12. L'undicesima storia

Comincia dall'inizio
                                    

Aggrottando le sopracciglia, Belarda sbuffò e ripeté, stavolta con voce alta e chiara: «Ordine!». Finalmente ottenne l'attenzione richiesta oltre ad un sacco di occhiatacce (e quelle non le aveva richieste) dalla maggior parte dei litiganti. Tutti tranne Pampineo, che appariva educatamente confuso come suo solito.

«Azzuffandosi si rimanda solo il momento in cui riceveremo quello che ci spetta» Disse in tono pragmatico la ragazza, un po' intimidita ora che la stavano fissando tutti «Se ci limitiamo a seguire le direttive, avremo tutti l'Amuchina e basta. Mi pare ovvio cosa sarebbe meglio fare. Siamo meno di dieci persone, l'attesa non sarà mica così lunga, no?»

«È perché la gente pensa così che il Governo sta riuscendo a schiavizzarci così facilmente» Borbottò Giangiorgio a bassa voce, acido, passandosi le mani una sull'altra come una mosca nervosa.

«Devo essere io la prima» Ripeté Rosetta, allargando le braccia minacciosamente «Sono scappata agli sbirri senza battere ciglio. Credi che avrò paura di te, signorina?»

«Stratopico» disse Pampineo

«Non è questione di fare paura, signora Gomblotti» replicò la giovane donna, incrociando strette le braccia al petto «È questione di evitare scompigli inutili. Non è meglio se la facciamo finita in fretta?».

Rosetta cercò di trafiggerla con lo sguardo, ma Belarda rimase con le braccia incrociate a restituirle lo sguardo, inamovibile. Rosetta provò la parata intimidatoria prima della mangusta rossastra del Kalahari, poi della gru di Pisa e infine del bambù di Cina, ma la ragazza tenne duro nonostante l'inquietudine. La vecchia sbuffò e si voltò, lasciando perdere. Belarda tornò discretamente a respirare: aveva vinto quella battaglia.

Inutile a dirsi però, Cigna quel giorno si era anche fatta un nemico pericoloso. Appena erano entrati a Villa Lazzaretti, Belarda aveva accennato di essere parte delle forze dell'ordine, e Rosetta non avrebbe mai scordato una simile affermazione. Ma le conseguenze di questo gesto sono un'altra storia...

Sedato questo disordine, gli ospiti del signor Lazzaretti crearono una fila ordinata per ricevere ognuno il pagamento promesso. Nuan, Giuseppino, Belarda ed Emilia usarono subito la loro dose di Amuchina per disinfettarsi le mani; Pampineo la usò allo stesso modo, ma solo dopo averla fissata per qualche secondo come se non potesse accettare che fosse davvero lì. Giangiorgio e Rosetta uscirono dalla stanza e si rifiutarono a dire a tutti cosa avessero fatto della loro dose.

Eros offrì la propria porzione di Amuchina a tutte le presenti in cambio di un bacio. Piera Elodea ne fu tentata, anche se le sembrava troppo sfacciato accettare davanti a tutti senza una buona ragione, così si disinfettò una mano sola per poter avere la scusa che aveva bisogno di un altro po' di disinfettante per completare il lavoro. Alla fine le mancò il coraggio e rimase con una sola mano pulita.

«Ora che siete tutti lindi, o almeno lo si spera» Disse il signor Lazzaretti con un'occhiata significativa ai due Gomblotti di ritorno «Vi attende una gustosa cena proteica preparata dalle mie manine deliziose. Mi sono già affezionato, mi piace viziarvi. Siete delle birbe litigiose, come dei micini un poco selvatici, ma non posso negarvi niente». Aveva piazzato il gatto Dracula sul bicipite sinistro e la cagnolina Ivy su quello destro e li faceva ballare contraendo i muscoli, guardando i presenti come se si aspettasse un elogio per la prodezza.

«Credevo che lei fosse ricco» Fece Piera Elodea, stupita «Davvero preparerà lei la cena?».

Dopo un attimo di esitazione, il padrone di casa smise il suo numero con gli animali di casa e rispose alla domanda. «Oh sì. Non ho servitù, sono un ricco anomalo io, e non voglio che scoprano i miei segreti. Faccio tutto quanto da solo, io! Sono il dio dei casalinghi!» si gasò Daniele, alzando man a mano tono

Un boccaccio di AmuchinaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora