PAST - L'UOMO CHE AVEVA DIMENTICATO IL DOLORE

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Spalancò gli occhi, Yusaku, inconsapevole se quello fosse ancora un sogno o il mondo reale. Ne aveva abbastanza di quei falsi risvegli, vissuti troppo a lungo in quella notte che stava certamente segnando la sua psiche. Se avesse potuto parlare con la dovuta onestà nei confronti di Judai, gli avrebbe fatto presente che sicuramente aveva compreso meglio se stesso da quelle visioni allucinogene, che avrebbe imparato a comportarsi più umanamente e più civilmente e che, per il resto, poteva anche andare a dormire perché il giorno dopo doveva assolutamente completare il progetto informatico che aveva in corso.

"Hai così tanta paura di me?" disse una voce
Ma ovviamente non poteva essere accontentato. Ed evidentemente si trovava nell'ennesimo sogno, visto che, a poca distanza dal suo letto, un buffo ragazzino dal timido sorriso e dal viso efebico gli faceva un lieve cenno di saluto con la mano.
"Cioè..." aggiunse, con voce leggera "Non dico che tu debba avere paura di me" e indicò se stesso, come a sottolineare che uno come lui, esile come un fuscello e magro da far spavento, non aveva la forza di far del male nemmeno ad un gattino "... ma di quello che rappresento"
Yusaku non rispose, a quella provocazione. Perché altrimenti avrebbe dovuto dire che aveva ragione. Maledettamente ragione.
"Il passato è quello che dice di essere; passato. Non capisco la sua utilità"
Era il suo disperato tentativo per scacciarlo - e se quel fantasma avesse avuto tratti più virili e meno empatici, o se lui fosse stato maggiormente crudele, lo avrebbe scacciato con la minaccia di un esorcismo alla luce di una luna inesistente.
"Il passato ci definisce, è quello che ci rende ciò che siamo. Senza un passato non abbiamo un futuro. Nel tuo caso, senza un passato, avrai un futuro discutibile" poi, come a ripensarci "Cioè, non è che dica che tu sia una cattiva persona, però..."
"Lo diventerò" tagliò corto Yusaku, nel malcelato tentativo di nascondere la sua inquietudine "E visto che sono stato avvertito di questa minaccia, puoi anche andare a tormentare qualcun altro"
Il fantasma non rispose. Tutto quello che fece fu porgere la sua mano destra.
"Io sono Yugi Muto, il Fantasma del Natale Passato. E il mio compito, questa notte, è quello di mostrarti ciò che ha reso questa festa qualcosa di terribile e funesto"
"Un buon modo per rovinarmi la notte? Un buon modo per rovinarmi la vita!?" gridò, spaventato persino se stesso.
Yusaku non urlava; Yusaku era sempre padrone di sé.
Ma non in quel frangente, non davanti a quella minaccia che era diventata esplicita. Non davanti a quella proposta che sembrava non avere il potere di rifiutare.
"Lasciami in pace, ti prego..." un ringhio che era anche una supplica, un concentrato di emozioni che lo stesso cuore dello studente si rifiutò di analizzare.
Ma Yugi non demorse.
"Credimi, è l'ultima cosa che voglio, quella di farti del male. E in circostanze normali cercherei di alleviare il tuo dolore, mostrandoti qualcosa che non possa ferirti. Ma è necessario che tu lo veda"
"Cosa?!" urlò Yusaku.
"Ciò da cui stai scappando. Il tuo incubo perenne"
Ciò che gli aveva dato quel fastidioso mutismo; la claustrofobia; le nottate insonni; il timore del prossimo.
La mano era ancora dinanzi a lui, in attesa di essere afferrata.
"Non sarai da solo, in quella notte. Ci sarò io lì con te"
Non seppe perché, ma quelle parole ebbero il potere di placare la sua furia, di dominare il suo ego ormai uscito da ogni binario. La mano divenne meno minacciosa, Yugi meno molesto.
"Non ho davvero altra scelta?" chiese, in un ultimo tentativo.
"No, se vuoi andare avanti in un modo diverso da quello che hai visto"
E forse fu la figura di un uomo che aveva dimenticato come si sorride, forse fu l'idea che l'ennesima fuga da quelle ombre iniziava a farlo disgustare di se stesso.
Prese la mano del ragazzo, odiandosi per aver fatto tante storie prima di accettarla e detestandosi per non essere riuscito a rifiutarla.

***

Yusaku Fujiki non entrava in un bosco dall'età di otto anni. Quando ne aveva dieci, i bambini dell'orfanotrofio avevano avuto l'eccezionale opportunità di visitare una pineta, ma lui fu l'unico a non unirsi al loro gaudio. Arrivato lì, fu preso da un attacco di panico tanto violento che i suoi insegnanti furono costretti a mandarlo al pronto soccorso.
La motivazione l'aveva davanti agli occhi.
Lui non aveva paura delle foreste, o dei cespugli radi, o della terra molle. Non aveva paura nemmeno degli alberi secchi e spogli, quelli che alla luce delle stelle sembrano arti decomposti di un essere umano.
No, lui aveva paura dei boschi perché, ogni volta che vi entrava dentro, ci trovava sempre l'ennesima illusione.
"Siamo arrivati"
Ma lui non lasciò la mano di Yugi. E Yugi comprese.
I sei caseggiati che stavano dinanzi a loro non avevano nulla di sospetto; erano innocue costruzioni di acciaio che sorgevano dalla terra, che non avevano finestre ed erano eccessivamente piccole per essere abitate.
Eppure lì dentro si nascondeva l'orrore più profondo, quello che aveva segnato Yusaku per tutta la sua vita.
"Andiamo?" fu la domanda di Yugi "Ricordati che questa volta ci sono io. Non ti lascerò andare"
E, a conferma di quella promessa, la stretta alla mano divenne più forte, più infrangibile.
Avrebbe voluto ringraziarlo, per questo, avrebbe voluto affermare quanto importante fosse la consapevolezza di non essere solo - o forse avrebbe voluto urlare, Yusaku, perché alla fine il suo cuore sanguinava solo per l'ostinazione di quel fantasma.
Ma non fece nulla di tutto questo. Non ne aveva il potere, perché la sua bocca sembrava aver perso ogni singola goccia di saliva. E forse aveva perso anche il sangue, perché l'improvviso freddo che avvertì gli fece credere di avere il gelo nelle vene.
"Coraggio" disse ancora il ragazzo, sospingendolo nel centro nevralgico del suo inferno.
Yusaku si ritrovò dentro prima ancora di comprendere di aver camminato.

A Chrismas Carol - L'uomo che avrebbe ricordato il NataleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora