abbassa la testa in segno di resa. Poi di colpo si volta esclamando:

-Fermi! È una tra…

Non finisce la frase prima di essere crivellato di colpi. Spruzzando sangue, cade sulla scrivania e poi si riversa sul pavimento in una pozza rossa. Appena il capitano si rende conto che quello non è l'uomo che stavano inseguendo, ma una guardia come gli altri, lancia un urlo pieno d'ira.

-Quel maledetto bastardo! Ci ha ingannati nuovamente! Appena lo trovo, giuro che gli svito la testa, lo squarto e lo butto nell'oceano!

Il capitano fa un passo in avanti, entrando nell'ufficio, ma in quel momento il suo piede inciampa in un sottile filo. Con uno strattone, le sicure di due granate, attaccate con dello scotch ai due muri vicino alla porta, saltano via. Il capitano ha solo il tempo per rendersi conto della situazione, quando una grande esplosione lo travolge in pieno, coinvolgendo anche le altre guardie e distruggendo un paio di uffici vicini. In quel preciso istante l'uomo inseguito, con il volto pieno di ferite e con del sangue fresco, esce fuori da un'altro ufficio, lontano dalla deflagrazione. Vestito come le guardie dell'edificio, un'uniforme nera con delle strisce rosse, con uno piccolo zainetto sulle spalle, un borsone a tracolla e con un lanciagranate su una spalla, esce nuovamente sulla tromba delle scale e riprende a correre verso l'alto.

Due piani più in basso il ruggito dell'esplosione e il tremore delle pareti e delle finestre attirano l'attenzione del direttore della struttura. Le guardie si mettono subito in allerta e si guardano intorno, aspettandosi un improvviso crollo del soffitto. Il direttore, guardando in alto e stringendo in una mano una pistola, attiva l'auricolare e dice:

-Capitano Gherberth, cosa succede? - Nessuna risposta. - Capitano Gherberth, l'avete ucciso? Risponda, Capitano Gherberth! Capitano Gherberth!

Sentendo soltanto lo statico del dispositivo, impreca e da un calcio ad alcuni fogli sparsi sul pavimento. Una delle guardie, stando sempre all'erta, chiede:

-Che succede?

-Succede che quel bastardo della Fondazione è scappato nuovamente! - Esclama il direttore. - Cazzo! Avrei dovuto saperlo fin dall'inizio che quello non era un imprenditore olandese! Avrei dovuto ucciderlo subito! Mi sono fatto abbindolare come un moccioso!

-Quindi adesso cosa facciamo? - Continua la guardia.

-Andiamo a prenderlo, ovviamente! Ha scoperto troppe cose e sarebbe un problema se lo venissero a sapere gli alti dirigenti della Fondazione SCP. Le informazioni che ha acquisito non devono abbandonare questo edificio. L'Insorgenza del Caos non può farsi ingannare così facilmente da un solo uomo!

Detto ciò, il direttore fa un cenno alle guardie e tutti escono sulla tromba delle scale, riprendendo di corsa la salita e seguendo il rumore delle esplosioni.

Il fuggitivo continua a correre sempre più in alto. Ormai stanco e con i polmoni che gli bruciano nel petto, non si ferma nemmeno per un attimo. Appena incrocia il percorso con le altre guardie, estrae una delle granate dal borsone, toglie la sicura e la lancia contro di essi. "Ma quanti piani ci sono ancora?", pesa mentre corre. "Non sono più abituato ad un'attività fisica tanto intensa. Ma chi me lo ha fatto fare?" Supera un pianerottolo di mezzo e si ritrova davanti ad alcune guardie coi fucili puntati su di lui. Estrae velocemente un'altra granata, toglie la sicura e la tira contro mentre fanno fuoco. Cerca un riparo scendendo una rampa, ma alcuni proiettili lo colpiscono al braccio. In quel momento la granata esplode, facendo tremare la struttura e danneggiando un po' le scale. L'uomo riprende per un attimo il fiato e, superati i corpi dilaniati, continua a correre stringendo i denti e perdendo del sangue dal braccio sinistro. Fruga un attimo nel borsone e pensa: "Mi rimangono ancora tre granate con la sicura e due per il lanciagranate. Non vorrei sprecarle tutte visto che non si vede ancora la fine, ma le guardie non finiscono più. Ad ogni piano sembra che raddoppiano. Avrei dovuto prendere dall'armeria qualche granata in più. Dannata fretta!"

Il direttore e le guardie, intanto, raggiungono il piano su cui è avvenuta l'esplosione. Oltre la porta si ritrovano davanti ad un cumulo di corpi dilaniati e anneriti, circondati da dei fogli bruciati e detriti degli uffici distrutti. Sotto al cumulo di cadaveri una guardia, appena sente dei passi avvicinarsi e fermarsi vicino, apre leggermente gli occhi e con il filo di voce dice:

-Di… retto… re…, a… iu… to…

L'uomo, con lo sguardo freddo e pieno di rabbia, punta la pistola contro la guardia e spara un colpo in testa senza alcuna esitazione e nemmeno la protesta degli altri.

-Che idioti. - Dice. - Sono caduti in una trappola che anche un bambino riuscirebbe ad evitare. Gentaglia inutile.

Con un balzo supera i cadaveri e si incammina lungo il corridoio. Appena si accorge che nessuno lo segue, si volta ed esclama:

-Beh?! Che fate lì impalati?! Siete già stanchi?!

-Scusi se mi permetto, direttore, - prende timidamente parola una delle guardie del gruppo, - ma non ci conviene passare dalle scale da cui siamo venuti? Forse è lì.

-Vuoi che ti faccia un buco in fronte, coglione?! - Il direttore gli punta contro la pistola. La guardia inizia a tremare di paura e scuote la testa nervosamente. - Come fai a pensare che quello sia riuscito ad attraversare l'esplosione e sopravvivere? Perché non usi un attimo il tuo inutile cervello?!

A quel punto anche le altre guardie iniziano a sudare freddo e deglutiscono nervosamente. Il direttore, sicuro di aver ristabilito l'ordine, abbassa la pistola e si appresta ad andare avanti commentando:

-Idioti! Tutti quanti! Non uno sì e l'altro no!

Le guardie, senza perdere altro tempo, seguono il capo della struttura senza dire nemmeno una parola. A quel punto dall'alto si sentono provenire altre esplosioni, seguite da altri scossoni della struttura. Il direttore si ferma e pensa: "Ancora? O ci sta ingannando, portandoci il più in alto possibile per poi poter scendere nuovamente, oppure sta puntando al tetto." Poi si rivolge ad un'altra guardia:

-C'è qualche elicottero sul tetto adesso?

-Credo di sì, ma non ne sono sicuro.

-C'è o non c'è?! - Alza la voce l'uomo.

-Sì, c'è. - Risponde la guardia tremando. Il direttore, premendo due dita sull'auricolare, ordina:

-Bloccate in qualunque modo la scala verso il tetto! Non fatelo passare! Io e i miei uomini gli staremo alle calcagna! Gli altri passate dall'altra parte e bloccatelo sull'ultimo piano! Non sparare per nessuna ragione al mondo! Lo voglio uccidere con le mie stesse mani!

Ricevuta la risposta affermativa, esce sull'altra tromba delle scale e accelera il passo, imitato dalle guardie.

Il dolore al braccio sinistro inizia a farsi sentire. Ma l'uomo lo ignora e a passo veloce supera anche il penultimo piano. Una volta messo il piede sul pianerottolo di mezzo, un'improvvisa esplosione e lo spostamento d'aria provocato da essa lo schiacciano contro il muro. Dei detriti di cemento e pezzi di ferro precipitano nel vuoto, sollevando una nuvola di polvere che si espande in tutta la tromba delle scale. L'uomo tossisce e riprende l'equilibrio. Sale l'ultima rampa e si ritrova davanti una parte delle scale distrutte. "Hanno saputo che avrei tentato di salire sul tetto." pensa con frustrazione mentre cerca di vedere oltre la polvere, che intanto lentamente si sta depositando a terra. Il rumore dei passi più in basso lo mettono di fretta e così, forzata la porta tagliafuoco, entra nel corridoio dell'ultimo piano. Inizia a dirigersi verso le altre scale, quando da quella parte arriva un altro gruppo di guardie. Appena lo vedono, aumentano la velocità della corsa e si tengono pronti a sparare. L'uomo, circondato dai due lati, con una spallata apre la porta di un ufficio alla sua destra e la chiude dietro di sé.

In quel momento arriva anche il direttore insieme alle altre guardie.

-Dov'è? - Chiede all'altro gruppo. Una guardia gli indica con un cenno della testa l'ufficio in cui è entrato il fuggitivo. Il direttore si mette davanti alla porta e dice, rivolgendosi al suo gruppo:

-Voi venite con me, ma non sparate. Tenetelo solamente sotto tiro. - Poi guarda l'altro gruppo. - Voi invece rimanete qui fuori. Non si sa mai, anche se non credo che servirete a qualcosa.

Con un calcio sfonda la porta ed entra dentro. Osserva con attenzione cinque scrivanie abbandonate in fretta e furia, con altri fogli sparsi sul pavimento. L'occhio vigile del direttore si sposta da una lunga vetrata sul paesaggio cupo della città fino ad una delle scrivanie rovesciata a terra, vicino al muro opposto di dove si trovano loro. Il direttore si volta in quella direzione, circondato dalle guardie, e dice:

-Dottor Glass, basta giocare a nascondino. Esca da dietro quella scrivania e affronti i suoi problemi.

Il Dottore lentamente si alza in piedi e, tenendo le braccia dietro la schiena, guarda il direttore dell'edificio.

-Alla fine è riuscito a raggiungermi, signor Cobard. - Ribatte con un sorriso stampato in faccia. - Sembra che abbia vinto lei.

Cobard gli punta la pistola addosso e, sorridendo anch'egli, dice:

-Solo se ti uccido avrò vinto veramente.

-Ah, adesso siamo passati a darci del "tu". Non mi aspettavo un trattamento simile.

-Io do del "lei" solo alle persone che meritano il mio rispetto. Ma questo non è il tuo caso. La Fondazione non merita il mio… anzi, il nostro rispetto. Voi non siete altro che spazzatura da distruggere. Voi non dovete esistere più.

-Tu parli di distruggerci, ma è da quando esistete che non riuscite a porre fine alla nostra esistenza. Quindi non riesco a comprendere il senso del tuo discorso.

-È vero, l'Insorgenza ha sempre perso contro la Fondazione. Ma questa volta è diverso. Questa volta la vittoria sarà nostra. Sai cosa intendo.

Dottor Glass annuisce con un po' di preoccupazione sul volto. Cobard sorride ancora di più, consapevole che l'uomo della Fondazione sa quello che l'Insorgenza ha intenzione di fare. A quel punto, soffocando una risata isterica, abbassa la pistola, ma facendolo tenere sotto tiro dalle guardie, e continua in tono pacato:

-Senti, Glass. So che alla Fondazione stai svolgendo il lavoro dello psicologo, quindi sai quali tasti toccare di una persona. Ovviamente io non riuscirei a vincere un dibattito contro di te…

-Cosa vuoi? - Lo interrompe Glass. - Di' quello che vuoi dirmi in fretta. Non ho molto tempo da perdere.

-Spero vivamente che tu conosca il detto che fa: "Se non puoi batterli, unisciti a loro". Insomma, qualcosa del genere.

Dottor Glass ragiona per qualche attimo, poi improvvisamente realizza il punto di arrivo del discorso di Cobard. Ma non vuole anticipare nulla, curioso di scoprire come se la caverà con le parole.

-Devi sapere che un uomo, quando è da solo, non riuscirebbe a battere un intero esercito. Verrebbe ucciso all'istante. Per lui sarebbe la fine. Ma se quell'uomo si unisce all'esercito contro il quale combatte, potrebbe sopravvive.

Intanto fuori dalla finestra il temporale inizia ad abbattersi sulla città, tagliando l'aria con fulmini e saette, illuminando gli edifici coi lampi e scuotendo i vetri coi tuoni. Poi delle grosse gocce d'acqua, in caduta libera dalle nubi nere e trasportate dal vento forte, si schiantano con forza sulle finestre e sul suolo. La gente, tenendo a stento gli ombrelli aperti tra le mani, affrettano il passo e cercano di raggiungere dei rifugi provvidenziali nei bar e ristoranti. Lentamente le strade iniziano a svuotarsi sempre di più. Ma né Cobard né Glass e nemmeno le guardie si preoccupano di ciò. Il direttore continua:

-Ci sono delle situazioni in cui non si può sconfiggere un nemico. Sono le situazioni in cui bisogna decidere in fretta cosa fare: morire nel combattimento, scappare oppure unirsi al nemico. Io credo che in alcuni casi la terza opzione sia molto più appropriata rispetto alle altre. Se vuoi sopravvivere, devi farlo senza pensarci. Osserva bene la situazione in cui sei adesso. Sei solo, ferito, indifeso… e pieno di informazioni sui nostri piani. Tutte le uscite sono chiuse e tu sei circondato. Hai davanti a te tre opzioni: morire per mano mia, qui e subito, suicidarti lanciandoti dalla finestra, unirti all'Insorgenza del Caos. Tre semplici opzioni, pronte per essere ponderate con attenzione.

Glass non risponde nulla, limitandosi a guardare Cobard con intensità e rabbia. Poi con la coda dell'occhio guarda fuori dalla finestra e alla fine osserva con attenzione le guardie coi fucili spianati contro di lui.

-Tre opzioni, due delle quali implicano la mia morte. - Dice alla fine. - Come mai adesso mi stai proponendo di unirmi all'Insorgenza? Fino a poco fa mi stavi facendo inseguire con un esercito.

-È vero, l'ordine del capo era proprio quello di ucciderti. Ma vedi, dopo tutti questi giorni che hai passato qui ho capito che sei una persona molto astuta e abile con le parole. Sarebbe un peccato ucciderti. Quindi ho pensato, perché non reclutarti con noi? Andrei contro l'ordine del capo, ma sono sicuro che tu riuscirai a simulare alla perfezione la tua morte. Come ti sembra questa idea?

Glass sorride, abbassando gli occhi. Cobard lo guarda con il sorriso sornione sulla faccia. Qualche attimo dopo il Dottore chiede:

-Dimmi una cosa, Cobard: sei io mi unirò all'Insorgenza, mi faresti il favore di trattare  bene quei ragazzi che mi hanno liberato e dato armi per difendermi?

-Riguardo a questo non ti posso garantire nulla. - Risponde Cobard. - Quelli sono già sistemati per sempre. Non potranno più fare alcun danno.

-In poche parole li hai uccisi.

-È la fine che fanno gli irresponsabili.

-È un vero dispiacere per me sentire ciò, erano così gentili. Questo significa che non posso unirmi a voi. Anzi, non era la mia intenzione fin dall'inizio.

In un attimo Glass punta contro il gruppo armato davanti a lui il lanciagranate e preme il griletto. Fuori dalla finestra un lampo squarcia il cielo e il rombo fa tremare il vetro. Appena la granata tocca il suolo, il Dottore si abbassa e ricarica l'arma. La prima granata esplode, travolgendo le guardie e Cobard. La palla di fuoco si schianta contro la finestra, danneggiandola, e si espande anche verso le guardie nel corridoio. Poi l'intero ufficio viene inondato dal fumo e polvere, facendo Glass tossire. Poi, subito dopo un altro rombo del tuono, spara l'ultima granata verso la finestra e la fa andare in frantumi. Le schegge dei vetri e i detriti precipitano sulla strada sottostante, colpendo delle auto e ferendo alcuni passanti, sconcertati  da quell'improvvisa esplosione. Glass lancia via il lanciagranate e, presa la rincorsa, si butta fuori dallo squarcio appena creato. Pochi attimi dopo tira la cordicella nello zainetto sulle spalle e un paracadute nero si apre. Ma appena l'uomo, colpito da un'intensa pioggia battente, prova a prendere il controllo di quello, il vento forte inizia a trasportarlo verso i monti. Inutile tentativo di riassestarsi. Viene portato di qualche metro verso l'alto, poi subito dopo trascinato verso il basso. Il volo dura qualche secondo prima di schiantarsi su un tetto piano di un edificio a qualche isolato di distanza dal grattacielo dell'Insorgenza. Disteso nell'acqua, prova ad alzarsi, ma un intenso dolore alla coscia destra non glielo permette. In quello stesso momento una forte corrente d'aria rialza il paracadute.  Glass, per non rischiare di essere trascinato, sgancia la cintura dello zaino dal petto e sfila gli spallacci dalle braccia. Quello prende immediatamente il volo e sparisce nella pioggia. Con le sue ultime forze si trascina verso un serbatoio d'acqua e, stringendo i denti per il dolore, estrae da una delle tasche dei pantaloni un piccolo dispositivo elettronico. Preme il pulsante e quello si illumina. Poi, mentre attende sotto al temporale l'arrivo della squadra di recupero della Fondazione, pensa: "Qualcuno dovrebbe spiegare agli O5 che non ho più età per fare certe cose. In questo momento dovevo essere nel mio ufficio, invece che qui a rischiare di morire. Quanto vorrei adesso andare in pensione."

***

È un periodo intenso per gli Stati Uniti. Il giorno delle elezioni  presidenziali si avvicina sempre di più. I due candidati principali, il presidente uscente Frank Gorwin e il suo avversario Finn Edison, giorno  dopo giorno si sfidano in comizi elettorali in ogni singolo Stato. Non risparmiano nessuna parola, nessuna emozione, nessuna frecciatina. Il discorso di uno cerca di superare quello dell'altro, creando un botta e risposta lungo quasi un mese. La popolazione americana segue con molto trasporto questi eventi, sia dal vivo che sulla televisione. Ogni singolo cittadino decide di schierarsi, a chi credere, a chi affidare le proprie speranze e i propri sogni. I dibattiti diventano sempre più aspri, tanto che da una settimana vengono organizzati cortei di sostegno. Certe volte i cortei sfociano in gerriglia urbana dai riscontri tragici.

La peggiore è avvenuta qualche giorno prima della breccia di contenimento nella Fondazione, a Chicago. Due cortei, partiti dalle due estremità opposte della città, si sono incontrati nelle vie centrali. All'inizio stavano soltanto lanciandosi a vicenda le porole di offesa, ma poi passarono alle mani a causa di una bottiglia molotov scagliata in mezzo alla folla da uno sconosciuto. La polizia in tenuta antisommossa ha tentato in qualunque modo di calmare i bollenti spiriti. Il tutto si è risolto nel peggiore dei modi: una sessantina di vittime e quasi duecento feriti, di cui venti recoverati in ospedale con prognosi riservata. Le strade di quella parte della città erano irriconoscibili, piene di schegge di vetro, resti anneriti delle sostanze infiammabili, vetrine rotte, alcune macchine distrutte e incendiate. Il giorno dopo la polizia di Chicago è riuscita a rintraciare l'artefice della guerriglia, scoprendo che si trattava di un anarchico, omofobo e razzista, già noto alle forze dell'ordine per aver causato atti simili nel passato. L'uomo è stato trovato nel suo appartamento in periferia e arrestato.

Anche nei giorni successivi sono stati registrati alcuni scontri nei cortei organizzati nelle altre città, ma meno violenti e terminati con solo una decina di feriti lievi e alcuni arresti. E mentre succede ciò, i comizi dei due candidati continuano imperterriti. Nessuno dei due ha intenzione di mollare proprio ora e ognuno fa leva sulle vicende di quei giorni per poter aggiungere alla propria schiera altri sostenitori. E le radio, le televisioni e i giornali ne parlano costantemente.

[-Ciò che sta succedendo in questi giorni è imperdonabile.] - Tuona il presidente uscente Gorwin in uno dei comizi trasmessi alla TV quello stesso giorno di fine ottobre. - [Questi scontri per le strade delle nostre città non possono e non devono essere giustificati. Questo non è un comportamento degno di un paese civile come il nostro. Dobbiamo essere un esempio buono agli altri, non quello cattivo. La Democrazia non può e non deve essere calpestata in questo modo ignobile. Quindi chiedo a tutti i miei sostenitori di interrompere immediatamente tutti gli episodi di violenza. E spero che anche il mio avversario faccia lo stesso appello, se anche lui desidera di vivere in un pese sicuro. I cortei possono svolgersi anche in modo pacifico.]

-Tutto fiato sprecato. - Commenta un uomo seduto al bancone di un bar, sorseggiando della birra. - Se vuole che i cortei si svolgano in pace, allora è meglio che faccia qualcosa invece di starsene lì a parlare.

-Magari lo sta già facendo? - Ribatte un altro uomo, seduto ad un tavolino al centro della sala.

-E tu cosa ne sai? Sei forse un suo consigliere?

-No, ma ho una piena fiducia in lui. Se Gorwin dice una cosa, considerala già fatta. E questi anni del suo mandato lo dimostrano chiaramente.

-Perchè? Cosa ha fatto di così importante? Ha forse fatto sparire le guerre?

-Questo è troppo anche per lui. Ma si è impegnato molto per semplificare la vita dei cittadini e farli vivere in tranquillità. Secondo te chi ha complicato le procedure di acquisto delle armi e ha introdotto una tassa sul loro possesso?

-Bel cambiamento! Davvero molto intelligente. - Risponde in modo sarcastico l'uomo al bancone. - Adesso, grazie a lui, devo farmi umiliare da un intruso entrato in casa mia per derubarmi. E se mi voglio difendere devo mensilmente pagarlo per farlo. Che gangster.

-È il nostro presidente, se non te ne sei accorto.

-Il vostro, mica il mio. Io non ho votato per quel pupazzo plastificato.

-Almeno sa cosa fare rispetto a quel Edison.

-Edison è più pragmatico. Se vincerà lui, stai certo che farà cose assai migliori del tuo Gorwin.

-Sì, migliorare la produzione delle armi.

-L'esercito deve essere pronto e ben preparato a difendere i confini nazionali. Non possono mica farlo con le fionde e i sassi.

-Come mandare a fanculo in pochi e semplici passi i rapporti diplomatici e di fiducia con il resto del mondo. - Risponde l'uomo al tavolino, e, afferrata la sua birra, si alza e si avvicina al bancone.

-Vuoi forse che i terroristi di turno violino i nostri confini e si diano alla pazza gioia?

-No, ma ci sono modi alternativi per impedirlo.

-E il tuo Gorwin li ha trovati?

-Almeno ci stava riuscendo. Edison, invece, farebbe mandare tutta la fatica spesa in quattro anni in fumo. Tutti quegli sforzi nel trovare un dialogo.

-Non c'è alcun dialogo coi terroristi! Chiaro?! - Esclama l'uomo al bancone e batte un pugno su di esso. Il barista, in quel momento distratto da alcuni clienti, si volta di scatto per capire cosa succede. Resosi conto del dibattito leggermente animato dei due uomini e non notando alcun danno materiale, torna a concentrarsi sulle proprie faccende, ma tenendo sempre un occhio vigile sui due. L'uomo in piedi finisce il suo boccale di birra, e si avvia alla cassa a pagare. Fatto ciò e preso lo scontrino, si volta ancora una volta verso il suo avversario del dibattito e aggiunge:

-Il dialogo è sempre una scelta saggia.

Esce dal bar, lasciando l'altro uomo, fumante di rabbia, seduto al bancone.

Dietro le quinte di uno studio televisivo un uomo cammina lungo un corridoio. Si avvicina a due bodyguard ai lati della porta di un camerino e, essersi fatto riconoscere, bussa. Pochi secondi dopo una voce dall'interno lo invita ad entrare. L'uomo lo fa e chiede dietro di sé la porta.

-Sarà in onda tra quindici minuti. - Dice. - È pronto?

-Assolutamente sì. - Risponde l'uomo seduto davanti ad uno grande specchio con le luci. - Non vedo l'ora di recitare il tuo magnifico discorso, David.

-Sono lusingato, signor Edison. Se vinceremo noi, e lo faremo sicuramente, sarebbe un grande onore per me ricoprire la carica del vicepresidente. La ringrazio per avermi scelto.

-Sei molto abile nel gestire le cose, la tua azienda ne è la dimostrazione. Io ti ho scelto proprio per questa tua capacità. In fondo gestire un paese come gli Stati Uniti sarebbe come gestire un'enorme azienda. - Poi si volta verso David. - E tu sei la persona giusta per farlo.

David sorride e con un cenno della testa ringrazia. Poi apre una bottiglia di champagne, riempie un calice e, sorseggiandolo, si siede su un divanetto.

-Ha sentito cosa è successo a Los Angeles un paio di ore fa? - Chiede alla fine David.

-Come no? - Risponde Finn. - Un pazzo ha attaccato uno dei grattacieli della città e poi è fuggito via. I giornali non parlano d'altro.

-Lei cosa ne pensa?

-Penso che la nostra politica di difesa nazionale sarà la cosa giusta per la sicurezza del paese. Questi terroristi non faranno nemmeno in tempo di dire "ah" che verranno immediatamente neutralizzati. Se pensano di poter fare come 39 anni fa, si sbagliano di grosso.

-C'è una differenza, però. 39 anni fa erano terroristi stranieri, questa volta sono nostri concittadini.

-Nessun terrorista è un mio concittadino e non lo sarà mai.

David ridacchia sorseggiando lo champagne e mangiando qualche chicco di uva. Finn si alza in piedi e, riempiendo un calice anche per sé stesso, continua:

-Dimmi una cosa, David. Prima hai detto che noi vinceremo sicuramente le elezioni. E in che modo se Gorwin ha più consensi di noi.

-Lasci fare a me, signor Edison. - Risponde David riempendo per la seconda volta il suo calice vuoto. - So io cosa fare.

-Non penserai mica di…? - Chiede Finn mimando con le dita una pistola.

-Assolutamente no. Io rispetto le leggi e non farei mai una cosa del genere ad un avversario. Sarebbe sleale nei suoi confronti. Pensavo di usare mezzi più… consoni alla nostra attuale posizione politica. - Risponde David strofinando l'indice contro il pollice e bevendo un sorso di champagne.

-E hai abbastanza di…? - Riprende Finn imitando il gesto di David.

-Ho degli amici che mi aiutano economicamente nei periodi di crisi. Non mi diranno di no nemmeno questa volta. Adesso i loro fondi sono praticamente illimitati. Sarà un gioco da ragazzi, si fidi di me.

Mentre in quel momento brindano al loro futuro successo, qualcuno bussa alla porta e una voce di una ragazza annuncia:

-Signor Edison, in onda tra dieci minuti.

-Arrivo subito. - Risponde Finn. Posa sul tavolino il suo calice quasi vuoto. Poi indossa la giacca blu scuro come i pantaloni e si risistema la cravatta rossa con strisce blu davanti allo specchio. Mentre si avvicina alla porta del camirino, David dice:

-In bocca al lupo.

-Viva il lupo. - Risponde l'uomo. - Tu non vieni a sentirmi?

-No, preferisco sentire il suo discorso sulla TV. Voglio un attimo calarmi nei panni di uno telespettatore.

Finn si stringe nelle spalle ed esce dal camerino. David prende un telecomando dal tavolino e accende la TV su un mobile davanti a lui, sintonizzando sul canale che ospita il programma.

Sito Elios, America del Nord

-Ma questo non ha alcun senso. - Commenta con indignazione Agente Speciale Tau appena finisce il discorso in diretta di Edison. - In che modo l'aumento della produzione delle armi potrà impedire altri attacchi come quello di Los Angeles? È da pazzi pensare che una cosa del genere possa funzionare.

-E parli proprio tu che usi un Elemental Core al gusto di esplosivi. - Risponde sarcasticamente Agente Speciale Eta.

-Il mio è un caso a parte.

-Dì pure quello che vuoi, ma rimane il fatto che tu, mia cara Tau, usi le esplosioni e poi dici che le parole di Edison non hanno senso. Mi sembri leggermente confusa.

-Ma mai quanto lo sarai tu dopo che ti avrò fatto assaggiare un po' di tritolo. - Ribatte Tau mettendo una mano sull'elsa della sua spada.

-Quanto state bene insieme voi due. - Si aggiunge Agente Speciale Ni. - Quando litigate sembrate una giovane coppietta di sposini. - Poi la ragazza sorride facendo un occhiolino.

-Se non vuoi essere riempita di cenere, evita di commentare. - Ribatte Eta. - E poi chi vorrebbe sposare quella? Ad una minima discussione è capace di far esplodere ogni cosa.

-Ti faccio esplodere la testa se non la smetti.

In quel momento Agente Speciale Alfa se ne sta seduto su una poltrona vicino al muro, con gli occhi chiusi e braccia conserte. Non sta dormendo, ma sta cercando di rilassarsi e scaricare tutta la tensione accumulata durante la breccia di contenimento. Ma gli risulta molto difficile a causa degli schiamazzi dei suoi colleghi. Irritato, apre improvvisamente gli occhi e dice in tono minaccioso:

-Se non chiudete immediatamente quella bocca, vi arrostisco su uno spiedo.

-Vedi, lo hai fatto arrabbiare. Adesso ti arrostisce su uno spiedo. - Dice Eta a Tau.

-In realtà si riferiva a te. - Risponde Tau scaricando tutta la colpa sull'uomo.

-Io? Ma non ho fatto nulla.

-Hai cominciato per primo. Io ho solo risposto.

-Io credo che si stesse riferendo a tutti e due. - Si aggiunge Ni con un sorriso divertito.

-Mi riferivo a tutti e tre. - Riprende Alfa e tutti gli altri si zittiscono subito. - Stavo cercando di rilassarmi ma con voi è impossibile farlo.

-Stavamo semplicemente discutendo su ciò che ha detto Edison, fino a quando quel cretino di Eta… - Risponde Tau, ma viene subito interrotta dall'accusato.

-Chi hai chiamato cretino?

-Basta! - Tuona Alfa alzandosi in piedi. - O la smettete subito di comportarvi come bambini dell'asilo, oppure andiamo nella stanza degli allenamenti e vi rimando in infermeria.

Eta, Ni e Tau si zittiscono all'istante. Alfa si calma un attimo e si risiede. Poi, dopo aver fatto un profondo respiro, dice:

-Comunque Edison, secondo me, non sapeva di che cosa stesse parlando.

-Tu credi? - Chiede Ni.

-Mi sembra ovvio. Anche se si tratta della difesa del territorio nazionale, nessuno avrebbe voglia di vivere in un paese militarizzato.

-Eppure c'è gente che gli viene dietro. - Si aggiunge Eta.

-È facile fare leva sui sentimenti umani. Specialmente dopo quel attacco a Los Angeles di stamattina. A causa di ciò la paura del 2001 è tornata ad essere viva. Quindi è naturale che ora i consensi verso Edison siano cresciuti ancora.

-Qualunque cosa succeda, io adesso me ne vado. - Dice Tau alzandosi in piedi e stiracchiandosi.

-Dove vai? - Chiede Ni incuriosita.

-A sgranchirmi un po' le ossa. Metti caso che l'Insorgenza o la Anderson Robotics provochi un'altra breccia nel contenimento?

-E ci vai con quelle ferite? - Chiede Alfa.

-Perché, sono ferite queste? - Ribatte Tau indicando delle fasciature sull'addome e sulle braccia. - Io le chiamo graffi di poco conto. Quindi non vi preoccupate per me, non morirò dissanguata. A dopo.

La ragazza saluta tutti con la mano ed esce dalla stanza. Gli altri si guardano l'un l'altro e poi tornano a discutere sulla politica.

La Vicedirettrice del Sito Elios, Dottoressa Sarah Priceton, con un occhio osserva delle scartoffie, con l'altro segue i commenti sul discorso di Edison e sull'incidente. Dopo aver letto un ennesimo articolo su quest'ultimo, pensa: "Incredibile. In poche ore Dottor Glass è riuscito a scatenare l'allarme terrorismo in tutta l'America. È iniziato tutto con una semplice infiltrazione, ma è finito con un'esplosione. Chi se lo sarebbe aspettato." Sorridendo, spegne il monitor del computer e si alza dalla scrivania. Si avvicina alla finestra e guarda il paesaggio montano fuori.

I raggi del sole che filtrano attraverso le foglie degli alberi creano un gioco di luci e ombre sulle finestre di una baita di copertura perfettamente nascosta tra la vegetazione. Nessun passante occasionale sospetta che sotto al pavimento di quella si estende un dedalo di tunnel pieni di uffici, celle di contenimento delle anomalie e laboratori di ricerca altamente tecnologici. È un posto ideale sia per lavorare, che per rilassarsi ogni tanto. Ma non in quel momento.

Appena Sarah sente bussare alla porta dell'ufficio, si risveglia dai pensieri e, avvicinandosi alla scrivania, fa entrare una guardia della Fondazione. Dopo uno scambio di saluti, la Dottoressa chiede:

-Qualche novità riguardante i lavori di ripristino?

-Siamo riusciti a ripulire i primi tre piani. Ne mancano altri dieci.

-Siete più veloci di quello che mi aspettassi. Mi fa piacere. Altre novità?

-È appena arrivato l'elicottero di recupero inviato a Los Angeles. Il Dottor Glass è stato immediatamente trasportato in infermeria.

-Fantastico. - Risponde Sarah con il viso illuminato dalla gioia. - Tra poco andrò a trovarlo. Se non c'è altro, puoi andare.

La guardia fa il saluto militare e si dilegua. La Vicedirettrice si siede sulla sedia e tira un lungo sospiro di sollievo. Poi sistema alcune carte sulla scrivania ed esce dall'ufficio. Percorre un piccolo corridoio, apre una porta in legno ed entra in un ascensore, diretto verso le viscere della terra.

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