5. Willard

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Willard

«You're the judge, oh no. Set me free You're the judge, oh no Set me free
I know my soul's freezing Hell's hot for good reasonSo please, take me.»
The Judge - Twenty One Pilots

È di nuovo qui. Qui tra i vivi e non ha alcun senso che faccia ancora parte di questo mondo che gli ha portato via tutto. Tutto quanto. Gli ha lasciato in mano solo il sangue caldo di una moglie troppo giovane. Avrebbe preferito vederla morire in un'altra occasione, magari da vecchi, quando forse di lei non gli sarebbe poi importato un granché. Solo che Charlotte l'ha amata dal primo istante, l'ha amata ogni giorno, la ama ancora, anche se è fredda come il marmo che le fa da lapide; candida come la neve, a differenza di quella lastra lurida, sporca di pioggia e merda di piccioni e chissà che altro escremento venuto dal cielo. O dalla terra.

Digrigna i denti e si passa la lingua sulle labbra. Il sapore amaro del whiskey lo stordisce per un attimo, mischiato a quello ferroso del sangue. Non c'è davvero, è solo la sua immaginazione.

In verità niente esiste. Niente più che il dolore e l'odio verso qualsiasi cosa che cammina quella terra e la sorvola spalancando ali maestose. Vorrebbe volare, guardare dall'alto quella cittadina del cazzo e poi bombardarla, raderla al suolo: lei e tutti i suoi stramaledettissimi abitanti di merda. Tutta quella gente del cazzo che non ha mai capito niente e che, a differenza sua, non ha mai visto davvero cosa significa lo schifo totale. La guerra, quanto è vero iddio, gliela farebbe vivere sulla pelle ogni fottuto giorno, a quei merdosi. Senza armi né difese, solo con il tremore nelle mani di una paura che non sapevano nemmeno potesse arrivare a tanto.

Schifosi di merda, pezzi di sterco caldo, utili solo ad elargire giudizi, a dargli del pazzo, a prenderlo per il culo e isolarlo nel suo mondo.

Non ha mai voluto essere il cattivo del villaggio, ma lo hanno costretto. Non ha più nulla da offrire a chi non c'è mai stato, per lui. Non ha più nessuno a cui donare un cuore e la sua umanità.

«Hai Arvin. È tutto ciò che ti resta», gli ha detto Emma, e lui ha riso sguaiatamente, reclinando la testa all'indietro, sperando con tutto il cuore che gli si staccasse dal collo, spezzandosi in due.

Arvin.

Come se quel piccolo demonio potesse rasserenare un po' quell'anima nera che si porta appresso. Quel piccolo bastardo che doveva essere l'anello centrale tra lui e Charlotte, e invece è rimasto appeso ad un padre che non ha nulla da ringraziargli.

Arvin, che la morte della madre dovrebbe solo sentirla come una colpa. Non si è impegnato abbastanza; non ha pregato abbastanza. Non ha voluto abbastanza che guarisse e che Dio lo punisca, quel diavolo travestito da bambino innocente.

Inutile alzare gli occhi su di me e sperare che io ti perdoni, Arvin. Non hai dato abbastanza. Forse avrei dovuto sacrificarti su quell'altare, insieme a quelle carcasse inutili create da Dio che non sono bastate. Lo pensa spesso e a volte si sente in colpa per averlo fatto. È solo un bambino che ha perso la madre. Un bambino che lo ha seguito in quel gioco sadico dove il sangue veniva versato per un ridicolo rituale.

Non è Arvin il problema, è Dio che non esiste o che finge di non essere onnipotente; o che lo ha voluto punire per aver preso parte a una battaglia che lo ha visto uccidere altri esseri umani e... Cristo, quell'uomo appeso ad un palo senza pelle alberga ancora i suoi incubi, quando ha tempo di pensare a altro che non sia la sua Charlotte che lo lascia solo e gli lascia in mano la responsabilità di crescere un figlio da solo; qualcosa che non è in grado di fare.

Gli molla un ceffone, con tutta la forza che ha. Arvin nemmeno piange più; tace, lo guarda, chiede scusa per cose che non ha fatto, ma lo fa. È ancora più irritante. Lo odia, lo ama, vorrebbe il meglio per lui, vorrebbe che non fosse mai nato. Vorrebbe che non fosse mai nato in una famiglia squilibrata come quella e che potesse crescere felice. Spera che diventi migliore di lui, e non un riflesso ancora più crudele e sbiadito. Vuole che diventi il bravo ragazzo che voleva crescere Charlotte.

Lui non può farlo. Lui è uno stronzo, infame, insensibile; una merda tale che l'unico pensiero coerente è quello di crepare.

Lo fa, si uccide, un po' per liberarsi dal mondo che gli si è rivoltato contro e un po' per salvare Arvin e permettergli di togliersi il peso di un'esistenza basata sull'odio.

Sarà la cosa migliore che farà in vita, quella di morire. Lo sa. Lo ha sempre saputo.

Fine

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The Sweet Song From The Devil [ The Devil All The Time // One Shots ]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora