12. L'undicesima storia

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Qualche secondo dopo che il padrone di casa ebbe finito di raccontare la propria storia, nella stanza rimase un piacevole silenzio.

Poi il signor Lazzaretti si batté le mani sulle cosce e si sollevò dalla sua sedia con un piccolo sospiro soddisfatto, come dopo un pasto saporito e particolarmente abbondante.

«Io, gentili ospiti, sono un uomo di parola. Tutti voi mi avete concesso una storia come da accordo, pertanto è il momento che riceviate il vostro pagamento. Venite qui uno alla volta, nell'ordine in cui avete narrato la storia, ed io vi elargirò il compenso promesso».

Francesca balzò su dalla sua sedia, felice, ma l'anziana Rosetta si erse a sua volta dal suo seggio, già sul punto di aggredire la compagna di sventura. Si vedeva dai suoi occhi: era pronta a creare scompiglio.

«Io salto la fila. Hai capito? Io sono anziana e vado adesso» Le intimò minacciosa, esibendosi in una serie di parate intimidatorie

«Ma... sarei io che ho raccontato la storia per prima» fece Francesca, poco convinta.

Tuttavia fece l'errore di ritrarsi un po': Rosetta, incoraggiata, alzò le braccia per sembrare ancora più grande. «Io sono vecchia e ne ho bisogno. Non sai che il coronavirus bersaglia noi vecchi, egoistaccia? Andare in ordine di storia non ha senso, bisogna andare in ordine di bisogno! E sono io, quella che ne ha più bisogno!».

Le parole della signora Gomblotti scatenarono una gran discussione tra i presenti. Tutti volevano andare per primi e tutti adducevano le loro buone ragioni per cui avrebbero dovuto avere questo privilegio, che fossero ragioni veramente buone o meno, spiegandole ad altissima voce. Tranne Pampineo, che non aveva idea di come convincere gli altri e stava leggendo dei passi dal suo libro di Geronimo Stilton, sperando che ripetere abbastanza volte "stratopico" gli avrebbe dato l'aria di un topo, anzi di un tipo, abbastanza affidabile da ottenere la precedenza sugli altri.

Solo Belarda Cigna e Daniele Lazzaretti si astennero dal farsi coinvolgere in questa baruffa verbale: il signor Lazzaretti perché non aveva nulla da guadagnarci, con l'Amuchina già in suo possesso, e Belarda perché aveva altro da dire a proposito.

In un primo momento si lasciò tentare dall'idea di sgattaiolare fino al boccaccio approfittando della confusione, ma il suo senso del dovere e una briciola di timore di essere sgamata e aggredita da coinquilini inferociti le fecero abbandonare in fretta quell'idea appena abbozzata.

«Fermi» Disse a volume normale, battendo le mani un paio di volte per cercare di attirare l'attenzione. Niente, era come cercare di fermare una zuffa tra galline lanciandogli contro dei pelucchi.

«Un aiutino?» Sillabò la giovane donna verso il padrone di casa, ma l'omaccione si strinse nelle spalle e si chinò a prendere tra le braccia Ivy. La cagnolina era saltata giù dalla propria sedia nel momento in cui il padrone si era alzato per andargli incontro, mentre Dracula il gatto era ancora al suo posto, ondeggiando pacificamente la punta della coda come se la baruffa a pochi passi da lui non lo toccasse.

«Lasciali stancarsi, zia» Le consigliò lui «Devono stabilire le gerarchie»

«Le gerarchie?»

«Sì. Si stancheranno prima o poi. Si scaricheranno le pile. Lasciali sbraitare, che rilasciano un po' di adrenalina, magari poi si sentono pronti per fare una sfida squat».

Belarda si voltò verso i litiganti, ma non era su di loro che si concentrò, per un momento ancora. Osservò con la coda dell'occhio il padrone di casa, e si rese conto di non essere affatto l'unica che analizzava qualcuno in quella stanza. A parte Giangiorgio, che stava tirando le sue conclusioni sui presenti, tutte sbagliate, il signor Lazzaretti stava guardando lo svolgersi delle baruffe tra i suoi ospiti con qualcosa che era sì analitico, ma anche divertito.

Un boccaccio di AmuchinaWhere stories live. Discover now