Capitolo 2 - Tayaki caldi e sushi

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Quando riprese coscienza di sé, la prima cosa che udì fu il suono ritmico e cadenzato della fontana all'esterno che le ricordò prepotentemente che non si trovava più nel suo monolocale a New York bensì in Giappone, a Tokyo. Si appoggiò ai gomiti, sbatté gli occhi e nella penombra riconobbe il futon su cui era distesa, che la sera prima Rumiko aveva preparato nella sua stanza. Vide la stazza del grande armadio e la porta finestra con la tenda a pacchetto di tessuto da cui filtrava la luce che le permetteva di intravedere ciò che la circondava.

Sbadigliò e si stropicciò gli occhi. L'acidità che le massacrava lo stomaco da cinque anni e l'ansia che le chiudeva la gola erano ancora lì a ricordarle chi lei fosse. Già, chi era. Nessuno. Non era nessuno. Anzi, era diverso: non le interessava più essere qualcuno.

Si alzò sentendo gravare il peso sulla spina dorsale, quella calda, morbida ciccia che la faceva sentire al sicuro e protetta. Camminò sui tatami, raggiunse il bagno e espletò gli impellenti bisogni corporali rendendosi conto che forse si era svegliata proprio per quel motivo. La tenda copriva discretamente anche la finestra del bagno, così decise che non sarebbe stata una cattiva idea usare l'onsen: forse avrebbe cancellato parte della tensione che le tirava i muscoli come corde di violino.

Aprì la porta di vetro che separava i due ambienti, all'interno c'era uno sgabello, una doccia bassa, un catino e la vasca con l'acqua calda, i cui vapori si adagiavano dolcemente su pareti e vetri. Inspirò l'umidità gradevole, si spogliò buttando il pigiama nel bagno e si sedette sullo sgabello. Si lavò meticolosamente, prima il corpo, poi i capelli corti, infine bagnò il piccolo asciugamano e se lo avvolse sulla testa. Il calore emanato dal tessuto caldo si dipanò immediatamente lungo collo e schiena, facendola sospirare.

S'immerse nella vasca calda, molto calda, ma dopo il primo impatto, si adagiò, appoggiando la testa e le braccia sul bordo. Il silenzio che gravava nella piccola stanza le permise di identificare molti altri piccoli rumori. Le goccioline d'acqua del vapore che cadevano a terra, il rubinetto che perdeva, la fontana di bambù fuori che picchiava sulla pietra. A New York il costante echeggiare del traffico non ti lasciava mai e diventava così parte della tua vita al punto che, quando mancava come in quel momento, sembrava strano.

L'acqua bollente le aveva arrossato tutta la pelle chiara da cui si vedevano le vene in trasparenza come una ragnatela bluastra. Sollevò la testa e avvertì un breve capogiro. L'aveva letto da qualche parte: il calore abbassava la pressione. Si mise seduta lentamente. Si issò sul bordo, sempre restando a sedere, poi piano, piano si alzò in piedi. Il mondo girò per un attimo, tornò a posto e lei uscì restando in equilibrio. Si avvolse immediatamente nel telo caldo adagiato sul termosifone a parete e si asciugò.

Aveva appena terminato di vestirsi quando qualcuno suonò alla porta. Rimase interdetta per un attimo, poi corse scompostamente verso l'entrata.

- Rumiko! - la salutò aprendo e rabbrividendo per la folata gelida che la investì.

- Fai colazione con me, amica americana? - le chiese con un lieve broncio, infagottata in quella che sembrava essere una coperta di lana.

- Ma che ci fai fuori così? Non senti freddo? - le chiese sconvolta tirandola dentro.

- Sì - annuì vigorosamente Rumiko stringendo ancora di più il tessuto - Allora? Vieni o no? - insisté scrutandola con occhi curiosi.

- Va bene - acconsentì Eleanor - Potevi anche telefonarmi - borbottò infilandosi cappotto e stivali.

- Il tuo cellulare è spento - si lamentò la giovane giapponese corrugando la fronte.

- Questa casa non ha un telefono integrato? - la interrogò ricordandosi improvvisamente del pannello in cucina, ma in effetti non aveva visto apparecchi in giro.

Rebirth [completo]Where stories live. Discover now