46 minuts before

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"Buona sera New Orleans! Sono le 20 e 14 minuti e il sole è già andato a dormire. Ma non disperate, la vostra Isabel vi terrà compagnia fino al vostro rientro a casa"
La sedia girevole scricchiola sotto il peso del mio corpo che, lanciatosi su di essa, compie un giro completo prima di fermarmi esattamente davanti al tavolo: indosso le cuffie e posiziono il microfono all'altezza della mia bocca, poi schiarisco la voce, premo il pulsante ed ecco che sono in onda.
"Miei cari passeggeri notturni, a volte i più grandi cambiamenti arrivano sottoforma di paure: c'è chi non è in grado di riconoscerli e li guarda con tentazione mentre gli sfuggono via tra le dita, e c'è chi invece afferra queste opportunità con entrambe le mani e non le lascia andare per nessuna ragione al mondo, almeno non finché hanno ottenuto ciò che desideravano. A farvi compagnia questa sera sarà proprio il racconto di una ragazza forte e coraggiosa che, dopo tanti anni di sofferenza, è riuscita a fare del suo più acerrimo nemico - lo specchio - l'elemento chiave per la svolta della sua vita" premo un altro pulsante, dando voce ad una telefonata in diretta radio "ciao Miriam, ti andrebbe di raccontarci la tua storia?".
"Ciao Isabel, con piacere"
Ascoltare. Questo è sempre stato il mio punto di forza in ogni campo, dallo studio alle relazioni interpersonali. Sono poche le persone che possiedono questo grande talento, che sono in grado di mettere i bisogni degli altri davanti ai propri: persone straripanti di pazienza, incapaci di essere egoiste e piene di sè; persone che regalano attenzioni senza chiedere nulla in cambio. Persone buone, molto buone, a volte fin troppo buone.
"Non tutti riescono ad apprezzare una persona per quello che è: era proprio questa la causa del mio malessere, dell'odio che provavo verso me stessa" racconta la ragazza, senza paura di mettere a nudo sè stessa e la sua anima davanti a migliaia di ascoltatori perchè consapevole di poter essere d'aiuto, e perchè no da esempio, per molte altre ragazze insicure come lo è stata lei.
"Ma è stato quando ho capito" continua dopo aver preso un respiro profondo "di dover soltanto ignorare i commenti sgradevoli, filtrarli dalla cattiveria generale delle persone, quando ho messo in pratica questi pensieri... ecco quando ho finalmente iniziato ad essere felice, a vedermi bella nonostante le curve del mio corpo, nonostante i segni del tempo che porto sulla pelle, nonostante il mio vizio di mangiarmi sempre le unghie"
Un sorriso spunta automaticamente sul mio volto e, mentre Miriam termina il suo racconto toccante, scorro le immagini nella galleria del mio cellulare alla ricerca di un meme che ho trovato la settimana scorsa su Instagram, perfetto per concludere in modo carino e anche un po' divertente la serata, pur lasciando uno spunto di riflessione.
"Cara Miriam, a nome di tutti i passeggeri notturni che questa sera ti hanno ascoltata, grazie davvero per aver condiviso con noi la tua storia"
Con l'ennesimo pulsante la linea torna completamente a me. "Questa sera, voglio colgliere l'opportunità che Miriam ha lanciato con il suo racconto, per condividere con voi una perla che ho scovato qualche giorno fa su Instagram e che presenta in modo simpatico un messaggio tanto importante quanto attuale" prendo in mano il cellulare e inizio a leggere nel modo più espressivo che mi riesce possibile "Lei è la Terra. La Terra sa che alcune persone la vorrebbero piatta. Nonostante ciò, la Terra rimane tonda. La Terra si accetta per quello che è. Sii come la Terra."
Allontano per qualche secondo la bocca dal microfono, intenta a rileggere la frase nella mia mente per leggere tra le righe divertenti il significato profondo. "A primo impatto può sembrare una stupida barzelletta buttata lì a casaccio" riprendo poco dopo "Vi invito invece, miei cari passeggeri notturni, a riflettere, perchè è vero che ognuno deve essere in grado di accettare sè stesso per quello che è, ma è anche vero che nessuno dovrebbe avere il diritto di giudicare, figuriamoci di criticare, specialmente quando non si conoscono determinate dinamiche. So che può essere un argomento pesante da digerire all'ora di cena, ma è molto più attuale ed importante di quanto molte persone possano anche solo immaginare"

Batto le mani per risollevare gli animi. "Bene, anche per questa sera è tutto! Vi aspetto domani alla stessa ora per il nostro solito appuntamento con la rubrica I Passeggeri Notturni. Da Isabel è tutto. Buonanotte New Orleans"
Finito il mio momento di gloria, poso le cuffie sul tavolo rotondo e lascio il posto alla collega delle 21 che stasera, da quanto ho visto in scaletta, parlerà per lo più dei soliti gossip che ormai sono sulla bocca di tutti, come ad esempio il principe Harry e sua moglie Megan che vogliono andarsene in giro per il mondo a scrocco del nonno. Sospiro scuotendo la testa al solo pensiero.
Esco dalla sala di registrazione della piccola radio locale ribattezzata 'Brigit' in nome della fondatrice, indossando rapidamente il cappotto e la mia immancabile cuffia nera. Saluto i membri dello staff in pausa cena e quasi pronti anche loro a lasciare l'edificio. Spingo la pesante porta in legno dell'ingresso e, dopo aver indossato gli auricolari, imbocco la via piu veloce per tornare a casa. Mentre la voce di Freddy Mercury risuona nelle mie orecchie, il freddo di gennaio mi costringe a infilare le mani nelle tasche e a nascondere il naso nel giubbotto.
Sono le 20:45. Le strade sono ancora affollate di macchine che sfrecciano a destra e a sinistra, e i marciapiedi sono gremiti di persone nonostante i negozi si apprestano a chiudere; fanno eccezione i pub sparsi qua e là per la città che stanno invece iniziando ad accendere le loro insegne luminose fuori dai locali: la vita notturna qui a New Orleans, soprattutto ora che il weekend si avvicina, potrebbe addirittura dare del filo da torcere alla famosissima movida spagnola.
Cammino a testa bassa per poco più di tre isolati prima di arrivare davanti alla porta in legno del palazzo in cui abito: tiro le chiavi fuori dalla borsa e le inserisco nella toppa, abbassando la maniglia e aprendo la porta con un colpetto di spalla. Avanzo nel piccolo corridoio fino a trovarmi davanti alle cassette della posta: come da routine, estraggo le buste prima dal cassettino n.148 - coincidente con il numero del mio appartamento - poi la posta della cassetta accanto. Infilo tutto nella borsa, annotandomi mentalmente che domattina dovrò infilare parte delle lettere sotto la porta della mia simpatica vicina di ottantasette anni: quella poverella vive sola in quell'appartamento da più di dieci anni, essendo vedova ed avendo figli grandi che lavorano in altri stati; per questo motivo ogni domenica pomeriggio la invito nel mio appartamento per bere un caffè e scambiare due chiacchiere, finendo la maggior parte delle volte a giocare a burraco con la tv sintonizzata su una soap opera in sottofondo. Non che abbia molto di meglio da fare, considerata la mia attivissima vita sociale da forever alone: finito il liceo, ho perso - volontariamente - ogni contatto con i miei compagni di classe, comprese quelle che per cinque anni avevo avuto il gran coraggio di chiamare 'amiche'. È stato come liberarsi di un macigno. La verità è che non mi sono mai integrata completamente: non ero come gli altri, non mi sentivo come gli altri e agli altri semplicemente non piaceva la vera me, come d'altronde a me non piacevano loro. Io non avevo intenzione di cambiare e non mi aspettavo che le mie amiche mi capissero, figuriamoci i miei compagni. Dire che sono comunque stati pazienti e non mi hanno fatto pesare questa diversità sarebbe come dire che la Luna è un pianeta - una stronzata, insomma. Quindi è stato più che un sollievo potergli dire addio per sempre.
Nel frattempo, ripongo il cellulare con tanto di auricolari nella tasca del giubbotto e, vista l'ora, decido, rompendo la mia quotidianità, di sviare i settanta gradini. Invece di svoltare a sinistra verso le scale, giro infatti a destra: premo il pulsante dell'ascensore e, mentre aspetto che le porte si aprano, ne approfitto per dare un'occhiata alle buste che mi sono state recapitate. Ma non faccio a tempo nemmeno a guardare il mittente della prima, che le porte sono già aperte davanti ai miei occhi: senza alzare lo sguardo dalle lettere, clicco sul tastino del mio piano e mi appoggio poi con la spalla contro la parete, ignorando qualsiasi altra presenza nell'abitacolo.
Acqua, gas, energia, televisore... tutti che mi cercano per i soldi! Sbuffo sonoramente, rimettendo tutto nella borsa.
Un rumore stridulo di ferro che striscia contro altro ferro interrompe ogni mio possibile pensiero: l'ascensore si blocca improvvisamente e per poco non perdo l'equilibrio e cado a terra. I tasti con scritti i numeri dei piani iniziano tutti a lampeggiare di rosso, seguiti da un fischio assordante che esce dell'altoparlante. Mi copro le orecchie, stringendo forte gli occhi finché il suono fastidioso non cessa. Una volta riaperti gli occhi, le porte dell'ascensore sono ancora chiuse, seppur questo non sia più in movimento. Il mio cuore smette di battere per qualche secondo dopo che il cervello realizza l'accaduto: sono bloccata in questo dannatissimo ascensore!




Spazio Autrice
Rieccomi qui con una nuova freschissima storiella!
In realtà non so come la mia mente sia riuscita a tirare fuori un'idea del genere... forse ha collegato in qualche modo la mia fobia di restare chiusa in ascensore con qualche film che devo avere visto, sì.
Anyway, vi anticipo già che questa sarà soltanto una storia breve di qualche capitolo, anche se non so ancora esattamente di quanti.
Nulla, spero solo che vi possa piacere eeee vi mando un bacione. As always, ci sentiamo al prossimo aggiornamento.
Laura


Ps. la frasetta sulla Terra che trovate nel capitolo, se vi interessa, l'ho trovata in un post di instagram di @/siicomebill di un po' di tempo fa

vi ricordo che mi trovato anche su instagram come laguindiz - youfakebetch14
twitter: mikeisapikachu
tiktok: laguindiz

Life's too short to sit and wait🌼
(sì, ho cambiato frasettina tattica)

StuckWhere stories live. Discover now