Odi et amo

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Quel giorno per Giuseppe era stato incredibilmente stressante, non che il periodo fosse tra i più rosei, ma quel giorno in particolare si era sentito totalmente sopraffatto dalla stanchezza fisica e mentale. Nel suo studio avevano fatto capolino decine di persone, una di seguito all'altra con un discorso da controllare, un documento da firmare, degli impegni da ricordare. Non sapeva nemmeno come era riuscito ad arrivare a fine giornata senza crollare sulla scrivania, probabilmente gran parte del merito andava alla quantità considerevole di caffeina che aveva ingerito.

Chiuse l'ultimo fascicolo ad un orario indecente, controllò il cellulare: era quasi mezzanotte, allentò ulteriormente il nodo della cravatta e si alzò per dedicarsi qualche ora di sonno.
Dopo aver percorso i corridoi di Palazzo Chigi avvolti dal silenzio giunse al terzo piano, ma prima di arrivare dinnanzi alla porta blindata tramite cui si accedeva ai suoi appartamenti notò che c'era qualcuno seduto sul divanetto di quel piccolo ingresso, sorrise nel vederla lì, addormentata.

La sua Irene.

Si era portata il suo fedele libro e gli appunti, aveva persino messo in carica il telefono, chissà da quanto lo aspettava.

Era dannatamente bella in tutta la sua semplicità, la maglietta bianca che le lasciava scoperta una porzione di pelle, i pantaloni che le fasciavano le gambe alla perfezione, le mani a cui teneva appoggiata la guancia in modo tenero da ricordare  quello dei bambini.

Tutto di lei lo mandava in estasi.
Lo faceva impazzire quando si spogliava davanti a lui con lo sguardo famelico, ma al contempo era rapito dalla semplicità dei suoi gesti così limpidi, quando intrecciava le dita fra i suoi capelli, arrossiva ad un complimento o gli tirava delle gomitate sull'addome se diceva qualche cosa che la offendesse.

Si avvicinò a Irene quasi come fosse una meravigliosa opera d'arte, le accarezzò lievemente la schiena con una sorta di devozione e lei si tirò quasi immediatamente su dalla scomoda posizione in cui si era addormentata, immediatamente gli sorrise.

"Quanto personale della sicurezza hai corrotto per essere sempre qui?" domandò lui ridendo mentre Irene si sistemava i capelli "Sono pur sempre la tua compagna, no? Uso questo a mio vantaggio e poi una delle tue guardie del corpo mi adora!"
Giuseppe sorrise, un sorriso sincero che però non risciuva del tutto a nascondere la spossatezza di quei giorni tanto complessi, a Irene non poté che venire in mente l'intervento in Senato visto la sera prima in televisione.

Accarezzò con dolcezza il viso di Giuseppe e guidò la sua testa sulla sua spalla interrompendo il contratto visivo "Come stai?" domandò mentre gli accarezzava un mano, percorrendo con cura le linee sui suoi palmi "Sto bene" rispose semplicemente lui contemplando quanto meraviglioso fosse trovarsi con la testa sulla spalla di quella giovane donna che esplorava ogni parte del suo corpo con cura e ammirazione, persino i dettagli apparentemente inutili della sue mani, eppure Irene sembrava attratta anche da quelle, intenta a carpire chissà quale segreto.
"Dici sempre che stai bene, ma sei sicuro?"
"Sei un futuro avvocato o una futura psicologa?" domandò lui ridendo
"Per certi versi" rispose prontamente lei "Non sono due mestieri così diversi, o sbaglio?"
Lui sorrise, anche se lei non poteva vederlo "Come darti torto"
Dopo qualche minuto passato in quella posizione Irene si spostò costringendo Giuseppe alzare la testa "Andiamo di là?" domandò quasi sussurrando, lui annuì e si recò ad aprire la porta.

Una volta giunti in camera Giuseppe si tolse la cravatta che lo aveva infastidito per tutta la giornata, la strattonò via dal suo collo come se essa fosse la causa della mancanza di aria che lo stava affliggendo, Irene seduta sul letto osservava ogni suo movimento, sentiva i suoi occhi indagatori bruciargli la pelle.
Quando Giuseppe iniziò a sbottonare i primi bottoni della camicia Irene si alzò, il petto contro la sua schiena, e gli prese le mani, il respiro caldo contro il suo collo.
Quell'insolito abbraccio parve calmarlo "Sei agitato" constatò semplicemente lei continuando a stringere le mani dell'uomo "Sicuro di stare bene?" domandò sempre con un tono calmo che nascondeva in realtà molta apprensione "Certo" rispose lui girandosi per cercare gli occhi di Irene.
Lei lo osservò attentamente per una manciata di secondi che parvero ore intere, scrutando nei suoi occhi quale fosse la verità, lo sguardo di quella ragazza pareva entrargli fin dentro le ossa, si sentiva così esposto quando lei lo guardava a quel modo.

Lentamente iniziò a sbottonare la camicia di Giuseppe, con delicatezza e una sorta di devozione, senza lo sguardo da pantera che assumeva di solito nel compiere quei gesti, ma con uno sguardo rassicurante, pieno di calore.
Giuseppe la lasciò fare, totalmente estasiato, e quando ebbe completato la sua meticolosa opera Irene passò le mani sul suo petto con delicatezza senza smettere di osservare quelle linee invisibili che stava teattaciando con le dita su tutta la sua pelle nuda.
Giuseppe sospirò, totalmente in balia del gesto delle sue mani, bramando quel semplice contatto come se fosse la fonte del suo respiro.

Quando Irene smise di concentrarsi sul petto scoperto dell'uomo davanti a sé lo baciò, un bacio casto, che niente aveva a che vedere con i baci ardenti che si erano scambiati durante la loro riappacificazione avvenuta in modi e luoghi poco consoni.
"Fai l'amore con me" gli sussurrò a pochi millimetri dalle sue labbra, lui sorrise notando che la voce di Irene era cambiata.
Se prima toccava ogni linea del suo corpo con devozione e ammirazione adesso nel suo sguardo si leggeva anche molto desiderio.
Notare quanto Irene fosse attratta da lui quanto lo ammirasse e lo desiderasse era una sensazione che lo riempiva di orgoglio e gonfiava il suo ego, sorrise di nuovo senza rispondere, lei alzò un sopracciglio in attesa di una qualche reazione.

Lui la fece stendere sul letto scospargendola di baci lungo il collo, sulle labbra, mordendole lievemente le guance, un gesto che le faceva arricciare il naso in un modo che lui amava.

Dopo aver torturato sufficientemente le labbra della ragazza si sollevò sui gomiti guardandola con attenzione, gli occhi lucidi per il desiderio, le labbra rosse a son di baci e morsi. Lui si avvicinò di nuovo alle sue labbra senza baciarle "No".

Lei spalancò la bocca stupita, non si era nemmeno ricordata che prima di quei languidi baci lei gli avesse posto una domanda. Ci mise qualche secondo e poi la sua espressione da stupita si trasformò in corrucciata.
Non intenzionata a demordere lo attirò a sé afferrando la cintura dei suoi costosi pantaloni "Suvvia Presidente, sono stata gentile" disse Irene baciando il collo dell'uomo sopra di lei mentre cercava di slacciare la cintura.
Lui le bloccò le mani sopra la testa "Ho detto di no", Irene sbuffò, si liberò dalla presa e tornò ad armeggiare con la cintura, Giuseppe la fermò di nuovo, le tolse la maglietta con un gesto abbastanza fluido e iniziò a baciarla di nuovo toccando la pelle nuda.
Con una mano Irene arpionava i suoi capelli mentre con l'altra gli accarezzava il viso, il perfetto connubio tra lussuria e dolcezza che caratterizzava i loro incontri.

Dopo averle lasciato alcuni segni rossi sui seni tornò a guardarla negli occhi, facendo appello a tutte le sue facoltà mentali per non proseguire oltre.
D'altronde, che punizione sarebbe stata?

"Irene" sussurrò lui prima di tracciare una linea con la lingua lungo tutto il suo collo "Ho detto..." disse dandole un piccolo bacio "Di no".

Come la mattina precedente si sollevò dal suo corpo, gesto che gli costò grande fatica, e rimase a osservare la faccia contrariata della ragazza che lo fissava, seduta sul suo letto, i capelli scompigliati, le pelle piena di segni rossi e le braccia incrociate sul petto.
"Ma che hai in testa?!" domandò Irene agitando le braccia.

Giuseppe sorrise di quella reazione dettata dalla frustrazione "Tu non-non puoi fare così!" esclamò Irene incredula "Ora tu torni qui" indicò il letto con una mano "Nudo" affermò con decisione, il sorriso di Giuseppe si allargò ancora di più
"Non c'è niente da ridere!" esclamò Irene sempre più confusa dalla situazione.

Prima la stringeva, la baciava, la riempiva di morsi su tutta la pelle e poi si tirava su come se niente fosse: era una situazione dannatamente frustrante.

Giuseppe le porse gli abiti che ormai le facevano da pigiama "Buonanotte Irene" disse iniziando a mettersi gli abiti comodi con cui dormiva. Irene ancora lo fissava spiazzata "Tu.. Tu scherzi, vero?"
Lui iniziò a ridere poggiando la testa sul cuscino "Vieni qui"

Irene si infilò i vestiti con forza, arrabbiata come non mai "No, non ci vengo lì con te" e si girò dall'altra parte del letto, Giuseppe si lasciò andare ad un'altra risata "Visto che ti diverti a chiamarti daddy" continuò "Sappi che il daddy ti ha appena messo in punizione, ragazzina"
Lei si girò in direzione dell'uomo "E che avrei fatto per meritarlo?"
"Te lo dirò, forse"

Irene gli tirò una gomitata "Ti odio" bofonchiò dandogli di nuovo le spalle, lui la strinse a sé cingendola da dietro "No, mi ami"

Mr President in love || Giuseppe ConteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora