Can You Hear Me Now?

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Volevo dare la mia testimonianza da ormai molto tempo e ogni volta mi dicevo che non era il momento giusto. Questo fatto è accaduto all'incirca sette anni fa e mi ha marchiato la pelle. So che non me lo dimenticherò mai ma so anche che fa parte del passato e che il tempo che ha fatto da finestra da quel momento fino ad oggi mi ha segnata come persona, sia nel bene che nel male.

Ma partiamo dall'inizio.

Ho sempre avuto un buon rapporto con i miei nonni. Venivano spesso a casa nostra, passavano tutta la giornata insieme a noi, dalla mattina alla sera. Davano una mano quando ce n'era bisogno e capitava che quando i miei genitori erano fuori casa per lavoro, si occupassero di me e mio fratello. Facevano e fanno parte tutt'ora della mia vita, tengo davvero tanto a loro.

Non so esattamente il momento esatto in cui è capitato quel che è capitato, ma in testa ho davvero diverse occasioni che hanno segnato la piccola me. Avrò avuto forse nove anni, massimo dieci. Quel che vi racconterò sarà più una narrazione a flash, perché il mio cervello ha cercato in qualsiasi modo di cancellare ogni singolo ricordo di quello schifo. Non mi ricordo per quale motivo ma sta di fatto che mio fratello non c'era quando una sera, dopo esser andata a dormire, mio nonno è entrato in camera mia. Prima non era mai capitato, se ne stava sempre in salotto a vedere la televisione e non dava mai baci della buonanotte o cose del genere. Non è mai stato il tipo. Quella sera ha aperto la porta e mi ha fatto delle domande piuttosto scontate, cosa alquanto strana dato che cercava sempre di non svegliarmi quando sapeva che andavo a riposare. È entrato e ha chiuso la porta. Poco dopo ha iniziato a parlarmi e la sua voce era strana, non era quella che conoscevo: era più bassa più un sussurro. Mi diceva di stare tranquilla, e mi faceva domande come per confermare che io gli volessi bene. Poi ha iniziato ad accarezzarmi in un modo che mi è rimasto tatuato sulla pelle. Le sue mani si muovevano in modo disgustoso e tremavano, quasi bramose. Avevo una sensazione strana, ero confusa, non capivo cosa stesse accadendo. Ero davvero piccola. Poi ha iniziato a darmi dei baci e non dei baci che si danno in modo affettuoso da nonno a nipote, non sulla guancia. Cercavo di scansarmi, provavo a dimenarmi, ma la sua forza prevaleva. Premeva il corpo sul mio impedendomi di reagire. Mi ricordo che alzavo la coperta per evitare che mi toccasse, e che lui mi pregava di abbassarla perché sennò si arrabbiava. Mi chiedeva anche di non farlo arrabbiare, bella questa. Poi alzava la voce finché poteva, perché se avesse urlato era ovvio che mia nonna sarebbe accorsa.Non potevo pretendere che venisse, mia nonna vive letteralmente in cucina e si occupa di tenere tutto in ordine. Ma chi poi se lo sarebbe aspettato? Io in primis no.Dopo un po' comunque mi chiedeva di non dirlo ai miei, né alla nonna e mi chiedeva anche di prometterlo. Io lo facevo. Poi usciva.Un'altra volta, era più o meno lo stesso periodo. Era venuto a prendermi a catechismo. Arrivati a casa non so come ma mi aveva presa dalla nuca e mi aveva spinto contro il suo viso. Sentivo la sua lingua premere sulle mie labbra e avendo capito quello che cercava di fare le avevo serrate solo Dio sa quanto. Ricordo che mi facevano male da quanto le premevo per impedire che succedesse. Quel giorno, me lo ricordo perfettamente, sono riuscita a dimenarmi e a salire per le scale correndo. Abitando nei piani più alti avevo il terrore che sarebbe potuto accadere chissà che cosa in ascensore. Ero terrorizzata. Riguardando indietro idolatro la piccola me, di esser stata così sveglia a quella età a pensare e provare a prevedere qualcosa del genere anche se diciamocelo, nessun bambino né bambina dovrebbe fare un ragionamento del genere. Non gli/le dovrebbe mai passare nell'anticamera del cervello. Ricordo che arrivata su a casa avevo abbozzato una scusa pessima a mia nonna, poi mio nonno salito su era arrabbiatissimo. Me lo aspettavo. Aveva detto che non capiva perché fossi salita su per le scale lasciandolo da solo. Era davvero infuriato e io avevo una paura fottuta. Mi sentivo sbagliata. Iniziavo a pensare che ero IO quella che non capiva quello che stesse accadendo, che ero troppo piccola o che so io. C'era però qualcosa di strano e ovviamente malato nella faccenda, che mi faceva dubitare dei suoi comportamenti e di conseguenza dei miei. Perché scappavo da lui? Ero davvero io quella che reagiva in modo strano? Le volte seguenti riuscivo a fargli del male per scappare e anche se un po' mi è sempre dispiaciuto, perché infondo era ed è mio nonno, lo facevo. Il mio cervello mandava continui allarmi e la vocina dentro alla mia testa si faceva sentire. Una volta sono scappata dalla sala alla cucina dal balcone, perché fortunatamente collegate. Lì c'era mia nonna, che mi aveva guardato male non capendo. È stato orribile ma me la sono scampata pure quella volta. Ho iniziato a parlarne con la persona più vicina a me: mio fratello. Abbiamo pochi anni di differenza e se fosse stato più grande di quanto lo era a quell'epoca, sono sicura che mi avrebbe aiutata. Ma era piccolo anche lui. Mi diceva che erano i soliti baci che si danno per sbaglio e che in pratica mi facevo delle paranoie. Mi fa un attimo tenerezza il fatto che io alle sue parole ci abbia creduto, perché non poteva essere che mio nonno mi facesse del male e che semmai quella che si sbagliava ero io. Qualcosa però mi iniziava a frullare da tempo nella testa.Per finire, una sera sono crollata. Non ne potevo più. Il periodo di tempo in cui mi sono tenuta tutto dentro sarà durato forse un mese, ma non mi fido molto dei miei ricordi. Ad ogni modo mia madre si è accorta che c'era qualcosa che non andava. E a dirvi queste cose sto piangendo. Mi ricordo che quella sera era tardissimo e mi aveva presa in disparte, dicendomi che le potevo confessare tutto e che non dovevo aver paura perché ora insieme a me e non mi poteva succedere niente. Mi ricordo anche la mia lampada verde dell'ikea, quella che tenevo vicino al letto e quella che aveva acceso mia madre per invitarmi a calmare. Quanto ho pianto quella notte. Avevo fatto una fatica immane a spiegare cosa mi era capitato. Ero una bimba, avevo paura di dirlo ai miei perché chissà cosa sarebbe potuto accadere se lui l'avesse scoperto e magari stavo facendo la cosa sbagliata: non ero convinta al mille per mille della mia scelta. E poi mi vergognavo da matti. Ero distrutta dal dolore. È una sensazione inspiegabile. Da quel momento le cose sono cambiate, in parte. Ho iniziato a prendere le distanze e non gli parlavo. L'ho odiato e lo ammetto. Mio padre non ci credeva. Continuava a dire che non ne sarebbe mai stato capace. Ero arrabbiata anche con lui. Non sono mai stata capace di mentire su cose del genere. Certo che essendo piccola potevo dire bugie di qualsiasi tipo, ma non di QUEL tipo. La cosa è scemata fino a due anni fa, con un solo episodio che ha fatto scattare mia madre e mia nonna. Poi basta. Non ho mai parlato con loro di come mi sentissi, non siamo più tornate sull'argomento. Né con i miei né con mia nonna.Per me è acqua passata ma capita spesso che ci ripensi e imprechi in chissà quale lingua. L'ho perdonato nella mia testa, ho ripreso i rapporti non so neanche io con quale forza.Forse dovrei parlare con loro per capire certe cose. Io sono l'ultima ad intendermi di diritto e quant'altro e non ho idea se avessero potuto denunciarlo. Mio nonno ha probabilmente perso la testa e questa può essere una scusante del perché non l'abbiano fatto. E poi fa sempre parte della famiglia. Da una parte posso capire il punto di vista, ma se ritorno nei pensieri di quella bambina mi ribolle lo stomaco. Sento che non hanno fatto abbastanza e che la vicenda è avvenuta ed è stato trattata con superficialità, credendo che tanto non è più capitato niente di male e di conseguenza ora vada tutto bene. Questa esperienza mi ha fatta crescere. Nonostante tutto, mi ha svegliata. Ho iniziato ad interessarmi al movimento femminista senza accorgermene. Sono andata al mio primo flash mob contro la violenza sulle donne, non credendo che pure io, nonostante non fossi stata violentata, ne ero stata vittima. Odiavo attirare l'attenzione su di me e definirmi una vittima mi faceva sentire meno di altre. Non mi sentivo legittimata a star male per qualcosa del genere, credevo di non avere il diritto di lamentarmi perché sapevo che c'era qualcuno che aveva avuto un'esperienza peggiore della mia. Questo mi scoraggiava nell'ammettere a me stessa cosa mi fosse successo. Ed eccomi qua, a definirmi femminista. Sono quasi del tutto convinta che quel che mi è successo ha formato la me tutt'ora diciassettenne, e non vedo l'ora di sapere quante cose quest'episodio mi insegnerà quando sarò più grande. 

