2.9

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“Dove stai andando?” mi chiese Ms. Rivera, il suo accento spagnolo era spesso come non mai, mentre camminavo attraverso la gente.

“Da qualche parte.”

“Non prendi l’autobus oggi?” si accigliò. Sembrava veramente preoccupata, intendo, eccetto il giorno in cui sono stata in biblioteca, ho sempre preso l’autobus per tornare a casa. Fece scorrere la sua mano tra i suoi corti, ricci e castani capelli. Per qualche pazza ragione, i suoi capelli mi ricordavano quelli di Rapunzel quando se li tagliò e le diventarono castani.

“Nah,” sorrisi a trentadue denti. “Devo incontrare qualcuno prima di andare a casa.”

La sua mano scivolò dalla sua testa al fianco e sogghignò. “Chi?” vedi, le altre persone potrebbero considerarla una ficcanaso, ma questo, questo è normale. Lei è come una seconda madre per me – sin da quando ero all'asilo, è diventata la mia insegnante, e lei sta continuando ad insegnarmi. È ironico, veramente. Tutti gli anni di insegnamento, li ha trascorsi con me.

“Un ragazzo che mi piace veramente.” Serrai le labbra, per soffocare un altro sorriso.

“Aw, la mia piccola Ema sta crescendo! Come si chiama?” insistette, come se non i credesse. Non la biasimo, però. Se fossi in lei, nemmeno io mi crederei. In tuti questi anni in cui mi ha insegnato, non ho mai avuto un ragazzo. Certo, avevo degli amici maschi, e ragazzi a cui piacevo, ma non sono mai stata innamorata.

Volevo dirle che non sapevo il suo nome, ma lei avrebbe sicuramente dubitato di me. “Uh, Robbie – intendo, Robert.”

“Aw, bene odio tenerti qui quando tu dovresti andare ad un appuntamento.” Spinse la mia spalla sinistra e mi fece l’occhiolino. “Quindi vai e divertiti! Non dimenticare le protezioni! Ciao, Ema.”

Le mie guance bruciavano mentre io dissi un veloce ‘ciao’ e corsi verso JoJo’s, il ritrovo più vicino alla scuola che vendeva gli frozen yogurt. Lei pensava veramente che lo avrei fatto? Intendo, pensava che io fossi così disperata? Non so nemmeno il suo vero nome!

Ma lei questo non lo sa, mi ricordò la mia coscienza.

Vero, vero.

Mi lisciai la maglietta dei Panic! At The Disco, tirai su i jeans, mentre cercavo di sistemarmi i capelli tutto in una volta. Non volevo che Robbie pensasse che ero una strana sciattona – questa era la prima volta che ci incontravamo, e volevo fosse memorabile.

Camminai fino alla porta d’entrata di JoJo’s solo per vedere che sarebbe rimasto chiuso per le prossime due ore. E se Robbie fosse già venuto e se ne fosse andato vedendo il cartello? Chiusi gli occhi, costringendomi a non piangere.

L’ha promesso, mi disse la mia coscienza. lui deve venire.

Mi girai e mi sedetti in uno dei tavoli esterni per i clienti che preferivano sedersi fuori, invece che dentro.

“Ah, cazzo.” Gemette una voce dietro di me. “Sono chiusi.”

“Beh, effettivamente.” Sbuffai rumorosamente. “Sono chiusi per le prossime due ore, quindi puoi tornare tra due ore.”

“Si, credo.” Borbottò mentre si sedette al mio stesso tavolo. “Dov’è lei?” chiese a se stesso.

“Chi?” chiesi, aggrottando le sopracciglia.

Dovevo veramente smetterla di essere così ficcanaso.

“Cosa?”

“Niente, non importa.” Serrai le labbra, guardando dappertutto tranne che lui. Ma quando parlò, non avevo scelta e lo guardai.

“Tu non potresti essere eea-muh, vero? Chiese lui, i suoi occhi blu risplendevano sotto la luce del sole. Notai che aveva un piercing al labbro con cui ci giocava mentre prendeva un respiro dopo aver parlato.

“Uh, Ema, intendi?”

Guardò oltre me, “Come si scrive?”

“E-M-A.”

“Oh mio dio. Tu sei Ema!” i suoi occhi si allargarono, e si alzò improvvisamente.

“E tu sei Robbie, giusto?” gli chiesi, il ritmo del mio cuore aumentò.

“Si, sono io.”

“Posso avere un abbraccio?” chiesi, le mie labbra si arricciarono verso l’alto mentre allungai le mie braccia verso di lui.

“Certo.” Mi alzai e lui mi tirò in un abbraccio da orso, lamia testa rimase nella sua spalla, respirando il suo meraviglioso profumo.

I suoi capelli profumavano di buono.

“È veramente, veramente bello averti finalmente incontrata.” Disse nella mia spalla.

“Anche per me. Come stai?”

“Sto bene- in modo ottimo, ora, a dire la verità. Come stai tu?”

“Come te.” Risposi con un piccolo sorriso. Ci lasciammo, ed io mi tirai su sulla sedia, pronta per sedermi. “Cosa ne dici delle venti domande---?”

Fui subito interrotta.

Le sue labbra si poggiarono subito sulle mie. Le nostre labbra si muovevano insieme in armonia come se ci fosse una canzone, come una canzone che si sentiva in sottofondo. Ho letto molti romanzi molto spesso per capire i baci, perché ci si sentisse bene. E questo, mi fa definitivamente sentire bene. Il bacio iniziò come un bacio dolce che indugiava un po’, fino a quando io non lo approfondii, stringendo il suo corpo al mio. Era come se qualcuno avesse uno zoo riempito di farfalle che si depositavano nel mio stomaco, e il mio cuore capì che lui era il primo. Mi leccò il labbro inferiore e quando decisi di respingerlo lentamente, non avevo idea di cosa stesse per succedere.

Lasciai che la mia testa si posasse sulla sua spalla, penso, perché avevo bisogno di riprendere il mio fiato e lui il suo. Quando alzai la testa per incontrare i suoi occhi, i nostri nasi si sfiorarono e mi nacque un sorriso sul volto che poi si trasformò in un leggero cipiglio al ricordo di lui che mi leccava il labbro inferiore.

“Perché mi hai leccato il labbro?” chiesi, del tutto confusa.

“Stavo provando a darti un bacio alla francese.” Ridacchiò. “Sembra che tu non abbia molta esperienza con i baci, eh?”

Io scossi la testa, ed i capelli mi finirono in faccia. “Tu sei stato il primo.” Ammisi timidamente.

“Beh è un onore.” Le sue labbra si alzarono in un goffo sorriso.

Un goffo, ma adorabile sorriso. Ma di certo non glielo dirò. I ragazzi e il loro ego. O avviene solamente nei romanzi rosa?

“Wow, sei bellissima.” Mormorò sottovoce facendomi arrossire violentemente. Mi misi le mani sulle guance, e lui immediatamente si avvicinò al mio viso e le levò. “Non farlo.” Si accigliò. Volevo chiedergli perché, ma non volevo infastidirlo. Inoltre, lui è uno di quei fidanzati che dicono alle loro ragazze che sono bellissime anche quando sono delle schifezze.

L’ho appena definito come il mio ragazzo?

Ed io, come la sua fidanzata?

Ma subito dopo, prima che io potessi dire altro, le sue labbra si arricciarono verso l’alto in un sorriso. “Quindi le venti domande?” si offrì, avvicinandomi la sedia. Mi sedei e lui lo fece subito dopo.

“Si, le venti domande. Numero uno: qual è il tuo vero nome?”

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MANCA SOLO L'EPILOGO E QUESTA STORIA FINIRÀ. NON CI VOGLIO PENSARE. 

poi vi avviso che comunque ci sarà un sequel quindi non preoccupatevi c:

DETTO QUESTO MENEVADOCIAOOOO

Desk Notes-Luke Hemmings (Italian Translation)Where stories live. Discover now