Capitolo 4

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Il tempo sembrava non voler più scorrere. Ogni secondo era lunghissimo. La lancetta dell'orologio da parete dell'aula di inglese procedeva, lentamente, in senso orario. Era l'ultimo giorno prima delle vacanze di Natale, e gli studenti della MLK non vedevano l'ora di uscire dall'istituto e non rientrarvici più per due settimane.
«Frasie» sussurrò Annie. Il ragazzo si voltò verso di lei. «Vieni da me l'ultimo dell'anno?»
«Ho forse scelta?» rispose, ironicamente, il giovane. Lei spalancò gli occhi ed entrambi repressero una risata. La signora Kinglsey stava spiegando qualcosa sulla storia dei padri fondatori degli Stati Uniti, ma nessuno sembrava interessato.
«Ho capito, volete tutti andare a pranzo. Per le vacanze Natalizie vi assegno una ricerca da fare a coppie» disse la docente, infastidita dai borbottii degli studenti. Si levò un sommesso no dai banchi, ma lei guardò male la classe. «Più confusione fate, peggiore sarà la ricerca.»
«Professoressa, possiamo scegliere noi i gruppi?» chiese uno studente dall'ultima fila. Lei sorrise, anche se pareva di più un ghigno malefico il suo.
«Avreste potuto, se non aveste protestato. Ora, li sceglierò io per voi. Vi manderò una mail con il vostro compagno e il tema della ricerca. Mi raccomando, metterò un voto a ognuno di voi! Ora, andate pure a mangiare» spiegò, accomodandosi dietro alla cattedra. Tutti si alzarono e la salutarono, fiondandosi fuori dall'aula.
«Che ricerca sarà?» domandò Annie a Fraser, quando furono all'esterno della classe. L'altro scrollò le spalle, mentre si dirigevano a mensa.
«Non ne ho idea. Conoscendo la professoressa, sarà qualcosa di noioso» commentò il ragazzo.
«Speriamo di essere in coppia insieme» disse lei, anche se non ci confidava molto. Il giovane le mise una mano sulle spalle.
«Sicuramente. La Kingsley non si azzarderà a scoppiare la coppia» rispose Fraser, facendola ridere. I due arrivarono in mensa e osservarono cosa sarebbe toccato loro per pranzo: una minestra dall'aspetto tutt'altro che invitante e una fetta di arrosto rinsecchita. Fraser storse il naso, ma procedette comunque col vassoio in mano e si accaparrò la propria porzione di cibo. I due si posizionarono al tavolo occupato da Sam e Francis, la sua fidanzata.
«Come passerete l'ultimo dell'anno?» chiese Sam, mentre mangiava la minestra. Annie fece un'espressione disgustata non appena assaggiò il contenuto del piatto, ma si fece forza e continuò a mangiare.
«Penso da me, nulla di che» rispose Annie. «Voi?»
«Dovevamo ancora deciderlo. Ma se ci invitassi, sarebbe grandioso» affermò Sam. Francis gli tirò una gomitata.
«Sam! Non ci si auto-invita alle feste» gli ricordò. Annie rise.
«Non è tecnicamente una festa» protestò Fraser, guardando l'amica «Giusto?»
«Giusto. Sarà qualcosa di semplice, magari guarderemo qualche film e berremo qualche birra. I miei non ci saranno. Se volete venire, ci fa piacere» chiarì lei. Francis annuì, sorridendo.
«Volentieri. Grazie per la disponibilità» concluse la ragazza di Sam. Fraser non la conosceva molto bene, ma sarebbe stato interessante poterlo fare l'ultimo dell'anno. Stava con Sam da qualche mese, e lui doveva ancora decidere se fosse una brava ragazza o una persona molto falsa. Sam era molto credulone, Fraser non si sarebbe mai lasciato ingabbiare così. C'era da dire che era veramente carina: lunghi capelli scuri e occhi azzurri. Ma non gliela raccontava giusta.
I quattro terminarono il pranzo e rimasero a parlare del più e del meno. Era passata una settimana, o poco più, dalla festa di Kimberly Adams e Sam non aveva ancora dato a Fraser i venti dollari che gli doveva. Era convinto che lui fosse andato a letto con Kimberly, cosa assolutamente non vera, ma non poteva provarlo e aveva preferito lasciar cadere la cosa prima che si scoprisse che aveva passato la notte con Anthony. Le persone avrebbero potuto fraintendere, mal pensare.
