Cicatrici.

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So che questo primo racconto è molto angst, ma l'ho scritto parecchio tempo fa e poi ci ho lavorato a lungo e gli sono affezionata. Ne verranno di più allegri, promesso.

Vi avviso che non è stato editato. Confido che non contenga troppi errori, ma in ogni caso siate clementi.

DEDICA: A MarikaGrosso  e al suo Eirik che mi sono entrati subito nel cuore <3

Cicatrici.

Chiudo gli occhi per non vedere il cerusico che si prepara e allinea i suoi strumenti sul tavolo da lavoro.

Il viso di Eirik mi appare all'istante. Sono grato di ricordarlo ancora in ogni minimo dettaglio, anche dopo tanti mesi da quando se ne è andato.

Il suo sguardo pare interrogarmi, come se fosse qui con me.

«Cosa stai facendo, chierico?»

Vorrei che la sua voce non risuonasse solo nella mia mente. Darei qualunque cosa per poterne cogliere le sfumature, il timbro esatto, ma la mia memoria non arriva a tanto. Ha conservato le immagini e le sensazioni con più nitidezza rispetto ai suoni.

«Mi hai sentito?» continua Eirik, dato che non gli rispondo. «Sei impazzito? Non eri tu che mi urlavi contro che dovevo smetterla di punirmi?»

No, non è davvero Eirik, lui... non so cosa mi direbbe in realtà, so solo che la sua è un'accusa infondata.

«Non mi sto punendo, sto...»

Le mani mi tremano così forte che sono costretto ad afferrare i braccioli della sedia e stringere finché non mi fanno male i palmi.

«Te l'ho detto che sono egoista, che ti amo e non riesco a smettere. Desidero solo averti con me. Prendere il tuo marchio e farlo mio. Qualcosa che sia tuo, anche se forse tu non vorresti.»

Ho sulla schiena il segno di un abuso che nulla potrà mai cancellare. Non l'ho voluto, ma ora sto scegliendo liberamente.

Vorrei poter allungare una mano verso l'uomo ora che mi sta giudicando attraverso i ricordi. Toccare la sua pelle – una sola volta ancora mi basterebbe – tracciare con la punta delle dita le linee di inchiostro e veleno che gli segnano il petto. Chiedergli perdono: per averlo amato troppo, per averlo lasciato andare e per non essere stato capace di ritrovarlo. Dirgli che, no, si sbaglia, non mi sto punendo. E non sto cercando di punire lui per essersene andato.

Sto reagendo, mi sto aggrappando al dolore che mi terrà in vita.

Ho ripensato al suo tatuaggio per giorni, rievocandone le linee fino a disegnarlo sulla pergamena che ho consegnato al cerusico. Userà il mio schizzo come modello.

So cosa sto facendo e perché.

Sto finalmente accettando di essere una creatura smarrita e fragile, facile da spezzare, ma anche viva e capace di amare.

Eirik mi ha insegnato a farlo e io non posso smettere. Se lo facessi sarei morto dentro.

Sollevo le palpebre e mi costringo a tornare alla realtà.

«Perdonami, Eirik,» sussurro. «So che sembra folle, ma ne ho bisogno.»

***

Aldir il cerusico guardò la lama che stava rigirando sulla fiamma della lampada a olio e poi tornò a fissare quello strano chierico che si era rivolto a lui con una richiesta ancora più strana.

Non gli risultava che i sacerdoti di Belhen fossero soliti punirsi o purificarsi attraverso il dolore, dedicandolo al loro dio. Stava alla larga da templi e sacerdoti, ma per quel che ne sapeva la divinità della luce non accettava in sacrificio neppure gli animali. Esigeva solo fiori, cibo, preghiere, canti. Offerte pie e assolutamente innocue. Era un dio noioso, con pretese altrettanto noiose e servitori bonari, sempre impegnati a far del bene o a dispensare cure e medicine.

Dale e EirikWhere stories live. Discover now