Fine.


Ora che avete terminato la lettura vorremmo fare due considerazioni. 

La protagonista di questa storia è forte e coraggiosa. Ha riconosciuto dei segnali negativi nei comportamenti di suo nonno e si è subito messa in allarme, difendendosi. E poi, parlandone. Nonostante la violenza non sia stata punita adeguatamente, lei è riuscita anche a perdonare. Probabilmente per quieto vivere, probabilmente perché la restante parte della sua famiglia voleva tacere questa cosa, far finta che non fosse mai accaduto. 
Cosa vuoi che sia successo? Siamo intervenuti in tempo.

Ma la violenza va punita.

Abbiate il coraggio di parlare di quello che vi succede con chi può aiutarvi a capirvi. Se non lo fa la vostra famiglia recatevi dalle autorità o nei centri anti-violenza. 

Abbiate il coraggio di difendervi, anche quando sembrate essere soli. Anche quando siete troppo piccoli per capire cosa sta succedendo.

Noi speriamo che la ragazza della storia non abbia cicatrici tanto profonde da segnarle i rapporti con gli altri. Speriamo che possa vivere con il cuore sereno. Speriamo che la sua forza la renda indistruttibile.

La ringraziamo, perché non deve essere stato facile rivivere quei momenti per potercelo raccontare. Lo ha fatto soprattutto per voi, per poter essere d'aiuto a qualcuno.

Grazie.

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