Manette

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I pantaloni caddero attorno alle mie caviglie, rimasi ferma con le braccia tese lungo i fianchi non riuscendo a fare il minimo movimento.
Chiusi gli occhi e strinsi i denti sul pezzo di stoffa umido che avevo ancora tra le labbra quando il ragazzo davanti a me iniziò a sfiorarmi le gambe nude.

Il ribrezzo si presentò sotto forma di pelle d'oca, le sue mani continuavano a salire e a scendere, sorpassarono le ginocchia e superate le cosce si fermarono sulle ossa dei miei fianchi.

Tenni gli occhi ancora chiusi, non volevo vedere che sguardo aveva mentre mi toccava, non volevo vedere se provava piacere o se i suoi occhi si erano velati di violenza e pazzia.

Lo sentii alzarsi, mi tolse anche le manette ai polsi e potei dire che le posò dentro al lavandino per il rumore che la ceramica fece quando entrò in contatto con il metallo, sobbalzai a quello strano e forte suono.

Mi mise le mani sulle spalle e fece scendere la giacca lungo le braccia, notai che non avevo più la mia sciarpa ma probabilmente me l'aveva tolta prima di infilarmi nel bagagliaio.

Cercai di massaggiarmi i polsi doloranti ma le sue mani subito mi bloccarono, piansi ancora. Volevo solo accarezzarmi i lembi di pelle martoriati per procurarmi un po' di sollievo in quella situazione che mi stava facendo esplodere il cervello, ovviamente non me lo permise.

Le sue dita si mossero lungo il mio ventre, le mise sotto la maglietta e arrivò alla mia vita.

-Alza le braccia.- mi ordinò, il tono sempre basso e atono.

Feci come disse, le mie braccia tremavano ma riuscii a tenerle sopra la testa il tempo necessario.
Lui prese il bordo di essa e la tirò su, sorpassò il mio petto ansante e la tolse completamente.

-Guardami.- disse dopo.
Nel silenzio di quel bagno potevo sentire i miei singhiozzi ancora meglio, tenni gli occhi chiusi, non volevo ascoltare neanche una sua parola, avrei preferito pensare che tutto quello non fosse reale. Non volevo guardarlo e provare altra paura. Non volevo dover realizzare sempre di più di trovarmi in quella situazione.

-Meghan, guardami.- ripeté con voce più dura.

Spalancai gli occhi, e tutto il mio corpo iniziò a tremare. Come faceva a sapere il mio nome?
Nel suo viso apparve un leggero senso di soddisfazione quando vide i miei occhi chiari e bagnati. Finalmente era riuscito ad ottenere la mia piena attenzione.  
Lo guardai, si tolse la giacca spessa e l'appoggiò sul lavandino dove vidi che aveva messo anche la mia maglia.
Si arrotolò ai gomiti il leggero maglione che portava, scoprendo milioni di tatuaggi, dopo si piegò verso la vasca, chiuse lo scarico e aprì il rubinetto. In quel momento il rumore principale era lo scroscio continuo dell'acqua.

Si girò verso di me dopo aver chiuso la porta a chiave, il vetro dell'unica finestra che c'era si stava appannando. Era troppo piccola, avrei potuto cercare di fare male all'uomo che si muoveva meccanicamente davanti a me e provare ad uscire ma probabilmente non ci sarei riuscita per colpa dello piccolo spazio che a malapena mi permetteva di vedere cosa c'era all'esterno della casa. 

Mi prese lentamente un polso, feci dei versi di disapprovazione ma lui riuscì comunque a farmi fare qualche passo verso di lui e a farmi uscire dai miei pantaloni.

Portò le mani dietro la mia schiena, prese il gancio del mio reggiseno ed io subito cercai di allontanarmi.

Mi tenne stretta contro di se e, dopo che sbloccò la chiusura del mio reggiseno bianco, fece scorrere le spalline sottili lungo le braccia. Quando lo tolse lo posò vicino alla mia maglia.
Non si soffermò troppo sui miei seni scoperti e per questo feci un leggero sospiro, che mi si fermò in mezzo alla gola quando agganciò con le dita il bordo delle mie mutande.
Rimasi di nuovo ferma, ero agghiacciata da quello che stava facendo e lo straccio contro la mia bocca bloccava le imprecazioni che stavo pensando.
Pregai, pregai di vivere. Pregai di sopravvivere a tutta quella situazione.

HeldOù les histoires vivent. Découvrez maintenant