Capitolo IX: "C'è una spia in seno alla mia corte!"

88 6 1
                                    

Una volta a casa, Elettra aveva lasciato Bertino alle chiacchiere di Maria e si era barricata in camera. Non poteva permettere infatti alla sua domestica di vedere i lividi che le coprivano il corpo e anche da quel lato l'avere con sé la guardia della notte era stata davvero una fortuna: sarebbe stata cattiva educazione lasciare l'ospite solo e facendo leva su questo era stata certa che Maria non sarebbe mai entrata in camera con l'intento di aiutarla.

Si era preparata alla velocità della luce, optando per un abito semplice di seta nera. Forse non era l'abito adatto per quell'occasione, senz'altro non reggeva il confronto con quello che aveva scelto Clarice Orsini per lei, ma era l'unico abbastanza accollato e dalle maniche lunghe per nascondere i diversi lividi. Lo avrebbe compensato indossando il mantello delle grandi occasioni, di pregiata stoffa anch'essa nera e dai ricami floreali ricamati con filo dorato.

Per sicurezza, per evitare inavvertitamente di mostrare i segni lasciati dalle mani di Riario sui propri polsi, aveva indossato anche degli spessi bracciali.

Aveva acconciato i capelli in un rigido chignon, l'unica pettinatura che le era venuta in mente per ovviare al problema della polvere e del sudore accumulato durante la giornata. Purtroppo il tempo materiale per lavarli e asciugarli con la giusta piega non lo aveva avuto.

Arrivò a Palazzo della Signoria in notevole ritardo. Le porte del grande salone dei ricevimenti erano chiuse, segno che la cerimonia organizzata per accogliere la delegazione romana era già iniziata.

"E da un pezzo", aveva aggiunto uno dei due uomini a guardia dell'entrata quando gli aveva chiesto informazioni.

Elettra aveva sospirato sconfortata, facendosi poi aprire una delle porte quel tanto che bastava per far passare sia lei che Bertino.


***

"Non possiamo che gioire...", Clarice Orsini interruppe la frase di benvenuto al Conte Riario a metà, distratta dall'improvviso aprirsi delle porte in fondo alla sala. Il suo sguardo fu catturato dalle due figure appena arrivate che, tentando di attirare l'attenzione il meno possibile, si erano disposte in disparte.

Finalmente Elettra si era decisa a presentarsi, non ci sperava più. Le saltò subito all'occhio il fatto che non indossasse l'abito che avevano concordato insieme. Anzi, sopra al vestito che indossava, che era certa di averle visto addosso in occasione di un funerale alcuni mesi prima, portava ancora il mantello.

Le sembrò strano che una ragazza solare come lei, sempre vestita di colori chiari ed allegri, avesse deciso di utilizzare un abito così serio.

Non era da lei.

Solo in un secondo momento notò la guardia della notte che l'accompagnava. Anche questo le apparve strano.

Fu certa che qualcosa di grave fosse accaduto nell'attimo in cui mise a fuoco la sua espressione: solitamente Elettra era raggiante, non le mancava mai occasione di elargire sorrisi a tutti, ma in quel momento sul suo volto non vi era la minima traccia di un sorriso, sembrava tesa e parecchio nervosa.
Si dimenticò per un moneto di Riario, di fronte a lei.

Quella reazione della Madre di Firenze incuriosì e indispettì il Conte nello stesso tempo, portandolo a voltarsi a sua volta per osservare chi mai potesse essere. Dovette girarsi indietro una seconda per convincersi che non era uno scherzo della sua mente: in piedi in fondo alla sala vi era la ragazza del giorno precedente. Le appariva così diversa in quell'abito.

Per un attimo i loro sguardi si incrociarono ma lei interruppe quasi immediatamente quel contatto, abbassando gli occhi su un punto indefinito del pavimento.

Si voltò verso i padroni di casa solo quando Clarice riprese a parlare.

Mentre la donna cercava di ingraziarselo facendogli un complimento dopo l'altro, notò che Giuliano de Medici, in piedi dietro la seduta del Magnifico, stava facendo cenni a qualcuno alle sue spalle. Ipotizzò a lei.

L'altra Gemella (IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora