Capitolo 2

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Il dolore è ancor più dolore se tace.
- Giovanni Pascoli


Dolore, ecco cosa si provava quando si era bloccati, tra la vita e la sofferenza.

Mi sentivo totalmente indifferente al mondo esterno, alle urla di mia madre riguardo al fatto di aver rovinato il matrimonio a mia sorella, con la mia non presenza, con i miei soliti casini.

Essere ritrovato ubriaco e fatto nel proprio letto d'albergo, dalla propria famiglia non era di certo qualcosa che auguravo a qualcuno.

Apatia, cos'era realmente essere apatici?

Mi sentivo così in quel momento?

Forse.

Mi sentivo come se nulla mi toccasse, mi sentivo vuoto, privo di ogni energia e sentimento.

Mi sentivo abbandonato a me stesso.

Mi avevano abbandonato tutti e non potevo biasimarli...

Eppure, c'era ancora una possibilità per me?

Di poter tornare a sorridere.

Inconsciamente sorrisi pensando alla strana ragazza che alloggiava nel mio stesso hotel, non seppi neppure del perché il mio pensiero ricadde su di lei, ma ero certo che non riuscivo a togliermela dalla testa.

Era così bella, fresca.

Il solo pensiero di come ondeggiava i suoi capelli mi mandò totalmente in estasi.

Mi sentivo un pagliaccio, mi sentivo fuori luogo, non sapevo minimamente come adeguarmi a questo mondo.

Era orribile vivere con i dubbi e con la paura di essere se stesso, mi sentivo un uomo intrappolato, martoriato dal dolore, dai pregiudizi degli altri, mi sentivo così sporco.

Non dovevo dare peso alle parole altrui, lo sapevo, eppure... C'era quella parte di me, che non apprendeva, non voleva capirlo.

Ero fermo, bloccato nel bar dell'hotel da ore, nel provare a scrivere qualche patetica canzone, ma senza riuscirci.

Ero afflitto, deluso da me stesso, perché per me la musica era tutto, era pura libertà; ma la paura mi bloccava, ancora una volta, l'ennesima.

"Sono nel mio letto,
solo.
Ancora una volta.
Senza di te, mmh...

Dimentico tutte le cose passate
E lentamente perdono significato

Dove vado ora?
Chi sono ora?
Chi dovrei essere?
E non importa quanto io ci provi,
Sprofondo nell'oscurità.
Sono solo un ragazzo triste
che beve caffè a cena

Non incolparmi per le mie lacrime
Non è colpa mia se cadono facilmente
Non incolparmi se sono uno stronzo triste
Che affoga sempre di più nel proprio dolore,
con un drink nelle mie mani che tremano...

Il mio paradiso è fatto di fiamme
Solo un altro drink dico prima di chiudere gli occhi
Sto dimenticando chi sono..."

Non ero mai stato così esposto a me stesso, così libero di mettere il mio dolore su carta, sapevo che era arrivato il momento di far uscire anche questo lato di me.

Il vero me, che nonostante sia sbagliato da mostrare, ero pur sempre un umano anch'io, nei suoi difetti e nelle sue cadute, ero stanco di mostrare solo quel lato felice di me, quel lato che tutti apprezzavano.

Watermelon Sugar | H.S.Where stories live. Discover now