Capitolo 43.

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Girai la chiave dentro la toppa, mentre tutta la pioggia si scatenava bagnandomi completamente.
Finalmente il portone si aprí ed io entrai di corsa chiudendomelo alle spalle.

Feci le scale stremata e con l'umore a terra, ero stata fino ad ora in ospedale con mia madre ad aspettare che si addormentasse, e alla fine mi ero addormentata pure io sul divanetto scomodo.
Mi aveva svegliata Jake, e dopo averlo ignorato, me n'ero andata dicendo a mio padre che li avrei raggiunti più tardi, solo che lui mi disse di andarmene a casa e di restarci perché sarebbe rimasto lui lì e non ce ne sarebbe stato bisogno.

Quando entrai nel mio insulso appartamento, Puzzolo mi venne addosso ed io mi abbassai ad accarezzarlo.
Poi mi sollevai e mi tolsi la giacca tutta bagnata, appoggiandola sul tavolo.

Mi legai i capelli sgocciolanti, e mi diressi in bagno pronta per spogliarmi e farmi un bagno caldo.

Mi ritornò in testa l'immagine della notte precedente, di me e Terence e di tutto quel che avevamo combinato.

E non ero pentita, ovvio che non lo ero, ma ero molto scossa, e provavo tante di quelle emozioni dentro di me che l'unico modo per calmarmi era non ascoltarle.
Forse era questo il motivo per il quale ero scappata.
Mi sentivo in colpa, mi sentivo strana, invece mi ero sentita benissimo quando ero stata assieme a lui, mi ero sentita importante, desiderata, ed era stata la prima volta in tutta la mia vita che qualcuno mi aveva fatta sentire così, era stato un colpo secco dritto al cuore che me l'aveva fatto traballare cosí tanto da farmi scappare.

Non avevo idea di che cosa stavo provando per Terence, ma di una cosa ero certa, avevo paura, di non so cosa.
Quella paura che ti viene addosso senza un motivo, che ti fa pensare che certe cose non devono accadere.

E chissà che cosa aveva pensato stamattina, quando non mi aveva trovata al suo fianco, perché per questa paura me ne ero andata.
Come glie lo avrei spiegato?

Mi tolsi la maglietta rimanendo in canottiera e quando feci per sbottonarmi i bottoni dei jeans suonarono al campanello.
Aggrottai la fronte e riallacciandomeli andai verso la porta, mentre notai il mio cane steso a terra sonnecchiare.

Aprí la porta, e come se i miei pensieri lo avessero invocato, Terence era proprio lì, fradicio dalla testa ai piedi, e mi guardava, sul ciglio della porta, senza dire una sola parola.

Lo guardai, con il fiato sospeso in gola e gli occhi sgranati.
Non mi aspettavo che venisse qui, a quest'ora.

<< Che ci fai qui? >> chiesi balbettando, e guardandolo ancora dalla testa ai piedi.

Lui cambiò espressione e diventò quasi disprezzante nei miei confronti, aggrottò le sopracciglia muovendo i capelli bagnati che gli ricadevano in fronte mentre mandai giù un fiotto di saliva.

<< Che ci faccio qui? >> mi domandò retoricamente, come se la risposta fosse ovvia << Dici per davvero Catherine? >> continuò lui già arrabbiato, prima ancora che riuscissi a parlare.

<< Io non.. >> incominciai a balbettare, non sapendo cosa dire.

<< Tu non cosa? >> mi chiese continuando a mantenere quello sguardo cupo.

Non un accenno di sorriso, niente divertimento nel suo sguardo, nessun accenno di espressione che riuscisse a farmi tranquillizzare.

Aprii la bocca per cercare di giustificarmi e dire qualcosa ma lui mi bloccò prontamente non facendomi proseguire.

<< Avevo notato quanto ti piacesse scappare da tutto e tutti ma non avrei mai pensato che lo avresti fatto anche dopo aver passato la notte con me >> disse, lasciandomi spiazzata.

Scusa se ti amoWo Geschichten leben. Entdecke jetzt