Prologo.

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Lumos

Qualche raggio di Sole filtrava con impertinenza dalle alte vetrate che puntellavano le pareti della Biblioteca, dando l'illusione che quel timido pomeriggio di inizio ottobre fosse ancora la giornata perfetta per una tranquilla passeggiata nel cortile di Hogwarts. La realtà dei fatti, tuttavia, era ben diversa: il vento spirava con violenza, sollevando di tanto in tanto le foglie dei più disparati colori, che si staccavano silenziose dagli alberi e tingevano il terreno con le più accese delle policromie.

Nonostante i continui ammonimenti più o meno evidenti lanciati da Madama Pince - fatti soprattutto di occhiate taglienti e rimproveri sussurrati con l'aggressività di un Avvincino - quel particolare ambiente del Castello era comunque immerso nel più fitto chiacchiericcio e i ragazzi, tra risate a stento trattenute e un evidente buonumore, erano insolitamente allegri.

Una sola studentessa faceva tuttavia eccezione alla singolare felicità che sembrava pervadere l'animo di chiunque fosse presente in quella stanza.

Lily Evans sedeva composta ad uno dei tavoli più riparati da occhiate indiscrete, quello che da sette anni a quella parte era diventato il suo luogo preferito per studiare in tranquillità e fare i compiti con la massima attenzione possibile. Non era una scena poi così rara, comunque, nonostante per tutta la sua permanenza a Hogwarts avesse sempre dato prova di quanto contraddittoria potesse essere una personalità come la sua.

C'era quel lato esuberante e solare, certo, anche se spesso lo nascondeva sotto cumuli di sarcasmo e finto cinismo - oppure era lui stesso a nascondersi all'incirca sempre, uscendo allo scoperto soltanto quando il tasso di Firewhisky nel suo sangue raggiungeva livelli non più dignitosamente accettabili - e poi, in meravigliosa e perfetta antitesi, c'era il lato che le imponeva di darsi un contegno ed essere quantomeno concentrata quando era doveroso dedicarsi allo studio.

Il guaio era che lei, comunque, concentrata non lo era affatto.

Stringeva il suo foglio di pergamena fino a stropicciarlo, mordendosi il labbro inferiore come per impedirsi di pronunciare qualunque parola che, come ben immaginava, non avrebbe mai potuto avere nemmeno una minima parvenza di dolcezza. Aprì la mano stretta a pugno nel solo istante in cui si rese conto che avrebbe dovuto sicuramente ricopiare la sua parte della ricerca di Erbologia - non poteva di certo consegnare una copia così sfacciatamente malridotta - e inspirò con calma, contando fino a dieci per tranquillizzarsi così come le era stato insegnato.

Tic tac tic tac.

Incrociò le gambe quasi con rabbia, tirando per errore un violento calcio al tavolo. Il rumore secco da lei prodotto non attirò minimamente l'attenzione del ragazzo che aveva di fronte, ma in compenso Madama Pince, che per uno strano scherzo del destino passava per quella corsia proprio in quell'istante, le rivolse un'occhiata che bastò a congelarla sul posto. Lily inclinò la testa di lato in segno di scuse, poi abbassò di colpo lo sguardo, evidentemente mortificata.

Tic tac tic tac.

Tutti i suoi sensi di colpa svanirono nello spazio di un secondo, non appena quel fastidioso rumore riprese a tormentarle i timpani e ad attivare dentro di lei la modalità Profondamente Irritata. Non era nemmeno colpa sua, comunque: aveva sempre avuto quella tendenza a farsi influenzare moltissimo dall'atmosfera che la circondava e, se anche un singolo particolare disturbava il suo tentativo di concentrarsi, era davvero la fine.

Tic tac tic tac.

Al diavolo, non ne poteva più. Si schiarì la voce e continuò a fissare il suo compagno ancora momentaneamente in vita - a breve lo avrebbe Schiantato, ne era sicura - che, con gli occhi ostinatamente puntati sul libro che stava leggendo e le dita che tamburellavano sul tavolo producendo quel ritmo che lei tanto detestava, sembrava immerso in una bolla di intensa meditazione.

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