V. Capitolo

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Niko aprì gli occhi e notò che Victoria si era già alzata. Dalla cucina proveniva un buon profumo di caffè. Niko sbadigliò, si alzò in piedi e la raggiunse. Il sole filtrava attraverso la finestra, quando Victoria posò la tazzina sul bancone.
"Ehi." Disse Niko in un saluto.
"Ciao, Niko." Rispose Victoria con un sorriso. Aveva le occhiaie e si era cambiata i vestiti, dopo aver fatto la doccia. Indossava un leggins nero che delineava perfettamente il suo sodo sedere e le sue forme sensuali, oltre a una larga maglietta bianca con su scritto dentro a un cuore rosso: I Luv LC.
Niko le sorrise imbarazzato, portando una mano dietro la nuca.
"Vuoi una tazza di caffè?" Gli chiese Victoria.
"Sì, grazie." Niko vagò con lo sguardo.
Victoria non sembrava per nulla imbarazzata. Anzi, sembrava una donna diversa, rispetto a quella che aveva incontrato nel covo degli spacciatori o a quella che supplicava per una dose. Diede la tazza di caffè a Niko, che fece un piccolo sorso, constatando che il caffè era caldo. 
"Siediti, Niko."
"Grazie."
"Non devi sempre dire grazie." Gli sorrise Victoria.
Niko annuì.
"Prima è passata Lucy. Mi ha detto tutto." Victoria deviò lo sguardo di lui.
"Mi ha aiutato molto ieri sera."
"E' un ottima amica. Ha cercato di farmi smettere più volte, ma non ci riesco. Non riesco a trattenermi."
Niko si domandava se Victoria ricordava quello che aveva fatto ieri sera. "Ci vuole pazienza. Sei una donna forte."
Victoria lo scrutò per un attimo, confusa. "Una donna forte non ti avrebbe..." Si fermò di colpo e si voltò verso la finestra.
Niko aveva intuito cosa stava per dire. "Lo sei, credimi."
"No, non lo sono." Si girò verso di lui. "Volevo farti un pompino per una dose. Ok, l'ho detto, finalmente." Alzò le mani in aria in segno di arresa. "Questa è la verità."
Niko non sapeva cosa dire. Così fece lungo sorso, scottandosi un poco il labbro superiore.
Victoria si alzò dalla sedia e lo guardò. "Ieri... Ieri non ti sei approfittato di me. Lo fanno tutti, ma tu non l'hai fatto. Per me questo significa molto." Fece una pausa, arrossendo. "Mi hai aiutata, anche se potevi non farlo. Non pensare che non ricordi nulla di, di ieri sera. Purtroppo ricordo tutto perfettamente, almeno finché non sono svenuta."
Niko posò la tazza sul tavolo. "Se hai chiamato me, vuol dire che ti fidavi."
"Veramente..." Victoria vagò con lo sguardo, imbarazzata. "Ti ho chiamato perché pensavo che potessi darmi una dose. Scusami, non volevo che tu..."
"Va tutto bene." Disse Niko. "So come la droga può piegare un uomo o una donna. A Broker ho visto molta gente distruggere tutto ciò che aveva per una cosa così piccola." Avvicinò pollice e indice.
"Perdonami, Niko. Non volevo..."
"Non hai fatto nulla. Anzi, sei la prima ragazza che incontro dopo tanto tempo che dice le cose come stanno. Apprezzò il tuo modo di essere diretta."
Victoria smorzò un sorriso. 
D'un tratto squillò il cellulare di Niko, lo prese dalla tasca della giacca sportiva e si alzò, andando nel soggiorno. "Pronto?"
"Niko, sono Redman."
"Ehi, Redman. Che succede?"
"Vieni al Burger Shot. Ti devo parlare."
"Non puoi parlare al telefono."
"No, vieni il prima possibile."
Niko mise il cellulare nella tasca della giacca e andò in cucina, notando che Victoria si era messa a lavare le due tazze e i piatti nel lavello. "Devo andare."
Victoria si voltò.
"Grazie per il caffè."
La donna scacciò l'aria con una mano come a dire: di nulla. "Ti va di pranzare insieme?"
"Quest'oggi?"
"Certo."
"Ho un affare da sbrigare." Disse rapidamente Niko, quasi seccato, anche se non lo era. "Non so se sono libero prima di pranzo."
Victoria abbassò gli occhi, tristemente. "Va bene, allora. Fammi sapere."
"Certo."

Quando raggiunse il Burger Shot, Niko si era sentito in colpa verso Victoria, anche se era la verità. Victoria ci teneva a ringraziare Niko, preparandogli da mangiare, ma Niko non l'aveva capito. 
Entrò nell'ufficio di Redman, che stava contando i soldi, prendendoli da una valigetta.
"Ehi, Niko." Disse l'uomo, abbracciandolo.
"Che succede?" Chiese Niko, sedendosi di fronte a lui.
"Sta per arrivare un grosso carico di armi. Voglio che supervisioni l'affare."
"Perché? Credi che i Russi..."
"Petrov tenterà di prendersi armi e soldi, Niko." Redman mise un blocco di banconote da duemila dollari nel cassetto. "Siamo in guerra. Cercherà di eliminarmi, colpendo i miei affari. Non può farlo direttamente. Sa che le famiglie italiane e le altre bande lo stanno tenendo d'occhio. A nessuno piace avere un vicino di casa troppo potente."
"Se le cose stanno così, perché non tentiamo di creare una specie di... Com'è che si chiama."
"Fazione? No, Niko." Redman scosse la testa. "Non accetteranno mai. Se fosse stato possibile, l'avrei già fatto di persona. Persino Jacob ci sarebbe arrivato. Dobbiamo farcela con le nostre forze."
"Capisco. Le armi serviranno per affrontarli?"
"Ho bisogno di armare i miei uomini e quelli di Dwaine. Gli Albanesi stanno gironzolando ai confini del mio quartiere. Devo trovarmi pronto quando loro scateneranno l'inferno contro di me."
"Vedo che hai pensato a tutto."
"Non sarei qui, se non lo facessi, non credi?" Sorrise Redman, compiaciuto.
"Cosa dovrei fare di preciso?" Chiese Niko.
"Devi soltanto tenere supervisionare l'incontro da un tetto. Se qualcosa va storto, usa il fucile da cecchino che ti darà B-Jaz. Ho già avvisato gli Irlandesi che potremo avere problemi con Petrov, quindi sono già pronti a difendere il loro carico."
"Quali Irlandesi? Quelli di..."
"No, Niko. Non sono tuoi amici. Sono di fuori città. Non li conosci." Redman chiuse la valigetta e la mise sul pavimento. "B-Jaz ti pagherà quando tutto sarà finito."

Incontrò B-Jaz fuori dal Burger Shot, mentre due dipendenti donne stavano fumando fuori dal locale. Era un massiccio e basso afroamericano, con la testa calva e una barba nera molto curata. Vestiva jeans larghi e una canotta arancione. Al collo, una spessa catena d'oro. Sembrava appena uscito dagli anni '80.
"Tu devi essere l'uomo di Redman?" Disse B-Jaz con voce profonda. Poi aprì il portabagagli. "Avvicinati."
Niko osservò un fucile da cecchino dentro un lungo borsone nero. 
"Userai questo, ok?"
Niko annuì.
"Ti accompagno all'incontro."
I due entrarono in un Esperanto rossa dalla carrozzeria sporca di terra. Quando B-Jaz accese il motore, udirono bussare sul finestrino del guidatore. B-Jaz alzò gli occhi e vide la sua ragazza: Wanda. 
"Cosa c'è?" Domandò B-Jaz, abbassando il finestrino.
"Ho bisogno di duecento dollari." Rispose Wanda con voce aspra. Era una donna molto grassa, dalla carnagione mulatta, che guardava tutti dall'alto in basso. 
"Quanto?"
"Dai, tesoro. E' urgente." Lo supplicò lei, anche se lo stava fulminando con gli occhi.
"Te li darò dopo. Prima devo..."
Wanda afferrò il bicipite del suo ragazzo. "Mi servono ora!"
Niko li guardava di sottecchi, facendo finta di cliccare cose a caso sul cellulare.
B-Jaz cercò di levarsi dalla presa, finché lei gli affondò le unghia nella pelle. "Merda, dolcezza!" Urlò B-Jaz, uscendo dalla macchina e sbattendo la portella. 
Wanda mise una mano sul fianco con fare presuntuoso. Poi allungò una mano con il palmo rivolto in alto. "Allora?"
B-Jaz si lamentava fra sé, quando prese il portafoglio dalla tasca posteriore e le diede duecento dollari. 
Wanda mutò espressione. "Sei un tesoro. Non sai quanto sia felice, ora." Lo abbracciò, lo baciò e gli sussurrò qualcosa all'orecchio.
B-Jaz annuì, eccitato e compiaciuto. "Oh, sì, sì. Non vedo l'ora che arrivi stasera per farti..."
Wanda si voltò di colpo e andò via, cercando di darsi delle arie. B-Jaz aggrottò la fronte confuso. Poi entrò in macchina.
"Scusa, Niko. Sai come sono le donne."
Niko, che era a disagio, si limito ad accennare il suo consenso con la mano.

Mezz'ora dopo, arrivarono a Alderney. Un concentrato di fabbriche e villette residenziali, separate da un confine invisibile. Un confine che solo i residenti conoscevano.
Un turista poteva passeggiare per le via alberate e tranquille dei sobborghi, per poi finire, svoltando l'angolo, nel parcheggio di una fabbrica di mobili. 
Il distretto era gestito da cinque famiglie Italiane, dedite ad ogni sorta di affare illegale: racket, gioco d'azzardo, truffe, scommesse illegali online, traffico di armi e droga. Non tutte però, maneggiavano la droga. Inoltre, c'era una altra famiglia Italiana per cui Niko aveva lavorato, prima che tutto andasse in malora: i Pegorino. Erano una piccola famiglia che cercava inutilmente di farsi notare per avere un seggio nella commissione. Per le cinque famiglie, i Pegorino non erano altro che una banda di strada. Fu il signor Pegorino a uccidere Kate, la fidanzata di Niko, per vendetta.
A Alderney c'erano anche i Lost, una banda di motociclisti che trattavano armi e droga. Ma erano ormai spariti da mesi. Il loro covo era stato dato alle fiamme, dopo una violenta guerra intestina che aveva portato al quasi annientamento della banda.
L'esperanto discese una piccola stradina sterrata, inoltrandosi in quella che un tempo era un enorme fabbrica metallurgica con diverse prefabbricati tutt'attorno. 
Niko non vide nessuno.
B-Jaz fermò l'auto vicino all'ingresso di un vecchio e grigio casolare diroccato. "Prendi il fucile."
Niko uscì dalla macchina, aprì il portabagagli e afferrò il fucile dal borsone. Poi entrò nel casolare, salendo le scale fino al settimo piano. Le pareti erano piene di crepe e in alcuni punti il pavimento dei pianerottoli avevano grosso fessure. Niko dovette fare attenzione a dove metteva i piedi.
Quando raggiunse il settimo piano, notò che le scale che portavano al penultimo piano, erano bloccate da materassi, casse, sbarre di ferro, sedie e reti da letto. 
Si mise alla finestra di fronte, posò il fucile da cecchino sul cornicione e guardò attraversò l'ottica del telescopio. Non vide da subito gli Irlandesi, finché questi non sbucarono a piedi da dietro i resti scheletrici di una lunga casa, il cui tetto era crollato tempo a dietro. 
Niko calibrò il telescopio, mentre una Cavalcade nera si fermò davanti un basso muretto di cemento. Altri quattro Irlandesi scesero dal Suv e si mischiarono con gli altri cinque. 
Niko guardò altrove, ma non vide presenza degli uomini di Redman, nemmeno B-Jaz che doveva concludere l'affare.
Gli Irlandesi si scambiarono quattro chiacchiere, mentre cinque di loro, armati di SMG e fucili d'assalto, si guardavano attorno. 
Il posto che Redman aveva scelto per fare l'affare, era molto appartato e circondato da tre palazzoni grigi. Uno di essi era quasi del tutto crollato.
Un istante dopo, arrivarono tre Huntley Sport, seguite dall'esperanto di B-Jaz. Gli uomini di Redman, otto in tutto, parcheggiarono le tre auto vicino a quelle degli Irlandesi, che Niko non poteva scorgere. 
Niko cominciò a guardare tutti gli angoli da cui potevano spuntare i Russi, senza distogliere un occhio dall'affare.
Un uomo di Redman diede la valigetta a B-Jaz, che la portò agli Irlandesi. Il loro capo, un uomo con un giubbotto nero e corti capelli biondi, disse qualcosa a un suo uomo, che andò a contare i soldi. Quando ebbe finito, disse qualcosa al capo, che si voltò verso un altro uomo, facendo un accenno con la testa.
Quello, aiutato da tre uomini, presero due grandi borsoni a testa dai sedili posteriori della auto e li portarono davanti a B-Jaz, che ordinò a due dei suoi uomini di controllare la merce.
Niko non vedeva ancora nessun Russo o Albanese. Non sapeva se Petrov avesse ingaggiato gli Albanesi oppure avrebbe usato i suoi uomini per far fallire l'affare. Ma non era nemmeno sicuro che si facessero vivi.
Il capo degli Irlandesi e B-Jaz si scambiarono due parole e qualche risata, prima di salutarli. Ma quando fecero per andare alle auto, ecco che dal nulla sbucarono una Feroci grigia e tre Intruder nere.
Niko puntò la canna del fucile da cecchino verso le auto, che con una violenta sterzata, si fermarono. Tredici Russi armati di fucili d'assalto, SMG, fucile a pompe e pistole, scesero dalle macchine. 
Tutti cominciarono a sparare, ma cinque uomini di Redman, che si trovavano esposti in mezzo al nulla, furono crivellati di colpi. 
