VI. Capitolo

8 0 0
                                    

"Quelli erano gli ultimi." Disse il capo Irlandese.
"Figli di puttana..." Rispose B-Jaz, infuriato. "Hanno massacrato tutti i miei uomini."
Niko abbassò lo sguardo.
"Doyle." Aggiunse il capo Irlandese. "Chiama Jessie. Digli di venire qui con una squadra. Dobbiamo seppellire i nostri ragazzi e quelli di B-Jaz."
"Erano tutti Russi." Disse Niko, scrutando il volto di uno di loro. "Non hanno ingaggiato gli Albanesi. Forse pensavano che sarebbe stato una passeggiata far saltare l'incontro."
"Non credo." Rispose il capo Irlandese. "Se fosse così, avrebbero mandato i loro cani. Volevano mandare gente seria. Gente che sa fare il loro lavoro."
"Li abbiamo uccisi." Aggiunse B-Jaz. "Non credo che erano all'altezza del lavoro."
"E' grazie a Niko se siamo vivi." Rispose il capo Irlandese. "Ci ha salvato la vita. Ha ucciso molti di loro, mentre tentavano di aggirarci." Si voltò verso Niko. "Grazie."
Niko annuì.
"Cazzo, sei hai ragione." B-Jaz abbracciò Niko, che si sentiva sempre a disagio quando lo facevano. "Rispetto, Niko!"
"Evan." Disse Doyle al capo Irlandese. "Stanno arrivando."
"Ok, B-Jaz." Aggiunse Evan. "L'affare è concluso." Allungò una mano e B-Jaz gliela strinse. "Salutami Jacob e Badman." Poi si voltò verso Niko. "Grazie ancora, Niko. Ti farò arrivare un regalo, ok?"
"Non preoccuparti." Rispose Niko. "Non mi devi nulla."
"Lo sono, invece." Disse Evan con fare serio. "Lascia che mi sdebiti." Niko stava per dirgli che non serviva, quando Evan lo zittì con una mano. "Se non accetti il mio regalo, lo prenderò come un insulto, Niko. Accettalo."
"Va bene, va bene." Rispose Niko, imbarazzato.
Minuti dopo, quattro furgoni discesero la stradina sterrata e si fermarono vicino al parapetto di cemento. Dieci uomini scesero dalle macchine e raggiunsero i corpi dei loro amici, che erano stati affiancanti dai rimanenti uomini di Evan. Li posarono nei portabagagli dei furgoni. Poi adagiarono anche gli uomini di B-Jaz.
Niko, B-Jaz e Evan assistettero alla scena con una nota di tristezza.

B-Jaz accompagnò Niko al Burger Shot. Poi sparì con Wanda chissà dove.
Niko entrò nell'ufficio di Redman, che stava parlando con un suo uomo.
"Ok, adesso vai." Disse Redman al suo uomo. "Fai capire a tutti che siamo in guerra."
L'uomo lasciò l'ufficio.
"Siediti, Niko." Disse Redman. "Com'è andata?"
"I Russi ci hanno attaccato. Hanno fatto fuori tutti gli uomini di B-Jaz e..."
"Cosa?" Redman spalancò gli occhi, incredulo. "Sono, sono morti tutti? Pure gli irlandesi?"
"No, gli Irlandesi hanno subito poche perdite."
"Ma l'affare?"
"Concluso."
Redman tirò un sospiro di sollievo. "B-Jaz sta bene?"
"Sì. E andato via con la sua donna."
"Non immagino cosa sarebbe successo, se l'incontro fosse andato male." Redman si lasciò andare sullo schienale della poltrona.
"Non è successo. Perché preoccuparsi?"
"Mai abbassare la guardia, Niko." Aggiunse Redman. "Nel nostro mestiere è legge."
"Lo so, ma... Voglio dire, abbiamo ucciso tutti gli uomini di Petrov. Sicuramente ora sarà incazzato nero. Gli abbiamo inferto un duro colpo."
"Sono contento di questo. Davvero." Mentì Redman. "Ma non dobbiamo sottovalutare, Petrov. Ha molti amici ed è molto potente."
"Qualsiasi uomo può essere ucciso." Rispose Niko. "Magari non oggi, non domani, ma morirà."

Quando Niko uscì dal Burger Shot, gli squillò il cellulare. Lo prese dalla tasca della giacca e si stranì nel vedere che era un numero sconosciuto. "Chi parla?"
"Sono Karen. Ti ricordi di me?" Rispose la donna con voce tremula.
"Come potrei scordarmi di te, dopo quello che mi hai fatto."
Karen rimase in silenzio per un po'. "Volevo dirti una cosa?"
"Sentiamo."
"L'FIB sta indagando su di te e i tuoi amici. Avete attirato troppo l'attenzione."
"E a te che ti frega?"
Ci fu un altro breve silenzio. "Niente. Non mi frega niente. Ma dovevo dirtelo."
"Perché? Vuoi forse ricattarmi? Vuoi fottermi come hai già fatto l'altra volta?" "Aggiunse Niko, irritato.
"Non è importante. Tieni gli occhi aperti."
"Forse ho capito. Ti senti in colpa per avermi pugnalato alle spalle, non è vero?"
"Pensala come vuoi." Rispose Karen poco seccata.
"E' difficile per te ammettere la verità. Eppure lavori per, per..." Niko in realtà non sapeva se Karen lavorasse per l'FIB o per un agenzia del genere. "Per i buoni. Lavori per loro. Combattere il terrorismo nel mondo o fottute stronzate del genere!" Sottolineò Niko.
"Ascolta, Niko. Mi sento in colpa per quello che ti ho fatto. Non lo meritavi. Sei un bravo ragazzo."
"Però non ci hai pensato due volte a tradirmi."
Karen rimase in silenzio. "Ora devo andare."
"Certo, come no."

Nikò tornò nel suo appartamento, si fece un doccia calda e crollò nel sonno. Al mattino, si alzò un po' dolorante per la caduta che aveva fatto nel casolare diroccato. "Per mia fortuna sono caduto sul materasso. Se non ci fosse stato, probabilmente sarei morto sul colpo." Pensò più volte a questo. Era un pensiero estraneo alla sua mente. Non rimuginava mai su queste cose. Sapeva che il suo lavoro era rischioso. Non poteva permettersi di soffermarsi su questo pensiero. Ma al mattino, quando si alzava, la sua mente veniva invasa da una moltitudine di pensieri. Pensieri che scacciava poco dopo come fossero mosche.
Quando lasciò il suo appartamento, incravattato e profumato, andò a fare colazione in un bar. La tavola calda in cui faceva sempre colazione da mesi, era stata chiusa per via della sparatoria. Spesso qualche poliziotto bazzicava lì vicino con aria grave e sospettosa.
Si sedette al bancone, ordinò una kraffen al cioccolato con caffè latte e mangiò con calma. Il bar era frequentata da gente ricca e da universitari. Era molto spazioso e ben soleggiato, con grandi vetrate, quadri, tappetti e una leggera musica di sottofondo.
Niko si sentiva fuori posto in quell'ambiente, perché veniva dalla povertà e trovava difficile amalgamarsi con la ricchezza, ma era l'unico bar che sfornasse kraffen decenti. Quindi poteva sopportarlo. Stessa cosa non si poteva dire di suo cugino Roman. Vestiva come un barbone e sperperava tutti i soldi in scommesse online, ma ultimamente, con l'aiuto di Mallorie che lo teneva al guinzaglio, stava imparando a gestire i conti.

Quando finì di fare colazione, raggiunse Redman e Jacob alla clinica privata. Da quel che sapeva, Badman non aveva ancora ripreso conoscenza.
Jacob stava fumando dell'erba vicino alla finestra aperte. Era già stato ripreso più volte dalle infermerie e i medici sul fatto che fumava in stanza, chiudendosi dentro. Chi entrava veniva sommerso dal fumo della marijuana. Jacob si era giustificato, dicendo loro che faceva bene a Badman e che lui avrebbe voluto così, ma un medico gli fece cambiare, rispondendogli che l'avrebbe ucciso visto la situazione del suo amico.
Redman invece, stava parlando con qualcuno al telefono.
"Ehi." Disse Niko, entrando nella stanza.
"Come va, Niko?" Jacob lo salutò con una stressa di mano fraterna e un colpo di spalla.
Redman accennò un saluto.
"Come sta, Badman?" Chiese Niko a Jacob.
"Migliora. Il medico dice così. Spero per lui che abbia ragione, visto i soldi che ho speso per questa fogna."
"Forse non hai mai visto una vera fogna, Jacob." Sorrise Niko. Poi si sedette, seguito da Jacob, che buttò prima la cicca fuori dalla finestra.
"Tra poco le infermiere si lamenteranno dei tuoi mozziconi."
"Sono io che do loro il pane, Niko. E poi i giardinieri avranno più lavoro."
"Se lo dici tu."
Redman chiuse la chiamata, andò dietro un comodino e prese una borsa nera. Poi la gettò ai piedi di Niko. "Il regalo di Evan."
Niko scosse la testa, sorridendo imbarazzato.
"Evan è un grande uomo." Disse Jacob. "Leale con i suoi amici." Si colpì due volte il petto con il pugno. "Spietato con i suoi nemici."
Aprendo il borsone, Niko vide una marea di soldi. Rimase a bocca aperta. "Ma..."
"Evan sa essere generoso." Aggiunse Redman con un sorriso.
"Ma devono essere più di cinquanta mila dollari, forse di più."
"Gli hai salvato la vita, Niko." Disse Jacob. "Redman mi ha detto tutto."
Niko chiuse la borsa. "Beh, non so che dire."
"Non dire nulla, Niko." Rispose Redman
D'un tratto Niko si ricordò delle parole di Karen. "A proposito, devo dirvi una cosa. L'FIB sta indagando su di noi."
Jacob e Redman si scambiarono delle occhiate.
"Che vuoi dire?" Domandò Redman, confuso.
"Qualcuno... Qualcuno mi ha avvisato. Mi ha detto che l'FIB è sulle nostre tracce."
"Poi?" Aggiunse Jacob.
"Mi ha solo avvisato. Nulla più."
Redman si accigliò, confuso. "Lo conoscevi?"
Jacob smorzò un sorriso. "Solo una persona può averlo avvisato, dico bene, Niko?"
"E' stata Karen." Confermò Niko.
"Chi sarebbe?" Redman guardò dapprima Niko, poi Jacob.
"E' una storia complicata." Rispose Jacob per Niko. "Dovrebbe dirtelo lui."
"Ho conosciuto Karen tramite Mellorie, la moglie di mio cugino." Disse Niko, chinando il busto e guardandosi le mani. "Ero appena sbarcato e non conoscevo nessuno, così Mellorie mi ha convinto a frequentare la sua amica. Siamo usciti un paio di volte e faceva sempre domande invadenti. Voleva sapere con chi andavo, cosa facevo, chi erano i miei amici, se facevo qualcosa di illegale e cose del genere. Pensavo che le ragazze di Liberty City fossero tutte così, ma sono stato ingenuo, anche se all'inizio mi era sorto qualche dubbio. Era molto strana, oltre al fatto che il suo appartamento era sempre pieno di robe sigillate. Alla fine mi ha tradito. Più avanti abbiamo avuto una specie di chiarificazione. Mi ha confessato di aver provato qualcosa per me e che si sentiva in colpa per quello che aveva fatto, ma era troppo incazzato per perdonarla."
"Ti ha sbattuto dentro?" Chiese Redman.
"No, anche se c'è mancato poco."
"Possiamo fidarci di lei?" Domandò Jacob.
"Non lo so, Jacob. Dopo quello che mi ha fatto..." Niko fece un pausa. "Non voglio essere preso in giro di nuovo. Magari mente per depistarci. Non mi fido, ma dall'altra parte..."
"Ok, Niko. Tranquillo." Jacob guardò Redman. "Di ai tuoi uomini di volare basso. Se l'FIB sta indagando su di noi, userà qualsiasi pretesto per sbatterci dentro. Una volta lì, beh, per Petrov sarà un gioco da ragazzi farci fuori."
"I miei affari sono già ridotti da questa guerra," Rispose Redman. "Non posso volare basso. La mia zona andrà in pezzi. Non avrò più soldi per pagare i miei uomini."
"Sono sicuro che hai qualcosa da parte."
"Non voglio prendere i soldi dalla mia cassa. Se uso quelli, finiranno in due settimane."
Jacob rimase silenzioso per un po'. "Non hai altra scelta, R. Anche io navigo in acque agitate. La mia nave è alla deriva, i miei marinai morti, il mio capitano," accennò con gli occhi Badman "è in mano al Dio del mare. Tutti noi dobbiamo fare sacrifici." Schioccò la lingua.
Redman lo fissò per un istante con gli occhi infuriati. "Siamo su due correnti diverse. Io sopravvivo grazie ai miei affari. Gestisco un canale per le armi e per la droga. Se cessò le mie attività, tutti i miei fornitori andranno da qualcun'altro e sarò tagliato fuori dagli affari."
"Non ho detto di smettere di fare affari, ma di volare basso. Di fare affari puliti, sicuri. Niente roba grossa."
"E' la stessa cosa, Jacob. Verrò fatto a pezzi dalla concorrenza."
"La concorrenza tenterò sempre di farti a pezzi. Anche noi cerchiamo di distruggere loro. Sono sicuro che potrai farcela. I tuoi uomini ti sono leali."
Redman sbuffò contrariato. Poi si alzò e lasciò la stanza.
"Accetterà?" Chiese Niko a Jacob.
"Lo farà. Sa che ho ragione."

