Dream

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Greta non ha mai provato qualcosa del genere.

La sua bocca è completamente secca, quasi non ricorda come si deglutisce e le gambe le tremano, non solo scosse dal movimento del corto pullman verde che cammina troppo lento per la strada quasi completamente sgombra. È poggiata con la schiena contro la porta in vetro ora chiusa e questo è il suo unico appiglio che le impedisce di cadere, di soccombere sul pavimento liscio e grigio in movimento, sotto qualcosa di più grande di lei.

Stringe forte il vecchio telefono nella mano destra, lanciando occhiate nervose allo schermo illuminato dalle nuvolette della chat aperta solo per alternare con i nomi delle vie che scorrono fuori dai finestrini dell'autobus per capire quanto le manchi per arrivare da lei. Legge distrattamente i messaggi che le manda, la testa annebbiata dall'ansia e dall'eccitazione e le spalle appesantite da una fastidiosa piacevole sensazione che le pesa anche sullo stomaco, stringendoglielo come se fosse un semplice giochetto da strizzare nelle mani di un bambino annoiato.

In giro ancora non c'è nessuno ed a parte lei e il papà, solo un altro paio di persone sono sedute sugli scomodi sedili di plastica, le mascherine che coprono naso e bocca e gli occhi stanchi ancora di sonno, pensando probabilmente già alla giornata lavorativa che hanno davanti.

Lei invece è già sveglia da due ore. Ha dormito poco e niente, l'emozione che le faceva compagnia nella cameretta della casa del padre, nascosta ai suoi occhi dall'oscurità della notte. Si è alzata alle cinque con la chiamata da parte di Camilla, già in viaggio da cinque ore in questo momento e dopo essersi scambiate qualche messaggio carico di felicità e di rimprovero da parte dell'emiliana per l'orario in cui Greta aveva chiuso gli occhi, alle due e mezza di quella stessa notte, questa si era fiondata sotto la doccia, fregandosene del papà e della sua compagna che dormivano nella stanza accanto, passandosi quattro diversi tipi di shampoo tra i capelli corti e scuri, le ultime tracce di sonno che scivolavano via da lei, mischiandosi con l'acqua insaponata ai suoi piedi, sul piatto bianco della doccia.

Aveva appena finito di asciugarsi i capelli, sistemandoli come piacciono a lei quando il telefono sul bordo del lavandino in ceramica aveva vibrato, annunciando l'arrivo di un messaggio da parte di Camilla. 

Non realizzava ancora, lei. E neanche Greta, che avrebbe riacquistato la salivazione solo verso le sei di quel pomeriggio, ancora non credeva che stava per incontrarla per la prima volta dopo più di un anno di messaggi, chiamate, videochiamate e scatti rubati stupidi e non. 

Aveva continuato a parlare con lei fino alle sei e mezza, circa, mentre si disperava perché nonostante avesse passato buona parte degli ultimi giorni a cercare qualcosa che potesse starle bene e renderla almeno un po' carina ai suoi occhi, ancora non aveva trovato il giusto abbinamento di vestiti, fino a quando lei le aveva scritto che erano in anticipo e che mezz'ora dopo sarebbero arrivati alla stazione di Pescara centro.

Sospira poggiandosi con la spalla contro il palo di sostegno al centro del veicolo e chiude gli occhi, cercando di far regolarizzare il respiro dopo aver risposto alla ragazza con il tempo che le manca bene o male per raggiungerla. Riesce quasi a sentire che ci sono solo poche decine di metri che le dividono ed allo stesso tempo le viene sempre più difficile respirare sotto la mascherina chirurgica. I quasi seicento chilometri che poi sono diventati circa quattrocento quando lei era salita dal padre dal suo piccolo paese al centro del Molise e che adesso sono diventati poco più della distanza che lei percorre per andare a scuola tutti i giorni. 

Il padre, buttato giù dal letto di forza da Greta per non perdere il pullman che la stava portando da lei, non cerca di nascondere i rimasugli del sonno che non sono scomparsi del tutto e tiene gli occhi chiusi seduto su uno dei duri sedili verdi.

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⏰ Last updated: Aug 24, 2020 ⏰

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