1995 - Gloria

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Mi stavo passando lo smalto sulle mie perfette unghie curate, avrebbe dovuto farlo la mia estetista, ma, quel giorno, aveva avuto un contrattempo.

Ero furiosa.

Ma, al tempo stesso, prendermi cura di me, senza bere, senza farmi, era una strana sensazione piacevole, inattesa, quasi sconvolgente.

Avevo un bisogno viscerale di ricongiungermi con il lato più profondo della mia anima, quello che non riuscivo a guardare allo specchio, quello che rinnegavo, che annegavo, che uccidevo ogni giorno, un po' di più ogni volta che sorgeva il sole.

Quella mattina, ero totalmente in me, presente, per la prima volta in settimane: era pazzesco, perché sentivo tutto, sentivo tutti, i rumori della casa, i ragazzi, fuori, che giocavano.

Due ragazzini che non avevo idea di chi fossero o cosa volessero.

C'erano persone che si prendevano cura di loro, molto meglio di quanto mai avrei potuto fare io.

Io non ero all'altezza, non ero brava, non ero una buona madre: lottavo da anni contro i miei demoni.

Ero nata in una famiglia che mi aveva solo sopportato, a sedici anni avevo iniziato a sfilare perché, oggettivamente, ero bellissima. Non avevo studiato, non avevo nessuna cultura, nessun talento, nessuno che mi appoggiasse o mi aiutasse a capire. Quindi avevo fatto tutto da sola.

Avevo preso un treno ed ero arrivata a Milano dal mio piccolissimo paese al confine con la Francia per iniziare la mia carriera di modella, timidissima, impacciata, mentre le altre modelle mi divoravano, mi calpestavano, mi facevano sentire meno di niente.

Avevo imparato a cavarmela da sola, avevo imparato a morire e risorgere, a morire per amore, per amicizia, delusa, ingannata, presa in giro, stuprata, fatta a pezzi. Un mondo orribile, fatto di lotte continue, di sangue, sudore e lacrime, in cui tutti si prendevano gioco di me, convinti che non capissi, che non fossi abbastanza intelligente, abbastanza...al loro livello.

Poi era arrivato Laerte.

Laerte, bellissimo, sicuro di sé, convinto di quello che stava facendo, convinto anche quando, giovane rampollo di buona famiglia, mi aveva guardato come una preda, mentre sfilavo sulla passerella alla settimana della moda di Milano.

Avevo colto il lampo rapace di quei suoi occhi intensi, pieni di vita, coraggio e arroganza che mi avevano soggiogata, sottomessa, conquistata, rapita.

Mi ero innamorata di lui in un secondo: mi era bastato il suo sguardo dominante. Non sapevo che volessi innamorarmi ed essere parte di una coppia fino a quando lui non mi aveva trovata. Ero pronta ad arrendermi. Non volevo un becero operaio, non volevo un morto di fame: volevo qualcuno che si prendesse cura di me, qualcuno che fosse in grado di mantenere il mio altissimo stile di vita.

Ero scesa dalla passerella, inebriata dalla cocaina e dall'effimero trionfo di mani che applaudivano chiunque gli si presentasse davanti, per togliermi d'istinto le scarpe e, in quel semplice gesto, persi l'equilibrio.

Ero disfatta dalla droga ed esausta, volevo solo mettermi a letto e dormire fino alla prossima sfilata.

-Sei un sogno - mi aveva sussurrato all'orecchio, sorreggendomi, mentre, a stento, mi reggevo in piedi.

-Tu chi sei? - chiesi, completamente fuori di me.

-Il mio nome è Laerte e sono l'uomo che devi amare.

Mi venne da ridere e, per come ero fatta, non riuscii a commentare quella risposta del cazzo.

-Sono Gloria.

-Lo so, piccola, lo so. - il suo tono e quel nomignolo da quindicenne mi fecero ridere ancora.

Avevo anche bevuto troppo.

Senza tempo - TERZO INSTALMENT DELLA STORIA DI GABRIEL E CHLOÉWhere stories live. Discover now