Gli Irlandesi si rifugiarono dietro le loro auto, mentre B-Jaz e quattro dei suoi uomini, si ripararono dietro i muri della casa lunga, senza tetto.
Sparando all'impazzata, i Russi cercarono di aggirare per prima gli irlandesi, che erano meglio armati di B-Jaz e i suoi uomini. Quelli facevano fuoco con pistole semiautomatiche. Due Russi concentrarono le raffiche dei fucili per non farli sparare.
Tre Irlandesi furono raggiunti dal fuoco incrociato dei Russi. Il loro capo arretrò dietro un blocco di cemento, assieme a cinque dei suoi, mentre un altro fu colpito dietro la nuca.
Niko aveva la visuale bloccata da una mezza colonna crollata, ma appena vide sbucare un Russo nel suo mirino, intento a scovare il capo degli Irlandesi, gli sparò in petto. Il riverbero del fucile d'assalto, fece rabbrividire i Russi, che indietreggiarono. Non si aspettavano un cecchino. 
Niko uccise altre due uomini che arretravano, sparando al primo in testa e al secondo dietro la spalla. Quest'ultimo si era nascosto dietro ai detriti, pensando di essere al sicuro, invece dava le spalle a Niko. Andò sul sicuro sparandogli alla schiena, invece che in testa, perché quello teneva la testa in movimento.
I Russi, vedendo che alcuni dei loro compagni erano morti, si nascosero dietro le loro auto. Niko aveva di nuovo la visuale ostruita dalla colonna.
Gli Irlandesi ebbero respiro e cercarono di avanzare tra i muretti, i cumuli di macerie e blocchi di cemento. B-Jaz e i suoi, si affiancarono a loro.
Niko doveva cambiare posizione. 
Scese rapidamente gli scalini, ma arrivato al terzo piano, il pianerottolo crollò. Niko precipitò nel vuoto e si schiantò su un materasso sporco di piscio e su alcune pietre.
"Cazzo!" Imprecò, alzandosi e pulendosi la polvere dai vestiti. Tossendo, uscì dal casolare. 
Raggiunse gli Irlandesi, mettendosi a trenta metri a sinistra. I Russi non l'avevano visto, ma lui vedeva i loro fianchi.
Niko sparò in testa al primo, senza usare il mirino ottico.
I Russi si accorsero allora della presenza di Niko e corsero per aggirarlo, ma lui ne colpì uno sotto l'ascella. Poi ne vide tre sbucare a quindici di metri di distanza, aprendo il fuoco verso di lui, che fuggì via, tenendo la testa bassa.
Gli Irlandesi ne approfittarono per farli fuori. 
Niko gettò a terra il fucile da cecchino e afferrò quello d'assalto. Correndo, scivolò dietro un muro, mentre le pallottole fischiavano tutt'attorno. 
I cinque russi rimasti, sgattaiolarono via dalle loro auto e sparirono tra i palazzoni abbandonati per non farsi individuare. 
"Prendete quelle armi." Disse B-Jaz a bassa voce ai suoi quattro uomini.
Niko lo udì, ma anche i Sicari che, appena i quattro uomini fecero per prendere le armi dei Russi caduti, furono travolti dalle pallottole.
Niko osservò il volto stravolto di B-Jaz. 
Nell'aria era sceso uno strano silenzio. Niko sapeva che i Russi erano vicini. Forse stavano cercando un modo di ucciderli utilizzando il fuoco incrociato. La stessa cosa stava pensando il capo Irlandese che, sbirciando da dietro il blocco di cemento, ordinò a due uomini di avanzare. 
Poi Niko avvistò un Russo dietro la finestra della casa lunga, che puntava l'SMG verso il capo Irlandese. Niko sparò una raffica, colpendolo al petto, all'addome e a una gamba. 
Il capo Irlandese intuì che Niko gli aveva salvato la vita e lo ringraziò con un cenno del capo. 
Di colpo, B-Jaz uscì dal suo nascondiglio e con rapide falcate, si diresse verso un basso muretto. Niko lo seguì con lo sguardo. 
Un russo uscì da lì e stava per uccidere B-Jaz, quando un Irlandese lo centrò all'addome con tre colpi. Niko sparò dopo di lui, mentre B-Jaz rimase con la pistola inceppata in mano. Premette più volte il grilletto, incredulo e scioccato.
Tornò di nuovo il silenzio.
Una dozzina di secondi dopo, tre Russi uscirono da dietro una parete e corsero verso la Feroci. Salirono a bordo, accesero il motore, ma quando fecero per partire, l'intera auto fu travolta dalle pallottole di diversi calibri.
I tre Russi giacevano nell'auto interamente inzuppati di sangue e crivellati in ogni dove.



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