Ora e per sempre

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"Fu così che Maestro Leonardo e Salaì, lasciarono la casa della nobile Isabella d'Este. Dai racconti del Maestro e il ricordo trascritto dal Vasari, so che iniziarono un periodo errabondo: visitarono Venezia, ove il Maestro lavorò come ingegnere militare, iniziando il progetto di una diga mobile da collocare sull'Isonzo per fermare le armate nemiche,  in grado di provocare inondazioni sui presidi in terraferma; ma per l'elevato costo che questo richiedeva, il progetto venne abbandonato e il Maestro si accontentò di progettare rafforzamenti delle mura della città. Poco so, di quel periodo, se non bazzecole riportatemi che poco tengo di conto.


 Del rapporto con Salaì, poco so, ma di per certo sono a conoscenza del fatto che quest'ultimo si era molto abbandonato a se stesso, poiché così era quando lo incontrai per la prima volta, ancora bambino. Un giovine uomo da un'immensa bellezza i cui quadri avrebbero potuto essere molto di più, ma che per svogliatezza e desiderio di divertimento, vennero abbandonati in favore del lusso e dello svago dato dalla nobiltà. Un bevitore, giocatore d'azzardo e dei vestiti, sperperava sempre i soldi del maestro con il più docile dei sorrisi, e Leonardo sempre lo perdonava, imperterrito. Quando giunsi, mai una volta avevo visto il Maestro punire quel demonio come si meritava, e mi domandavo perché, quando quest'ultimo non faceva nient'altro che provocarne l'ira. Quando ero piccolo e invidioso, ancora prima che io diventassi l'allievo prediletto (ma ammetto, che anche dopo fui geloso di quel rapporto quasi malsano), non potevo far altro che odiare Salaì, i cui occhi riuscivano sempre a strappare un gesto di conforto dall'uomo che, desideravo solo per me. E anche ora, come un bambino, mentre scrivo ammetto di versare qualche lacrima amara nel rimpianto che quella figura amata dal Maestro non sarò mai io, seppur io desideri solo il suo affetto paterno e non quello carnale. Ma in realtà so, che Leonardo mi amava e amava Salaì in un modo completamente diverso, così come lui che seppur in cuor mio detesterò sempre, sapevo essere realmente innamorato, nonostante le continue sfide forse dettate proprio da quel gesto di tradimento che Leonardo gli ha rivolto.


 Ora, come uomo fatto e finito, con mogli e bambini, guardo dietro di me e mi rendo conto di quanto avrei potuto vivere in modo diverso la mia relazione con Gian Giacomo; quanto avrei potuto imparare da lui e bere delle sue storie, e quanto avremmo potuto amarci l'un l'altro, accomunati dall'aver perso chi amavamo. Ma di adesso, mi rimane poco se non la consapevolezza, giunta troppo tardi, che avrei potuto fare molto, molto di più. 

*

Ad ogni modo, il periodo errabondo di Leonardo e Salaì proseguì verso Roma e Tivoli, fino a che, nel 1501, non tornarono nella patria del Maestro:Firenze, la città che aveva sempre amato e che non vedeva da vent'anni. Trovò accoglienza presso il canonico Amadori a , fratello della matrigna Albiera, nonostante suo padre fosse ancora vivo; probabilmente il Maestro si sarebbe trovato a disagio nella casa piena dei fratellastri che non conosceva e nella dimora di un uomo che da sempre lo aveva rinnegato. Durante la sua assenza, Firenze era cambiata sia sul piano politico sia sulla scena artistica. Morto il Magnifico   e cacciato suo figlio Piero  nel 1494 , si era restaurata la Repubblica , con a capo dal 1502 il gonfaloniere a vita Piero Soderini. In quel periodo, nuovi artisti importanti erano saliti alla ribalta e possedevano una certa fama, tra cui il Maestro Michelangelo Buonarroti, un promettente ragazzo intelligente seppur taciturno e brutto d'aspetto, con cui il Maestro si scontrò ripetutamente. A Firenze, soggiornò per molto tempo, sempre accompagnato da un ormai uomo Gian Giacomo e riaprì una bottega, cercando di ritornare allo splendore dei tempi di Milano. 

Ed è in questo periodo, che entrai in scena io"

- Le memorie di Francesco Melzi, 1550-


L'apprendista del pittoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora