Capitolo 3

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Quella notte non feci sogni, ma mi ero svegliata comunque stanca, come se non avessi chiuso occhio. Controllai la mail e com'era prevedibile, non trovai nessuna comunicazione: nessun colloquio all'orizzonte, come c'era da aspettarsi e decisi di preparare la colazione a mio fratello minore. Era una routine, era una cosa che stranamente mi tranquillizzava e gli sorrisi quando si sedette a tavola.

«Ehi, non hai una bella cera» disse mio fratello, sedendosi a tavola «Non ho dormito bene nemmeno stanotte. Stavo pensando davvero di licenziarmi entro la fine del mese, ma non so come dirlo a papà.» gli dissi e lui abbozzò un sorriso

«A proposito di papà, ho deciso di accettare il lavoro nel suo studio legale e andrò a pranzo da loro. Tu potresti dire che hai deciso di mollare il tuo di lavoro... insomma, per una volta faccio io la parte del figlio perfetto a discapito tuo, anche se potresti parlare anche tu con lui, magari scopri se c'è un lavoro per te.»

«Non lo so, Newton. Lavorare per papà? E per fare cosa? Fotocopie?» chiesi guardandolo sconcertata, effettivamente non avevo mai pensato davvero di lavorare per Daniel.

Mio fratello ridacchiò divertito.

«Non ne ho idea, ma insomma sai fare ricerche, parlare con la gente e quant'altro, potrebbe esserci qualcosa che ti possa far lavorare da lui anche se hai una laurea in giornalismo e non una in legge.» disse con un sorriso incoraggiante

«Non ti prometto nulla, a parte che ci penserò» gli dissi

«Grazie.» disse semplicemente, poco prima che gli mettessi davanti il piatto di pancakes.

Quella mattina, dopo aver chiamato mia madre per informarla che sarei andata anche io a pranzo dato che volevo vedere come stava Charles, telefonai al mio capo, gli dissi che dovevo parlargli, mi diede appuntamento alle nove del giorno successivo. Se fosse andato come previsto, avrei lavorato nel locale fino alla fine del mese, con la speranza di riuscire a trovare, nel frattempo, un altro lavoro. I soldi mi facevano comodo, ma ero terribilmente infelice.

Io e Newton andammo insieme a casa dei miei genitori a pranzo, per prima cosa andai al piano di sopra dove si trovavano le camere e passai da Charles, che al buio stava guardando Star Wars episodio 3, uno dei miei preferiti.

«Ehi, come stai piccoletto?» chiesi e lui mi sorrise

«Uno straccio. Te la farò vedere io chi è il piccoletto, la prossima volta che mi alzo. Anakin, sto più in alto di te.» disse dando un colpo di tosse

«Certo che se sono Anakin Skywalker devo rivedere un po' di priorità della mia vita. Posso essere Leia per cortesia? In ogni caso, Charles, riguardati. Vuoi qualcosa per pranzo? Del brodo di pollo?» gli dissi con vago tono materno, spostandogli una ciocca di capelli dalla fronte e gli misi le labbra sulla fronte. Scottava.

«Si, per favore. Forse è l'unica cosa che riesco a buttare giù, oltre al the al limone, ma non ti assicuro nulla. La gola è in fiamme» disse e io annuii.

Avvisai mia madre della richiesta di Charles e che secondo me aveva ancora la febbre alta, ma lei mi chiese ad un certo punto «Janet, come stai? Mi sembri stanca» e in un primo momento non seppi come rispondere.

«Non sto dormendo bene, forse è un problema di stress legato al lavoro» le dissi

«Mi farai sapere per favore c'è qualcosa che non va?» chiese

«Ma certo» le dissi, mia madre sapeva leggermi dentro e temevo che dirle dei miei dubbi avrebbe portato solo guai. Non ero nemmeno sicura che quello strano sogno fatto qualche giorno prima, fosse un sogno vivido.

"E allora cos'era?" mi chiesi

A pranzo, ammisi alla mia famiglia che la mia situazione non era migliorata e che avevo deciso di licenziarmi, così da dedicarmi a trovare un lavoro nel giornalismo con più serenità: mia madre sembrava delusa e anche Danny, cosa che fece scattare con lui un'accesa discussione. Newton mi fece un occhiolino, prima di avvertire suo padre che aveva deciso di accettare la sua offerta di lavoro, cosa che fece evidente piacere il genitore.

«Almeno qualcuno qui ha del sale in zucca e dovresti instillarne un po' a tua sorella. Sono fiero di te, ragazzo mio. Ne parliamo più tardi.» disse Daniel, tagliando un grosso pezzo della sua bistecca. Passai tutto il resto del pranzo in silenzio, ascoltando appena ciò che gli altri membri della famiglia si dicevano e pensai a quello che aveva detto Newton.

A fine pranzo, cercai Daniel che trovai nella stanza che era prima la mia, ora che utilizzava dopo il mio permesso come suo ufficio. Bussai.

«Papà? Hai un minuto?» gli chiesi e lui alzò lo sguardo da quello che stava facendo, il suo sguardo mutò leggermente mostrando preoccupazione.

«Janet, ma che succede? Non è da te lasciare un lavoro, perché è troppo stressante, mi sei sempre sembrata a prova di stress, al contrario dei tuoi fratelli; specialmente Newton che sbotta appena qualcosa non va come vorrebbe.» chiese lui, abbozzando un sorriso parlando del figlio

«Non lo so, ho iniziato a fare dei brutti sogni e non riesco a spiegarmeli.»

«Come quelli di cui parlava tua madre?» mi chiese

«Credo di si, ma non sono certa. Ne ho fatto solo uno e non ho metri di paragone; anche se solitamente i sogni non me li ricordo così distintamente» ammisi imbarazzata, tralasciando dettagli

«Facciamo così, se ne avrai un altro parlamene. Sono dalla tua parte e lo sai.»

«Ti ringrazio e mi rincuora saperlo, perché come sai il lavoro al bar comunque non mi piace e Newton mi ha suggerito una cosa, ma non so se si possa fare»

«Cosa?» chiese l'uomo che mi guardò seriamente

«Mi piacerebbe lavorare per te, Newton mi aveva suggerito che potevo lavorare sul campo dato che ho una laurea in giornalismo e potevo essere d'aiuto, ma credo potrei essere forse più di aiuto come segretaria.»

«Sai che mi piacerebbe averti in azienda, ma non l'ho mai proposto proprio perché so quanto ami il giornalismo e il fatto che tu sei miss indipendenza. Dovresti aspettare due mesi prima di iniziare e ti offro il posto come mia segretaria personale, la mia sta andando in pensione e non ho ancora trovato nessuno che possa sostituirla.» sorrise affettuosamente

«Grazie.» dissi abbracciandolo

«Grazie a te, piccola» disse lui piano, dandomi un bacio sulla testa «E non ti preoccupare, non dirò niente a tua madre, fino a che non sarai tu a farlo

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«Grazie a te, piccola» disse lui piano, dandomi un bacio sulla testa «E non ti preoccupare, non dirò niente a tua madre, fino a che non sarai tu a farlo.»

Mi staccai da lui con un mezzo sorriso e il cellulare prese a suonare.

«Vai, può essere importante. Io torno alle scartoffie» sorrise

Guardai lo schermo ed era Henry, il mio fidanzato, che mi informava di essere appena uscito dal turno e mi diede appuntamento a casa sua per cena, perché mi disse che voleva passare del tempo con me, che gli ero mancato. Quella sera, rimasi a cena da lui e trovai una cena da mille ed una notte.

«Voglio scusarmi con te, Janet. Mi sono reso conto di averti trascurata e che tu sei la persona più importante per me, mi ci è voluto un po' per rendermene conto» disse lui e mi raccontò di un caso, di come lo aveva aiutato a riflettere. Tutto andava bene.

Nightmare: Il ritorno di un IncuboWhere stories live. Discover now