8. Anita

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+ Anita, una storia di Eros Giannetta +

Ah, l'amore. Perché è questo quello di cui volete sentire parlare, non è vero? L'amore e la morte sono le cose che intrigano la gente di più, quelle che vi incollano al divano quando guardate un film, che vi fanno portare le mani al petto, come madonnine sorprese, quando sentite le vostre amichette e i vostri amichetti che spettegolano, solo che la morte è deprimente, ma l'amore... l'amore è eccitante. E io vi ecciterò.

Come... che c'entra che c'è un bambino che ascolta? E se non vuole ascoltare si tappa le orecchie.

Tappati le orecchie, Pinocchio, che cavolo. O vai a giocare col gatto in giardino o da qualche altra parte. Ah, non vuoi? E va bene, io ti avevo avvertito, perché questa è una storia da grandi.

Che significa che non hai paura? Questa mica è una storia di paura. E ora stai zitto, che sennò gli altri non se la godono a sentire la voce di un marmocchio come te.

Dunque, dov'eravamo? Ah sì, l'amore.

Ne esistono di molti tipi, e uno di questo, il mio preferito, è ovviamente Eros. Sì, proprio come il mio nome. Questa parola è greca, anche se alcuni esperti suggeriscono un'origine pre-greca, e significa "desiderio". Eros è un dio delle origini e muove il mondo degli umani e delle bestie. Eros è in me, Eros è in tutti voi, ed è colui che garantisce la sopravvivenza dei nostri popoli.

Che c'è, perché mi guardate così? Ascoltate. Ascoltate. Eros è la parte migliore di noi e le sue storie sono di una bellezza ossessiva, perciò io vi racconterò il modo in cui fa muovere il mondo.

Persino io sono qui per colpa sua e ora vi racconterò come è successo.

Nacqui in Calabria nel millenovecentonovantaquattro, da madre cassiera e padre fieramente muratore, terzogenito, con due sorelle più grandi di me. La Calabria sa essere una terra silenziosa, quando vuole, e io fui avvolto da un silenzio che non potete immaginare.

Mi lasciavano da solo con le mie sorelle, in campagna, e loro non mi parlavano mai. Rimanevo seduto sotto gli olivi, che dove vivo io sono enormi, con enormi tronchi nodosi che sembrano sculture e rami che si curvano sotto il peso di fronde abbondanti e di ancora più abbondanti olive scure. Non piangevo quasi mai e tutti erano contenti di me: ero come ipnotizzato dalla luce che penetrava attraverso le foglie, disegnando tutto a terra come delle figure di luce dorata. Io me ne stavo lì, con il fondo dei pantaloni ben piantato in nidi di erba verde o di vegetali secchi, a pensare a che cosa dovessi fare.

I miei genitori erano molto impegnati e quando finalmente la sera tornavamo tutti a casa, io dopo non aver fatto niente tutto il giorno e loro dopo aver lavorato, non ci parlavamo praticamente mai.

Fino ai quattro anni di età non dissi una sola parola, tanto che i miei iniziarono a pensare che fossi ritardato. In realtà capivo tutto quello che dicevano, sia loro sia le mie sorelle.

Sapevo che le mie sorelle si vedevano con i loro fidanzatini. Sapevo cos'erano dei fidanzatini. Sapevo cos'era un bacio e che cosa significava. A volte mi stufavo di guardare la luce e gli insetti che volteggiavano, e allora guardavo loro, le mie sorelle, che si nascondevano nei cespugli e credevano che non le vedessi.

Era un amore innocente, il loro, del tutto infantile: erano troppo piccole per fare sul serio, sia loro che i rispettivi fidanzatini, ma imitavano probabilmente quello che avevano visto in televisione o letto sui libri. E io iniziai a imitare loro.

Quando a tre anni mi mandarono alla scuola materna, incontrai una bambina. Non sapevo il suo nome, probabilmente perché non glielo chiesi mai, ma ricordo che aveva una faccina rotonda dalla pelle abbronzata e due grosse trecce nere come inchiostro. Decisi in cuor mio che sarebbe stata la mia fidanzatina e così la baciai.

Un boccaccio di AmuchinaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora