Capitolo 9

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«Perché mancano sei studenti all'appello?» domandò, irritato, il coach Harrison. Dopo qualche secondo, un gruppo di persone affannate giunse al molo, ansimando fortemente.
«Ci siamo, coach» disse Jason Foulds, mentre gli altri giungevano dal bosco. Harrison fece un'espressione scocciata, poi si scusò con i gentili signori che gli avrebbero insegnato a pescare e cominciò a far salire tutti sulle dieci barche messe a disposizione, perché la pesca avveniva a piccoli gruppi, massimo quattro persone. Annie, in fondo alla fila, guardò corrugata tutti i membri della squadra di football. Si avvicinò a Jason e attirò la sua attenzione.
«Fraser?» gli chiese poi, guardandolo negli occhi. Questi scrollò le spalle.
«Pensavo fosse tornato, se n'era andato prima perché non voleva rischiare di tardare. Sai che si sta giocando un posto come quarterback titolare, il coach l'avrebbe ucciso» rispose il giovane, svincolandosi dalla ragazza. Lei lo guardò allibita, poi si voltò e cercò di scorgere in lontananza il suo amico, senza però riscuotere un gran successo. Quello che diceva Jason era vero: se avesse detto qualcosa al coach, Fraser avrebbe perso ogni speranza con la squadra. Scosse il capo, indecisa sul da farsi, poi osservò Alex che scherzava con il suo amico e le ritornò in mente quando, prima, si vantava della sua esperienza da scout. Si avvicinò a lui, senza farsi notare dalla professoressa Herald.
«Alex Villar» disse, attirando la sua attenzione. L'altro si voltò e le sorrise.
«A cosa devo l'onore?» commentò lui, facendo ridere il proprio amico. Annie sbuffò e si avvicinò ancora di più a lui, che rimase immobile.
«Fraser non è tornato» confessò, a bassa voce. Alex si guardò velocemente intorno, poi scrollò le spalle.
«Cazzi suoi» decretò, continuando a sorridere. Annie sospirò, poi gli afferrò un braccio e lo costrinse a guardarla.
«Per favore, non possiamo dirlo al coach. Devi andare a cercarlo» implorò lei, seriamente preoccupata per l'amico. Alex scoppiò ancora a ridere, così come l'amico fastidioso.
«Io? E per quale motivo dovrei farlo?» domandò poi, con aria di sfida. Lei scosse il capo, allibita da quell'atteggiamento da falso duro.
«Perché lui per te l'ha fatto» rispose, allontanandosi di qualche passo. «Ma se sei così stronzo da non volerlo aiutare, allora dovrò dirlo al coach e fargli perdere anche la squadra. Dopo Nathan, questo lo ucciderà.»
«Aspetta» disse lo spagnolo, guardando di sfuggita l'amico, poi riavvicinandosi alla giovane. «Dov'era?»
«Una specie di baita nella zona rossa, credo di aver sentito» lo informò lei, sorridendo. Lui sospirò, quindi osservò per un momento la posizione del coach e della professoressa.
«Vi lascio il mio zaino. Tu coprimi e io vado» spiegò a Annie e Jay, il suo amico. L'ultimo afferrò il borsone, mentre la giovane annuì e si avvicinò al coach e alla professoressa, lamentando un dolore alla gamba. Mentre i due erano concentrati a cercare di capire cosa fosse successo ad Annie, Alex corse furtivamente dietro al primo albero, attese qualche secondo e poi si voltò. Notò che la ragazza era stata brava ad attirare l'attenzione dei docenti, quindi tornò a guardare davanti a sé e, lentamente, si avventurò nella foresta.

Fraser era abbastanza certo di essersi perso. Era stato veramente stupido a scegliere di tornare da solo, ma aveva notato che il gruppo rischiava di tardare e, sinceramente, non voleva inimicarsi il coach poco prima nella nomina del quarterback titolare. Fece qualche passo in avanti, poi raggiunse l'albero che aveva segnato prima con l'evidenziatore. Scosse il capo, disperato. Non riusciva proprio a capire come facesse a girare in tondo in quella maniera. Era almeno la settima volta che tornava a quell'albero, come se avesse una sorta di calamita. Si appoggiò al tronco con le spalle, rassegnandosi al fatto che ormai avrebbero scoperto il suo ritardo e sarebbero partiti per cercarlo. Lui avrebbe ottenuto una sospensione e sarebbe stato escluso dalla squadra di football. Si rialzò, determinato a trovare il modo di andarsene da lì, quindi cercò di identificare le proprie tracce. Sembrava non essere mai andato a sinistra, quindi si voltò e cominciò a camminare in quella direzione. Ci mise circa dieci minuti a raggiungere un'area che non aveva mai visto. Rimase senza parole dallo splendore del paesaggio: si trovava in un punto leggermente rialzato e, sotto di lui, scorreva un torrente. Probabilmente il corso d'acqua si dirigeva al lago. Notò come, nella zona appena vicina a lui, dei massi bloccavano la corrente, creando una piccola piscina all'interno del torrente. Si sedette sul punto di confine tra la zona rialzata e il corso d'acqua, con i piedi a penzoloni sulla parte sottostante, e sdraiò la schiena sul terreno. Per quanto lo riguardava, poteva morire lì, in pace. Quel silenzio, l'odore dell'acqua e il cinguettio degli uccellini gli fece prendere sonno. Chiuse gli occhi per qualche secondo, inebriato dalla sensazione positiva che gli trasmetteva quel luogo. Ad un certo punto, qualcosa lo scosse.
«Fraser, stai bene?» domandò una voce, che non era certamente parte del paradiso nel quale pensava di essersi rifugiato. Aprì gli occhi e vide Alex, chino su di lui, con un'espressione preoccupata.
«Certo che sto bene, stavo solo riposando» spiegò, alzando la schiena. L'altro sospirò, sollevato, quindi si accomodò accanto a lui.
«Hai deciso di perderti nel bosco?» gli chiese, guardando il torrente. Fraser scrollò le spalle.
«Semplicemente non avevo voglia di fare quella stupida gita in barca. So benissimo come tornare indietro» mentì, osservandolo con la coda dell'occhio. Era sorpreso di vederlo, ma allo stesso tempo contento che fosse andato a cercarlo.
«Sì, certo. E gli alberi si sono evidenziati da soli, vero?» fece poi Alex, guardandolo. Fraser annuì.
«Io non so assolutamente nulla di questa storia» cercò di replicare, quando l'altro lo spintonò leggermente, ed entrambi scoppiarono a ridere sonoramente.
«Senti ma, ci facciamo un bagno?» propose lo spagnolo. Fraser lo guardò di sbieco.
«Sei pazzo? Fa freddo» rispose, scuotendo il capo.
«Me lo devi, sono venuto a cercarti, altrimenti tra mille anni ti avrebbero trovato ancora qui a vagare disperato attorno a quei cinque alberi che hai segnato. Tra parentesi, non si segnano così gli alberi per non perdersi» lo imbeccò Alex, fissandolo negli occhi.
«Ah sì? E come si segnano, prof?» domandò Fraser, incrociando le braccia e rispondendo allo sguardo.
«Devi farlo con una certa logica. Intanto, individui il nord così, sapendo dove si trova, riesci a capire dove ti devi dirigere. Poi, segni ogni tot di alberi nella tua direzione. Tu hai colorato qualche tronco in cerchio, così hai continuato a girare sempre nella stessa zona. Quello che hai fatto tu è solo vandalismo» spiegò poi, continuando a sorridere. Fraser pensò che quel ragazzo a volte era veramente bellissimo. Non solo da un punto di vista estetico, ma proprio da come parlava, come si comportava, ciò che trasmetteva.
«Va bene, ammetto che ne sai più di me» concesse Fraser, schiarendosi leggermente la gola. «Non so nulla di te. Dicevi che non ti sei comportato bene con tua mamma, per questo sei qui, giusto?»
«Sì. Ero un po' esagerato. Mi drogavo. A volte esageravo talmente tanto da tornare a casa la notte. Stavo con questa compagnia che mi faceva fare cose pessime. Sono stato anche arrestato un paio di volte. Diciamo che non ero un bel soggetto» raccontò Alex. Fraser annuì, seriamente sorpreso. Non era così il ragazzo che aveva accanto.
«Tutti abbiamo fatto delle cose di cui ci pentiamo» lo rassicurò Fraser, stringendogli una spalla.
«Mia mamma e il suo compagno volevano mandarmi in un collegio militare, ma ho chiamato mio padre che li ha convinti a fare un patto: avrei trascorso un anno in una struttura nel Vermont, una roba controllata dove sarei stato seguito da un terapeuta, poi sarei venuto qui da lui. E così è andata» terminò di raccontare lo spagnolo. «E tu invece? Qual è la storia dietro all'assenza dei tuoi?»
«Più o meno te l'ho già detta. Mio papà è andato con la sua segretaria, ma già le cose in famiglia non andavano bene. Lui non era mai presente e creava solo problemi. Mia mamma ha avuto una sorta di crollo psicologico e per mesi non è uscita di casa, poi ha cominciato a bere tanto, della serie che tornava a casa e rompeva cose, tipo i piatti, per la disperazione. Io ed Erik non sapevamo come aiutarla. Lei ha iniziato a vivere in modo sbagliato, mettendosi con dei tizi uno più orribile dell'altro, finché un giorno non se n'è andata: ha lasciato una lettera dicendo che avrebbe provato ad essere una mamma migliore, ed è sparita» confessò Fraser, senza far trasparire nessuna emozione dal tono di voce.
«Sono sicuro che non sia stato facile. Ma tuo fratello ti ha aiutato?» domandò l'altro, guardandolo negli occhi.
«Sì, lui è bravissimo, fa tantissime cose. A volte mi sento veramente uno stronzo a trattarlo male o semplicemente a comportarmi da adolescente» rivelò poi, sorridendo. «Ti sei fatto molti amici da quando sei qui? Hai la ragazza?»
«A parte Jay, non è che conosca molte persone. Cioè, ci sono i classici tipi che ti salutano a scuola ma fuori ti ignorano. Ma forse non è un tuo problema, mister squadra di football. Tu sei fidanzato?» chiese Alex.
«In passato lo sono stato. Ora, grazie a Dio no» rispose Fraser, alzandosi in piedi. La conversazione con Alex stava andando bene, ma non voleva perdere troppo tempo lì, in quel posto, quando probabilmente il coach stava decidendo se sospenderlo o meno. Lo spagnolo lo imitò, tirandosi anch'egli in piedi, poi guardò per un secondo giù. C'erano un paio di metri tra loro e l'acqua: si poteva fare. Sorrise, guardando l'altro negli occhi. In quella frazione di secondo, Fraser comprese pienamente cosa stava per succedere, ma non ebbe il tempo materiale per far nulla. Con una mano, Alex afferrò l'altro e si lanciò nel torrente. I due ragazzi finirono in acqua con tutto ciò che indossavano. Fraser riemerse imprecando e Alex scoppiò a ridere, sistemandosi i capelli per liberare gli occhi.
«Non è fredda, dai» fece lo spagnolo, battendo i denti. L'altro spalancò gli occhi.
«Vaffanculo Alex, è gelata. E ci prenderemo una broncopolmonite così, con tutti i vestiti bagnati» protestò Fraser, scuotendo il capo.
«Tu avevi la possibilità di salvare i vestiti, buttandoti volontariamente, ma hai rifiutato. Si può oggettivamente dire che hai scelto tu e che la colpa è tua» rigirò la vicenda lo spagnolo, togliendosi la maglietta. «I veri uomini resistono al freddo.»
«Te sei deficiente. Sei per caso caduto da piccolo?» chiese Fraser, guardandolo negli occhi. Erano così vicini che poteva sentire il respiro affannato dell'altro.
«Non credo, devo chiedere a mia mamma per sicurezza però» scherzò Alex, quando l'altro si fece ancora più vicino, poi posò le mani sulle sue spalle e sorrise. Quindi, lo spinse sott'acqua. Alex si dimenò, poi Fraser lo lasciò andare. «Sei un cretino.»
«Lo so» rispose Fraser, mentre entrambi scoppiarono di nuovo a ridere. Poi, Alex si spostò nuovamente. I due avevano pochi centimetri a separarli. Fraser guardò gli occhi azzurri dell'altro, mentre una fitta allo stomaco lo colse. Non sapeva dire se fosse per il freddo o per la bella sensazione che provava accanto a lui. Più lo guardava e stava con lui, più si rendeva conto che provava cose che non aveva mai sentito. Come la prima sera, quando erano insieme e sarebbe anche potuto accadere qualcosa. Si sentiva al sicuro, come se nulla potesse scalfirlo mentre erano insieme. Alex posò una mano sul suo volto e sorrise, accarezzandolo dolcemente.
«Sto per fare una cosa» confessò poi lo spagnolo, a bassa voce. Fraser sapeva cosa stesse per accadere e, una parte di lui, gli diceva di andarsene. Ma le sue gambe rimasero lì, immobili in acqua. Osservò le goccioline che cadevano dal volto dell'altro, i suoi capelli ricci che erano bagnati e appiccicati alla testa, i suoi occhi azzurri e limpidi più dell'acqua nella quale erano, e prese fiato.
«Cosa?»domandò, nonostante conoscesse bene la risposta. Alex sorrise e, lentamente, siavvicinò al volto dell'altro, posando le proprie labbra su quelle di Fraser. Ela sensazione che questi provò, fu semplicemente unica. Nulla a che vedere conil bacio dato da ubriaco a Nathan o con quello dato a Anthony. Nulla da vedereneppure con i mille baci scambiati con le diverse ragazze di turno. Quello eraveramente qualcosa di indescrivibile. Il freddo scomparve, così come ogni altracosa attorno a loro, e rimasero lì per un tempo che sembrava infinito, a fareuna cosa semplicissima ma speciale. Entrambi erano al sicuro. Erano insieme, equello bastava. Si stavano completando e, in quel singolo istante che sembravadurare un'eternità, entrambi scoprirono il senso della loro esistenza. Perché lavita serviva a quello, giusto? Ad essere felici, a completarsi a vicenda. Per questo,quel semplice gesto fu così speciale. Per questo, Fraser e Alex, da quelmomento, iniziarono realmente a vivere.

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