VI

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La vigilia della giostra Clarice si svegliò alla prima luce del sole. Si levò dal letto con le trecce inanellate attorno alla testa, nastri bianchi come serpenti tra di esse, e si gettò all'inginocchiatoio che si trovava alla sua destra, sotto un crocifisso di legno ornato di dorature. Fissò gli occhi sul volto sofferente del Cristo, giunse le mani e sussurrò: «Mio Signore, accetta la mia penitenza e risparmia mio marito dai pericoli della giostra. Ti prego, guarda pietoso la tua serva, non lasciare che nulla di male capiti a messer Lorenzo domani». Poi, piegando la testa, riprese: «Madre di Dio, intercedete per lui davanti a Vostro Figlio e fate che esca sano e salvo dall'arena. Il mio cuore non sopporterebbe cattive notizie».

Quindi, fattasi il segno di croce, si alzò. L'idea del digiuno le era stata consigliata da sua madre Maddalena, che l'aveva prontamente comunicata ai parenti fiorentini con un tono orgoglioso e fiero. Erano una famiglia di condottieri e anche le donne erano avvezze al sangue, alla morte violenta e alle gravi menomazioni.

«Ma Lorenzo non è un guerriero!»

Clarice ribatté timorosa all'osservazione di sua madre quando, vedendola apparire vestita di un lungo e dimesso abito scuro, senza gioielli, le aveva detto che aveva preso l'impegno con eccessivo zelo.

«A questo basta già il digiuno, figlia mia: il tuo sacrificio sarà gradito a Dio e gli concederà la salute.»

Un sospiro spezzò il ritmo serrato dei suoi respiri. «Sacrificio?» balbettò. «Lo accolgo volentieri se ne risulteranno cose buone. Non ho paura di soffrire nel corpo, ma temo profondamente il dolore dell'anima.»

«S'intende, figliola, s'intende.»

Maddalena sembrava voler liquidare il discorso come se lo ritenesse di poca importanza. Meglio, le importava di certo che Lorenzo salvasse la pelle, aveva però una bassa considerazione delle velleità cavalleresche di quei mercanti arricchiti e non si soffermava a pensare che, trattandosi di giostra, erano contemplati tutti i pericoli di uno scontro armato. La sua bambina, quella bambina che aveva maritato recentemente al fiorentino, si angustiava per un nonnulla, ma avrebbe dato un'ottima impressione di sé a Francesco Tornabuoni, nipote di Giovanni, che era atteso da un momento all'altro.

C'era però anche un altro significato della parola sacrificio che Clarice preferì scacciare subito lontano dai propri pensieri, ora che avevano così numerosi motivi per farsi cupi di per sé. Le era già capitato, quando si trovava sola, spesso a notte fonda, insonne, di sentirsi un'offerta votiva non dissimile da quelle che i pagani offrivano ai loro falsi dei. Nel suo caso, il dio potere, il dio denaro e il dio vanità, una Trinità blasfema che si personificava in un giovane sconosciuto dalla fisionomia vagamente abbozzata tra fantasia e ricordo. Tuttavia, il solo balenare di quel timore la fece sbiancare ulteriormente: Maddalena non se ne accorse; Rinaldo, il giovane suddiacono suo fratello, sì. Avevano meno di un anno di differenza, caratteri opposti e profonda complicità. Rinaldo tacque, rivolgendole uno sguardo di incoraggiamento di nascosto dalla madre. Le avrebbe parlato volentieri in privato, se ne avesse avuto il tempo, ma il Tornabuoni lo anticipò e Clarice, al suo arrivo, parve dimenticare ogni altra cosa.

Quando questi arrivò, quasi all'ora di pranzo, Clarice li attendeva sulla soglia della sala. «Messer Francesco,» salutò con una riverenza, «mio marito vi ha forse scritto qualcosa in vista della giostra?»

«Si dà il caso di no, madonna. Ma so che gareggerà con i migliori destrieri della penisola; nondimeno, Lorenzo ha un fisico robusto, cavalca dalla più tenera età e sa come ci si tiene in sella. Vedrete che vi farà onore e si meriterà il premio.»

«Non ne dubito affatto!» rispose, giungendo le mani. «Ma temo per gli incidenti che occorrono spesso nelle giostre. Prendete il Montefeltro ad esempio: un così grande condottiero, esperto di duelli più d'ogni altro, è rimasto ferito e sfigurato in volto. Molti altri sono... mio Dio... sono morti! Io sono molto in pena, sono giorni ormai che non dormo più, e so che non sarò tranquilla ancora per tanto tempo, perché le notizie viaggiano insopportabilmente lente quando qualcuno le aspetta con tanta premura quanta ne ho io.»

Una rosa piena di spineDove le storie prendono vita. Scoprilo ora