Capitolo 2

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Ero tornata a casa dopo un turno di lavoro a dir poco stancante e indossai una maglietta maniche corte, jeans e scarpe da ginnastica comode, le gioie della primavera: vestirsi pesantissimo al mattino per poi morire di caldo nel pomeriggio.

Una mezz'ora dopo il mio ritorno a casa, la mia migliore amica Annabeth, che io chiamavo Annie dalla notte dei tempi in quanto avevamo frequentato tutte le scuole insieme – ad eccezione dell'università, io scelsi giornalismo, lei la scuola per diventare infermiera – , mi telefonava ricordandomi che dovevamo incontarrci al nuovo centro commerciale. Sbiancai e sbiascicai delle scuse ad Annie, dicendole che mi ero dimenticata e di scusarmi, ma era stata una giornata un po' storta.

Arrivai al centro commerciale trafelata e mi scusai nuovamente.

«Stai tranquilla, le giornate storte capitano a tutti e ora un po' di sano shopping ti aiuterà a risollevare il morale.» ammiccò nella mia direzione.

«Posso acquistare un paio di regali per mio fratello?» chiesi gentilmente

«Di chi è il compleanno? Charlie? Se non erro il compleanno di Newton è a gennaio» mi disse pensosa e annuii

«Si, Charles, compie gli anni la prossima settimana e sono in panico, soprattutto perché Newton ha demandato me alla ricerca di un regalo da parte sua.» sbuffai

«Qualche idea?»

«No, non ho ancora trovato nulla che mi piaccia» ammisi

Sarei sicuramente sarei andata sul sicuro acquistando un libro e un vinile di un gruppo che non conoscevo di cui avevo sentito parlare da Newton (e che Charles non era ancora riuscito ad acquistare), più una carta prepagata per il negozio elettronico che frequentava spesso e volentieri. L'ultimo regalo sarebbe stato formalmente da parte di Newton, ma in realtà mio fratello mi aveva chiesto di aiutarlo e l'unica cosa che mi era venuta in mente era stata quella. Meno banale di una banconota da cinquanta dollari... forse.

«Ti dispiace aiutarmi a cercare un vestito?» chiese Annie

«Certo, che ti serve? Qualcosa in particolare?»

Annie mi disse che stava cercando un vestito nero, possibilmente per una convention a cui doveva partecipare per lavoro; se conoscevo i suoi gusti essere qualcosa di sobrio. Trovare un vestito come desiderava si era dimostrato difficile, tre negozi dopo la mia amica era riuscita a trovare l'abito che stava cercando e la lasciai cercare la sua misura. Io intanto mi ero allontanata, guardando disinteressata un felpa color ocra di una taglia troppo grande. Non volevo comprare nulla e non avevo necessità, sapevo che Annie sarebbe riuscita a farmi comprare qualsiasi cosa, ma non ero proprio dell'umore giusto di cambiarmi in un camerino, dove tutto sembrava starmi male.

«Allora, come ti vanno le cose?» mi chiese Annie con un sorriso guardando il tagliando che riportava il prezzo e la taglia, per poi cercare la taglia più giusta per lei

«Tutto bene, e a te invece? Il lavoro?» risposi tagliando corto, con la speranza che si dimenticasse di chiedermi come stessi

«Il lavoro va meravigliosamente, mi hanno dato qualche giorno di ferie la prossima settimana, ho coperto il turno di una collega per una malattia e sono stravolta, così anche se torno a casa tardi della convention posso dormire fino all'ora di pranzo senza sentirmi in colpa. A te come vanno le cose?» disse Annie entrando nel camerino di prova, con il suo abito

«Sono contenta per te» le dissi, facendo finta di guardare il prezzo di una camicia in un altro espositore, non rispondendo volutamente alla sua domanda, dato che non sapevo cosa risponderle esattamente. Da dove potevo partire? Il lavoro che non andava bene come speravo e che pensavo di licenziarmi?

«Janet, sei dannatamente silenziosa. Cosa ti succede? Non provare a dirmi che stai bene, perché so che non lo sei.»

Sospirai, decidendo che era meglio parlarle del sogno, alla fine tergiversare non mi avrebbe portato a nulla e speravo che condividendo con lei i miei pensieri mi aiutasse a sentirmi meglio.

«Ho fatto un sogno strano e continuo a pensarci. Ti capita mai di ricordare i sogni?» le chiesi

«Qualche volta, si, ma non li ricordo spesso. Perché, cosa hai sognato? Nani o clown?» chiese lei dall'altra parte della porta del camerino facendo un riferimento a Supernatural, che mi fece sorridere

«Nessuno dei due, in realtà.» ammisi

Le raccontai dei sogni vividi, di come mia madre mi avesse messo in guardia e le raccontai il sogno, di come sembrasse reale, del senso di calore sulla mia pelle; senza tralasciare il motivo per cui credevo avesse con il lavoro «Mi sta pesando più di quanto credessi, credo che mi licenzierò prima o poi, sono sempre stressata» le dissi e le diedi la mia approvazione quando uscita dal camerino mi chiese un parere. Uscita dal camerino con il suo acquisto, mi sorrise.

«Ci conosciamo da una vita, Jane e questo è il sogno più strambo che tu mi abbia mai raccontato. Hai visto qualche film horror di recente? In ogni caso, lasciare il lavoro è un'ottima idea. Certo i soldi fanno comodo, ma non stai bene.»

«No, non ho visto niente di simile, in tutta sincerità mio fratello ieri sera aveva le prove e ho visto per l'ennesima volta "Come farsi lasciare in dieci giorni". Mi chiedo perché io non possa avere una storia del genere, anche se non credo che mi farei lasciare in 10 giorni.» dissi alzando le spalle, prima di vedere Annie che rientrava nel camerino

«Perché il tuo ragazzo è un cretino. Hai detto che la bambina del sogno ti ha nominato una cittadina?» mi chiese Annie

«Si, la cittadina mi sembrava si chiamasse Springwood. Era scritta con i gessetti sul pavimento, ma non ho mai sentito nominare quella cittadina prima d'ora.» ammisi pacatamente

«Nemmeno io. Hai pensato di fare una ricerca su internet?» chiese lei

«No, non ho nemmeno pensato di cercarlo su internet, alla faccia della giornalista. Mi hai dato un'ottima idea, magari compare in qualche notizia recente»

«Non essere così dura con te stessa, Janet. Sei in un periodo difficile, ma sai che ti dico? Organizziamo una bella ricerca vecchio stile in biblioteca, così capiremo se esiste davvero. Fai attenzione, ma sai che per ogni cosa sai come trovarmi.» sorrise lei guardandomi, mentre raggiungendo le casse, si metteva in fila e io la seguivo silenziosamente

«Grazie Annie.» le dissi

"Era solo un sogno, non pensiamoci più" pensai con un sospiro, per poi andare alla ricerca dei regali per mio fratello minore in uno degli altri negozi del centro commerciale.

Nightmare: Il ritorno di un IncuboWhere stories live. Discover now