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Nina

Ho fatto una stronzata.
Un'enorme stronzata.
Ed è per questo che sono chiusa in cucina da circa un'ora e mezza, vietando a tutti di entrare.
Ho cercato di tranquillizzare Esme, dicendole che non è successo nulla, ma mi conosce troppo bene per accettare come scusa una banale frase come "Sto preparando la cena".
Cucino spesso, ma mai la cena per qualcuno, non mi piace essere giudicata per come cucino. So di essere brava, non serve che me lo dicano gli altri.
Apro il congelatore e tiro fuori un barattolo di gelato al pistacchio, mi siedo sul ripiano della cucina e inizio a mangiarlo.
Non ho ancora pensato ad una soluzione. L'unico pensiero che ho da quando ho visto il telegiornale è "perchè ho scelto proprio lui? tra tutti quelli che avevo in quel maledetto fascicolo, perchè ho scelto proprio lui"

«Dove cazzo è?» sento la voce di Kevin provenire dalla sala da pranzo, non rispondo, so già che sarà Esme a portarlo in cucina.
Infatti, come previsto sento bussare, o meglio, questo modo di bussare e simile a tirare pugni molto forti alla porta.

«Avanti» rispondo con tutta la tranquillità del mondo «Hai intenzione di sfondare la porta?»
La porta si apre ed il mio fratellino entra incazzato, seguito da Simon e Leonardo.
«Mi piace quella porta, si addice all'arredamento rustico della cucina. Non trovi Kev?» domando.
Kevin si avvicina a me, ma lo blocco allungando la mia gamba e poggiando il mio piede sul suo petto, coperto da una camicia bianca.

«So quello che ho fatto e devo trovare una soluzione, me la caverò da sola» dico scendendo dalla cucina e finendo di leccare il mio cucchiaio.
Ho gli occhi di Simon puntati addosso, fa scorrere il suo sguardo lungo tutto il mio corpo e quando si accorge che lo sto fissando si gira dall'altro lato.
La mia tenuta casalinga è veramente spaventosa. Ho i capelli raccolti in uno chignon spettinato e indosso una maglia larga il doppio di me con dei leggins.
«E' la mia giacca quella?» domando a Simon indicando la stoffa che sta stringendo nella mano.
Simon annuisce e me la lancia.
Che modi da troglodita.

«Ti sei fatta picchiare, giusto?» mi domanda mio fratello.
Lo guardo confusa, non capisco dove voglia arrivare.
«Possiamo dire che avevi un appuntamento con lui, che ti ha aggredita e tu ti sei difesa, non era tua intenzione ucciderlo»
Scuoto la testa in segno di negazione.
Apprezzo molto che il mio fratellino stia provando a trovare una scusa al danno che ho causato, ma non regge.
«Kev, lascia perdere. Andrò in contro alle conseguenze»
Sinceramente parlando, in questo momento mi fa più paura la reazione di Enea che una possibile vendetta da parte della famiglia Solca.

Ho bisogno di caffeina. Mi avvicino alla moca e inizio a prepararla.
Se devo pensare ad un piano di fuga da questa situazione ho bisogno di caffeina.
Inizio a canticchiare mentre cerco il barattolo del caffè e lo zucchero. Sono sempre più convinta che se ho compiuto questo gesto è perchè c'è un motivo, vedere la faccia di Fiorello Solca tra tutti quei volti mi ha fatto riaffiorare in mente com'era il vecchio studio di papà e di conseguenza quello che è successo alla libreria.
Mi sento osservata, ma cerco di non darci peso.

«Ma guardala» sento la voce di Leonardo alle mie spalle «Ha appena ucciso un uomo e canticchia mentre prepara il caffè»

«Scusate, ma prevedo una lunga nottata» mi giustifico «Volete farmi compagnia?»
Propongo con un sorriso tutto denti, che scompare quando vedo che alla porta della cucina c'è Enea che mi rivolge uno sguardo di fuoco.

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