13. Passi Falsi e Promesse

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Jared

Appena torno a poggiare i piedi sul cemento del marciapiede e sento la porta del negozio chiudersi alle mie spalle, vengo assalito da un turbinio stancante di pensieri.

Ho davvero dato ascolto a un'indovina umana per cercare delle risposte che non ho?

Nonostante la risposta sia facile e anche piuttosto scontata, la parte razionale di me ancora stenta a crederci; sia perché non avevo mai cercato aiuto prima d'ora nella mia vita, e sia perché non avevo mai messo in secondo piano una missione lavorativa per pensare ai miei affari personali.

Perché è così che è andata: ho lasciato l'agente Kane qui fuori per appigliarmi a un misero bagliore di speranza di riuscire a captare qualche indizio in più su Abby. Sì, nonostante tutto quello che è successo, nonostante la rottura di ogni legame che ci teneva uniti, non riesco a togliermi dalla testa quelle urla che ho sentito e quel senso galoppante di pericolo sulla pelle...

Io la devo trovare.

Raggiungo la panchina dove avevo detto a Madison di aspettarmi, ma al mio arrivo la trovo vuota, come se non ci si fosse mai seduto nessuno. Rimango per un attimo a fissarla, infastidito dal fatto che non mi abbia ascoltato e si sia recata chissà dove da sola, ma poi il senso di stizza viene presto sostituito da un sentore di allarme... E se le fosse successo qualcosa mentre ero nel negozio di Esme?

«Madison?», la chiamo a voce alta, nonostante la strada di fronte a me sia vuota. «Ehi, sono tornato!»

Nessuna risposta. Solo il rumore delle foglie accartocciate e secche che vengono spostate dal vento lungo il marciapiedi.

«Merda...» Sospiro e mi porto una mano sulla fronte. Sicuramente se la sarà presa con me e con la mia stupida decisione di dare una svolta alla missione originale. Forse sarà addirittura tornata indietro, pronta a spiattellare la verità sul mio comportamento a David, ponendomi in una condizione ancora più scomoda di quanto non lo sia già. Forse...

All'improvviso sento un suono più avanti, a qualche metro di distanza da me: una voce lontana, lamentosa, sottile, seguita da un rumore di vetri schiacciati. Senza nemmeno accorgermene, inizio a correre lungo la strada e lancio un'occhiata sbrigativa al mio bracciale, che però non dà cenni di calore sospetti... Anche se non dovrebbero esserci dei Sottomessi nei paraggi, c'è sicuramente qualcuno che si sta lamentando.

«Dammi subito tutti i soldi che hai o giuro che te lo ficco in gola, questo vetro.» La voce gutturale di un uomo mi arriva nelle orecchie proprio poco prima che svolti l'angolo della strada, diretto molto probabilmente su una viottola senza uscita. Di nuovo, il mio bracciale resta silente. Chiunque ci sia qui, è solo uno stronzo umano. Rimango con le spalle al muro e il volto appena inclinato verso la stradina parallela: dalla posizione in cui mi trovo riesco a malapena a vedere l'uomo in questione, un tizio tarchiato e basso che sta brandendo in mano un pezzo di una bottiglia rotta; avanti a sé ha qualcuno con le spalle al muro.

Aspetto ancora qualche secondo prima di defilarmi silenziosamente. Le questioni umane non devono interessarmi, oltre al fatto che mi è proibito intromettermi.

«Io... Io non ho niente, davvero. Stavo solo... Stavo solo camminando da queste parti e non era proprio mia intenzione disturbarti...» La voce spaventata di Madison risuona nella mia testa con un eco sordo.

È lei a essere minacciata da un umano?

Mi sporgo un po' di più ed è allora che la vedo, con le mani sollevate in aria in segno di resa e l'espressione attonita e contratta dalla paura. Sta indietreggiando, anche se alle spalle non ha altro che mattoni ricoperti di muschi. In altre parole, si sta scavando la fosse con le proprie mani.

Hybrid - Legami SpezzatiDär berättelser lever. Upptäck nu