21. Kathleen Lorelaine

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«Oh, no, signorina. Ho detto davvero tutto a quella giornalista. L'uomo che mi ha attaccata doveva conoscere i miei spostamenti, perché sapeva bene a che ora sarei uscita per gettare la spazzatura. Sapeva davvero tutto, si era appostato a posta per attaccarmi, ma ha fallito. Eccome se lo ha fatto. Sono riuscita a scappare e a rinchiudermi nell'atrio del palazzo. Una gran fortuna. Una gran fortuna», ripete, snocciolando le parole con frenesia. Si guarda di nuovo attorno, come se si sentisse osservata, poi torna a sbattere velocemente le palpebre.

Il suo nervosismo continuo mette in allerta anche me, facendomi gravare sulle spalle la strana sensazione che ci possa essere appostato qualcuno nella casa. Ma attorno a noi c'è solo un silenzio rotto dai deliri di una donna sola, sotto shock evidente.

«Signora Kathleen, vorrei sapere con tutta onestà se sua nipote Abby è mai venuta a trovarla durante questo periodo. Anche solo di sfuggita.»

Lo sguardo della donna per un attimo si illumina, e per pochi secondi mi sembra di scorgere ancora i contorni indefiniti di una signora più felice e meno sofferente. Ma poi quella luce solitaria le si spegne negli occhi come una fioca fiammella di candela, e i suoi occhi tornano a brillare di luce cupa. «Mia nipote non è più a Henver. La mia dolce nipotina è in salvo da questa città pericolosa. Non la farei mai tornare qui, per nessun motivo al mondo.»

Una piccola speranza si smorza anche nel mio petto. Non so per quale assurdo motivo mi aspettavo nel profondo del cuore che Kathleen ammettesse un possibile ritorno a casa di Abby. Ma per quanto l'idea fosse assurda, negarla in modo così schietto mi fa comunque provare una leggera fitta allo stomaco.

Illuso.

Nemmeno Madison pare soddisfatta. Infatti sbarra una frase appena scritta sul taccuino e sospira. «In televisione ha rilasciato delle accuse molto forti contro la nostra città, Kathleen. Ha parlato di forze misteriose e di... corvi. Perché?»

La donna si spinge col busto in avanti verso di noi, pungolando i gomiti sulle ginocchia. Ci sorride senza accenno di divertimento e mostra i denti bianchi. «Perché è la verità. Ho le prove per dirlo. Me lo hanno scritto per filo e per segno nelle lettere.»

All'improvviso, come se Kathleen avesse appena detto qualcosa spaventosamente avulso dal contesto, tutti ci blocchiamo. Smettiamo persino di respirare per un attimo. Io dischiudo le labbra e la fisso, trattenendo l'aria nei polmoni; Nolan smette di torturarsi le mani e aggrotta lo sguardo; Madison lascia cadere la penna sul taccuino con un piccolo rumore secco.

«Quali lettere?» Domanda piano.

Kathleen sostiene il sorrisetto impostato mentre ci fissa a uno a uno. «Quelle che ho iniziato a ricevere diverse settimane fa, quasi tutti i giorni. Le lettere che mi hanno fatto davvero aprire gli occhi su Henver e sul suo pericolo reale. Mi chiedo perché non le pubblichino su tutti i giornali. Dovrebbero leggerle tutti quanti.»

«Ha un amico di penna?» Chiede Nolan di getto, tappandosi la bocca subito dopo con la mano.

Ma né io né Madison lo rimproveriamo con lo sguardo. Anzi, rimaniamo in attesa di una risposta.

«Ma no, quelle sono scemenze, ai tempi del telefono e delle comunicazioni. Le mie lettere sono diverse. Ormai scendo tutte le mattine all'ingresso del palazzo per vedere se qualcuno me ne ha lasciata una nuova. E se la trovo nella mia cassetta postale, salgo subito in casa a leggerla, perché così c'era scritto nella prima che ho ricevuto diverso tempo fa...» Ci spiega allegramente. «La prima che mi hanno inviato diceva che ero pronta a sapere alcune verità su Henver, su quello che succede in questa città. La persona che l'ha scritta mi ha detto di tenere la bocca chiusa, di leggere il contenuto solo al sicuro dentro casa, e di non parlarne con nessuno. Mi ha detto che solo io e poche altre persone prescelte potevamo capire la situazione reale di quello che sta succedendo in città. Ovviamente all'inizio ho stracciato la prima lettera subito dopo averla letta. Pensavo che fosse una pessima trovata pubblicitaria per adescare in modo innovativo nuovi consumatori di qualche strana trovata o... non lo so, degli adepti di qualche partito politico nuovo. Ma poi il giorno dopo ne ho trovata un'altra, identica alla prima, sempre intestata a me. C'era scritto il mio nome e cognome sopra. E c'era anche scritto che buttare via le lettere non sarebbe servito a nulla, che la verità sarebbe comunque stata fatta emergere in qualche modo. Così ho iniziato a seguire le istruzioni... Ogni mattina scendevo nell'atrio del palazzo, aprivo la cassetta postale e rientravo in casa con la lettera quotidiana stretta tra le mani. Mi sedevo in salotto, accendevo la luce e leggevo. E dopo che avevo finito di leggerla, la rigiravo per minuti tra le dita e poi la rileggevo ancora. Ho passato ore intere a non fare altro.»

Hybrid - Legami SpezzatiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora