3. Un posto per bambini

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«Uhm, ha un'espressione molto cattiva» Disse Marco, sottovoce

«Sì, ma ce l'ha sempre» rispose piano piano Giuseppino «Non è mica una prova questa»

«Hai ragione. Continuiamo a guardare».

Il preside entrò e se ne andò in presidenza, dove si sedette dietro la sua scrivania nera e tirò fuori delle foto da dentro il cassetto. I bambini lo vedevano perché lo stavano spiando dalla finestra, comunque. Allora, il preside guardava le foto, che erano tutte di bambini, e le commentava.

«Ah, Gianni Vilardi!» Diceva, guardando un ragazzo con i capelli marroni «Ora è diventato grande e lavora al MecDonnel! È triste e gli abbiamo rovinato la vita, molto bene, molto bene! Così si diventa adulti, brutti e tristi!» e poi cambiava foto, la guardava e diceva «Ah, Annamaria Nonni, mi ricordo di lei: era una bambina sempre felice, che aveva un topolino domestico! Ora che è grande si è rassegnata e lavora con quelli che ammazzano i ratti e gli scarafaggi! Ah, che bello, quante responsabilità che ha adesso! Triste e piena di responsabilità, proprio come tutti gli adulti!».

E andava avanti così, guardando tutte le foto dei bambini che una volta erano stati alunni spensierati, ma che la scuola aveva costretto a diventare adulti poveri e tristi con lavori bruttissimi. Quei bambini volevano diventare attori, artisti, pittori, fumettisti, calciatori, coltivatori di zucchine, modelli dei costumi da bagno o guidatori di trerruote, ma a scuola li avevano consigliati male e li avevano costretti tutti a fare dei lavori terribili e che loro non volevano fare.

«Lui ce l'ha con i bambini» Disse Giannina «Non può essere stato lui, non picchierebbe un adulto, no? Gli piacciono gli adulti»

«Ma solo quelli tristi e musoni che fanno lavori brutti» rispose Giuseppino

«Già. E invece il professore Giuseppino è contento, perché gli piacciono i bambini e gli piace insegnarci mille cose divertenti» dedusse Marco, che amava molto il suo insegnante perché era da lui che aveva imparato come fare il detective e tanto altro, come la vita degli squali e dei serpenti.

I bambini però non avevano ancora prove, quindi si nascosero di nuovo e aspettarono di vedere gli altri professori.

Alle sei arrivò la professoressa di religione, la malvagia Nancy che odiava quelli diversi da lei. Si vestiva sempre con maglioncini alla naffatallina, pantalonazzi da circo o gonne ancora peggio, e aveva i capelli a caschetto biondi, ma finti biondi, e non le piacevano i bambini che la pensavano diversamente da lei. Una volta aveva detto al piccolo Raji, che adorava un dio elefante bellissimo, che sarebbe andato all'inferno, e un'altra volta aveva detto a Nina, che non andava mai a messa, che il Diavolo l'avrebbe punta tutta.

«Non potrebbe aver dato un pugno al professor Giuseppino» Ragionò Giuseppino «La sua religione dice che deve essere buona, no?»
«Ma lei è buona? Certo che no!» fece Giannina

«Però non credo che sia lei. La controlleremo, comunque».

E la controllarono, mandandole dietro un bambino perché guardasse cosa faceva, ma la malvagia prof Nancy si faceva soltanto il catechismo da sola, con mille segni della croce, e si bagnava tutta con l'acqua santa.

Poi, alle sei e dieci, arrivarono insieme la professoressa di matematica, una zitella acida con i capelli lisci lisci a spaghetto, e il professore di educazione fisica, un gorillone con le braccia tutte pelose e le sopracciglia a spazzola e i capelli a sopracciglio. Questi due stavano insieme, erano fidanzati e si baciavano. Come... che significa che se lei stava con lui non era una zitella? E questa era una zitella lo stesso. Acida. Tanto lo sapevano tutti che si sarebbero lasciati, perché quello di educazione fisica aveva mollato dieci mogli.

Un boccaccio di AmuchinaWhere stories live. Discover now