Verso mezzogiorno, Niko andò via dalla clinica privata. Mise il borsone pieno di soldi nel portabagagli della Banshee e si diresse al suo appartamento. Non aveva più sentito Victoria da quando aveva rifiutato il suo invito a pranzo il giorno prima. Era tentato di mandarle un messaggio, magari qualcosa del tipo: come va? Ma non lo fece.
La chiamata di Karen l'aveva turbato non poco.
Rimase imbottigliato nel traffico della città. Più avanti c'era stato un incidente tra diverse auto. Una banda di rapinatori aveva assaltato un portavalori della banca, innescando una sanguinosa sparatoria. Erano rimasti uccisi sei rapinatori e diciotto poliziotti, oltre a una cinquantina di passanti tra feriti o morti. Il portavalori era stato svaligiato, ma durante la loro fuga, gli ultimi tre superstiti erano finiti contro un albero. La refurtiva era stata ripresa dalla NOOSE, ma i tre rapinatori erano morti.
Non era raro vedere questi tipi di crimini a Liberty City. Anzi, Niko si era abituato facilmente a questo regime di sparatorie, inseguimenti e follie omicide. La città sembrava essere popolata unicamente da gente fuori di testa. I poliziotti non erano da meno. Molti erano corrotti fino al midollo, ma c'era sempre qualcuno mosso dal buon senso, che finiva freddato dalle bande o dalle famiglie Italiane. Il tutto, innescava guerre senza quartiere, che più delle volte veniva vinta dalla NOOSE, supportata svogliatamente dalla polizia.
L'FIB operava in silenzio. Cercava di infilare talpe in ogni distretto della città, cercando informazioni o prove per ricattare i Boss emergenti. La vecchia guardia, fatta di Boss che erano al potere da quasi mezzo secolo, collaborava con i pezzi grossi dell'FIB. Entrambi beneficiavano dell'accordo, ma in pubblico si scontravano senza regole. Era una scena. Un dramma necessario per l'opinione pubblica.
Solo Gravelli era a un livello superiore. Collaborava con un uomo misterioso, la cui identità Niko non aveva mai scoperto. Aveva svolto svariati lavori per quest'uomo e per Gravelli. Sapeva che i due erano talmente potenti, da sembrare perfettamente innocui. Una maschera perfetta per sorprendere e distruggere i nemici. E da quanto aveva intuito Niko, di nemici ne avevano uccisi a bizzeffe.
Karen lavorava per un agenzia segreta come l'FIB, un agenzia contorta e subdola, che ancora doveva serrare i suoi tentacoli attorno a Karen. Quest'ultima aveva ancora tracce di pentimento e risentimento, cose che sarebbero andate via lavorando a lungo per gente come loro. Gente apatica, calcolatrice e priva di moralità.
Niko imprecò fra sé, suonò il clacson come molti altri che aspettavano in auto e infine, aprì la chat di Victoria, indeciso se inviarle il messaggio. Fissò lo schermo per un po'. Poi scrisse: Ciao, come va?
Lo cancellò subito dopo.
Mise il cellulare sul vano portaoggetti e cercò di dimenticare la chiamata di Karen, grugnendo tra sé.

Arrivò al suo appartamento verso le quattro di pomeriggio. Sorseggiò dello scotch e guardò un film drammatico seduto in poltrona. Il protagonista cercava vendetta per il suo amico morto, dopo che era stato tradito da un membro della sua gang per della cocaina. In seguito, si scoprì che l'aveva fatto solo perché comprarsi la droga che scarseggiava. Niko rimase perplesso per quanto assomigliasse in parte alla sua storia. Solo che lui alla fine non aveva ucciso Darko, pur sapendo che aveva tradito lui e la sua squadra per mille testoni. Era stato Roman a fargli cambiare idea. A dirgli di buttarsi il passato alle spalle e ricominciare una nuova vita. Senza le parole di suo cugino, Niko l'avrebbe ucciso. Forse gli avrebbe fatto un favore, come gli aveva confermato Darko, del tutto distrutto e assuefatto dall'eroina.
Quando finì il film, Niko afferrò il cellulare che teneva accanto a sé sulla poltrona e controllò la chat di Victoria. Era tentato di mandarle il messaggio. Lo stesso messaggio che non aveva inviato prima. Era combattuto con sé stesso, finché Dwaine lo chiamò al cellulare.
"Ehi, Dwaine."
"C'è gente strana nel mio quartiere, Niko." Rispose Dwaine, preoccupato. "Non li ho mai visti passare da qui. Nemmeno i miei ragazzi. Sono i Russi?"
Niko arricciò le labbra, sentendosi in colpa. "Scusami, Dwaine. Dovevo avvisarti. L'FIB ci sta sul collo. Stanno indagando su di noi."
Dwaine non parlò, ma Niko lo udì grugnire tra i denti. "Merda, Niko!" Sbottò infuriato dopo pochi secondi. "Sono qui a rischiare la testa per te, fratello. Non puoi scordarti di dirmi questo cose, cazzo! E se non li avessi visti? Se avessi organizzato un grosso carico di droga? Merda! Cazzo! A quest'ora sei spiaggiato su una fottuta branda per il resto della mia fottutissima vita! E tutta per colpa tua, Niko. Perché ti eri scordato di avvisarmi, merda!"
Niko rimase in silenzio, anche perché non sapeva cosa dire per farsi perdonare.
"Non voglio finire dentro!" Il tono di Dwaine si era fatto più aspro. "Non ci voglio più tornare. Ho già perso abbastanza tempo rinchiuso tra quattro fottute sbarre! Non ho intenzione di tornarci di nuovo. Preferirei spararmi un colpo in testa! Bang! Fine dei giochi!"
Poi per un lungo momento nessuno dei due parlò.
Niko si passò il cellulare all'altro orecchio. "Senti, Dwaine. Mi dispiace. Non era mia..."
"Lo so, lo so, Niko." Rispose Dwaine, cercando di calmarsi. "Scusami, non volevo urlati contro, Niko. E che... Voglio dire, sto cercando di uscire dalla mia fottutissima paranoia, ma se..." Si bloccò per un istante per non esplodere di rabbia. "Non importa. So che sei nel giusto, Niko. Scusami se ho alzato la voce. Non dovrei farlo con te. Tu mi sei leale. Per me sei come un fratello. Scusami, Niko."
"Non devi scusarti, Dwaine. E' colpa mia. Non ti ho avvisato."
"Non pensiamoci più." Disse Dwaine poco convinto.
Entrambi rimasero per un po' in silenzio. Un silenzio imbarazzante.
"Devo avvisare i miei, Niko." Aggiunse Dwaine. "Pace, fratello!"
"Ok, Dwaine. Ci vediamo."


Danger - GTA 4 (Completo)Where stories live. Discover now