Capitolo 5. Il primo giorno.

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Grace.

Gambe salde ma batticuore. Grace si sentiva così mentre attraversava la piazza centrale di Nightsnow, quel borgo fondato nel cuore della rivoluzione americana, nel 1779.

Per non pensare a tutto quello che poteva andare storto e, soprattutto, per non pensare a quel lui che, oramai, aveva preso fissa dimora nei suoi pensieri, finse di perdersi ad osservare il mondo che le pullulava intorno.

Al di là del gazebo che custodiva Liberty Bell e la statua del generale polacco, tra quel labirinto di vicoli vi era l'ufficio postale, già quasi gremito nonostante fosse ancora primo mattino, la Nightsnow Books, l'unica libreria del paese degna di questo nome e la Samantha's Bakery, che fungeva sia da forno che da pasticceria vera e propria.

Poco più la, alla sua destra, c'erano il parco e la chiesa. Alla sua sinistra, invece, anche se non poteva vederlo da lì, sapeva che avrebbe trovato il Nightsnow High school, il liceo cittadino.

Poi, quando si accorse che il suo Google Maps mentale le stava facendo fare tardi all'appuntamento, prese a veleggiare su quei tacchi alti, per raggiungere in fretta e furia la redazione.



Fino ad allora, tutto il suo mondo era stato rinchiuso in una penna, che, per lei, era come un terzo braccio, e in un foglio bianco, cartaceo o digitale che fosse, che, per lei, era come un migliore amico a cui confidare tutti i suoi segreti.

Ora, il suo mondo era finalmente esploso nella realtà, diventando qualcosa di più concreto e tangibile.

Ottanta metri quadrati di redazione con tanto di insegna a neon la fronteggiavano con aria severa, ma, al contempo, accogliente.

Entrò, e si trovò subito di fronte all'ingresso, dove dietro al bancone dai lineamenti fini e pregiati campeggiava il viso della segretaria, evidentemente troppo impegnata ad ascoltare un audio su whatsapp per accorgersi di lei.

«Mi scusi...» tentò, cortese, per attirare la sua attenzione.

«Signorina Brown!» le soffiò, intanto, qualcuno alle spalle. «La stavamo aspettando!» Si voltò. La voce, calda, roca e suadente, apparteneva a un ragazzo dai capelli color sabbia e gli occhi come il cioccolato. Qualche anno in più sulle spalle rispetto a lei e un sorriso sicuro a rifinire il tutto.

Le si avvicinò con passo sicuro e le porse la mano. «Sono Jones. Cooper Jones e sono il suo chaperon.»

Grace strinse la mano a quel volto nuovo, ancora frastornata dall'odore della sua acqua di colonia, oltre che dalla situazione, poi si presentò. «Piacere, mio. Sono Brown. Grace Brown.» Rispose, imitandolo.

«Il buon vecchio Archie mi ha chiesto di dividere la scrivania con te per i primi tempi. Aiutarti ad ambientarti al Magazine, sai, com'è.»

Grace non sapeva affatto com'era. Allo Star non aveva mai avuto uno chaperon, meno che mai un compagno di scrivania. Eppure, il suo cervello, evidentemente fulminato, chiese soltanto: «È stato il signor Evans a chiedertelo?»

Cooper aggrottò le sopracciglia, interdetto. «Naaah. Il signor Evans per noi è il proprietario, il buon vecchio Archibald Arthur I. Ovvero, il nonno del ragazzo con cui hai dovuto sostenere il colloquio.»

Le fece l'occhiolino e l'invitò a incamminarsi. «Archibald Arthur II, suo nipote, è meglio noto a tutti come Archie. Anche se è appena stato promosso, continuiamo a chiamarlo così. Ti abituerai, vedrai.»

Poi aprì la porta e le mostrò lo spazio all'interno, allargando le braccia. «Benvenuta tra noi, miss Brown.»


La fenice spezzataWhere stories live. Discover now