Prologo

32.4K 1.2K 110
                                    

I COMPORTAMENTI DI ALCUNI PERSONAGGI NARRATI IN QUESTA STORIA SONO MORALMENTE SBAGLIATI E NON SONO DA IMITARE.

La sera riempiva i polmoni, ero concentrata sul rumore che le mie scarpe producevano quando incontravano il marciapiede sporco della piccola cittadina. Ritmico, costante, canzonatorio.
Mi sarei potuta addormentare da un momento all'atro, la stanchezza aveva invaso la mia testa e i miei occhi chiari ne erano velati.

Cercavo di non inciampare nei sassi che sporgevano dall'asfalto, cosa che era già successa due volte a causa di mancanza di luce.
Ormai mi ero quasi abituata a quel buio, ogni volta che uscivo dal retro del ristorante mi scontravo faccia a faccia con esso.
Ci lanciavamo una sfida che io affrontavo ad occhi bassi fino al portone di casa mia. Non alzavo mai lo sguardo, era come se avessi paura di qualcosa che non c'era. Fissavo le mie scarpe incrociando le braccia al petto e facendo sprofondare la faccia dentro la sciarpa larga e bianca, cercai di non poggiarci la bocca contro perché l'odore di fumo mi avrebbe sicuramente invaso le narici procurandomi nausea.
Velocemente portai una mia ciocca di capelli dietro all'orecchio, spostai la borsa nera in una posizione migliore prima di guardarmi intorno.
La strada era vuota e riuscivo a malapena a vedere le strisce gialle che erano disegnate per terra grazie ad un lontano lampione.
Ogni tanto dei rumori mi facevano sobbalzare, la maggior parte delle volte venivano da dentro le abitazioni che davano sulla strada ma altre volte anche da vari cespugli o da oltre staccionate rovinate.
Mi avvicinai ad una di quella, una volta doveva essere stata bianca, ma mentre la guardavo vedevo solo macchioline corrose color oro sporco.

Un leggero rumore mi fece voltare indietro, sembrava di quando non alzavi bene il piede da terra e strusciavi la suola contro i fini sassolini.
Le persone come me ascoltano questo tipo di cose, come sentono l'odore di sigarette spente nelle stazioni metropolitane. Quell'odore, nonostante fumassi, mi aveva sempre dato fastidio. Come quello che rimaneva intrappolato nella mia sciarpa.

Non mi riempiva i polmoni come la sigaretta accesa, non faceva lo scricchiolio della carta che si consumava, l'odore delle sigarette spente, delle cicche, era solo fumo appassito. O quello che una volta era stato la ragione di un mio piccolo sorriso.

Mi ricordavo ancora la mia prima sigaretta, facevo il primo anno di liceo. Ero uscita un pomeriggio con le mie nuove compagne di scuola e dopo aver camminato un po' ci ritrovammo nel parco al centro della città.
Una mia amica aveva tirato fuori un pacchetto di sigarette e me ne aveva offerta una, avevo sempre voluto provare.
Ero sempre stata una ragazza curiosa e credevo di dover dimostrare qualcosa con quella sigaretta, all'epoca mi sembrava qualcosa di così oltre la mia portata, avevo paura che qualcuno mi vedesse o potesse andarlo a dire ai miei genitori.
Mi ricordavo anche che avevo chiesto ingenuamente da accendere ad un signore anziano che si era seduto su una panchina insieme alla sua compagna. Avrei dovuto provare imbarazzo ma la verità era che non mi era mai importato veramente di cosa la gente pensasse di me.

Non ero egoista, solo leggermente menefreghista in un mondo che si era dimenticato lentamente di me. Era una cosa giusta.

Un altro rumore mi fece girare, continuavo a non fare niente per attirare l'attenzione, urlare o correre via non sarebbe servito a niente.
Feci qualche passo indietro, la strada era sempre vuota ed era normale visto che erano quasi le due del mattino.

Davanti a me c'era un incrocio, il semaforo continuava a far lampeggiare una luce gialla ed insistente.
Iniziai ad avviarmi verso quella nuova fonte di luce guardandomi intorno.

Un altro rumore, questa volta più forte, mi fece aggrappare alla mia borsa.
Se fosse stato un rapinatore sicuramente avrebbe avuto la meglio su di me, sono sempre stata abbastanza in forma ma in quel momento ero stanca e affaticata. Anche con tutta l'adrenalina che mi avrebbe procurato uno scontro non sarei riuscita a fare più di duecento metri di corsa.

Feci un lento giro su me stessa, andai a sbattere contro ad un muretto dietro di me -Che cazzo.- borbottai, neanche riuscii a finire la frase che due mani mi presero per le spalle.
In un secondo mi ritrovai stretta di più contro al muretto mentre una mano premeva contro le mie labbra.

Cercai di urlare, iniziai a muovermi cercando di liberarmi da quel corpo che mi stava davanti, senza successo.

Mossi le gambe e le braccia cercando di colpire il mio aggressore, dopo qualche istante egli si distanziò di poco. Il suo viso era coperto perché teneva un cappuccio in testa, io lo colpii con tutta la mia forza sulla spalla e sul collo. Fece un verso profondo ma subito si scontrò contro di me ancora più arrabbiato.
Ricordavo solo quello, poi la sua mano incontrò il mio viso. Lo zigomo iniziò a bruciarmi, urlai ancora, prima di cadere a terra. La mia guancia strusciò leggermente contro l'asfalto ruvido e freddo sfregiandomi la pelle, vidi le sue scarpe nere.
Poi, chiusi gli occhi.

HeldWhere stories live. Discover now