«Scusatemi, ma devo andare in bagno. Ci vediamo direttamente in classe» disse il ragazzo, alzandosi dal tavolo. Si diresse verso il corridoio principale e si preparò alla fila nei bagni dei maschi. Entrò e procedette verso un wc, quando sentì del vociare provenire da uno dei bagni. Corrugò la fronte e vi si avvicinò, notando l'inconfondibile voce di Jason Foulds. Poi lo sentì: un forte odore di erba. Scosse il capo, sorridendo, e spalancò la porta. Tre ragazzi, all'interno del bagno, si affrettarono a nascondere la canna.
«Cazzo, Jacobs, sei tu. Ci hai fatto venire un colpo» commentò Matt Humphrey, uno dei ragazzi della squadra.
«Era il minimo, visto che non mi avete invitato» rispose, entrando nello spazio angusto e afferrando la canna dalle mani di Jason. Questi annuì, lasciandogliela prendere. Così, Fraser se la portò alla bocca e fece un tiro profondo.
«Questa è roba buona. Direttamente da New York» raccontò Jason, riprendendosi la canna. Fraser lo guardò di sbieco, quindi sorrise.
«Chi ve l'ha portata da New York?» domandò, seriamente curioso. Kyle Sampson, il terzo ragazzo presente, alzò la mano.
«Merito mio, modestamente. C'è un tale, fratello di Kimberly, che studia lì. Ogni tanto ci porta della roba» spiegò quest'ultimo. Fraser spalancò gli occhi, poi afferrò nuovamente la canna e fece un altro tiro.
«Anthony?» chiese. Foulds lo guardò sorpreso.
«Anche tu compri da lui?» disse, stupefatto. Fraser scosse il capo, restituendo lo spinello al gruppo.
«No, ma lo conosco. Non sapevo spacciasse» commentò, seriamente meravigliato. Anthony non sembrava certo il tipo di persona che riforniva i ragazzini di erba. Non che ci fossero problemi, Fraser certamente mai lo avrebbe detto allo Sceriffo, ma la notizia gli suonava bizzarra. Per quel poco che lo conosceva, sembrava un bravo ragazzo. «Scappo, che devo pisciare.»
«Ci si vede agli allenamenti, Fraser» lo salutò Jason e, immediatamente, anche gli altri due. Così il ragazzo chiuse loro la porta e praticò i suoi bisogni in un bagno vicino, salvo poi e tornare verso la mensa, con quello strano pensiero in testa. Se Anthony fosse stato diverso da quello che gli era parso? Chi gli garantiva che quella notte veramente non avevano fatto nulla? Quella riflessione gli metteva angoscia. Gli venne in mente Nathan. Scosse il capo, mentre la sensazione di vuoto si faceva, nuovamente, sentire. Non doveva pensare ad Anthony. Dopotutto, non lo avrebbe più rivisto. Se anche fosse successo qualcosa, sarebbe solo stato un atto singolo dimenticato da entrambi.

La giornata procedette, nonostante Fraser non riuscisse a non pensare alla situazione con Anthony. Circa un'ora dopo, durante la lezione di francese, arrivò la mail della Kingsley con i gruppi per la ricerca e il tema della stessa.
"La ricerca dovrà essere sul mistero di Roanoke. Quando, nel 1590, il Governatore White tornò sull'isola lasciata solo tre anni prima, non trovò nessuno del suo equipaggio e nessun nativo americano, ma solo un'incisione sul tronco di un albero con la parola Croatoan. Producete un paper con le principali teorie connesse e un piccolo accenno al contesto storico e ai fatti pregressi."
Fraser aveva già sentito parlare della colonia perduta di Roanoke e sembrava un compito troppo interessante per essere assegnato dalla Kingsley. Scorse la mail sino a trovare il suo nome e sbuffò sonoramente. Annie lo guardò di sbieco, quindi lui scrollò le spalle.
«Sono in coppia con Alex Villar» spiegò. Lei alzò gli occhi al cielo e prese il cellulare, per guardare la mail con la consegna.
«Io con Mark Robertson. Che palle» rispose lei. Ma Fraser sapeva che le era andata meglio di quanto non fosse capitato a lui. Alex Villar era un ragazzo spagnolo trasferitosi a West Point all'inizio dell'anno. Era un tipo strano, un chierichetto. Era nel club di teatro ed era stato persino alla radio della scuola. Si era candidato contro Nathan alle elezioni per il rappresentante di istituto, venendo ovviamente sconfitto dall'ormai ex capitano della squadra di football, e aveva avuto diversi screzi con lui. Fraser non lo vedeva per niente di buon occhio. Sarebbe stato complesso lavorarci assieme.
Al termine della lezione di francese, il ragazzo si precipitò nell'ufficio della Kingsley. Lei lo accolse, sorpresa di vederlo.
«Professoressa, la prego. Non posso fare questo compito con Villar. Non ci vado d'accordo» spiegò. Lei scrollò le spalle.
«Un buon motivo per farlo con lui. Fraser, senti, sei un ragazzo intelligente. Spesso ti capiterà nella vita di avere a che fare con persone che mal sopporti. Dovrai imparare a superare queste difficoltà. La soluzione non è chiedere un cambio di compagno ma impegnarsi per appianare le divergenze, altrimenti finirai come la professoressa Hamilton, che non fa altro che urlare ed arrabbiarsi» si raccomandò lei, guardandolo negli occhi. Fraser annuì, abbattuto. Sperava di riuscire a cambiare compagno, ma la sua missione era fallita miseramente. Si allontanò dalla professoressa, dopo averla salutata, e procedette in corridoio. Non arrivò lontano, perché fu fermato nientepopodimeno che da Alex Villar.
«Ciao Fraser. Ho visto che dobbiamo lavorare insieme. Ti lascio il mio numero, non credo tu lo abbia» disse Alex. C'era da spezzare una lancia a suo favore: era cinico e diretto al punto. Almeno avrebbero finito in fretta la ricerca.
«Sì, grazie» rispose l'altro, porgendogli il proprio cellulare per permettergli di digitare il numero. Lo guardò per un secondo negli occhi, ma lui distolse subito lo sguardo. Doveva ammettere che Alex era molto bello: era un ragazzo abbastanza alto, più o meno come Fraser. Aveva i capelli molto ricci, corti e castani, e gli occhi di un azzurro profondissimo. La forma del viso e il modo di atteggiarsi erano da classico spagnolo. Sembrava essere appena stato su una spiaggia, a sorseggiare un mojito circondato da belle ragazze. Gli restituì il telefono.
«Ti faccio uno squillo, così hai anche tu il mio» propose Fraser. L'altro annuì, acconsentendo, così il ragazzo eseguì e poi infilò il telefono in tasca.
«Come ci organizziamo?» chiese Alex. L'altro scrollò le spalle.
«Puoi venire da me quando vuoi, tranne 24, 25 e ultimo e primo dell'anno» disse Fraser. Alex annuì, concordando.
«Va bene, allora ci sentiamo per organizzarci. Sarò sincero, non sono contento di fare la ricerca con te, ma non ho voglia di prendere un brutto voto, quindi cerca di essere sul pezzo» commentò. Fraser lo guardò di sbieco. Ecco l'atteggiamento da primo della classe che odiava. Che motivo c'era di essere così negativo? Stavano riuscendo ad avere una conversazione civile e educata, ma con quell'uscita aveva confermato l'opinione che Fraser aveva di lui.
«Non ho bisogno delle tue raccomandazioni. Sono meno contento di te di lavorare insieme, ma sono maturo e me lo faccio andar bene» mentì Fraser, dal momento che pochi istanti prima era dalla professoressa Kingsley a chiedere di cambiare compagno. L'altro sorrise.
«Sei proprio come quel tuo amico quarterback. Menomale che si è levato dalle palle» affermò, voltandosi e allontanandosi da Fraser. Questi scosse il capo, cercando di calmarsi. Sapeva che Alex non aveva una vita facile, tra dissidi famigliari e il trasferimento in Georgia, ma questo non poteva giustificare un atteggiamento così spocchioso. Non poteva tollerare che questi tirasse in ballo Nathan. Certo, non poteva prendere le sue difese, dal momento che se n'era andato, ma non riusciva ad accettare che gli altri parlassero male di lui. Si erano sempre guardati le spalle a vicenda, loro due. Nathan. Lo stomaco di Fraser si strinse nuovamente, e la sensazione di vuoto lo assalì ancora. Se il suo amico fosse stato lì, tutto sarebbe stato più semplice. Ma Nathan non c'era, e lui doveva lavorare con Alex. Sarebbe stato un vero e proprio inferno.

FraserWhere stories live. Discover now