Sei a un buon punto, Chiara. Ora ascoltami. Lui è partito con la tua macchina. Perciò torna in cucina: nel cestello di plastica sul frigorifero c’è il cartoncino con il numero del taxi. Portalo qui e chiama.
Mi rialzai e, giunta al frigorifero, afferrai il cestello e rimescolai i pezzi di cartone: tagliandi per la pizza d’asporto, tessere del supermercato, pubblicità di nuovi locali. Avevo gli occhi asciutti, perché temevo di non trovarlo. Poi comparve la scritta: “Taxi”.
«Cristo...» Sospirai. Tornai in camera, afferrai il cellulare e composi il numero. Mi tremavano le mani. Premetti il tasto verde e appoggiai il cellulare all’orecchio. Dopo qualche secondo sentii una voce rispondere all’altro capo del telefono e parlai con l’operatore. Diedi il mio indirizzo, mi feci dire quanto avrei dovuto aspettare e spensi la chiamata.
“Quindici minuti” dissi a Software.
Bastano. Ora devi riempire lo zaino.
“Ok. Ricordami cosa devo metterci.”
Non più di dieci oggetti di importanza basilare. Portatile, portafoglio, mazzo di chiavi di casa mia, spazzolino da denti. In pochi minuti lo zaino fu pieno. “Ho finito?”
Quasi. Infilati il cappotto, metti lo zaino in spalla, sposta gli scatoloni sul pianerottolo e lasciali davanti all'ascensore.
Lo feci. Appena fui di fronte alla porta, diedi un colpetto alla barra del chiavistello e tirai la maniglia; uscii sul pianerottolo, spostai di lato il tappetino con un piede e trascinai gli scatoloni davanti all’ascensore. Riportai, sempre col piede, il tappetino perpendicolare all’ingresso. C’era una cura, nel mio lasciare le cose com’erano prima del mio passaggio, di cui solo in modo velato comprendevo la finalità.
L’ultima cosa, mi ricordò la voce. Entra nella vecchia stanza di Barbara, accendi l’abat-jour, esci e chiudi a chiave. Quando lui tornerà, vedrà la luce filtrare da sotto la porta e penserà che tu ti sia rifugiata lì dentro anche stavolta. Forse a quel punto andrà a dormire e non si renderà conto della tua assenza fino a domani mattina. Questo potrebbe darci un vantaggio.
“Giusto” risposi. Dal silenzio nel piazzale intuivo che il taxi non fosse ancora arrivato. Puntai dritto di fronte a me, mi mossi in fretta. Attenta allo specchio, ribadì la voce. E io, di nuovo, mi schermai nel passaggio. La vecchia stanza di Barbara, l’unica singola dell’appartamento, stava sulla destra, accanto a quella di Erika e Gioele. Al centro della porta c'era un’incrinatura: era il segno di un pugno.
L’aprii e gettai lo sguardo nella penombra: c’era uno stendino pieghevole in un angolo, un’asse da stiro appoggiato al muro; sul materasso erano piegate delle coperte di pile: erano mie. Avevo già passato la notte lì, chiusa a chiave. Non guardarti attorno, ripeté Software. Scossa dalla fretta, mi diressi al comodino e accesi l’abat-jour. L’intonaco si illuminò di un fioco e confortevole chiarore giallastro. Uscii, richiusi la porta, girai la chiave e la estrassi dalla serratura. La riga di luce passava attraverso lo spiraglio per terra, illuminava le piastrelle in pvc.
Ben fatto, Chiara.
“Grazie.”
Ora prestami bene attenzione: devi nascondere la chiave in un posto in cui lui, sai per certo, prima o poi guarderà, ma solo dopo un tempo abbastanza lungo.
Mi spostai di pochi passi e spinsi la porta del bagno. Non ebbi bisogno di entrare: il cesto dei panni sporchi era proprio accanto alla porta. Sollevai il coperchio e lasciai ricadere la chiave sopra un groviglio di federe.
Adesso scappa, disse la voce.
E scappai. Tenendo lo sguardo basso, col cuore che batteva all’impazzata raggiunsi la porta, la superai e la richiusi dietro di me. Ero in iperventilazione. Uno, due, tre corti respiri. Poi, di colpo, sussultai.
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Recursion
Fantasy«Non c'è evento che avvenga una volta soltanto, né cosa che esista senza esser già esistita.» 11 novembre 2011, ore 00:42 Questa la data e questa l'ora a partire dalle quali Chiara - studentessa di 21 anni nella città di Pisa - non subirà mai più al...
2. Modalità robot
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