The girl who left in the morning

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Inspired by: Where were you in the morning?

Pensavo che sarebbe stato più semplice di così. Doveva essere solo una botta e via, come si suol dire. Una storia di una notte. Ero convinta che sarei riuscita a scappare da quel ragazzo con la stessa velocità con cui sono finita nel suo letto, che mi sarei divertita per qualche ora e poi avrei dimenticato persino il suo nome.
Eppure eccomi qui, avvolta in delle lenzuola sconosciute a contemplare la sagoma della persona stesa al mio fianco, senza trovare la forza necessaria per raccogliere i miei vestiti ed uscire da questa casa e dalla sua vita. Guardo il suo petto muoversi su e giù e con il silenzio che regna sovrano riesco praticamente ad udire il battito regolare del suo cuore. Il mio, invece, perde qualche pulsazione di tanto in tanto, quando mi soffermo ad osservare un dettaglio del suo volto. È così delicato, di una bellezza che non si può descrivere a parole, a metà tra un bambino e un angelo. Forse è la luce rossastra dell'alba a rendere il tutto più intenso, ma vedere quei riccioli castani afflosciati sul cuscino e quelle labbra rosee leggermente socchiuse mi manderebbe il cervello in panne a qualunque ora del giorno e della notte.
È così che è andata ieri sera: ero in cerca di un'avventura, ed ho trovato lui. Quel moro seduto in fondo al bancone di uno squallido pub, assorto nei suoi pensieri ed accompagnato solo da un paio di shots di tequila. Triste e misterioso, ma con uno sguardo da cui trapelava dolcezza e voglia d'amore. Io invece avevo solo bisogno di scaricare la tensione accumulata nell'ultima tremenda settimana che avevo vissuto, e lui mi sembrava perfetto. Decisamente non il mio tipo, con un volto limpido e pulito, il contrario del sexy e dannato che di solito mi affascina, ma mi sono sentita fin da subito attratta da lui come da una calamita.
Mi sono avvicinata e gli ho sorriso, lui però non ha ricambiato.
"Brutta serata, eh?"
Ha girato la testa nella mia direzione, sorpreso dal fatto che quella sconosciuta che si era seduta al suo fianco senza alcun invito, gli avesse rivolto la parola.
"Lasciamo perdere..." mi ha risposto, buttando giù il secondo shottino tutto d'un fiato.
"Sai che startene qui a bere da solo non ti aiuterà, vero?" avevo usato questa frase decine di volte, e sempre mi avevano risposto con un "ed allora aggiungiti a me che insieme è meglio", o qualcosa del genere, e dopo qualche cocktail eravamo in bagno a cercare di dimenticare i problemi l'uno nel corpo dell'altra. Alla sua reazione invece non ero preparata.
"E cosa dovrebbe aiutarmi invece? Fammi indovinare... sesso con la prima che capita? Scusa ma non sono il tipo" Ci stava che avesse capito da una sola frase il mio scopo, ma il fatto che mi avesse rifiutato senza battere ciglio mi lasciava perplessa ed allo stesso tempo mi intrigava.
"In realtà, semplicemente parlarne potrebbe aiutare" ho ribattuto, sorseggiando il drink che il barista aveva finito di prepararmi giusto qualche secondo prima.
"Con una sconosciuta? Non credo che ti possa importare qualcosa dei miei problemi" Ha alzato un sopracciglio, come se il mio consiglio fosse il più strano del mondo.
"Questo lo pensi tu. Ti assicuro che invece muoio dalla voglia di sapere che ci fa un ragazzo come te in un posto squallido come questo" mi sono guardata intorno per un attimo e mi sono resa conto che un volto pulito come il suo stonava davvero in quel pub sudicio, con bottiglie impolverate e facce poco raccomandabili. Anche io avrei evitato di andarci, se solo non fosse stato il più vicino a casa mia. Ero certa che lui invece non abitasse da quelle parti, probabilmente era arrivato lì dopo una lunga camminata fatta per scacciare i pensieri, prima che iniziasse a piovere.
"Un ragazzo come me? Con tutto il rispetto, non mi conosci, come fai a sapere che questo non è il tipo di posto che frequento di solito?" In quel momento ha fatto un'espressione da duro che gli è riuscita malissimo e sono stata sul punto di scoppiare a ridere.
"Sensazioni. Comunque dici che non ti conosco. Beh, voglio farlo." Mi ha lanciato uno sguardo confuso, poi si è rigirato verso il bancone.
"Dico sul serio. Voglio conoscerti." Ero sincera. La sua persona mi incuriosiva così tanto che non me ne sarei andata da lì senza che mi raccontasse la sua storia.
"Vedi che non mi muovo di qui finché non inizi a parlare." L'ho minacciato.
"Sei seria?" Ennesimo sguardo, ma uno un po' più dolce degli altri.
"Ho tutta la notte per aspettare",mi sono sistemata meglio sullo sgabello ed ho accavallato le gambe. È seguito qualche minuto di silenzio, non però uno di quelli carichi d'imbarazzo, piuttosto del tipo che precede l'inizio di qualcosa di bello. Un silenzio carico di potenzialità.
Poi ha accennato un sorriso, che mi è arrivato dritto nella pancia.
"Ecco, così va meglio. Non ti dona affatto il broncio" gli ho fatto notare. Ed il sorriso si è ampliato un po' di più.
"E sentiamo, cosa vorresti che ti raccontassi?" Mi ha chiesto, non sapendo da dove iniziare.
"Chi è lei, per esempio."
"Lei chi?"
"La ragazza che ti ha ridotto così" ho specificato.
"Non c'è nessuna lei." Ha sputato, oscurandosi.
"Lui allora?" Intanto ho incrociato le dita dietro la schiena. Speravo che non fosse davvero gay, sarebbe stata una grande perdita per il genere femminile.
"Neanche. Non si soffre solo per problemi di cuore, sai?"
"Hai ragione. Anche io sono qui per tutt'altra ragione. Tra lavoro e problemi familiari, i sentimenti sono l'ultima delle mie preoccupazioni" ed in effetti era proprio così. Mi ha lanciato un'occhiata interrogativa. Anche lui era curioso di sapere cosa stessi passando io, ma non lo avrebbe mai ammesso.
"Va bene, visto che non vuoi aprirti, inizierò io ... sono stata licenziata. Era un lavoro di merda, ed avrei voluto dimettermi io stessa tempo fa, ma avevo bisogno dei soldi. Così sono stata costretta a chiedere un prestito ai miei genitori, che non ne sono stati molto felici." Mi sono ravvivata un attimo i capelli con la mano per poi concludere con "loro pensano che io sia una buona a nulla, e forse hanno ragione a dirla tutta..." lo sconosciuto di cui ancora non sapevo il nome, ha ruotato lo sgabello nella mia direzione ed ha poggiato la testa sulla mano chiusa a pugno, per sorreggerla. Mi ha guardato come se capisse ciò a cui mi stavo riferendo, o almeno come se gli importasse. Poi finalmente le sue barriere sono cadute ed ha iniziato ad aprirsi.
"Si chiama Katrine, lei" sapevo che stava soffrendo per una ragazza, ne ero certa.
"Ti ha tradito?"
"Mi si legge in faccia, eh?" Ha sfoggiato un sorriso amaro ed io ho annuito. So com'è il volto di chi subisce un tradimento, lo riconoscerei ad un miglio di distanza. Questo perché più di una volta ne sono stata la causa. Non ne vado orgogliosa, ma sono fatta così: i legami sentimentali non fanno per me.
"Non è una cosa recente, è successo un po' di mesi fa. Ma soffro ancora. Mi torna sempre in mente nelle serate come queste, piovose e grigie. Di solito ci accoccolavamo sotto le coperte e restavamo per ore lì, ad ascoltare il rumore della pioggia. Ma poi lei ha preferito altre braccia in cui rifugiarsi, ed io sono rimasto con le mie vuote." Era quella la sensazione che ti lascia addosso un tradimento? Non l'avevo mai vista da quella prospettiva. Ho sempre pensato che l'altro potesse semplicemente consolarsi con qualcuno di nuovo, ma forse la pensavo così solo perché non l'avevo provato sulla mia pelle.
"Quindi non c'è stata nessuna dopo di lei?" Gli ho domandato.
"Non ho incontrato nessuna che ne valesse la pena. Nessuna che sia alla sua altezza" Ha risposto, scrollandosi le spalle. L'aveva detto che non era tipo da buttarsi con la prima che capita.
"Standard troppo elevati?"
"No, semplicemente cerco qualcuno che mi faccia stare bene. Che mi faccia sentire leggero come riusciva lei." Gli leggevo in quegli occhi castani e profondi la voglia di spensieratezza, e vederlo affogare quel desiderio così dolce nell'alcol puzzolente ha fatto scattare qualcosa dentro di me. Gli ho afferrato la mano con cui si stava portando alla bocca l'ennesimo shot di tequila e l'ho costretto a poggiare il bicchiere sul bancone. Il contatto delle nostre pelli mi ha trasmesso una strana vibrazione, mai provata prima.
"Al diavolo Katrine. Vieni con me" ho affermato, alzandomi e cercando di fargli fare lo stesso tirandolo per il polso. All'inizio ha cercato di opporre resistenza, ma poi mi ha seguita, anche se con la perplessità disegnata sul volto.
"Che vuoi fare? Che hai in mente?" Ha chiesto afferrando al volo il cappotto ed indossandolo in fretta e furia.
"Non ti fidi?" Gli ho detto, sfacciatamente.
"Ma se non so neanche il tuo nome"
"Mi chiamo Sandra" ho mentito, stringendogli la mano e correndo fuori dal locale. In un attimo eravamo nel bel mezzo del vicolo su cui dava il pub, con la pioggia che ci inzuppava da capo a piedi.
"Ma tu sei totalmente pazza. Ci prenderemo una polmonite così... avanti, rientriamo" ha urlato, cercando di coprire con la voce lo scrosciare della pioggia.
"E perderci questo divertimento? Te lo scordi..." ho improvvisato un passo di danza e questo l'ha fatto ridere. Una risata vera, questa volta, che mi ha totalmente fatto dimenticare i miei problemi.
"Meriti questa espressione sul tuo volto, ogni giorno. Sei molto più bello così." Gli ho detto con tutta la sincerità possibile.
"Ribadisco, sei totalmente fusa" ha risposto, ridendo ancora più forte.
"Probabile... ma sono sicura che da ora in poi quando ci sarà un giorno di pioggia non ti verrà in mente Katrine, ma quella volta in cui una sconosciuta ti ha trascinato a ballare sotto un acquazzone. È difficile, lo so, ma la vita va avanti e sui ricordi se ne costruiscono di nuovi" lo costringo a fare una piroetta.
"Probabilmente hai ragione. Forse devo solo lasciarmi andare e provare ad essere di nuovo felice." Così mi ha fatta girare lui e poi ha iniziato a ballare in modo strano, fregandosene di chiunque lo stesse guardando.
"Esatto. Devi essere tu stesso d'ora in poi a darti la leggerezza di cui hai bisogno." Ormai avevo totalmente dimenticato il proposito che mi aveva portato in quel pub, stavo bene, come mai prima. Vedere lui ritrovare la sua libertà grazie a me e divertirsi sotto la pioggia come un bambino mi aveva curato l'anima. Se avevo messo da parte i miei progetti e desideri per rendere felice qualcun'altro, allora forse c'era speranza anche per me. Per un attimo sono stata certa di poter diventare una persona migliore.
"Grazie, Sandra. Grazie di tutto." Ha sussurrato al mio orecchio e poi mi ha baciata. È stato folgorante, inaspettato. Le sue labbra sapevano di tequila e lui profumava di erba appena falciata. Il mio cuore ha fatto un tuffo carpiato e si è buttato nel mare di emozioni che stavo provando.
"Comunque sono Peter" ha affermato quando si è staccato, prima di intrecciare le sue dita con le mie e costringermi a correre senza una meta come avevo fatto io con lui prima. Le nostre mani sembravano fatte per stare una nell'altra.
Abbiamo urlato a squarciagola ed abbiamo ballato a lungo, per le strade della città, prima che mi portasse a casa sua, dall'altra parte del paese, e facessimo l'amore.
Avvampo al ricordo della pelle bagnata di Peter contro la mia, dei suoi occhi che mi scrutavano facendomi sentire bellissima e delle mani che sembravano vivere di vita propria e non volersi mai staccare.
Dopo, però, sono arrivate quelle parole, nel cuore della notte, poco prima che mi addormentassi con la testa sul suo petto.
"Domani mattina faccio i pancakes per colazione. Ti piacciono?" Ha detto ingenuamente, baciandomi la fronte. Mi sono sentita di nuovo la persona peggiore sulla faccia della terra. Lui voleva di più: aveva bisogno di una donna da amare, di una fidanzata a cui portare la colazione a letto e a cui un giorno regalare un anello; una ragazza da presentare ai suoi genitori, che gli desse dei figli e con cui costruire una famiglia. Ed io non potevo essere quella persona. Io che avevo un'esistenza incasinata, io che ero tutto tranne che equilibrata e stabile. Avrei potuto ferirlo in continuazione senza neanche rendermene conto semplicemente perché non ero abituata a pensare per due, ma ad agire per puro egoismo.
La Roxanne in quel letto con lui, aveva appena vissuto la notte più magica di sempre, aveva capito che era capace di amare e che nella sua vita voleva quello: non il sesso ma l'amore. Però ... però non era pronta per diventare l'àncora di qualcuno, perché altrimenti l'avrebbe portato a fondo con lei. Voleva Peter ma lui meritava di meglio.
Così ho fatto l'unica cosa possibile, gli ho risposto con un "i miei preferiti", l'ho baciato assaporando quella bocca per l'ultima volta e poi gli ho accarezzato i capelli mentre si addormentava. L'ho guardato riposare finché i primi raggi dell'alba non hanno fatto capolino dalla finestra, ed ora sono ferma qui, con il desiderio di restare ma con il dovere morale di andarmene, per il suo bene.

È che lo immagino aprire gli occhi, nudo e con una sensazione di freddo addosso, girarsi nel letto e constatare che è solo. Nella mia mente lo vedo già tastare con la mano la parte dove sono stata sdraiata e non sentirla calda, segno che ormai sono andata via da un po'. So che si alzerà e girerà tutto l'appartamento per trovarmi. Poi passerà a cercare segni della mia presenza, chiedendosi se non fossi frutto della sua immaginazione. Ed infine capirà che esisto, e che semplicemente me ne sono andata, senza avvisare, senza lasciare neanche il mio numero di telefono. Guarderà il soffitto, poi il pavimento tenendosi la testa tra le mani, si chiederà il perché, si darà dello stupido, piangerà forse, e si riprometterà di non cascarci più, ma poi invece ci cascherà eccome. Si innamorerà di nuovo, e questa volta sarà con la persona giusta, sarà per sempre, ci scommetterei. Un giorno sicuramente, quando avrà sostituito il mio ricordo con altri più belli, si guarderà indietro e dedicherà uno di quei suoi meravigliosi sorrisi a Sandra, la ragazza che gli ha fatto passare una notte indimenticabile e che gli ha fatto capire che esiste altro oltre Katerine. Spero che mi perdoni per quello che sto facendo, ma nella peggiore delle ipotesi preferisco essere ricordata così, come chi l'ha lasciato senza una spiegazione, piuttosto che come colei che l'ha ferito più e più volte in una relazione che si sa già non porterebbe a nulla di buono.

Così mi armo di tutto il coraggio e la forza che ho e di malincuore raccolgo tutti i vestiti, i quali, per fortuna, ora sono asciutti. Mi rivesto, ancora con lo sguardo fisso su di lui. Raccatto tutti i miei effetti personali facendo attenzione a non dimenticare nulla e poi sussurro:
"Non dimenticare mai il mio consiglio. Scusami per la delusione che ti sto dando. E grazie, Peter." Lo ringrazio perché mi ha fatto capire che la mia vita non può continuare in questa direzione, che posso, e devo, diventare una persona diversa, migliore. Lo devo ai miei genitori, a tutti coloro che ho ferito sul mio cammino, lui compreso, e soprattutto lo devo a me. Solo ieri mattina avrei riso in faccia a chiunque mi dicesse che dovevo cambiare, ora invece la sento come un'esigenza, come l'unica strada possibile per poter essere felice. Come l'unica cosa che mi permetterà, la prossima volta che incontrerò un Peter, di accoglierlo a braccia aperte nella mia vita. Ora che so cosa voglio, farò di tutto per ottenerlo.
Mi chiudo la porta dell'appartamento alle spalle e una lacrima mi scende sulle labbra piegate in un sorriso.
Per la prima volta, anche se è stata dura, sono certa di aver preso la decisione giusta.

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